Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

prezzo di carico imposte 2025

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: aiutano l’investitore a comprendere il ruolo del prezzo di carico nella dichiarazione dei redditi e nel calcolo delle imposte sulle criptovalute.

Vedremo cos’è, quando viene assegnato automaticamente e in quali casi va inserito manualmente.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute come quello offerto da Young Platform, ci sono alcune operazioni per cui sarà necessario inserire manualmente il prezzo di carico.

Una volta fornito questo dato, il sistema calcola automaticamente plusvalenze, imposte e li riporta nei quadri fiscali corretti (es. Quadro RT o Quadro T), generando un report precompilato, pronto da usare come guida sicura per la dichiarazione.

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Prezzo di carico: che cos’è? 

Il prezzo di carico rappresenta il valore iniziale attribuito a una criptovaluta nel momento in cui entra nel patrimonio del contribuente.

È fondamentale per il calcolo delle plusvalenze o minusvalenze, che si determinano al momento della vendita o dello scambio della crypto. Se non viene dichiarato correttamente, potresti pagare più imposte del dovuto.

Come si determina il prezzo di carico?

  • Acquisto diretto → coincide con il prezzo pagato per acquistare la crypto, incluse eventuali commissioni.
  • Airdrop, staking, mining, programmi Earn coincide con il valore di mercato al momento dell’accredito.
  • Trasferimento da altro wallet o exchange (quindi un deposito) → il contribuente deve dichiarare manualmente il prezzo di carico, ovvero il valore originale di acquisto.

Attenzione: prezzo di carico a 0 €

Se al momento della vendita il prezzo di carico è 0 € (perché non indicato, o in mancanza di documentazione), l’intero ricavato sarà considerato plusvalenza e tassato al 26%.

Nota operativa

Il corretto tracciamento del prezzo di carico è essenziale per:

  • Evitare errori nella dichiarazione fiscale
  • Ridurre il rischio di sovrastimare le plusvalenze
  • Dimostrare l’origine e il valore effettivo degli asset in caso di controlli

Esempio 1: Deposito senza prezzo di carico

  • Depositi 1 Bitcoin acquistato in passato, ma senza indicare il prezzo di acquisto.
  • Depositi 1 Bitcoin acquistato in passato, ma senza indicare il prezzo di acquisto.
  • Successivamente, vendi questo BTC a 100.000€.
  • Il fisco considera l’intero importo come plusvalenza → 100.000 €
  • Applicando la franchigia: 100.000 2.000 = 98.000€ imponibili.
  • Imposta dovuta: 98.000 × 26% = 25.480€.

Esempio 2: Deposito con prezzo di carico documentato

  • Depositi 1 Bitcoin e dichiari che lo hai acquistati a 60.000€.
  • Depositi 1 Bitcoin e dichiari che lo hai acquistato a 60.000€.
  • Quando vendi a 100.000€, la plusvalenza lorda sarà: 100.000 – 60.000 = 40.000€.
  • Applicando la franchigia: 40.000 – 2.000 = 38.000€ imponibili.
  • Imposta dovuta: 38.000 × 26% = 9.880€.

Come evitare errori (e pagare meno imposte)

Per non incorrere in una tassazione eccessiva:

  • Conserva sempre le prove d’acquisto delle criptovalute
  • Quando trasferisci fondi su un exchange, inserisci il prezzo di carico corretto

Se usi Young Platform, puoi caricare la cronologia delle transazioni da wallet esterni (es. Metamask, Ledger, ecc.) e ottenere un report fiscale completo e ottimizzato per la dichiarazione dei redditi.

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Hard fork: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

hard fork imposte 2025

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere come funzionano le imposte sulle criptovalute ricevute in seguito ad un hard fork.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, i valori vengono calcolati correttamente e inseriti nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Cos’è un hard fork?

Un hard fork è una modifica significativa e incompatibile con le versioni precedenti del protocollo di una blockchain, che porta alla creazione di una nuova catena separata dalla precedente. Questo evento si verifica quando una parte della comunità decide di implementare cambiamenti sostanziali alle regole del sistema, non accettati da tutti i partecipanti. Di conseguenza, si formano due blockchain distinte: una che segue le vecchie regole e un’altra che adotta le nuove. 

Esempio:
Nel 2022, Ethereum ha subito un aggiornamento che ha dato origine a una nuova rete chiamata EthereumPoW (ETHW).

Chi possedeva ETH al momento del fork ha ricevuto gratuitamente un numero equivalente di token ETHW.

Cosa succede a livello fiscale?

Ricevere criptovalute a seguito di un hard fork è considerato un reddito, anche se non hai sostenuto alcun costo per acquisirle. 

Dal punto di vista fiscale, funziona esattamente come un airdrop: si tratta di un’entrata soggetta a un’imposta.

Dove si dichiarano?

I token ricevuti tramite hard fork vanno indicati:

  • Nel Quadro RW del Modello Redditi (ex Unico) o Quadro W (del modello 730) per dichiararne il possesso di criptovalute. Serve anche per calcolare l’imposta di bollo dello 0,2% sul totale delle criptovalute possedute al 31 dicembre.
  • Nel Quadro RT del Modello Redditi (ex Unico), oppure nel Quadro T del modello 730 per un’eventuale vendita con guadagno.

Quando si pagano le imposte sulle criptovalute ricevute dopo un hard fork?

Nell’anno successivo a quello in cui hai ricevuto i token.

Esempio:
Se hai ricevuto criptovalute tramite hard fork nel 2024, dovrai dichiararle e pagare le imposte nel 2025.

Quanto si paga?

L’imposta è pari al 26% sul valore dei token ricevuti, calcolato nel giorno in cui ti sono stati accreditati sul wallet.

Come si calcola?

  • Prendi la quantità di token ricevuti
  • Moltiplica per il prezzo di 1 token nel giorno dell’accredito
  • Su questo valore si applica il 26% di imposta

Esempio 1 – Imposta su hard fork 

Hai ricevuto 50 ETHW in seguito a un hard fork di Ethereum il 15 settembre 2024, quando 1 ETHW valeva 1,50 €.

Calcolo del valore ricevuto:
50 × 1,50 € = 75 €

Questo importo è considerato un reddito e, in linea generale, sarebbe soggetto a un’imposta del 26%. Tuttavia, rientra ampiamente nella franchigia annuale di 2.000 euro prevista dalla normativa.

Conclusione:
Non dovrai pagare alcuna imposta nel 2025, perché il valore dei token ricevuti non supera la soglia esente.

Anche se non hai ancora venduto i tuoi ETHW e sono ancora nel wallet, il ricevimento dei token costituisce comunque un reddito fiscalmente rilevante. Ma in questo caso, non genera tassazione perché resta al di sotto della franchigia.

Esempio 2 – Imposta su hard fork 

Hai ricevuto 50 ETHW in seguito a un hard fork di Ethereum il 15 settembre 2024, e supponiamo che in quel momento 1 ETHW valesse 100 €.

