MiCA: il nostro percorso verso la piena conformità normativa

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Con l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2023/1114 sui mercati delle cripto-attività (MiCA), l’Unione Europea ha introdotto un quadro normativo armonizzato che disciplinerà l’emissione, l’offerta al pubblico e l’ammissione alla negoziazione di cripto-attività, nonché i servizi ad esse relativi. Questo rappresenta un importante passo avanti per l’intero settore, volto a garantire maggiore trasparenza, tutela dei consumatori e stabilità del mercato.

Noi ci impegniamo con serietà e responsabilità ad allinearci completamente a questa nuova cornice regolamentare. L’obiettivo di questo articolo è informare i nostri utenti del percorso intrapreso, nel rispetto dell’articolo 45, comma 5, D.Lgs. 129/2024, il decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento MiCA, rassicurandoli al contempo sulla continuità dei nostri servizi e sull’assenza di cambiamenti immediati per la loro esperienza.

Cosa prevede l’articolo 45, comma 5, D.Lgs. 129/2024

L’articolo 45, comma 1 del D.Lgs. 129/2024 prevede un regime transitorio per i soggetti che già operano legalmente all’interno dell’Unione Europea prima della data di applicazione del Regolamento, ovvero il 30 dicembre 2024.

In pratica, questa disposizione consente ai soggetti già attivi nel settore di continuare a prestare i propri servizi in regime di continuità sino al 30 dicembre 2025, anche senza aver ancora ottenuto la nuova autorizzazione prevista da MiCA, purché presentino la domanda di autorizzazione entro il 30 giugno 2025.

Questa norma ha lo scopo di garantire un passaggio ordinato al nuovo regime, evitando interruzioni improvvise per gli operatori e disagi per gli utenti finali.

Il nostro impegno verso la conformità

In ottemperanza al Regolamento MiCA e all’articolo 45, comma 5, del D.Lgs. 129/2024, desideriamo comunicare ufficialmente la nostra intenzione di adeguarci pienamente alla nuova normativa europea e, in particolare, al Regolamento MiCA.

Abbiamo già avviato tutte le attività necessarie alla predisposizione dell’istanza di autorizzazione che presenteremo a breve all’Autorità competente. Questo processo include l’adeguamento dei nostri processi interni, dei requisiti organizzativi e delle politiche di gestione del rischio, come previsto dal nuovo quadro normativo.

Il nostro team legale e normativo sta lavorando intensamente per assicurarci di soddisfare tutti i requisiti imposti da MiCA, al fine di operare in modo conforme e continuare a offrire ai nostri clienti servizi sicuri, affidabili e trasparenti.

Avvio del processo di autorizzazione

Possiamo confermare che la Società sta lavorando per presentare l’istanza di autorizzazione secondo quanto richiesto da MiCA.

Nelle prossime settimane, dunque, inoltreremo la documentazione necessaria all’Autorità competente. Questo rappresenta un passaggio fondamentale nel nostro percorso di adeguamento e riflette il nostro impegno a operare in piena conformità normativa, non solo per obbligo, ma per responsabilità nei confronti dei nostri utenti.

Precisiamo che, nelle more del rilascio dell’autorizzazione, l’attività svolta nei confronti dei clienti continua a essere regolata dalla normativa applicabile ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valute virtuali e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale e non è sottoposta alla disciplina del Regolamento MiCA.

Continuità dei servizi per i nostri clienti

Vogliamo rassicurare tutti i nostri utenti che i nostri servizi continueranno a essere pienamente operativi durante l’intero periodo transitorio previsto dal citato articolo 45.

Non ci saranno interruzioni nei servizi a cui siete abituati, né modifiche unilaterali nei rapporti contrattuali in essere. La continuità operativa è per noi una priorità assoluta, e continueremo a garantire il livello di qualità, affidabilità e sicurezza che ci contraddistingue.

Nessun impatto immediato sull’esperienza utente

A oggi, e fino a nuovo avviso, non sono previste modifiche sostanziali nel modo in cui interagite con la nostra piattaforma. Le funzionalità, i servizi disponibili e le condizioni di utilizzo rimarranno invariati.

Questo significa che potrete continuare a utilizzare i nostri strumenti come sempre, senza dover intraprendere alcuna azione specifica da parte vostra. Eventuali cambiamenti futuri saranno comunicati in modo chiaro, anticipato e trasparente.

Il nostro impegno alla trasparenza e agli aggiornamenti 

Riteniamo fondamentale mantenere con voi un dialogo aperto e trasparente. Per questo, ci impegniamo a tenervi costantemente aggiornati sull’avanzamento del processo di autorizzazione e su qualsiasi sviluppo normativo che possa avere un impatto sui nostri servizi.

Qualora emergessero novità rilevanti sarete i primi a saperlo, attraverso i nostri canali ufficiali di comunicazione. In caso di domande o dubbi, il nostro servizio di supporto clienti è sempre a vostra disposizione.

Come creare immagini con l’intelligenza artificiale

Creare immagini con l'intelligenza artificiale

Come creare immagini con l’intelligenza artificiale, a che punto siamo? Scopri tutti i passaggi in questa guida completa

Se hai visto anche tu le immagini create dall’intelligenza artificiale – e se non le hai viste chi chiediamo dove vivi – il tuo crevello si sara avventurato in un ragionamento tipo questo. C’era un tempo, non così lontano, in cui per creare un’immagine servivano matite, pennelli, macchine fotografiche o, per i più moderni, tavolette grafiche e ore di certosina pazienza. Poi, quasi dal nulla è esplosa l’intelligenza artificiale generativa. Improvvisamente, i nostri feed social, le presentazioni aziendali e persino le chat di gruppo si sono riempite di immagini sognanti, iperrealistiche e bizzarre, tutte partorite da un algoritmo. “Vuoi un gatto astronauta in stile Van Gogh che mangia un gelato su Marte? Dammi due minuti.”

Questa nuova frontiera della creatività digitale ha scatenato un misto tra meraviglia e apprensione. Da un lato, la promessa di democratizzare l’arte, di dare a chiunque il potere di visualizzare l’impossibile; dall’altro, il timore di un futuro dove gli artisti veri, quelli in carne e ossa, finiscono per chiedere l’elemosina ai robot. Ma prima di farci prendere dal panico o dall’euforia, cerchiamo di capire come fa l’intelligenza artificiale a creare immagini.

Creare immagini con l’intelligenza artificiale: cosa c’è dietro questa magia?

Dietro l’apparente stregoneria di un’immagine che nasce da una semplice frase, c’è un concentrato di tecnologia che fino a pochi anni fa era roba da film di fantascienza. Parliamo di machine learning e reti neurali, ovvero software che cercano di imitare il funzionamento del cervello umano. Questi sistemi vengono “addestrati” su database sterminati contenenti miliardi di immagini esistenti, ciascuna accompagnata da una descrizione testuale.

I modelli più in voga oggi, come quelli basati sulle architetture “Diffusion” (tipo Stable Diffusion, DALL-E 3, Midjourney), imparano ad associare le parole ai concetti visivi. In pratica, partono da un “rumore” digitale, una specie di nebbia indistinta, e, guidati dal nostro input testuale (il famoso “prompt”), iniziano a “scolpire” questo rumore, un passettino alla volta, fino a far emergere l’immagine richiesta. Immaginate uno scultore che da un blocco di marmo informe tira fuori una statua, solo che il marmo è digitale e lo scalpello è un algoritmo che ha visto più opere d’arte di qualsiasi critico vivente. Il risultato? A volte un capolavoro, altre volte qualcosa che sembra uscito da un incubo di Dalì dopo una cena pesante.

Come generare immagini con l’AI: istruzioni per l’uso

Se pensate che basti scrivere “gatto” per fare creare all’intelligenza artificiale l’immagine di un felino che fa le fusa dallo schermo, rimarrete delusi. L’arte di dialogare con queste IA, nota con il termine anglofono un po’ pretenzioso di prompt engineering, è una disciplina sottile, a metà tra la poesia e la programmazione.

Bisogna essere specifici, quasi pedanti. Volete un “cane”? Bene, ma di che razza? Cosa sta facendo? Dove si trova? Con che luce? In che stile pittorico? “Un golden retriever cucciolo che dorme beatamente su una poltrona di velluto rosso, illuminato da una luce calda pomeridiana, stile dipinto a olio rinascimentale”. Ecco, così iniziamo a ragionare. 

Poi ci sono i negative prompts, ovvero le istruzioni su cosa NON fare: “niente doppie code, per favore”, “evita quell’effetto plasticoso”, “ti scongiuro, non più di cinque dita per mano!”. Il processo è iterativo: si genera, si osserva il risultato, si affina il prompt, si rigenera, e così via, in un loop che può portare all’immagine perfetta o a decidere che, forse, era meglio un disegno fatto a mano. All’inizio, è facile ottenere abomini digitali: quel “gatto su una bicicletta” potrebbe trasformarsi in un groviglio lovecraftiano di pelliccia e metallo a pedali. Ma con un po’ di pratica (e molta pazienza), si può iniziare a domare la bestia algoritmica e iniziare a creare immagini con l’intelligenza artificiale (AI) di qualità.

