Cosa sta succedendo al mining di Bitcoin in Russia?

La guerra tra Russia e Ucraina ha messo in crisi il mondo, ma il mining di Bitcoin va avanti. Ma per quanto durerà ancora?

Nonostante la guerra tra Ucraina e Russia, il mining di bitcoin non si ferma. Considerando che nel 2021 l’11,2% dell’hash rate globale si trovava in Russia, molti si aspettavano un crollo di Bitcoin simile a quello avvenuto quando la Cina ha bandito il mining. Invece, la maggior parte delle mining pool continua a minare criptovalute, e il valore del mercato crypto ha retto il colpo.

Il mining di Bitcoin in Russia

L’instabilità geopolitica russa in seguito alle pesanti sanzioni ha scalfito anche il settore crypto. Nonostante la blockchain sia slegata dagli asset tradizionali, Bitcoin ed Ethereum hanno comunque seguito un trend ribassista prima di risalire. Ma come sono stati colpiti i miner russi?

Alcune pool internazionali, come Flexpool.io, hanno bloccato le attività dei miner russi. La mining farm, impegnata soprattutto nel mining di Ethereum, ha sospeso tutte le attività con sede in Russia. “Di solito non ci immischiamo in faccende politiche… ma questa non è solo politica. Chiediamo scusa ai nostri miner russi, molti di voi non supportano la guerra. Ma state comunque supportando la vostra nazione” scrive un rappresentante della mining pool su Reddit.

https://twitter.com/BitcoinBroski/status/1496883549533659143?ref_src=twsrc%5Etfw

Altre mining pool, invece, continuano ad andare avanti col loro lavoro. Whit Gibbs, CEO della statunitense Compass Mining, ha affermato che le loro strutture di mining in Russia sono lontane dal conflitto, precisamente in Siberia. Perciò, nonostante la guerra, i super-computer della mining pool continueranno a supportare la rete di Bitcoin. Cosa significa questo per la Russia?

La criptoeconomia e la guerra

La presenza delle forze russe in Ucraina ha sconvolto le persone e i mercati, e gli Stati occidentali hanno rapidamente risposto con vari pacchetti di pesantissime sanzioni economiche. Banche, società e personalità importanti in Russia si sono ritrovate tagliate fuori dal sistema economico globale nel giro di una settimana. L’imminente esclusione della Russia dal sistema di pagamenti interbancari SWIFT, poi, potrebbe rivelarsi il colpo di grazia per il rublo russo. 

Ma dove la moneta fiat non arriva, potrebbe arrivare Bitcoin. Vista la massiccia presenza di società di mining presenti in Russia, la domanda interna di energia è elevata, e potrebbe aumentare ancora di più se il governo dovesse decidere di supportare ufficialmente le criptovalute. A quel punto, sarebbe possibile convertire il gas naturale in potenza di calcolo e potenziare il mining di bitcoin, invece di venderlo alle nazioni europee. Questa tattica è già stata sperimentata dall’Iran, nazione esclusa dal sistema SWIFT nel 2012.

Bitcoin: un modo per evitare le sanzioni?

Sarà questa l’arma di Putin per evitare il collasso economico della sua nazione? Probabilmente no. Infatti, il Ministero dell’Economia russo ha recentemente proposto una legge che vieta l’utilizzo di criptovalute come sistema di pagamento. La decentralizzazione potrebbe non essere vantaggiosa per il governo russo, che ha preferito proteggersi dalle sanzioni siglando vari accordi economici con la Cina.

Bisogna poi ricordare che le transazioni in Bitcoin non sono anonime ma pseudonime, e con i giusti mezzi è possibile risalire ai proprietari dei wallet. Questo esclude anche che gli oligarchi russi spostino gran parte del loro patrimonio in asset crypto, visto che le sanzioni sarebbero in grado di colpirli anche sulla blockchain! Con un blockchain explorer, il governo USA può identificare le transazioni degli oligarchi sanzionati, e punire chi accetta i pagamenti. Ogni tipo di commercio con la Russia è illegale, e questo vale anche per gli asset digitali.