Calcolo del valore ricevuto:
50 × 100 € = 5.000 €

Questo importo è considerato un guadagno e, poiché supera la franchigia annuale di 2.000 euro, la parte eccedente diventa imponibile.

Calcolo dell’imposta:

  • Reddito imponibile: 5.000 € – 2.000 € = 3.000 €
  • Imposta da pagare nel 2025: 3.000 × 26% = 780 €

Anche se non hai ancora venduto i tuoi ETHW, l’imposta è comunque dovuta sull’importo imponibile, perché il ricevimento dei token rappresenta un evento fiscalmente rilevante.

E se vendi le criptovalute?

Se in futuro decidi di vendere le criptovalute ricevute con l’hard fork, e il loro valore sarà aumentato rispetto al giorno in cui le hai ricevute, dovrai pagare un’imposta sulla plusvalenza.

Esempio 1 – Imposta sulla vendita

  • Ricevi 50 ETHW nel 2024, quando 1 ETHW vale 1,50 €
    → valore ricevuto: 75 €
  • Vendi nello stesso anno, quando valgono 5 €
    → incasso: 250 €
  • Plusvalenza: 250 € – 75 € = 175 €

Tassazione:

  • Il reddito di 75 € non è tassato perché rientra nella franchigia di 2.000 € per il 2024.
  • La plusvalenza di 175 € è anch’essa sotto la franchigia annuale e non genera imposta.

Totale imposte da pagare: 0 €

Esempio 2 – Imposta sulla vendita

  • Ricevi 50 ETHW nel 2024, quando 1 ETHW vale 1,50 €
    → valore ricevuto: 75 €
  • Nel 2024 vale ancora la franchigia di 2.000 €
    nessuna imposta da pagare nel 2025 sul ricevimento.
  • Vendi nel 2025, quando 1 ETHW vale 5 €
    → incasso: 250 €
  • Plusvalenza: 250 € – 75 € = 175 €

Tassazione:

  • Dal 1° gennaio 2025, la franchigia di 2.000 € non è più in vigore per le plusvalenze.
  • L’intera plusvalenza è imponibile:
    175 € × 26% = 45,50 €, da pagare nel 2026

Totale imposte da pagare: 45,50 €

Esempio 3 – Imposta sulla vendita

  • Ricevi 50 ETHW nel 2025, quando 1 ETHW vale 1,50 €
    → valore ricevuto: 75 €
    → Tassazione immediata senza franchigia:
    75 € × 26% = 19,50 €, da pagare nel 2026
  • Vendi nello stesso anno, quando valgono 5 €
    → incasso: 250 €
  • Plusvalenza: 250 € – 75 € = 175 €
    175 € × 26% = 45,50 €, anch’essi da pagare nel 2026

Totale imposte da pagare nel 2026: 19,50 € + 45,50 € = 65 €

Quando si paga l’imposta sulla plusvalenza?

Il principio è semplice: le imposte si pagano l’anno successivo rispetto all’anno in cui hai venduto le criptovalute e, ovviamente, solo se hai realizzato un guadagno.

Quindi:

  • Se le vendi nel 2024, paghi nel 2025
  • Se le vendi nel 2025, paghi nel 2026
  • Se le vendi nel 2026, paghi nel 2027 …e così via.
hard fork imposte 2025

E se scambi le criptovalute ricevute con un hard fork per una stablecoin?

Con l’entrata in vigore del regolamento europeo MiCAR, anche lo scambio di criptovalute con alcune stablecoin classificate come EMT (Electronic Money Tokens) è fiscalmente rilevante.

Gli EMT sono token il cui valore è ancorato a una valuta fiat, come l’euro o il dollaro. Per il fisco, sono equiparati a moneta tradizionale.
Esempi di EMT: Tether (USDT), USD Coin (USDC)

Scambiare ETHW per USDC è quindi fiscalmente equivalente a venderli in euro. Se il valore di ETHW è aumentato rispetto al giorno dell’accredito, dovrai pagare l’imposta sulla plusvalenza.

Esempio 1 – Imposta sullo scambio con stablecoin EMT

Hai ricevuto 50 ETHW il 15 settembre 2024, quando valevano 1,50 € ciascuno
valore iniziale: 50 × 1,50 € = 75 €

A dicembre 2024, il valore di ETHW sale a 4 €
→ decidi di scambiare i 50 ETHW per 200 USDC
(consideriamo 1 USDC = 1 €, quindi l’incasso è di 200 €)


Calcolo della plusvalenza:

  • Valore al momento della ricezione: 75 €
  • Valore al momento dello scambio: 200 €
  • Plusvalenza realizzata: 200 € – 75 € = 125 €

Tassazione:

Siamo nel 2024, quindi si applica ancora la franchigia annuale di 2.000 € sulle plusvalenze complessive.
Se non hai realizzato altre plusvalenze nel corso dell’anno, questa rientra interamente nella soglia esente.

Risultato: nessuna imposta da pagare nel 2025.
Tanto la ricezione (75 €) quanto la plusvalenza (125 €) sono al di sotto della franchigia complessiva.

Esempio 2 – Imposta sullo scambio con stablecoin EMT

Hai ricevuto 50 ETHW il 15 settembre 2024, quando valevano 1,50 € ciascuno
valore iniziale: 50 × 1,50 € = 75 €

Nel 2025, il valore di ETHW sale a 4 €
→ decidi di scambiare i 50 ETHW per 200 USDC
(1 USDC ≈ 1 €, quindi incasso = 200 €)


Tassazione 1 – Reddito da ricezione (anno 2024)

  • Valore al momento dell’hard fork: 75 €
  • Siamo nel 2024, quindi si applica la franchigia di 2.000 €
    → Nessuna imposta sul valore ricevuto
    → Nessuna imposta da pagare nel 2025

Tassazione 2 – Plusvalenza (anno 2025)

  • Prezzo di carico: 75 €
  • Prezzo di vendita: 200 €
  • Plusvalenza: 200 – 75 = 125 €

Dal 1° gennaio 2025, la franchigia di 2.000 € sulle plusvalenze è stata abolita.
→ L’intera plusvalenza di 125 € è imponibile al 26%

Imposta da pagare nel 2026:
125 € × 26% = 32,50 €


Totale imposte da pagare

  • Nel 2025: 0 €
  • Nel 2026: 32,50 €

NOTA – Classificazione degli EMT: uno scenario in evoluzione

Al momento non esiste una classificazione ufficiale, chiara e completa che indichi con certezza quali criptovalute rientrano nella categoria degli EMT (Electronic Money Tokens) secondo il regolamento MiCAR, e quali invece ricadano nelle altre categorie previste dalla normativa.

Di conseguenza, l’identificazione di una stablecoin come EMT è frutto di un’interpretazione della norma, basata sulle sue caratteristiche tecniche e funzionali. Questo porta inevitabilmente a categorizzazioni discordanti tra operatori del settore, fiscalisti e piattaforme.

In linea generale, si concorda sul fatto che Tether (USDT) – una delle stablecoin più utilizzate nel trading – può essere considerata un EMT, e quindi le operazioni in USDT sono fiscalmente rilevanti.