 Luci e ombre: i pro e i contro delle immagini generate dall’AI

Come ogni tecnologia che si rispetti, anche l’AI generativa di immagini porta con sé un bel bagaglio di opportunità e qualche scheletro nell’armadio. Ecco un breve riassunto di quelli che, almeno secondo noi, sono i pro e i contro di questa svolta tecnologica.

I pro:

  • Democratizzazione della creatività: chiunque, anche chi disegna come un bambino di tre anni, può dare forma visiva alle proprie idee. Serve un logo al volo? Un’illustrazione per un post? Un’ispirazione per un tatuaggio? Chiedi e (forse) ti sarà dato;
  • Velocità ed efficienza: per designer, creativi e marketer, è uno strumento pazzesco per il brainstorming, per creare moodboard, concept art, prototipi rapidi. Ore di lavoro condensate in pochi minuti;
  • Nuovi orizzonti estetici: l’IA può mescolare stili, inventare prospettive, creare immagini che un umano potrebbe non concepire, aprendo a forme d’arte inedite;
  • Divertimento puro: ammettiamolo, richiedere all’IA di disegnare robe assurde è spesso spassoso;

I contro:

  • L’incubo delle sei dita (e altre amenità): la famigerata “uncanny valley” è sempre in agguato. Mani con troppe o troppo poche dita, volti che si sciolgono come cera, prospettive da mal di mare, oggetti che sfidano le leggi della fisica. A volte, i risultati sono talmente surreali da diventare essi stessi una forma d’arte involontaria.
  • La fiera del generico: con la facilità d’uso, il rischio è una marea montante di immagini esteticamente piacevoli ma prive di anima, tutte un po’ uguali, un po’ “effetto Midjourney”. Il mondo è ora invaso da gattini cyberpunk con un numero variabile (ma quasi mai corretto) di zampe.
  • La crisi dell’originalità: se tutti usano gli stessi strumenti e magari anche prompt simili, non rischiamo un appiattimento stilistico?
  • Ma è arte questa?: il dibattito è aperto e infuocato. Se l’opera la “fa” una macchina, è ancora arte? Chi è l’artista? Colui che scrive il prompt, o l’algoritmo? Mio cugino, che fino a ieri faceva solo meme di dubbia qualità, ora si definisce “un prompt artist internazionale”, con tanto di portfolio su LinkedIn.

E dal punto di vista filosofico?

E qui la faccenda si fa seria, perché le implicazioni vanno ben oltre il numero di dita. Il primo problema, già da tempo centrale all’interno del dibattito sull’intelligenza artificiale, non solo quando viene utilizzata per creare immagini è connesso al Copyright e alla domanda: di chi è l’immagine generata? Dell’utente che ha scritto il prompt? Della società che ha creato l’IA? O è un’opera derivata dalle miriadi di immagini usate per l’addestramento, molte delle quali magari protette da copyright? Al momento, è un Far West legale. E che dire del prompting “nello stile di [artista famoso vivente]”? È omaggio o furto?

C’è poi il tema connesso al lavoro. L’intelligenza artificiale distruggerà il mercato di illustratori, fotografi, grafici o lo renderà soltanto più produttivo. A noi piace essere ottimisti è immaginare un mondo dove l’IA è un potentissimo “assistente creativo”, che libera gli esseri umani dalle task superficiali e ci permette di concentrarci sui compiti di maggior valore.

Chiudiamo con i due principali dilemmi etici. Il primo è spaventoso e riguarda la facilità con cui si possono creare immagini con l’intelligenza false ma realistiche. Foto di eventi mai accaduti, volti di persone appiccicati su corpi di altre. Le implicazioni per quanto riguarda il tema della disinformazione, della manipolazione dell’opinione pubblica e della fiducia nelle fonti sono enormi. Distinguere il vero dal verosimile diventerà sempre più un’impresa.

Infine va ribadito che le IA sono addestrate su dati creati dagli esseri umani. Se questi dati contengono pregiudizi (di genere, etnici, culturali), l’IA li imparerà e li replicherà, magari creando immagini stereotipate o escludendo determinate rappresentazioni. L’algoritmo, insomma, può essere razzista o sessista tanto quanto le società che lo hanno nutrito.

Insomma, la possibilità creare immagini con l’intelligenza artificiale è sicuramente rivoluzionaria, tanto quanto l’invenzione della fotografia o del fotoritocco digitale. Come ci stiamo accorgendo sempre di più l’AI è uno strumento incredibilmente potente, capace di democratizzare la creatività, di accelerare i processi produttivi, ma anche di sollevare interrogativi profondi sulla natura dell’arte, sul lavoro e sulla verità stessa. Come ogni strumento, il suo impatto – benefico o malefico – dipenderà da come sceglieremo di usarlo, di regolarlo e di integrarlo nelle nostre vite. Non è né un demone da esorcizzare né una bacchetta magica che risolverà ogni problema. È, più prosaicamente, un nuovo, potentissimo set di pastelli digitali a disposizione dell’umanità. Preparatevi a un futuro dove, per capire se la foto delle vacanze del vostro amico è reale o “promptata”, servirà un occhio allenato, un secondo caffè e, forse, una laurea honoris causa in filosofia della percezione. Il bello (e il brutto) è appena cominciato.

Referendum 2025: guida completa al voto

Referendum dell'8 e 9 giugno: per cosa si vota?

I referendum dell’8 e 9 giugno si avvicinano e gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti. Di cosa si tratta? La guida

I referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno sono alle porte e circa 47 milioni di italiane e italiani saranno chiamati alle urne per decidere in merito a cinque quesiti referendari: uno sulla cittadinanza e quattro sul tema del lavoro. In questo articolo troverai gli elementi necessari per poter esprimere il tuo voto nel modo più informato possibile.

Referendum abrogativo: che cos’è e come funziona 

Il referendum abrogativo è definito come uno strumento col quale i cittadini hanno la possibilità di richiedere la revoca totale o parziale di una legge. Può essere un’iniziativa che parte dal basso, nel caso in cui venga proposto dalla cittadinanza, o dall’alto, quando invece sono i promotori sono gli organi rappresentativi, come i consigli regionali. Se il referendum ha esito positivo, dunque se la maggioranza voterà “sì” alla domanda “volete voi abrogare…”, la legge oggetto della votazione verrà eliminata. Per essere valido, però, è necessario raggiungere il quorum: ciò significa che il referendum avrà valore legale solo se il 50% più uno degli aventi diritto al voto si recherà effettivamente alle urne – un po’ come il 51% attack. I referendum abrogativi più famosi della storia della Repubblica italiana sono quello sul divorzio del 1974, quello sull’interruzione di gravidanza del 1978 e quello sull’aborto del 1981.  

Vediamo ora nello specifico quali sono i referendum dell’8 e del 9 giugno 2025

Referendum sulla cittadinanza italiana

Il referendum sulla cittadinanza – scheda gialla – propone il dimezzamento degli anni di residenza legale previsti per poter presentare la domanda di cittadinanza italiana. Attualmente, gli anni necessari per questa richiesta sono dieci, mentre il referendum mira a ridurli a cinque. Secondo i promotori, tra cui spicca Riccardo Magi di +Europa, i cittadini di origine straniera interessati dall’approvazione di questo referendum sarebbero circa 2,5 milioni, a cui andrebbe aggiunto un altro mezzo milione di persone rappresentato da figli e figlie minorenni.

Il tema della cittadinanza è tornato di attualità nel periodo successivo alle Olimpiadi di Parigi,  dove un gran numero di atleti e atlete italiani di origine straniera è tornato a casa con una medaglia al collo. Molte di queste personalità sportive hanno colto il momento di popolarità per porre l’attenzione sull’argomento, sottolineando quanto sia lungo e complesso l’iter burocratico per essere ufficialmente riconosciuti come cittadini italiani. 

Referendum sul lavoro

I referendum sul lavoro sono quattro e sono stati promossi dalla CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), il più antico sindacato italiano, guidato da Maurizio Landini. Analizziamo i quesiti referendari uno per uno. 

1. Contratto di lavoro a tutele crescenti e disciplina dei licenziamenti illegittimi

Questo referendum – scheda verde – propone la revoca di un decreto relativo al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto nel marzo 2015 dal Governo Renzi col Jobs Act. Questa tipologia di contratto, infatti, impedisce il reintegro del lavoratore in azienda in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo invece un risarcimento economico compreso fra le sei e le trentasei mensilità. Va precisato che il quesito riguarda le imprese con più di 15 dipendenti. Se vincesse il Sì, si tornerebbe alla situazione normativa precedente al decreto, che infatti verrebbe abrogato: si ristabilirebbe l’obbligo di reintegro nel caso in cui il datore di lavoro avesse licenziato un lavoratore in modo irregolare o senza valide motivazioni. 

2. Indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese

Il secondo referendum – scheda arancione – riguarda sempre i licenziamenti illegittimi, ma è relativo alle “piccole imprese”, cioè a quelle realtà con meno di 16 dipendenti. Nello specifico, si chiede l’eliminazione dei limiti massimi di risarcimento previsti nel caso in cui la cessazione del rapporto di lavoro avvenisse in modo irregolare, lasciando invece al giudice la facoltà di stabilire l’importo. Attualmente, nelle piccole imprese, se il datore di lavoro licenzia l’impiegato senza una giusta causa, il rimborso non può superare le sei mensilità: se vincesse il Sì, questo tetto verrebbe abrogato e la decisione finale spetterebbe alla magistratura.   

3. Contratti a termine

Il terzo quesito referendario – scheda grigia – riguarda i contratti a termine. In particolare, propone l’eliminazione di alcune norme che stabiliscono quando e perché un’azienda può offrire un contratto a tempo determinato e le condizioni necessarie per il rinnovo o il prolungamento. In Italia, al giorno d’oggi, la normativa vigente permette ai datori di lavoro di assumere risorse mettendo sul tavolo un contratto con durata inferiore ai 12 mesi, senza dover fornire le motivazioni che giustifichino il ricorso a questo strumento: se vincesse il Sì, verrebbe ripristinato l’obbligo di specificare le cause. 

4. Solidarietà giuridica tra committente e appaltatore

L’ultimo referendum abrogativo – scheda rosa – si occupa di salute e sicurezza sul lavoro. In questo caso, si propone la revoca di alcune norme che regolano il campo degli infortuni sul lavoro, nel caso di appalti o subappalti. Per comprendere bene il quesito, è importante conoscere la normativa attuale: quando una società committente appalta un lavoro delega alcune responsabilità all’impresa appaltatrice, tra cui quelle legate agli incidenti derivanti dai rischi connessi all’attività. Un esempio per capire meglio: una società appalta a un’impresa edile la costruzione di un palazzo e un operaio si fa male cadendo dai ponteggi. In questo caso, la colpa ricade esclusivamente su chi esegue il lavoro, quindi sull’azienda appaltatrice (o subappaltatrice). Se vincesse il Sì, anche la società committente dovrebbe rispondere dei danni o, per dirla in un altro modo, la responsabilità per l’incidente verrebbe estesa anche alla società committente. 

Se le urne chiamano, rispondi presente!

Questi referendum abrogativi sono importanti a prescindere dai temi: sono un termometro che misura la partecipazione politica dei cittadini e delle cittadine. I referendum sono anche strumenti di democrazia diretta a disposizione degli elettori e, in quanto tali, è fondamentale rispettarli: sarà possibile votare domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15

Se vuoi sapere come e quando si vota in Italia, abbiamo scritto una guida che parla proprio delle prossime elezioni, dagli un’occhiata e poi iscriviti qui sotto per non perderti le ultime notizie!

Gli oggetti di uso comune più costosi al mondo

Quali sono le cose più costose al mondo?

Qual è la macchina più costosa al mondo? E l’orologio o la carta Pokémon più rara? Scopri gli oggetti più cari in assoluto e cosa li rende unici

Ci sono oggetti così rari, esclusivi e fuori scala da sembrare parte di un universo parallelo. E invece esistono davvero. In questo articolo esploreremo gli oggetti più costosi del mondo: auto, orologi, scarpe, carte da gioco e persino profumi da milioni di euro.

Preparati a scoprire quanto può costare il lusso estremo e ha chiederti, tra te e te, “ma come è possibile?!”

La macchina più costosa al mondo

Tra le auto più costose del mondo attualmente in produzione la protagonista è senza dubbio la Rolls-Royce Boat Tail, una macchina brevettata da BMW (che controlla il marchio Rolls-Royce), nonché una fuoriserie di cui sono previsti solo 3 esemplari.

La sua progettazione è frutto del lavoro della divisione Rolls-Royce dedicata alla realizzazione di serie speciali e su misura ed è ispirata agli yacht degli anni ’20 e ’30. Condivide parte del telaio e un motore 6.7 V12 con la Phantom VIII, ma ha una carrozzeria cabriolet e ben 1813 componenti unici rispetto al modello più classico.

Presentata nel 2021, questa vettura include elementi insoliti per un automobile: una tenda parasole automatica, tavolini da cocktail, stoviglie Christofle, due frigoriferi contenenti alcune bottiglie di champagne Armand de Brignac. Tutto bellissimo, ma il prezzo? Oltre 28 milioni di dollari.

Se invece vi state chiedendo qual è la macchina più costosa mai venduta, la risposta è: la Mercedes-Benz 300 SLR Uhlenhaut Coupé, acquistata tramite un’asta che ha avuto luogo nel 2022, per 143 milioni di dollari

L’orologio più costoso al mondo

L’orologio più prezioso al mondo è il Graff Diamonds Hallucination, valutato 55 milioni di dollari. Il suo valore risiede prevalentemente nei diamanti colorati incastonati all’interno del bracciale di platino. Ci sono diamanti gialli, rosa, blu, verdi e arancioni, tagliati in forme diverse, per esempio a cuore, marquise, smeraldo e rotondo.

Il quadrante? Minuscolo, al quarzo, incorniciato da diamanti rosa. Un orologio che assomiglia più ad una scultura.

Le scarpe più costose al mondo

Il prezzo delle The Moon Star Shoes, firmate dal designer italiano Antonio Vietri, si aggira intorno ai 20 milioni di dollari. Sono sandali realizzati in oro e diamanti, e contengono un frammento di meteorite trovato in Argentina nel 1546.

Il tacco è un omaggio al Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. L’unione tra design, scultura e astronomia le rende una delle calzature più folli mai create.

La carta Pokémon più costosa al mondo

È considerata il “Santo Graal” del collezionismo Pokémon. La Pikachu Illustrator del 1998 è la carta Pokémon più costosa al mondo, venduta per oltre 6 milioni di dollari. Ne esistono meno di 20, distribuite come premio di un concorso artistico.

Il vino più costoso del mondo

Il primato va al Screaming Eagle Cabernet Sauvignon 1992, venduto per 500.000 dollari. È un vino californiano, prodotto in pochissime bottiglie e molto amato dai collezionisti americani.

Altre etichette leggendarie includono Château Margaux 1787 e Romanée-Conti, ma la rarità e il contesto dell’asta hanno fatto lievitare il prezzo dello Screaming Eagle.

Il caffé più costoso al mondo

Il Black Ivory Coffee è il caffè più costoso al mondo, venduto a oltre 2.000 euro al chilo. Viene prodotto in Thailandia, dove i chicchi vengono ingeriti dagli elefanti e poi recuperati, puliti e tostati.

Questo metodo fermenta il caffè in modo naturale, rendendolo meno acido e più morbido. È servito solo in alcuni hotel di lusso nel Sud-Est asiatico.

Il profumo più costoso al mondo

Il titolo spetta a Shumukh, profumo creato a Dubai con un valore di 1,29 milioni di dollari. Il flacone è alto 2 metri, decorato con oro, diamanti, perle e vetro di Murano. È un’opera d’arte tanto quanto una fragranza.

Questi oggetti non sono solo costosi: rappresentano un mix di rarità, design estremo e valore simbolico. Dalle carte da gioco alle automobili, il loro prezzo è giustificato da ciò che evocano: unicità, desiderio e status.

Le probabilità di avere successo con le scommesse sportive

Scommesse sportive: le probabilità di avere successo

Tutto sulle scommesse sportive: uno degli hobby più popolari nel nostro paese. Qual è il loro valore atteso?

Le emozioni che la Champions League, la Serie A, la Premier League, i Mondiali e gli Europei di calcio sanno regalare sono uniche, un collante sociale e culturale per milioni di italiani. Per molti tifosi, l’abitudine domenicale di “piazzare qualche euro” sulla propria squadra del cuore, o su un risultato particolarmente atteso, è diventata quasi un rito, un modo per sentirsi ancora più coinvolti nell’evento sportivo. Questa pratica, alimentata dalla passione e dal desiderio di aggiungere un brivido in più alla partita, è una sorta di estensione naturale del tifo.

Tuttavia, proprio questa commistione tra fede calcistica e gestione delle proprie finanze personali solleva un interrogativo cruciale, un dubbio che si insinua nella mente di ogni tifoso che gioca qualche “bolla” ogni tanto: questo “gioco”, per quanto piacevoli, le scommesse sportive possono essere sostenibili o addirittura vantaggiose dal punto di vista economico nel lungo periodo? Mescolare tifo e denaro è davvero un’abitudine innocua o, come suggerisce il buon senso, un “gioco pericoloso”?

