L’andamento storico dell’inflazione in Italia. Quali sono gli eventi che hanno causato un incremento dei prezzi ed eroso il potere d’acquisto dal 1945 ad oggi?
L’andamento dell’inflazione in Italia dal 1945 ad oggi ha mostrato oscillazioni significative. In alcuni periodi storici è stata molto alta, mentre in altri è stata efficacemente limitata dalle politiche monetarie.
L’inflazione è un fenomeno che provoca un aumento generale dei prezzi di beni e servizi e perciò comporta una diminuzione del potere d’acquisto di una determinata valuta.
Un’inflazione contenuta è considerata, dalle banche centrali e da diversi economisti, salutare per un sistema economico, o per uno stato, tuttavia, se diventa troppo alta, rallenta la crescita e contribuisce ad alimentare l’incertezza e la sfiducia sui mercati.
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Le cause dell’inflazione possono essere diverse, tra le più frequenti troviamo: l’aumento dei costi di produzione, le politiche monetarie espansive e un eccessivo disequilibrio tra domanda e offerta. Analizzando lo storico andamento dell’inflazione in Italia, si può comprendere appieno il fenomeno e individuare ciò che ha contribuito ad intensificarlo e le mosse che lo hanno attenuato.
I primi anni dopo la seconda guerra mondiale (anni ‘50)
Il secondo dopoguerra è uno dei periodi in cui l’inflazione in Italia è stata più alta. I bombardamenti distrussero gran parte delle infrastrutture e delle risorse del Belpaese e limitarono fortemente la produzione industriale causando un disequilibrio tra domanda e offerta.
I proprietari dei mezzi di produzione non riuscendo a produrre tutto ciò di cui i cittadini avevano bisogno (incremento della domanda che l’offerta non riuscì a soddisfare), furono obbligati ad alzare i prezzi. Di conseguenza la maggioranza della popolazione, fortemente impoverita dal conflitto, smise di acquistare beni e servizi causando un drastico calo della domanda che contribuì ad acutizzare ancor di più il fenomeno. L’andamento dell’inflazione in Italia dal 1945 al 1960 oscillò dal 25% al 40%.
Gli anni ‘60 e ‘70 in Italia: l’inflazione strutturale
A partire dagli anni ‘60 l’inflazione in Italia divenne un problema strutturale dell’economia. In altre parole tale fenomeno non fu più imputabile ad una situazione temporanea o di emergenza. Le cause furono principalmente due: la disoccupazione e la crisi petrolifera. Nel 1975 il tasso di inflazione in Italia superò il 20% e nel 1977 toccò il 27%.
Gli anni ‘80 e ‘90: la risposta della Banca d’Italia
Nel 1980 attenuare l’inflazione in Italia divenne una priorità del governo. Il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, adottò una politica caratterizzata dall’aumento dei tassi di interesse per contenere il fenomeno. Le politiche monetarie restrittive della Banca d’Italia puntarono a ridurre la quantità di denaro in circolazione attraverso l’emissione di titoli di Stato o altri asset finanziari. L’inflazione, grazie a questo intervento scese dal 21% nel 1980 al 5% nel 1987.
Negli anni novanta essa, in Italia, venne frenata dagli effetti del Sistema Monetario Europeo (SME), istituito a partire dal 1979, che introdusse i tassi di cambio stabili tra le valute dei paesi dell’UE. In questo decennio l’inflazione in Italia passò dal 6,5% nel 1990 all’1,7% nel 1999.
Il primo passo per combattere l’inflazione – la croce dell’economia italiana da oltre cento anni – è mettere in moto i propri risparmi e non lasciarli a svalutarsi sotto il materasso. Se vuoi farlo con le criptovalute, la soluzione dell’acquisto ricorrente è la più facile e immediata.
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I primi anni 2000: la crisi del 2008
L’inflazione in Italia rimase stabile fino al 2008, anno in cui la crisi economica generata dall’esplosione della bolla dei mutui subprime (qui un elenco dei peggiori bear market della storia) la fece salire dal 1,8% al 3,3%. Tuttavia, nonostante l’impatto devastante sull’economia globale, la crisi non fece crescere particolarmente l’inflazione nei Paesi sviluppati. La recessione economica che si scatenò in seguito portò ad una diminuzione della domanda di beni e servizi ma non ad un incremento dei prezzi.
Dal 2020 al 2023: Il COVID-19 e conflitto russo-ucraino
Negli ultimi tempi l’andamento dell’inflazione in Italia è tornato a far preoccupare: essa si sta riavvicinando a dei livelli che non toccava dagli anni ‘80. Il primo evento scatenante è stata la pandemia di COVID 19, i cui effetti sono visibili sull’economia ancora oggi. L’emergenza sanitaria e le misure di lockdown hanno causato la riduzione dell’offerta di beni e servizi e di conseguenza un aumento dei prezzi.
La pandemia ha anche causato un significativo decremento della domanda a causa dell’aumento della disoccupazione e della conseguente riduzione del reddito per molte famiglie. Infine, le politiche monetarie e fiscali espansive attuate dal governo e dalla Banca d’Italia per sostenere l’economia durante la pandemia hanno aumentato la spesa pubblica e i prezzi. Dal 2019 al 2022 l’inflazione in Italia è passata dallo 0,6% all’8,1%.
Anche il conflitto russo-ucraino, scoppiato a febbraio del 2022 e la conseguente crisi energetica, hanno contribuito ad accrescere il prezzo delle materie prime alimentando l’inflazione ed erodendo il potere d’acquisto dei cittadini.
L’inflazione in Italia oggi
A marzo l’inflazione in Italia si è attestata intorno al 7,7%. Questo dato si basa sull’indice nazione dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC). Un indicatore che traccia le variazioni dei prezzi di un paniere di beni e servizi rappresentativo del consumo domestico medio. Il dato, dopo il picco del 10% toccato a gennaio, sembra in calo probabilmente grazie alle politiche monetarie restrittive della Banca Centrale Europea e alla discesa dei prezzi dei beni energetici.
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