Diversamente, USD Coin (USDC) ha ricevuto ufficialmente la classificazione come EMT, avendo completato con successo il processo di due diligence richiesto dalla MiCAR e soddisfatto tutti i criteri normativi previsti.

Questo significa che, almeno per ora, le operazioni con USDC sono sicuramente rilevanti fiscalmente, mentre quelle con altre stablecoin – come USDT – lo sono in base a una lettura coerente e prudente della normativa vigente.

Tutti i calcoli sono automatici

Ricorda che non devi fare questi calcoli da solo o da sola.
Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, tutti questi passaggi sono gestiti automaticamente:

  • Il software traccia ogni operazione
  • Calcola eventuali imposte dovute
  • Ti dice esattamente quanto e se devi pagare 

In pochi clic ottieni un report fiscale completo, già precompilato con il valore delle criptovalute e l’esatto importo delle imposte da versare per la dichiarazione dei redditi.

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Trading Bot e Smart Trades: cosa sono e quali sono le imposte da pagare nel 2025

trading bot imposte 2025

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere il funzionamento della tassazione sulle operazioni eseguite da Trading Bot e, nel caso specifico di Young Platform, tramite gli Smart Trades.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non è necessario effettuare calcoli manuali.

Tutte le transazioni vengono tracciate automaticamente, i valori e gli importi calcolati con precisione e inseriti nelle sezioni corrette della dichiarazione dei redditi (come il Quadro RT o il Quadro T).

Riceverai così un report fiscale precompilato, pronto da consultare e utilizzare come guida affidabile durante la dichiarazione.

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Che cos’è un Trading Bot

Un Trading Bot è un software automatizzato che esegue operazioni di acquisto e vendita di criptovalute al posto dell’utente, seguendo parametri preimpostati (strategie di prezzo, volumi, soglie, indicatori tecnici, ecc.).

Dal punto di vista fiscale, tutte le operazioni effettuate dal Bot sono imputabili all’investitore, come se fossero state eseguite manualmente.

Rilevanza fiscale delle operazioni del Bot

Le operazioni eseguite da un Trading Bot sono considerate fiscalmente rilevanti in due casi principali:

  1. Quando la criptovaluta viene venduta in cambio di euro o di un’altra valuta fiat
  2. Quando viene scambiata con una stablecoin classificata come EMT (Electronic Money Token)

Ma cosa significa “EMT”?

Secondo il regolamento europeo MiCAR, gli EMT sono token il cui valore è ancorato a una valuta fiat (come l’euro o il dollaro), e sono trattati come denaro elettronico.
Ai fini fiscali, vengono equiparati alla valuta tradizionale: scambiare una crypto per un EMT è come venderla per euro.

Quindi, se il Bot scambia ad esempio Bitcoin per 1.000 USDC, l’operazione è fiscalmente equiparabile alla vendita per 1.000 euro.

In questo caso, si può generare una plusvalenza (o minusvalenza), che deve essere dichiarata e tassata se rilevante.

NOTA – Classificazione degli EMT: uno scenario in evoluzione

Al momento non esiste una classificazione ufficiale, chiara e completa che indichi con certezza quali criptovalute rientrano nella categoria degli EMT (Electronic Money Tokens) secondo il regolamento MiCAR, e quali invece ricadano nelle altre categorie previste dalla normativa.

Di conseguenza, l’identificazione di una stablecoin come EMT è frutto di un’interpretazione della norma, basata sulle sue caratteristiche tecniche e funzionali. Questo porta inevitabilmente a categorizzazioni discordanti tra operatori del settore, fiscalisti e piattaforme.

In linea generale, si concorda sul fatto che Tether (USDT) – una delle stablecoin più utilizzate nel trading – può essere considerata un EMT, e quindi le operazioni in USDT sono fiscalmente rilevanti.

Diversamente, USD Coin (USDC) ha ricevuto ufficialmente la classificazione come EMT, avendo completato con successo il processo di due diligence richiesto dalla MiCAR e soddisfatto tutti i criteri normativi previsti.

Questo significa che, almeno per ora, le operazioni con USDC sono sicuramente rilevanti fiscalmente, mentre quelle con altre stablecoin – come USDT – lo sono in base a una lettura coerente e prudente della normativa vigente.

Esempio – Imposta sulle operazioni del Trading Bot

Un Bot vende automaticamente 1 ETH per 2.000 USDC (equivalenti a circa 2.000 €).
Se avevi acquistato quell’ETH quando valeva 1.500 €, hai realizzato una plusvalenza di 500 €.

  • La plusvalenza è soggetta all’imposta del 26%.
  • Tuttavia, se nel corso dell’anno non hai superato la franchigia di 2.000 € di plusvalenze complessive, non devi pagare alcuna imposta.
  • Se invece nello stesso anno hai realizzato altre plusvalenze e hai superato i 2.000 € complessivi, allora l’imposta del 26% si applica solo sulla parte eccedente quella soglia.

Smart Trades su Young Platform: Trading Bot e fiscalità

Su Young Platform, puoi utilizzare gli Smart Trades, strumenti di trading algoritmico che funzionano come veri e propri Bot automatici: eseguono operazioni di acquisto e vendita in base a strategie preimpostate, senza che tu debba intervenire manualmente.

Questi Bot possono operare anche contro stablecoin, come USDC o USDT, che rientrano nella categoria degli EMT (e-money tokens) secondo l’interpretazione del regolamento MiCAR.

Impatto fiscale delle operazioni automatiche

Quando un Smart Trade scambia una criptovaluta contro uno di questi EMT, l’operazione è fiscalmente rilevante, come se fosse una vendita per euro.
Se il valore della crypto al momento dello scambio è superiore a quello che aveva quando l’hai acquistata (o quando il Bot l’ha acquistata), si genera una plusvalenza soggetta all’imposta del 26%.

Non fa differenza se l’ordine è stato eseguito da un Bot o da te manualmente: ai fini fiscali conta l’effetto dell’operazione.

Tutto è già calcolato nel tuo Report Fiscale

La buona notizia?
Non devi fare nulla a mano. Su Young Platform, tutte le operazioni eseguite con Smart Trades vengono:

  • Tracciate automaticamente
  • Classificate in base alla loro rilevanza fiscale
  • Incluse nel report fiscale, con eventuali plusvalenze e imposte dovute già calcolate 

In pochi clic ottieni un documento completo e pronto da usare per la dichiarazione dei redditi, senza doverti preoccupare di nulla.

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Airdrop crypto: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

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Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere come funzionano le imposte sulle criptovalute ricevute tramite airdrop.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, i valori vengono calcolati correttamente e inseriti nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Cos’è un airdrop crypto?

Un airdrop è una distribuzione gratuita di criptovalute.
Spesso i progetti crypto regalano i loro token a utenti selezionati per far conoscere il progetto, premiare chi ha già usato la piattaforma o incentivare l’adozione.

Esempio:
Nel 2020, Uniswap – uno dei più famosi exchange decentralizzati – ha regalato 400 token UNI a ogni utente che aveva interagito con la piattaforma prima di una certa data.