Il mercato italiano delle scommesse sportive

In Italia, dire che il mercato delle scommesse sportive è grande sarebbe un eufemismo. È un vero e proprio colosso, specialmente quando si parla del nostro amato pallone. Gli ultimi dati disponibili (per il 2022 e il 2023, visto che le statistiche viaggiano più lente di un contropiede di Mertesacker ai tempi d’oro) ci raccontano di una crescita che definire esponenziale è quasi riduttivo, soprattutto per la comodità dell’online. Chi non ha mai sognato di trasformare la propria “competenza” da divano in moneta sonante?

Come per i Gratta e Vinci, dove la frase “ma sì, proviamo, non si sa mai” è un mantra nazionale, anche per le scommesse sportive vale l’assunto che quasi tutti, almeno una volta, ci hanno provato. Nel 2022, la raccolta ha superato i 73 miliardi di euro, saliti a ben 82 miliardi nel 2023. Cifre da capogiro, alimentate dal fascino discreto del click online, che permette anche al più timido degli aspiranti “guru” di piazzare la sua giocata senza dover affrontare lo sguardo sornione del ricevitore.

Scommesse calcistiche: come funzionano le quote?

Entriamo ora nel tempio della conoscenza, o almeno, cerchiamo di capire come funziona quel numerino magico che decide le sorti di uno scommettitore: la quota. Nel mondo delle scommesse, la quota è l’inverso della probabilità percepita dal bookmaker che un evento si verifichi, moltiplicata per il nostro sudato importo scommesso per calcolare la potenziale vincita. Più un evento è probabile (Real Madrid in casa contro la Primavera del Pizzighettone), più la quota sarà bassa, rasentando quel teorico “1” che nessuno si filerebbe, perché rischiare per riavere indietro solo la posta non ha alcun senso.

In un mondo ideale, un universo parallelo dove i bookmaker sono enti di beneficenza e non aziende con bilanci da far quadrare, le quote sarebbero “eque”. Un 50% di probabilità? Quota 2.00, semplice e pulito. Ma qui, ahinoi, casca l’asino. I bookmaker, infatti, devono pur campare e, possibilmente, prosperare. Per farlo, inseriscono nelle quote un margine, l’elegante “aggio” o “allibramento”. È come se a ogni puntata, una piccola (ma costante) fetta della torta fosse già destinata a loro, prima ancora che l’arbitro fischi l’inizio.

Se la probabilità implicita calcolata sommando l’inverso di tutte le quote su un evento supera il 100%, quella percentuale extra è il loro guadagno garantito, spalmato su tutte le puntate. Questo significa che, anche se siete convinti di aver scovato la “quota d’oro”, state comunque giocando a un tavolo dove il banco ha un vantaggio matematico.

Un gioco a somma negativa?

Al di là della magia delle quote, c’è una cruda realtà finanziaria: le scommesse sportive, per loro natura,sono un gioco a somma negativa. Immaginate un grande calderone dove tutti gli scommettitori, dal “professionista” con tre monitor accesi al novellino che gioca due euro sul marcatore, versano le loro puntate. Da questo calderone, il bookmaker preleva la sua parte (l’aggio di cui sopra, il suo o compenso per il disturbo di offrirci l’illusione della ricchezza), lo Stato la sua (le tasse), e ciò che resta viene distribuito ai fortunati (e spesso inconsapevoli) vincitori. È matematica elementare: il totale restituito è sempre inferiore al totale giocato.

Certo, la Dea Bendata a volte ci vede benissimo e può regalare la gioia di andare “in cassa” con una somma inaspettata. Quella volta che avete preso il pareggio al 93esimo con gol del portiere, ve la ricorderete per anni. Ma la legge dei grandi numeri è una vecchia signora inflessibile: più giocate, più i vostri risultati tenderanno a convergere verso quel valore atteso negativo. Le storie di vincite mirabolanti, quelle da “cambio vita”, sono l’equivalente calcistico del “tiro della domenica” da centrocampo: bellissime da vedere, ma accadono una volta ogni morte di Papa (per collegarci con l’attualità). Per ogni eroe da copertina, ci sono migliaia di onesti lavoratori del clic che, settimana dopo settimana, contribuiscono al fatturato degli operatori, sperando nel colpo che li trasformi da “scommettitori della domenica” a “esperti di settore”

I bias delle scommesse sportive: perché continuiamo a cascarci?

Se la matematica è così chiaramente avversa, perché le sale scommesse (virtuali e non) pullulano di aspiranti veggenti? Qui entra in gioco la finanza comportamentale, che ci spiega come il nostro cervello, soprattutto quando c’è di mezzo il tifo, prenda delle cantonate memorabili.

  • Eccesso di confidenza (overconfidence bias): il “Mister” che è in noi. Dopo due pronostici azzeccati di fila, ci sentiamo pronti per dare lezioni a Guardiola. Sovrastimiamo la nostra abilità di leggere le partite, ignorando che un rimpallo sfortunato può mandare all’aria l’analisi più “scientifica”.
  • Bias di conferma (confirmation bias): cerchiamo solo le notizie che confermano la nostra “geniale” intuizione. La squadra del cuore gioca? L’attaccante ha un leggero raffreddore? “Ma no, è solo pretattica, vedrai che segna una tripletta!”. Le statistiche avverse? “Sono solo numeri, il calcio è un’altra cosa”.
  • Illusione del controllo: passare ore a studiare formazioni, stati di forma, precedenti, condizioni meteo e l’oroscopo dell’allenatore ci dà l’illusione di poter controllare l’esito. Peccato che il risultato finale dipenda da ventidue persone che rincorrono un pallone, e da una miriade di variabili imponderabili.
  • Avversione miope alla perdita e la sindrome del “recupero”: dopo una serie di scommesse andate male, scatta il meccanismo del “ora mi rifaccio!”. Si aumenta la posta, si cercano quote più rischiose, magari puntando sull’ignoto campionato uzbeko. È un attimo arrivare al punto che quello che mangerai a cena dipenderà dal risultato della partita tra l’undicesima e la dodicesima classificata del terzo campionato olandese. Il risultato? Spesso un buco ancora più grande nel portafoglio.
  • Disponibilità euristica (la memoria selettiva): ricordiamo con un sorriso ebete quella volta che siamo andati “in cassa” con 300 euro due anni fa, ma abbiamo convenientemente sviluppato un’amnesia selettiva per tutte le “piccole” giocate da 5, 10, 20 euro perse nel frattempo. È come l’amico che racconta solo delle sue conquiste amorose, mai dei “due di picche”.
  • Scommettere col cuore: la trappola più dolce. Puntare sulla propria squadra “perché ci credo”, anche quando affronta il Barcellona di Messi, Iniesta e Xavi. La fede calcistica è un sentimento genuino, ma trasformare il conto in banca in un’estensione della sciarpa da stadio raramente porta a risultati finanziari esaltanti.

Questi meccanismi, uniti a un marketing che ci bombarda di vincitori sorridenti, creano un cocktail micidiale che rende difficile resistere al canto delle sirene della schedina.

L’alternativa intelligente: e se invece di “puntare”, “costruissimo”?

Se finora il quadro sembra a tinte fosche per il nostro eroe scommettitore, è perché abbiamo analizzato un gioco dove, per definizione, la maggioranza è destinata a cedere risorse a una minoranza (incluso il banco). Ma cosa succederebbe se, invece di cercare il colpo di fortuna, cercassimo di costruire valore nel tempo?

Quando si investe – in azioni, obbligazioni o criptovalute – si sta, in sostanza, partecipando all’economia reale.

Certo, il mondo degli investimenti non è il paese dei balocchi: ci sono rischi, volatilità, e i rendimenti passati non sono garanzia di quelli futuri (ripetetelo come un mantra). Ma la differenza fondamentale con la scommessa sta nel rendimento atteso. Mentre nelle scommesse è strutturalmente negativo, nei mercati finanziari, nel lungo periodo, la tendenza storica è stata quella di una crescita legata allo sviluppo economico globale. Si tratta di mettere il proprio denaro “al lavoro” in attività produttive, non di lanciarlo in un’arena dove l’esito è un terno al lotto truccato a favore del banco.

Inoltre, l’investimento gode di un alleato potentissimo, sconosciuto al mondo delle scommesse: l’interesse composto. Quei rendimenti, se reinvestiti, generano a loro volta altri rendimenti, in un effetto valanga che, nel tempo, può fare miracoli. È la differenza tra sperare in un lampo di genio estemporaneo e costruire, mattone dopo mattone, un edificio solido.