Un altro esempio più recente è Arbitrum, che nel 2023 ha distribuito token ARB agli utenti che avevano utilizzato la sua piattaforma.

Come viene trattato un airdrop crypto livello fiscale?

Ricevere token tramite airdrop è considerato un reddito anche se non hai speso nulla per ottenerli.

Per questo motivo, il valore ricevuto è soggetto a imposta.

Dove si dichiarano?

I token ricevuti tramite airdrop vanno indicati:

  • Nel Quadro RW del Modello Redditi (ex Unico) o Quadro W (del modello 730) per dichiararne il possesso di criptovalute. Serve anche per calcolare l’imposta di bollo dello 0,2% sul totale delle criptovalute possedute al 31 dicembre.
  • Nel Quadro RT del Modello Redditi (ex Unico), oppure nel Quadro T del modello 730 per un’eventuale vendita con guadagno.

Quando si pagano le imposte sugli airdrop crypto?

Nell’anno successivo a quello in cui hai ricevuto i token.

Esempio:
Se hai ricevuto delle criptovalute con un airdrop nel 2024, dovrai dichiararle e pagare le imposte nel 2025.

Quanto si paga?

L’imposta da pagare è del 26% sul valore delle criptovalute ricevute tramite airdrop al momento dell’accredito sul tuo portafoglio.

Si considera cioè il prezzo della criptovaluta nel giorno in cui è stata accreditata sul tuo portafoglio.

Per calcolare il valore su cui verrà applicata l’imposta, ti basta:

  • Moltiplicare la quantità di token ricevuti per
  • Il prezzo di 1 token nel giorno in cui li hai ricevuti.

Questo ti dà il valore complessivo delle criptovalute ricevute, su cui si applica l’aliquota del 26% al netto della franchigia dei 2.000€.

Esempio – Imposta sull’airdrop ricevuto

Hai ricevuto 400 UNI il 21 ottobre 2024, quando 1 UNI valeva 7 €.
Valore totale ricevuto:
400 × 7 € = 2.800 €

Nel 2024 è in vigore una franchigia annuale di 2.000 € sulle plusvalenze.
Quindi si paga l’imposta solo sulla parte eccedente i 2.000 €:

  • Reddito imponibile: 2.800 € – 2.000 € = 800 €
  • Imposta da pagare nel 2025: 800 € × 26% = 208 €

Anche se non hai ancora venduto i tuoi UNI e restano nel tuo wallet, l’imposta è comunque dovuta, perché la ricezione di un airdrop è considerata un evento fiscalmente rilevante.


E se vendi le criptovalute?

Se poi vendi le criptovalute in cambio di euro o qualsiasi altra valuta fiat e il loro valore è aumentato, allora paghi anche un’imposta sulla plusvalenza (cioè sul guadagno).

Esempio – Imposta sulla vendita:

Hai venduto i tuoi 400 UNI a novembre 2024, quando valevano 10 € ciascuno.

Valore di vendita:
400 × 10 € = 4.000 €

Valore al momento dell’airdrop (ricevuto il 21 ottobre 2024):
400 × 7 € = 2.800 €

Plusvalenza realizzata:
4.000 € – 2.800 € = 1.200 €

Anche per le plusvalenze da vendita di criptovalute ricevute tramite airdrop, nel 2024 si applica la franchigia di 2.000 euro sul totale delle plusvalenze annuali.

Se non hai superato i 2.000 € di plusvalenze complessive nello stesso anno, l’intero importo è esente da tassazione.

Se invece nello stesso anno hai già superato la franchigia con altre vendite, allora i 1.200 € si sommano agli altri guadagni, e solo la parte eccedente i 2.000 € complessivi sarà tassata al 26%.

Quando si paga l’imposta sulla plusvalenza?

Il principio è semplice: le imposte si pagano l’anno successivo rispetto all’anno in cui hai venduto le criptovalute e, ovviamente, solo se hai realizzato un guadagno.

Quindi:

  • Se le vendi nel 2024, paghi nel 2025
  • Se le vendi nel 2025, paghi nel 2026
  • Se le vendi nel 2026, paghi nel 2027…e così via.
airdrop crypto imposte 2025

E se scambi le criptovalute ricevute con un airdrop per una stablecoin?

Con l’entrata in vigore del regolamento europeo MiCAR, anche lo scambio di criptovalute con alcune stablecoin (chiamate EMT – e-money tokens) è fiscalmente rilevante.

Gli EMT sono stablecoin il cui valore è ancorato a una valuta fiat (come il dollaro o l’euro), e sono trattati dal fisco come valuta a corso legale. Esempi: Tether (USDT), USD Coin (USDC).

Questo significa che scambiare criptovalute come UNI per USDC è come venderle per euro, e se hai un guadagno rispetto al momento in cui le hai ricevute, dovrai pagare l’imposta sulla plusvalenza.

Esempio – Imposta sullo scambio con stablecoin

Hai ricevuto 400 UNI il 21 ottobre 2024 tramite airdrop, quando valevano 7 € ciascuno
valore iniziale: 400 × 7 € = 2.800 €

A novembre 2024, il prezzo di 1 UNI sale a 10 €.
Decidi di scambiare i tuoi 400 UNI per 4.000 USDC
valore dello scambio: 4.000 €

Calcolo della plusvalenza:
4.000 € (valore dello scambio) – 2.800 € (valore di ricezione) = 1.200 € di plusvalenza

Anche se non stai convertendo in euro, ma in stablecoin EMT (come USDC), la normativa considera questo tipo di scambio come realizzazione di una plusvalenza imponibile.

Nel 2024, le plusvalenze complessive godono di una franchigia annua di 2.000 euro.
Se non hai superato questa soglia con altre vendite o scambi nello stesso anno, la plusvalenza di 1.200 € è interamente esente.
→ Imposta da pagare nel 2025: 0 €

Se invece hai altre plusvalenze nello stesso anno e superi i 2.000 € complessivi, solo la parte eccedente sarà tassata al 26%.

NOTA – Classificazione degli EMT: uno scenario in evoluzione

Al momento non esiste una classificazione ufficiale, chiara e completa che indichi con certezza quali criptovalute rientrano nella categoria degli EMT (Electronic Money Tokens) secondo il regolamento MiCAR, e quali invece ricadano nelle altre categorie previste dalla normativa.

Di conseguenza, l’identificazione di una stablecoin come EMT è frutto di un’interpretazione della norma, basata sulle sue caratteristiche tecniche e funzionali. Questo porta inevitabilmente a categorizzazioni discordanti tra operatori del settore, fiscalisti e piattaforme.

In linea generale, si concorda sul fatto che Tether (USDT) – una delle stablecoin più utilizzate nel trading – può essere considerata un EMT, e quindi le operazioni in USDT sono fiscalmente rilevanti.

Diversamente, USD Coin (USDC) ha ricevuto ufficialmente la classificazione come EMT, avendo completato con successo il processo di due diligence richiesto dalla MiCAR e soddisfatto tutti i criteri normativi previsti.

Questo significa che, almeno per ora, le operazioni con USDC sono sicuramente rilevanti fiscalmente, mentre quelle con altre stablecoin – come USDT – lo sono in base a una lettura coerente e prudente della normativa vigente.

Tutti i calcoli sono automatici

Ricorda che non devi fare questi calcoli da solo o da sola.
Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, tutti questi passaggi sono gestiti automaticamente:

  • Il software traccia ogni operazione
  • Calcola eventuali imposte dovute
  • Ti dice esattamente quanto e se devi pagare 

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Maggio crypto: un assaggio di ciò che trovi nei nostri Club

Un’anticipazione del nostro report crypto di maggio. Capitalizzazione del mercato crypto in crescita del 20% e il nuovo massimo storico di Bitcoin

Maggio ha acceso i motori del mercato crypto, ma la vera destinazione è ancora tutta da scoprire. Con una crescita complessiva di oltre il 20% e la capitalizzazione di mercato che ha superato i 3,26 trilioni di dollari, il segnale è forte e chiaro: la fiducia sta tornando. 

Bitcoin ha toccato un nuovo massimo storico, spinto anche dai continui flussi sugli ETF spot da parte degli istituzionali. Ma attenzione, non è ancora tempo di euforia generale: il mercato totale è sotto il suo ATH e le altcoin stanno solo ora iniziando a scaldarsi. Questo è solo un piccolo assaggio di quello che analizziamo nel dettaglio nel nostro Market Report completo, disponibile in esclusiva per i membri dei nostri Club.

Il mercato crypto di maggio: ottimismo primaverile

Il mese di maggio ha visto la capitalizzazione totale del mercato crypto (TCMC) schizzare verso l’alto, con un incremento superiore al 20%. Un segnale di ritrovata fiducia, sostenuto dall’interesse istituzionale e da un contesto macro che, nonostante le turbolenze globali, sembra favorire gli asset alternativi come Bitcoin. E mentre il Re delle crypto ha toccato un nuovo massimo storico il 22 maggio, il mercato nel suo complesso suggerisce che siamo in piena “Bitcoin season”. Ma cosa significa questo per le altcoin? Potrebbe aprirsi presto una finestra per loro?

Nel nostro report completo approfondiamo:

  • L’analisi tecnica della TCMC.
  • Il perché le altcoin sono ancora in attesa e quando potrebbero partire.

Non solo Bitcoin: Ethereum e le sorprese del mese

Se Bitcoin ha dominato la scena, altri protagonisti non sono stati a guardare. Ethereum ha mostrato i primi concreti segnali di ripresa, sostenuto dall’attesa per l’aggiornamento “Pectra” e dal suo ruolo chiave nella tokenizzazione. Ma la vera star tra le altcoin di maggio è stata AAVE, che ha brillato con un quasi +60%, spinta dalla narrativa DeFi e da importanti novità normative sulle stablecoin. Persino Dogecoin ha detto la sua con un +13%, alimentato da voci su un possibile ETF.

Nel report completo troverai:

  • Analisi dettagliata di ETH, del rapporto ETH/BTC e dei dati on-chain come l’accumulo da parte delle “whale”.
  • Focus su AAVE: analisi tecnica, motivazioni del rialzo e il suo peso nella DeFi.
  • Un’occhiata a DOGE e all’impatto delle news sul suo Open Interest.

Dietro le quinte: cosa dicono i dati on-chain e il sentiment

Guardare solo i prezzi non basta. I dati on-chain per Bitcoin raccontano una storia interessante: pochi nuovi indirizzi retail, ma un forte accumulo da parte degli holder di lungo periodo e degli istituzionali. E Google Trends? L’interesse per Bitcoin è ai minimi, nonostante il prezzo vicino ai massimi. Un paradosso? O un segnale che la crescita attuale è più solida e meno guidata dalla FOMO?

Il report completo esplora:

  • Il significato del basso numero di nuovi indirizzi BTC.
  • La dinamica tra short-term e long-term holder.
  • Storie incredibili come quella del trader James Wynn.

Il mondo là fuori: perché la macroeconomia è cruciale

Viviamo in un’epoca di forte incertezza globale: dalle politiche commerciali di Trump all’inflazione che non molla la presa, fino alle mosse della Federal Reserve. In questo scenario, Bitcoin e le crypto emergono sempre più come “asset alternativi”. Comprendere il contesto macroeconomico è fondamentale, ed è per questo che ai membri dei nostri Club offriamo analisi dedicate.

Questo è solo un assaggio delle analisi e degli insight che troverai nel Market Report crypto completo di Maggio. Vuoi capire a fondo le dinamiche di mercato, scoprire le analisi tecniche dettagliate, i dati on-chain che fanno la differenza, leggere le storie più calde come quella di James Wynn e avere una visione chiara del contesto globale grazie anche al nostro report macroeconomico dedicato?

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Sanzioni e rischi per chi non dichiara correttamente le criptovalute

sanzioni omessa dichiarazione criptovalute

L’omessa dichiarazione dei redditi relativi alle criptovalute può comportare conseguenze gravi, sia in termini di sanzioni pecuniarie che di possibili accertamenti fiscali. Vediamo le sanzioni previste e come rimediare.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto controlli più stringenti e sanzioni più severe per chi omette la dichiarazione delle cripto-attività. Vediamo quali sanzioni sono previste per l’anno 2025 e come rimediare a un eventuale omessa o errata dichiarazione fiscale per le criptovalute.

Sanzioni per omessa o errata dichiarazione del possesso di criptovalute

Quadro RW / Quadro W

Il possesso di criptovalute deve essere dichiarato nel Quadro RW del Modello Redditi o nel Quadro W del Modello 730 per i lavoratori dipendenti.

Se non si dichiara correttamente il valore del proprio portafoglio crypto, si rischiano sanzioni amministrative molto elevate:

  • Dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato.

Tuttavia, c’è un’importante precisazione:
non si applica il raddoppio della sanzione previsto per gli investimenti detenuti in Stati o territori a fiscalità privilegiata (i cosiddetti “paradisi fiscali”).

Questo perché il legislatore ha riconosciuto la natura particolare delle cripto-attività, che non sempre sono riconducibili a una giurisdizione estera ben definita come accade per un conto bancario tradizionale.

In pratica:
Se dimentichi di inserire nel quadro RW le tue cripto-attività (es. wallet, conti su exchange), rischi comunque una multa, ma non quella aggravata prevista per chi nasconde asset in paesi blacklisted.

Esempio:
Se un investitore possiede 100.000 euro in criptovalute e non le dichiara, rischia una multa compresa tra 6.000 e 30.000 euro, oltre al pagamento dell’imposta di bollo di 200 euro (100.000 × 0,2%).