Da una schedina ad un piano d’accumulo è un attimo

Torniamo al nostro tifoso. La passione è sacra, il brivido della partita insostituibile. Ma se l’obiettivo è migliorare la propria situazione finanziaria, forse è il caso di riconsiderare dove finiscono quei “pochi euro” della domenica. La “vera vittoria” non è indovinare l’under 2.5 di una partita del campionato bielorusso, ma raggiungere una serenità finanziaria che permetta di vivere meglio, realizzare progetti, e magari, perché no, godersi lo stadio senza l’ansia della “bolla” che deve entrare per forza. Questo si ottiene con:

  1. Consapevolezza: capire che scommettere è un costo per un intrattenimento, non una strategia finanziaria.
  2. Pianificazione: avere chiari i propri obiettivi di vita e come il denaro può aiutare a raggiungerli.
  3. Disciplina: mettere da parte con costanza, anche piccole somme. Quante schedine “andate male” possono magicamente trasformarsi in un piccolo – a volte anche grande – piano di accumulo?
  4. Pazienza: l’erba del vicino – che ha appena vinto la schedina – sembra sempre più verde, ma la crescita finanziaria solida è una maratona, non uno sprint.

Immaginate se solo una parte di quei 82 miliardi di euro giocati in un anno in Italia venisse indirizzata verso forme di risparmio e investimento produttivo. Forse avremmo meno storie da bar su “quella volta che quasi…”, ma certamente più famiglie con un futuro finanziario più sereno.

La fede calcistica è una cosa meravigliosa. Le emozioni che ci regala sono impagabili. Le scommesse sportive invece, con il loro fascino da “scorciatoia per la felicità”, sono un labirinto dove è facile perdersi. L’alternativa c’è, ed è meno adrenalinica ma decisamente più costruttiva. L’investimento, inteso come partecipazione consapevole all’economia, offre una prospettiva di crescita nel lungo periodo. Non promette miracoli, ma si basa su fondamenta più solide della speranza che il centravanti avversario inciampi sul dischetto al 90esimo.

La scelta finale spetta sempre al singolo tifoso. Continuare a “piazzare qualche euro” sperando nella botta di fortuna, o iniziare a costruire, con pazienza e intelligenza, un percorso verso una maggiore libertà finanziaria? Se vuoi optare sulla seconda fai “un salto” su Young Platform. Oggi il più grande exchange al 100% italiano, domani l’unica piattaforma finanziaria di cui avrai bisogno.

Inflazione USA: il dato del CPI oggi

Inflazione USA: il dato del CPI di oggi

È appena uscito il Consumer Price Index (CPI), il dato utilizzato per stimare l’inflazione negli Stati Uniti d’America.

È appena uscito il Consumer Price Index (CPI), il dato utilizzato per stimare l’inflazione negli Stati Uniti d’America. Il destino dei mercati passa dall’inflazione USA e, quindi, dal dato del Consumer Price Index (CPI) pubblicato oggi. In questo articolo, scopriremo cos’è il CPI, perché è importante e analizzeremo gli ultimi dati disponibili.

CPI significato

Tecnicamente, il CPI (Consumer Price Index), o Indice dei Prezzi al Consumo, è un indicatore economico fondamentale che misura quanto sono cambiati i prezzi di beni e servizi che compriamo quotidianamente. In altre parole, il CPI ci dice quanto costa oggi vivere rispetto al passato. 

Il CPI si calcola raccogliendo i dati sui prezzi di un “paniere” rappresentativo di beni e servizi che i consumatori solitamente acquistano. Questo paniere include una varietà di prodotti, come cibo, abbigliamento, alloggio, trasporti, istruzione, assistenza sanitaria e altri beni e servizi comuni. Il Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti raccoglie ogni mese i prezzi in 75 aree urbane e li confronta con quelli del periodo precedente.

Perché è importante?

Il CPI è utilizzato per misurare l’inflazione, cioè quanto aumenta il costo della vita. Se il CPI sale, significa che i prezzi stanno aumentando e che, in media, dobbiamo spendere di più per vivere come facevamo prima.

Bitcoin e CPI: come sono legati?

Nelle ultime settimane il prezzo di Bitcoin è crollato. Il recente movimento a ribasso sarebbe connesso alla situazione di incertezza economica che domina i mercati finanziari mondiali: l’imprevedibilità di Donald Trump sui dazi e la guerra commerciale con la Cina turbano gli investitori di tutto il mondo. Il timore principale riguarda il possibile aumento dell’inflazione come conseguenza della salita dei prezzi, causata proprio dall’imposizione delle tariffe doganali.
Il CPI di oggi è importante perché potrebbe influenzare le decisioni della FED sui tassi di interesse in occasione del prossimo FOMC (18 giugno): un CPI più basso indica una riduzione dell’inflazione, che potrebbe spingere la Federal Reserve a tagliare i tassi di interesse. Il taglio dei tassi di solito favorisce l’ingresso di importanti flussi di capitale verso asset più rischiosi, come le azioni e Bitcoin. Per questo motivo, più che di correlazione diretta tra Bitcoin e CPI, è più corretto parlare di correlazione indiretta, dal momento che gli investitori guardano al CPI per anticipare le mosse della FED.

L’ultima volta che è successo

Quando circa un mese e mezzo fa il prezzo di Bitcoin è precipitato a causa delle dichiarazioni di Trump sui dazi e del conseguente terremoto nei mercati finanziari tradizionali, molti investitori hanno cercato rifugio in asset più stabili, con notevole aumento della volatilità di BTC. In questo contesto, l’Indice dei Prezzi al Consumo diventa uno strumento essenziale per comprendere l’andamento dell’inflazione e prendere decisioni informate. Un CPI stabile o in diminuzione potrebbe favorire un clima economico meno incerto, contribuendo a ridurre la volatilità di Bitcoin e delle altre criptovalute. A ciò, si aggiunge il fatto che USA e Cina abbiano recentemente stipulato un accordo per ridurre drasticamente le tariffe reciprocamente imposte, con conseguenze dirette sull’incertezza percepita.

Analisi dei dati CPI di Maggio 2025

Il 13 Maggio 2025, il BLS ha pubblicato i dati di Aprile 2025. Secondo il rapporto, il CPI mensile è cresciuto dello 0,2% rispetto al mese precedente, mentre il CPI annuale è al 2,3%, in calo rispetto al 2,4% misurato ad Aprile. Questo dato è positivo, poiché l’inflazione anno su anno risulta diminuita dello 0,1% e si avvicina sempre di più al target imposto dalla FED, cioè il 2%. Naturalmente, più il target è vicino, più è probabile un taglio dei tassi di interesse.  

Cosa significano questi numeri?

Il fatto che il CPI sia in progressiva diminuzione, significa che l’inflazione procede verso il valore target del 2%. Quanto accaduto è contro ogni aspettativa e batte le previsioni, dal momento che il dato atteso era più alto dello 0,1% per entrambe le misurazioni. Resta ancora da capire cosa deciderà la FED riguardo ai tassi di interesse durante la riunione del FOMC del 18 giugno: come abbiamo riportato in questo articolo, possiamo anticipare che molti analisti ritengono probabile un taglio dei tassi di interesse per la prossima riunione.

Dati storici del CPI nel 2025

Ecco come è andato il CPI nei primi mesi del 2025:

  • Maggio 2025: 2,3% (previsto 2,4%)
  • Aprile 2025: 2,4% (previsto 2,5%)
  • Marzo 2025: 2,8% (previsto 2,9%)
  • Febbraio 2025: 3% (previsto 2,9%)
  • Gennaio 2025: 2,9% (previsto 2,9%)

Per continuare a seguire questi aggiornamenti sul mercato, siamo qui sotto!

Supply chain e open finance: l’integrazione che potrebbe rivoluzionare il concetto di filiera

Supply chain e open finance: rivoluzione?

La supply chain potrebbe trasformarsi con l’integrazione dell’open finance. Lo scopo è rendere i flussi finanziari più efficienti e trasparenti. Come?

La supply chain è pronta a lavorare con l’open finance in una sinergia che promette sviluppi più che positivi: grazie alle API, le parti coinvolte nelle diverse fasi della filiera di approvvigionamento potrebbero efficientare notevolmente i flussi finanziari. In questo articolo vedremo insieme in che modo. Cominciamo!

Supply chain: significato e come funziona

Per supply chain, o filiera di approvvigionamento, si intende l’insieme di tutti gli elementi che partecipano al percorso che va dalla creazione del prodotto fino alla sua consegna al consumatore finale. Il termine chain non è casuale: serve a dare l’idea di catena, ovvero di flusso ordinato di fasi interconnesse in cui ogni blocco dipende dal corretto funzionamento di quello precedente e di quello successivo. 

Se la supply chain gestisce il flusso fisico di beni e servizi, la supply chain finance (SCF) ne coordina il flusso finanziario. La SCF, infatti, è definita come la totalità delle soluzioni che hanno l’obiettivo di ottimizzare le operazioni finanziarie fra le aziende fornitrici e acquirenti coinvolte nella filiera di approvvigionamento. Si tratta pertanto di una serie di strategie che mirano a rafforzare la collaborazione e la fiducia fra gli interlocutori, offrendo vantaggi reciproci e tangibili tanto a chi produce quanto a chi acquista. Questa logica collaborativa nasce dal fatto che la supply chain è potenzialmente esposta a numerosi pericoli. Gli esempi più comuni: l’acquirente paga ma il fornitore non spedisce o, al contrario, il fornitore spedisce ma l’acquirente non paga. Questi incidenti di percorso possono seriamente minare il funzionamento e la stabilità della catena e rallentare la velocità delle operazioni, con ricadute concrete a livello economico.