Sanzioni per omessa dichiarazione dei redditi (plusvalenze) da criptovalute 

Quadro RT / Quadro T

La mancata dichiarazione delle plusvalenze realizzate attraverso la vendita di criptovalute può essere considerata evasione fiscale e comportare:

  • Dichiarazione infedele: se l’importo dichiarato è inferiore a quello effettivo, la sanzione è pari almeno al 90% dell’imposta dovuta (con un minimo del 70%).
  • Dichiarazione tardiva (presentata con oltre 90 giorni di ritardo, senza ravvedimento operoso): sanzione pari al 30% dell’imposta dovuta.
  • Dichiarazione omessa (non presentata entro i termini e oltre 90 giorni dalla scadenza): la sanzione può arrivare al 120% dell’imposta.
  • Interessi di mora, calcolati sulla base del tempo trascorso dall’omissione.
  • Possibili accertamenti fiscali e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Esempio:

Un investitore realizza una plusvalenza di 50.000 euro e non la dichiara.

  • La plusvalenza imponibile, dopo la franchigia di 2.000€, è 48.000 euro.
  • L’imposta dovuta con l’aliquota del 26%: 48.000 × 26% = 12.480 euro.
  • Se l’Agenzia delle Entrate rileva l’omissione, può applicare una sanzione tra il 90% e il 120% dell’imposta dovuta, quindi:
    • Minimo: 12.480 × 90% = 11.232 euro
    • Massimo: 12.480 × 120% = 14.976 euro
  • Il contribuente dovrà quindi pagare un totale compreso tra 23.712 e 27.456 euro, oltre agli interessi di mora.

Accertamenti fiscali e controlli sugli exchange

Con l’entrata in vigore del regolamento europeo MiCA, le piattaforme di scambio di criptovalute sono obbligate a condividere i dati degli utenti con le autorità fiscali. Questo significa che l’Agenzia delle Entrate ha strumenti più avanzati per individuare chi non dichiara le proprie operazioni crypto.

In particolare:

  • Gli exchange centralizzati registrati in Europa trasmettono automaticamente informazioni sui volumi di scambio e sui saldi degli utenti.
  • Le piattaforme estere che operano in Europa devono adeguarsi a queste normative.
  • Anche i movimenti da e verso wallet privati possono essere oggetto di verifica se emergono incongruenze nelle dichiarazioni fiscali.

L’incremento dei controlli riduce la possibilità di operare in anonimato, rendendo fondamentale dichiarare correttamente le proprie criptovalute per evitare accertamenti e sanzioni.

Il Ravvedimento Operoso: come regolarizzare la propria posizione

Chi si accorge di una omessa dichiarazione dei redditi relativi alle criptovalute o di averle dichiarate in modo sbagliato, può usufruire del Ravvedimento Operoso, uno strumento che consente di sanare la propria posizione fiscale prima che vengano avviati controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I vantaggi del Ravvedimento Operoso sono:

  • Riduzione delle sanzioni, che possono scendere fino a 1/10 dell’importo massimo previsto.
  • Possibilità di rateizzare il pagamento delle imposte e delle sanzioni.
  • Minore rischio di accertamenti fiscali, in quanto il contribuente dimostra di voler regolarizzare la propria posizione spontaneamente.

Per accedere al Ravvedimento Operoso è necessario:

  1. Calcolare le imposte non versate e le eventuali plusvalenze non dichiarate.
  2. Presentare una dichiarazione integrativa.
  3. Versare l’importo dovuto, comprensivo delle sanzioni ridotte e degli interessi.

Supporto di un commercialista esperto di criptovalute

Young Platform offre un servizio completo per aiutarti a metterti in regola con il fisco, mettendo a disposizione un commercialista esperto in criptovalute. Se hai bisogno di assistenza nella compilazione del Ravvedimento Operoso o nel calcolo degli interessi di mora, puoi richiedere una consulenza direttamente dal tuo account. Accedendo alla sezione Tasse e Report, troverai un banner dedicato ai commercialisti, attraverso cui potrai prenotare il supporto di un professionista per regolarizzare la tua posizione fiscale nel modo più semplice e veloce possibile. Questo servizio ti permette di evitare errori nella dichiarazione e ridurre al minimo le sanzioni, garantendoti un percorso chiaro per metterti in regola quanto prima.

sanzioni per omessa dichiarazione

Per evitare problemi con il fisco in seguito a una omessa dichiarazione dei redditi, è essenziale mantenere una contabilità precisa delle proprie operazioni crypto e dichiararle correttamente. A questo scopo il Ravvedimento Operoso e la consulenza di un commercialista esperto sono la soluzione vincente.

Glossario essenziale per la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute

Dichiarazione redditi criptovalute: glossario fiscale

Scopri tutte le parole e le informazioni essenziali per preparare la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute del 2025.

La questione fiscale sulle criptovalute sta diventando uno spauracchio che allontana e spaventa i piccoli investitori. E non dipende tanto dalla difficoltà della materia. Il problema nasce dalla scarsa chiarezza della normativa in sé, dalle innumerevoli interpretazioni che si trovano online e, a monte, dalla difficoltà di applicare leggi tradizionali a tecnologie completamente nuove. 

Tuttavia, anche quest’anno le criptovalute vanno dichiarate e le imposte pagate. Perciò, per aiutarti a orientarti nel labirinto del fisco, abbiamo preparato un glossario essenziale: tienilo a portata di mano mentre compili la dichiarazione o sfoglialo per avere una panoramica aggiornata sul regime fiscale in vigore.

Per scoprire i nostri servizi fiscali:

Airdrop

Un airdrop è la distribuzione gratuita di criptovalute da parte di un progetto, spesso utilizzata come strategia promozionale. In Italia, dal punto di vista fiscale, è considerato un guadagno e può essere soggetto a tassazione anche se non hai speso nulla per riceverlo. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento della ricezione. Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma delle plusvalenze da cripto-attività (inclusi airdrop) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se la soglia viene superata, l’imposta si applica solo sulla parte eccedente.

La dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui hai ricevuto l’airdrop, calcolando il valore dei token al momento dell’accredito.

Se in seguito decidi di vendere quei token a un prezzo superiore, la differenza rispetto al valore iniziale costituisce una plusvalenza. Anche in questo caso si applica l’imposta del 26%, ma solo sulla plusvalenza al netto della franchigia di 2.000 euro. Ricordiamo che per vendita si intende la conversione dei token in valuta fiat (come euro) o in stablecoin di tipo EMT.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Bot di trading (Smart Trades)

Un bot di trading è un software che esegue automaticamente operazioni di compravendita di criptovalute seguendo regole o strategie preimpostate. Dal punto di vista fiscale, le operazioni effettuate dal bot sono considerate a tutti gli effetti operazioni eseguite dall’utente: se il bot vende criptovalute in cambio di euro, dollari o altre valute fiat, l’operazione è fiscalmente rilevante.

Anche lo scambio tra criptovalute e EMT (Electronic Money Token), come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, è un’operazione fiscalmente rilevante e può generare una plusvalenza tassabile al 26%, al netto della franchigia di 2.000 euro prevista per legge.
Questa franchigia si applica su base annua: se la somma delle plusvalenze nette generate nell’anno è pari o inferiore a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.