Senza essere precisi e noiosi, alcune delle principali funzionalità della supply chain finance sono il reverse factoring e il dynamic discounting. Il primo, traducibile in italiano (male) con anticipo inverso delle fatture, è la soluzione principale della SCF. In che senso “inverso”? Nel senso che se il factoring diretto prevede che il fornitore venda le sue fatture non ancora incassate a una società terza per ottenere liquidità immediata, pagando le commissioni a questo intermediario, il factoring inverso ribalta i ruoli: è l’acquirente – una grande azienda – che chiede l’anticipo alla società terza affinché il fornitore possa avere capitale a migliori condizioni per portare a termine l’ordine. Lo scopo è permettere al fornitore di accedere al denaro godendo dell’affidabilità creditizia della grande impresa acquirente. Sembra complesso, ma è come se l’impresa acquirente dicesse al fornitore “tranquillo, ci metto io la faccia, così ricevi i soldi prima e paghi di meno il prestito”. In seguito, effettuerà il rimborso e pagherà un tasso di interesse sensibilmente minore rispetto a quello che la società di finanziamento avrebbe applicato in caso di factoring diretto. L’impresa acquirente, alla fine dei giochi, paga un prezzo finale più basso. 

Il dynamic discounting, o sconto dinamico, si basa sulla stessa logica in quanto è sempre l’azienda acquirente ad anticipare la liquidità. In questo caso, però, non ci sono intermediari che concedono prestiti, ma la transazione avviene direttamente tra fornitore e acquirente: il primo emette una fattura con scadenza, il secondo la incassa e anticipa la liquidità. Cosa ci guadagna l’impresa acquirente? Uno sconto in fattura detto dinamico perché varia in modo proporzionale al tempo di anticipo del pagamento: prima paghi meno paghi e viceversa. 

Quindi, per riassumere in due righe, le soluzione di SCF hanno l’obiettivo di migliorare la gestione del capitale e ridurre i tempi di pagamento, offrendo alla parte fornitrice l’accesso anticipato alla liquidità. Inoltre, permettono alle piccole e medie imprese (PMI) fornitrici di ricevere finanziamenti a migliori condizioni godendo del rating creditizio degli acquirenti che, come abbiamo visto, “ci mettono la faccia”.

Open Finance: cos’è e come funziona   

L’Open Finance è definito come un sistema di condivisione sicuro e consensuale dei dati finanziari dei clienti fra i vari attori, finalizzato allo sviluppo di prodotti o servizi innovativi. È consensuale perché necessita del consenso del proprietario dei dati. Si basa sul concetto di Open Innovation, che concepisce l’innovazione non come il frutto di dinamiche competitive basate sulla segretezza, ma come il risultato di collaborazione, condivisione e trasparenza. L’Open Finance è considerata l’upgrade dell’Open Banking perchè ne estende le logiche: anziché concentrarsi esclusivamente sui dati bancari, prende in considerazione l’intero settore finanziario. Ciò significa che se l’Open Banking si focalizza sui servizi bancari, l’Open Finance mira a creare un ecosistema finanziario interconnesso, includendo mutui, polizze assicurative, portafogli di investimento, fondi pensione e così via. 

L’Open Finance si basa sostanzialmente sull’interazione fra tre tipologie di attori: i clienti, le istituzioni finanziarie e i TPP – Third Party Providers, società terze che scambiano, elaborano e utilizzano i dati. In breve, i clienti decidono se garantire ai TPP l’accesso ai propri dati finanziari detenuti dalle varie istituzioni. Una volta concessa l’autorizzazione, le API (Application Programming Interfaces), che sono il motore tecnologico dell’Open Finance, fanno da “ponte” fra sistemi informatici diversi consentendo una comunicazione efficace e sicura delle informazioni finanziarie. In questo modo prende forma un ecosistema in cui varie realtà si scambiano le conoscenze acquisite e collaborano insieme per crearne di nuove, con l’obiettivo di produrre soluzioni innovative e migliorare la struttura finanziaria nel complesso. 

Per comprendere l’importanza di questo nuovo paradigma, potrebbe essere utile un esempio come l’organizzazione della Pasquetta. Vuoi mettere in piedi il tradizionale pranzo tra amici e scegli chi si occupa della brace, chi cucina le verdure, chi prende da bere e chi compra piatti e bicchieri. Sei l’organizzatore, ti arrivano mille messaggi: l’addetto al barbecue ti chiede se chi fa le verdure vuole grigliare, chi invece deve occuparsi delle bevande non sa se prendere anche i bicchieri, chi compra i piatti vuole sapere quante portate sono previste e così via. Un casino assoluto. Sei l’organizzatore mica il centralino. Quindi crei il gruppo su Whatsapp “Pasquetta 2025”. Grazie a questa splendida innovazione, i vari elementi dell’organizzazione possono interagire direttamente fra loro, senza passare da te. L’Open Finance, con le dovute proporzioni, è Pasquetta 2025. 

Abbiamo visto singolarmente cosa sono e come funzionano la supply chain e l’Open Finance. È il momento di vedere come potrebbero collaborare e che benefici può portare questa sinergia all’infrastruttura.

Se supply chain e Open Finance si integrano

Come anticipato, la supply chain è una filiera composta da unità interconnesse in comunicazione costante. Il problema principale è che questa comunicazione spesso è lineare, consequenziale e dunque frammentata: integrare l’Open Finance rende più fluidi i processi e potenzia l’infrastruttura della catena di approvvigionamento aumentando l’efficienza. Come? Attraverso le API, che consentono lo scambio continuo di dati e l’esecuzione di operazioni tra attori differenti come gli istituti bancari, le società terze (TPP), gli intermediari della SCF e i vari sistemi gestionali aziendali (ERP). Il prodotto finale è un ecosistema in grado di trasferire informazioni in modo sicuro e rapido, dove i processi sono automatizzati e ottimizzati. Più la comunicazione è veloce, trasparente e collaborativa, più i processi sono fluidi e stabili, più aumenta la produttività e, di conseguenza, il fatturato. 

Nello specifico, le API Open Finance abilitano l’accesso alle informazioni sui conti (AIS) e l’iniziazione dei pagamenti (PIS), intesi rispettivamente come l’accesso ai saldi e ai movimenti sui conti correnti bancari e l’autorizzazione dei pagamenti in modo automatico, al verificarsi delle condizioni. In questo modo, è possibile ottenere una panoramica aggiornata e completa dello stato finanziario di un’azienda, valutare la liquidità e la capacità di spesa e automatizzare e accelerare le transazioni nel contesto della filiera. Vediamo un esempio pratico. 

Sei il titolare di un’azienda che fabbrica nani da giardino, la GiardiNani S.r.l., e ricevi un mega ordine dal Regno Unito. È la prima volta che ti trovi a dover produrre un numero così alto di statuine da giardino e non hai i soldi necessari per iniziare a lavorare. Nessun problema, l’impresa acquirente ti parla del reverse factoring e ti convince. Si comincia. La GiardiNani emette la fattura con scadenza a 60 giorni all’impresa acquirente, che la riceve e la approva tramite il suo sistema gestionale ERP. Con le API, l’ERP invia in modo automatico i dati della fattura alla società terza di reverse factoring, che ora deve decidere se sbloccare il finanziamento. Questa società può accedere alle informazioni finanziarie (AIS) dell’impresa acquirente e della GiardiNani per esaminare la situazione e stabilire le condizioni di erogazione del prestito: l’alto rating creditizio dell’impresa acquirente si traduce nella proposta di un finanziamento ad ottime condizioni, che la GiardiNani accetta. A questo punto la società di reverse factoring emette il pagamento in modo automatico (PIS), la GiardiNani riceve la liquidità e la tua fabbrica può iniziare a produrre nani da giardino. Ora l’impresa acquirente, alla scadenza dei 60 giorni, deve rimborsare il prestito alla società terza. Tramite API, i sistemi gestionali delle due società comunicano e realizzano la transazione. 

Cos’è successo? In modo quasi del tutto automatico:

  • la GiardiNani ha avuto accesso alla liquidità a costi e condizioni decisamente migliori rispetto a quanto avrebbe ottenuto con un finanziamento tradizionale. L’Open Finance facilita e velocizza l’operazione con l’accesso ai dati finanziari (AIS) e il pagamento automatico (PIS).
  • Lo scambio di informazioni e comunicazioni tra sistemi gestionali riduce l’errore umano e accelera l’intero processo.
  • La trasparenza dei dati consente una valutazione del rischio di credito più accurata, tempestiva ed efficiente.

La filiera di approvvigionamento, nel complesso, ringrazia perché i processi si sono realizzati in modo fluido, senza perdite di tempo. E il tempo è denaro

Una considerazione sul futuro 

L’integrazione tra supply chain e Open Finance, per ora, è finalizzata principalmente alla reattività del sistema e all’efficientamento dei processi. Il prossimo step comprende l’implementazione dell’intelligenza artificiale e il machine learning per lo sviluppo di sistemi capaci di prevedere le crisi di liquidità e i rischi di insolvenza, ottimizzare in modo dinamico i servizi in base al mercato, creare dei modelli di bilanciamento del rischio e altro ancora. 

Molto probabilmente, dato che un pilastro dell’Open Finance è la trasparenza, la blockchain è destinata ad avere un ruolo di primo piano all’interno di questo nuovo paradigma di gestione e ottimizzazione dei flussi finanziari. Nel mondo crypto possiamo già osservare qualche realtà che vuole migliorare i processi della supply chain, tra cui VeChain. Siamo ancora alle prime fasi, noi continueremo ad osservare attentamente questo trend, quindi se non vuoi perderti gli aggiornamenti iscriviti qui sotto!

USA e Cina: la guerra commerciale verso la tregua?

USA e Cina: la guerra commerciale verso la tregua?

USA e Cina stabiliscono una tregua di 90 giorni alla guerra commerciale: sospesa parte dei dazi a partire dal 14 maggio. Le reazioni dei mercati

USA e Cina hanno pubblicato una dichiarazione congiunta nella mattinata di lunedì 12 maggio: nella nota, si comunica la sospensione di parte dei dazi reciproci per 90 giorni a partire dal 14 maggio. La tregua alla guerra commerciale arriva dopo due giorni di intensi colloqui a Ginevra fra Scott Bessent e Jamieson Greer, rispettivamente il segretario al Tesoro e il rappresentante per il Commercio statunitensi, e il vicepremier cinese, He Lifeng. Come hanno reagito i mercati a questa notizia?

USA e Cina mettono temporaneamente in pausa la guerra commerciale 

Ginevra, lunedì 11 maggio. USA e Cina hanno comunicato in una dichiarazione congiunta di aver raggiunto una tregua temporanea nella guerra commerciale cominciata più di un mese fa. Le due superpotenze sospenderanno parte dei dazi reciproci a partire da mercoledì 14 maggio, per un periodo di 90 giorni. Nello specifico, la Casa Bianca fa sapere che gli Stati Uniti abbasseranno le tariffe doganali sulle merci cinesi dal 145% al 30%, mentre la Cina ridurrà i dazi sulle importazioni americane dal 125% al 10%.

La decisione arriva dopo due giorni di intensi colloqui tra il segretario al Tesoro e il rappresentante per il Commercio statunitensi Scott Bessent e Jamieson Greer e il vicepremier cinese He Lifeng. Già nella serata di sabato il presidente degli USA Donald Trump aveva dichiarato sul social Truth che la trattativa stava andando nella giusta direzione e che “molte cose sono state discusse, molte concordate” per “un reset totale negoziato in modo amichevole, ma costruttivo”. 

USA e Cina fanno pace e i mercati ringraziano

La tregua, seppur temporanea, nella guerra commerciale fra le due superpotenze economiche rassicura i mercati finanziari di tutto il mondo. Per quanto gli analisti ritengono che un accordo commerciale vero e proprio sia ancora lontano, la sospensione dei dazi reciproci fra USA e Cina viene letta come un allentamento della tensione e, soprattutto, un’apertura al dialogo. Il verde domina i principali listini di tutto il mondo e il dollaro torna a crescere dopo settimane in calo: il cambio euro/dollaro, al momento in cui scriviamo, si attesta sul valore di 1.112, in ribasso dello 0,8% dal momento dell’annuncio della tregua. 

Il mercato delle criptovalute continua a dare segnali positivi e Bitcoin sembra voler proseguire la sua scalata verso l’ATH: nella mattinata, più o meno verso le ore 7 italiane, BTC è arrivato a sfiorare i 106.000$, per poi ritracciare e assestarsi sui 104.400$. Lato altcoin, all’annuncio della pausa delle tariffe Ethereum ha reagito positivamente passando da quota 2.500$ a 2.600$ per poi scendere a 2.550$. La dominance di Bitcoin giù dello 0,4% circa, a quota 62,7%. Per quanto riguarda la market cap totale del mercato crypto, siamo sui 3,31 trilioni di dollari, in crescita dello 0,5% dal momento della pubblicazione del comunicato della Casa Bianca. 

Cosa aspettarsi dal futuro?

USA e Cina sembrano indirizzati verso un accordo commerciale stabile che porti beneficio a entrambi ma Donald Trump, in questi quasi quattro mesi di presidenza, ci ha abituato all’imprevedibilità: come abbiamo più volte sottolineato, attualmente ci troviamo in una fase caratterizzata dall’estrema incertezza sugli scenari economici futuri, stando anche a quanto riferito dalla FED in occasione del FOMC di maggio. In ogni caso, questa tregua – insieme al recente accordo stipulato col Regno Unito – sembra testimoniare un sostanziale cambio di atteggiamento da parte dell’amministrazione USA, che potrebbe iniziare a muoversi con più cautela e razionalità nei confronti dei partner commerciali. 

Se ti interessa questo tipo di notizie, il consiglio è di iscriverti qui sotto: noi di Young pubblichiamo quotidianamente aggiornamenti simili, come l’indice dei prezzi al consumo USA previsto per martedì 13 maggio. Alla prossima!

Tassazione TFR: guida al calcolo delle imposte sulla liquidazione

Tassazione TFR: guida al calcolo delle imposte sulla liquidazione

Guida al calcolo della tassazione del TFR: spiegazione ed esempio

Come funziona la tassazione del TFR e con quale calcolo si può trovare? Se sei alle prime armi con contratti di lavoro e contributi, forse non sai che quando decidi di incassare il TFR ovvero il “Trattamento di Fine Rapporto” devi pagare delle tasse. Se invece lo stai accumulando già da qualche anno, può esserti d’aiuto leggere questa breve guida al calcolo della tassazione TFR!

Cos’è il TFR e come si calcola

Prima di addentrarci nel calcolo della tassazione TFR, chiariamo innanzitutto cosa si intende per “Trattamento di Fine Rapporto”. In pratica è una somma di denaro che viene riconosciuta a tutti i lavoratori dipendenti alla risoluzione di un contratto di lavoro (sia a tempo determinato che indeterminato). 

IL TFR viene chiamato anche “liquidazione”, “buonuscita” o “retribuzione differita” ed è un compenso erogato con l’ultima busta paga solo alla fine del rapporto lavorativo che sia in caso di dimissioni che di licenziamento o pensionamento.

Per il calcolo della tassazione TFR è indispensabile conoscere l’importo della liquidazione. Il primo passo da fare per trovare questo valore è dividere la propria RAL (retribuzione annua lorda) per 13,5 così da trovare la quota annuale del TFR. Ora occorre moltiplicare questa quota per il numero totale degli anni di lavoro effettuati presso l’azienda. Infine bisogna aggiustare il TFR per l’inflazione aggiungendo:

  • il coefficiente di rivalutazione complessivo che corrisponde al 75% dell’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (Indice FOI) calcolato dall’ISTAT;
  • Un tasso fisso dell’1,5%

Calcolo tassazione TFR: i fattori da considerare 

Il calcolo della tassazione del TFR dipende da diversi fattori come l’ammontare accumulato dal lavoratore ma anche “dove” è stato conservato nel corso del rapporto lavorativo. 

Quando si inizia un nuovo impiego, con la firma del contratto, viene chiesto al lavoratore se intende far maturare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione. Questa scelta dipende dalle considerazioni personali di ciascuno dal momento che esistono pro e contro per entrambe le opzioni. In ogni caso questo influenza il calcolo della tassazione TFR come vedremo nell’esempio. 

Un altro aspetto da considerare è un eventuale anticipo del TFR, i lavoratori del settore privato a certe condizioni possono richiedere una quota della loro liquidazione prima della risoluzione del rapporto per far fronte a spese mediche, all’acquisto della prima casa, alla nascita di un figlio. 

Tassazione TFR: il calcolo con un esempio

La tassazione TFR  viene imposta nell’ultima busta paga del dipendente. Tornando ai casi citati in precedenza, se il lavoratore ha mantenuto l’importo in azienda, la tassazione prevista deve tenere conto dell’aliquota media ponderata. L’aliquota media è il livello medio di tassazione che il lavoratore ha pagato sul reddito imponibile – cioè sul reddito al netto di detrazioni e riduzioni previste dalla legge – in un determinato periodo di tempo. Nel caso del TFR, questo intervallo corrisponde agli ultimi cinque anni di lavoro e si calcola sommando tutte le imposte pagate in quell’arco di tempo, divise per il reddito imponibile complessivo dello stesso quinquennio. Questo numero viene poi moltiplicato per 100 per ottenere una percentuale, ovvero l’aliquota media ponderata, che sarà poi applicata al TFR maturato. 