In altre parole, le operazioni automatizzate non esonerano dagli obblighi fiscali: ogni ordine generato dal bot può avere un impatto sulla dichiarazione dei redditi. Su piattaforme come Young Platform, tutte le attività eseguite dai bot (Smart Trades) sono tracciate e già incluse nel report fiscale, con eventuali imposte calcolate automaticamente.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Bot di trading e Smart Trades: cosa sono e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Cashback in crypto

Le criptovalute ricevute come rimborso (cashback) a seguito di un acquisto o pagamento — ad esempio tramite carta o app — sono considerate, dal punto di vista fiscale italiano, redditi imponibili.

L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato delle criptovalute al momento dell’accredito nel portafoglio. Tuttavia, secondo quanto chiarito da una FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro:
se il totale dei redditi da cripto-attività (inclusi cashback e airdrop) ricevuti in un anno è pari o inferiore a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.

L’imposta si paga l’anno successivo alla ricezione, anche se le criptovalute non vengono vendute.

Se in seguito si decide di vendere le crypto ricevute come cashback e il loro valore è aumentato, si applica una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza. In questo caso, il prezzo di carico sarà il valore al momento dell’accredito, e la plusvalenza imponibile sarà la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di accredito, al netto della franchigia dei 2.000€.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Commissioni di transazione

Le commissioni di transazione sono costi applicati dagli exchange o dalle blockchain per l’esecuzione di operazioni come acquisti, vendite, prelievi o trasferimenti di criptovalute. Dal punto di vista fiscale, queste commissioni non sono deducibili dal calcolo delle plusvalenze o minusvalenze.

In altre parole, il guadagno o la perdita derivante da un’operazione viene calcolato esclusivamente sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita dell’asset, senza considerare i costi sostenuti per le commissioni.

Questo significa che, anche se hai sostenuto spese per completare una transazione, l’importo della commissione non riduce la base imponibile su cui si calcola l’imposta del 26%. È importante tenerne conto quando valuti il rendimento netto effettivo delle tue operazioni, soprattutto se utilizzi strategie ad alta frequenza. 

Crypto-asset

Il termine crypto-asset, secondo il regolamento europeo MiCAR, indica qualsiasi bene digitale basato su blockchain, incluse criptovalute (come Bitcoin, Ethereum), stablecoin, NFT, token di utilità e asset tokenizzati. La MiCAR ha definito tre categorie principali di crypto-asset: 

  • EMT (Electronic Money Tokens): stablecoin ancorate a una valuta fiat  
  • ART (Asset-Referenced Tokens): token legati a un paniere di asset
  • Utility Token: token che danno accesso a servizi digitali

Per la normativa italiana, che parte da questa categorizzazione, una transazione è fiscalmente rilevante solo se avviene tra asset con caratteristiche e funzioni diverse (es. ETH → NFT). Se scambi crypto simili tra loro (es. BTC ↔ ETH o USDC ↔ USDT), non paghi imposte. Non esiste ancora una classificazione ufficiale per ogni token. Le categorie sono interpretate secondo criteri condivisi, ma possono variare tra operatori e Paesi UE.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Depositi in euro (o altre valute fiat)

Operazioni di versamento di valuta fiat (euro) da un conto bancario o da una carta di pagamento verso il portafoglio in euro di una piattaforma di scambio di criptovalute.

I depositi in euro non sono soggetti a tassazione né devono essere dichiarati nel Quadro RW, in quanto non rappresentano un trasferimento di attività finanziarie estere o l’acquisizione di asset digitali.

Sono considerati semplici movimenti di liquidità e non producono alcuna implicazione fiscale, a meno che non vengano successivamente utilizzati per acquistare criptovalute o altri strumenti rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi.

Depositi in criptovalute

Trasferimento di criptovalute da un wallet personale o esterno (es. Metamask, hardware wallet, wallet custodial) verso un altro exchange, un protocollo DeFi o una piattaforma centralizzata.
Il deposito di crypto non genera imposte né plusvalenze, in quanto si tratta di un semplice spostamento di asset già detenuti. Tuttavia, ha rilevanza fiscale ai fini del monitoraggio e deve essere dichiarato nel Quadro RW (Modello Redditi) o nel Quadro W (730), se l’exchange di destinazione è estero o non fa da sostituto d’imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Importante: al momento del deposito, l’utente deve indicare il prezzo di carico originario degli asset trasferiti. In assenza di tale indicazione, il sistema considera il valore pari a 0 €, con il rischio che, in caso di vendita, l’intero ricavato venga tassato come plusvalenza.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Dichiarazione dei redditi da criptovalute

La dichiarazione dei redditi da criptovalute è il documento fiscale che un contribuente residente in Italia presenta annualmente per comunicare al Fisco i redditi e le attività legate al possesso e alle operazioni effettuate con cripto-attività (crypto-asset), come Bitcoin, Ethereum, NFT, stablecoin e altri token digitali. 

La dichiarazione deve riportare:

  • Le plusvalenze realizzate, cioè i guadagni derivanti dalla vendita o dallo scambio di crypto-asset
  • Le minusvalenze, ovvero le perdite subite in operazioni con valenza fiscale
  • Il valore delle cripto-attività detenute al 31 dicembre di ogni anno (per fini di monitoraggio fiscale)

Le informazioni relative alle criptovalute vanno inserite nei quadri del Modello Redditi (ex Unico) o del Modello 730, rispettivamente nei Quadri RW e RT e Quadri W e T del 730.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Hard Fork

Evento tecnico in cui una blockchain si divide in due versioni incompatibili tra loro, dando origine a una nuova rete e a una nuova criptovaluta. Gli utenti che possedevano token sulla blockchain originale ricevono gratuitamente una quantità equivalente di token sulla nuova rete. In Italia, i token ricevuti tramite hard fork sono considerati redditi diversi, analogamente agli airdrop e al mining, e sono soggetti a un’imposta del 26% sul valore di mercato dei token nel giorno in cui vengono accreditati nel wallet del contribuente, anche se non vengono venduti.

Tuttavia, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro: se il totale dei redditi diversi da criptovalute (inclusi hard fork, airdrop e mining) rimane pari o inferiore a questa soglia, non è dovuta alcuna imposta. L’imposta, se dovuta, va dichiarata e versata l’anno successivo rispetto a quello dell’accredito, indicando i valori nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, in base al regime fiscale adottato.

Se successivamente si vendono i token ricevuti tramite hard fork a un prezzo superiore rispetto al valore di accredito, si applica una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata (prezzo di vendita – prezzo di accredito), anche in questo caso con applicazione della franchigia di 2.000 euro. Qualora le plusvalenze nette totali annue restino al di sotto di tale soglia, non dovrà essere pagata alcuna imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Hard fork: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Imposta di bollo (IVACA)

In Italia, la tassazione patrimoniale sulle criptovalute può avvenire in due modalità, a seconda di dove sono custoditi gli asset: 

  • IVACA (Imposta sul Valore delle Cripto-Attività): si applica sulle criptovalute detenute su exchange esteri o wallet privati. Va dichiarata nel Quadro RW del Modello Redditi (o Quadro W del 730), e il relativo importo deve essere versato tramite Modello F24.
  • Imposta di bollo: si applica automaticamente alle criptovalute custodite su piattaforme italiane che trattengono e versano direttamente l’imposta. 