Esempio su TFR di 30.000€: con aliquota media ponderata del 20%, l’imposta dovuta sarà di 6.000€ e il TFR corrisponderà a 24.000€. 

Se invece il TFR è stato maturato in un fondo pensione, la tassazione è più vantaggiosa e va dal 15% al 9%. L’aliquota – cioè la percentuale di tassazione – varia in base agli anni di permanenza nel fondo: a partire dal quindicesimo, si riduce annualmente dello 0,3% fino, appunto, a un minimo del 9%. 

Esempio su TFR di 30.000€: con 18 anni di permanenza, l’aliquota si riduce dello 0,9% (0,3% x 3 anni) e sarà del 14,1%, cioè 4230€. A questo punto il TFR corrisponderà a 25.770€. 

Attenzione! In questo calcolo non è inclusa la tassazione sul rendimento del fondo in cui è stato depositato il TFR: sui Titoli di Stato equivale al 12,5%, mentre su altre forme di investimento tra il 20% e il 26%. 

Infine, per chi ha chiesto un anticipo, il calcolo della tassazione TFR è più complesso e dipende dalle motivazioni della richiesta. Per le spese mediche, l’imposta è ridotta e oscilla tra il 9% e il 15% in base agli anni di contribuzione, scalando dello 0,3% per ogni anno di contribuzione; per la prima casa, l’aliquota è fissa e corrisponde al 23%. L’anticipo massimo accessibile su richiesta è pari al 70% del totale e può essere richiesto solo dopo un minimo di 8 anni di servizio.   

Come abbiamo visto, la tassazione TFR tiene conto di diversi casi particolari non sempre dimostrabili con esempi pratici. Per questo è bene rivolgersi a dei professionisti ed effettuare il calcolo della liquidazione in maniera precisa.  Intanto, iscriviti a Young Platform e non perderti gli aggiornamenti che contano!

Ethereum: + 22% in meno di 24 ore, cosa sta succedendo?

Il valore di Ethereum

Il valore di Ethereum e Bitcoin è in crescita. Tutto quello che devi sapere tra la “distensione” geopolitica e gli importanti dati on-chain

Si sa, l’incertezza non piace ai mercati e, se li seguite assiduamente, ve ne sarete accorti: da febbraio a metà aprile di quest’anno, molti asset sembravano destinati a un lungo letargo. È, però, forse il momento di tornare ottimisti, perché da qualche settimana, e in particolare negli ultimi giorni, qualcosa sembra essere cambiato. Oggi ci concentriamo sul mercato crypto, cercando di comprendere cosa stia alimentando l’ultimo rally – soprattutto per quanto riguarda il valore di Ethereum – che per alcuni ha un intenso profumo di bull market.

Bitcoin, da inizio aprile, ha registrato un incremento di circa il 40%, mentre Ethereum ha stupito con un +71% nello stesso periodo, di cui un notevole +35% solo da questo lunedì. Anche diverse altcoin sembrano pronte a tornare sulla cresta dell’onda: SUI, per esempio, ha messo a segno un impressionante +132% dal suo minimo del 7 aprile, TAO un +163% e Solana un +76%. Potremmo continuare con l’elenco, ma è più utile, a nostro avviso, concentrarci sulle cause di questo recente pump e sulle possibili conseguenze. Questo articolo cercherà di rispondere a due domande chiave: il bull market è davvero ripartito? Perché sta accadendo proprio ora?

Rally crypto tra geopolitica e adozione istituzionale

Non solo il valore di Ethereum e delle principali crypto è esploso a rialzo. Anche i mercati tradizionali hanno mostrato segnali di vitalità. Prendendo come riferimento il punto di minimo generale del 7 aprile, l’S&P 500 ha registrato un +17% e il NASDAQ un +22%. Cosa è cambiato, dunque, dal punto di vista geopolitico ed economico che permesso questo recupero?

Un primo fattore di rilievo riguarda le tensioni commerciali, in particolare tra Stati Uniti e Cina. Dopo settimane caratterizzate da un’escalation di dazi che faceva temere il peggio, si intravede uno spiraglio. Questo fine settimana è previsto un incontro cruciale a Ginevra tra Scott Bessent, il Segretario del Tesoro americano, e il vicepremier cinese He Lifeng. L’obiettivo degli USA sarebbe quello di ridurre i dazi sotto la soglia del 60%, con l’auspicio di una mossa analoga da parte di Pechino. Si parla di possibili implementazioni di tali tagli già dalla prossima settimana, in caso di progressi significativi. A rafforzare questo cauto ottimismo ci ha pensato il presidente USA, Donald Trump, che ha dichiarato giovedì che le tariffe “scenderanno”, e che si aspetta “un buon weekend con la Cina”. Anche il segretario al commercio, Howard Lutnick, ha ribadito che l’obiettivo è una de-escalation, intento che sembrerebbe condiviso dalla delegazione cinese.

Sempre sul fronte dei dazi, un altro segnale distensivo arriva dall’annuncio di un accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di definizione, questo patto dovrebbe portare alla rimozione della tariffa del 25% su acciaio e alluminio importati dal Regno Unito, imposta da Trump il 12 marzo su tutte le importazioni estere di questi metalli. Parallelamente, gli Stati Uniti aumenteranno le esportazioni di carne bovina ed etanolo verso il Regno Unito, con procedure doganali accelerate. Questo accordo è significativo non tanto per i volumi di scambio (il Regno Unito rappresenta circa il 3% del commercio USA), quanto per il messaggio che invia: la volontà di trovare intese può stemperare le tensioni e creare un precedente positivo, magari anche per i più complessi rapporti con la Cina.

Infine, notizie incoraggianti per il settore crypto arrivano direttamente dagli Stati Uniti. Lo stato del New Hampshire ha approvato una legge che gli permetterà di investire in criptovalute. Parallelamente, in Arizona, una nuova normativa consente allo stato di prendere possesso (e conservare) i Bitcoin “abbandonati” sugli exchange. L’aspetto più interessante è la decisione dello stato di non liquidare questi asset, ma di detenerli in un fondo specifico. Come ha commentato un veterano del settore: “Puoi acquistare Bitcoin mentre i governi comprano, o dopo che hanno comprato, ma l’opzione ‘prima’ sta scomparendo.” Un monito che sottolinea come l’adozione istituzionale sia rapida e inevitabile.

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Cosa sta succedendo on-chain? Il valore di Ethereum crescerà ancora?

Un primo dato significativo riguarda i volumi delle stablecoin, che ad aprile hanno toccato la cifra di 1,82 miliardi di dollari. Questo è un segnale di liquidità e interesse per il settore in generale; una ripartenza del mercato potrebbe vedere questa ingente somma di denaro confluire rapidamente verso Bitcoin, Ethereum e le principali altcoin.

Ethereum, in particolare, sta vivendo una settimana gloriosa, soprattutto dopo le sofferenze degli ultimi semi. Pectra, l’ultimo aggiornamento della rete, promette di facilitarne un mainstream della sua rete. Inoltre, la recente presentazione della “vision” futura, che include sviluppi legati all’intelligenza artificiale e ai social network decentralizzati, ha riacceso l’entusiasmo della community. Questo rinnovato interesse per la blockchain – e anche la crescita del valore di Ethereum – è confermato dall’aumento del costo delle gas fees (il GWEI), un indicatore chiave dell’attività sulla sua rete: dopo mesi di stabilità intorno a 0,34 GWEI, nelle ultime ore si sono registrate oscillazioni tra un minimo di 0,84 e un massimo di 21 GWEI.

Un altro trend che continua a consolidarsi è l’accumulo di Bitcoin da parte di aziende. Non si tratta solo di realtà del settore crypto, ma anche di società tradizionali il cui core business è lontano dalla finanza. Tra queste, MicroStrategy continua a incrementare la sua riserva (ora a 500.000 BTC), seguita da Tesla (11.500 BTC). Ma anche aziende più piccole e di settori diversi, come Semler Scientific (tecnologie mediche, con 3.600 BTC), KULR Technology (batterie al litio, 716 BTC) e Rumble (cloud e video streaming, 188 BTC), stanno decidendo di allocare parte della loro tesoreria in Bitcoin. Insomma, il recente slancio dei mercati crypto, sostenuto da una schiarita sul fronte delle tensioni commerciali globali e da una solida attività on-chain, ha riacceso l’entusiasmo. Sebbene sia presto per dichiarare con certezza l’inizio di un nuovo ciclo rialzista di lungo periodo, i segnali positivi sono innegabili. Il principale, come probabilmente avrai intuito, riguarda la crescita del valore di Ethereum e Bitcoin.