In entrambi i casi, l’aliquota è dello 0,2% annuo, calcolata sul valore di mercato delle criptovalute detenute al 31 dicembre dell’anno fiscale. L’imposta è dovuta anche se le criptovalute non sono state scambiate o vendute: il solo fatto di detenerle genera l’obbligo fiscale.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Metodo contabile LIFO (Last In, First Out)

Metodo di calcolo utilizzato per determinare il valore delle plusvalenze e minusvalenze nella vendita di criptovalute. Secondo il principio LIFO – “Last In, First Out”, si assume che gli ultimi asset acquistati siano i primi a essere venduti. Questo criterio impatta direttamente sull’entità della plusvalenza imponibile, poiché viene confrontato il prezzo di vendita con il costo di acquisto più recente.

Esempio: se acquisti 1 BTC a 20.000 €, poi un altro a 30.000 €, e ne vendi uno a 35.000 €, con il metodo LIFO si considera venduto quello da 30.000 €. La plusvalenza sarà 35.000 – 30.000 = 5.000 €.

In ambito fiscale, il metodo LIFO è riconosciuto quale criterio di determinazione delle plusvalenze per le cripto-attività (in assenza di sostituto di imposta). È il metodo adottato nei report fiscali generati da Young Platform, dove il calcolo avviene in automatico, secondo le indicazioni normative italiane.

Mining

Attività di convalida delle transazioni e creazione di nuovi blocchi su una blockchain, svolta mediante l’impiego di potenza computazionale in cambio di una ricompensa in criptovaluta.
Dal punto di vista fiscale, in Italia il mining può generare due tipologie di guadagno, a seconda della natura dell’attività:

  • A livello personale (non professionale): la ricompensa ricevuta è considerata un guadagno e tassata al 26% sul valore di mercato della criptovaluta alla data dell’accredito, anche se non viene venduta. Tuttavia, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro: se il totale dei redditi da crypto (inclusi mining e airdrop) rimane al di sotto di questa soglia, non si applica alcuna imposta.
  • A livello professionale (con mezzi organizzati e continuità): l’attività è assimilata a un’attività d’impresa, con obbligo di partita IVA, e i redditi sono soggetti a IVA e tassazione ordinaria.

La dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui si è verificato l’accredito, calcolando il 26% sul prezzo delle crypto nella data in cui le abbiamo ricevute sul wallet (al netto della franchigia).
Le ricompense ottenute devono essere indicate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.
Se successivamente vendi le ricompense ricevute con il mining a un prezzo maggiore rispetto al prezzo di accredito, pagherai una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata (al netto della franchigia).

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento:  Mining di criptovalute: trattamento fiscale in Italia nel 2025

Minusvalenze

Perdita che si verifica quando una criptovaluta viene venduta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto. Dal punto di vista fiscale, le minusvalenze realizzate nella cessione di cripto-attività possono essere compensate con plusvalenze ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo l’imposta complessivamente dovuta.

A partire dal 2023, la normativa italiana prevede che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso quello in cui la perdita è stata realizzata. Le minusvalenze maturate prima del 2023 non sono compensabili, a causa del cambio di regime fiscale introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.

Le minusvalenze devono essere dichiarate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, e devono essere supportate da documentazione che attesti prezzo di acquisto, vendita e data delle operazioni.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per ridurre l’imposizione fiscale nel 2025

Modello Redditi Persone Fisiche (ex Modello Unico) 

Documento ufficiale per la dichiarazione dei redditi in Italia, utilizzato da contribuenti che non possono o non vogliono usare il Modello 730. Consente di dichiarare tutte le tipologie di reddito, comprese le plusvalenze da criptovalute e il possesso di crypto-asset detenuti su exchange esteri o wallet personali, tramite i quadri RT (redditi diversi) e RW (monitoraggio fiscale e imposte patrimoniali). Richiede il calcolo autonomo delle imposte e il versamento tramite Modello F24.

Ordini con valuta fiat

Operazioni in cui una criptovaluta viene acquistata o venduta utilizzando una valuta tradizionale, come euro o dollari. Le plusvalenze generate dalla vendita di criptovalute contro valuta fiat sono sempre imponibili. Il guadagno imponibile si calcola confrontando il prezzo di vendita con il prezzo di carico della criptovaluta, secondo il metodo LIFO.

Ordini con stablecoin EMT

Operazioni di compravendita di criptovalute eseguite contro stablecoin classificate come EMT (Electronic Money Tokens), come USDT o USDC. Fiscalmente, sono trattate come vendite per valuta fiat, quindi generano una plusvalenza imponibile se il valore al momento della vendita è superiore al prezzo di carico. Il calcolo avviene convertendo l’importo in euro al tasso di cambio corrente.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Ordini swap

Operazioni di scambio diretto tra criptovalute con le stesse caratteristiche e funzioni, che non generano imposizione fiscale immediata. Il prezzo di carico della criptovaluta ceduta viene trasferito a quella ricevuta. L’eventuale plusvalenza sarà tassata solo nel momento in cui la nuova criptovaluta sarà successivamente venduta o scambiata con valuta fiat o stablecoin EMT.

Pair (valuta base e valuta quotata)

Nel trading di criptovalute, un pair rappresenta una coppia di valute utilizzata per effettuare scambi. La valuta base è l’asset che si intende acquistare o vendere. La valuta quotata (o di riferimento) è quella con cui si misura il valore della valuta base. Ad esempio, nel pair BTC/EUR, stai comprando o vendendo Bitcoin (BTC, valuta base) utilizzando euro (EUR, valuta quotata). Ai fini fiscali, è importante sapere quale delle due è la valuta quotata, perché se è una valuta fiat (come l’euro) o una stablecoin di tipo EMT, lo scambio può generare una plusvalenza imponibile.

Plusvalenze da criptovalute

La plusvalenza è il guadagno che si realizza quando si vende o si scambia una criptovaluta a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto (o di ricezione, come nel caso di airdrop, staking o mining).
In Italia, le plusvalenze generate dalle criptovalute sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e sono tassate con un’aliquota fissa del 26%, ma solo sulla parte che eccede la franchigia annuale di 2.000 euro.

  • Valore di vendita (in euro) – Prezzo di carico (in euro) = Plusvalenza lorda
  • Plusvalenza lorda – 2.000 euro (franchigia) = Plusvalenza imponibile

L’imposta si applica solo quando la plusvalenza è realizzata, ovvero nel momento in cui la criptovaluta viene ceduta in cambio di:

  • euro o altra valuta fiat
  • stablecoin classificate come EMT (es. USDT, USDC)
  • beni o servizi 

Se non c’è una conversione in valuta fiat o EMT, ad esempio in uno swap tra due criptovalute con caratteristiche simili, non si realizza una plusvalenza immediata e non si paga alcuna imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Premi da funzionalità Earn

Ricompense in criptovaluta ricevute da un utente a seguito di un’azione svolta su una piattaforma, come completare un quiz, guardare un video o partecipare a una promozione.

Dal punto di vista fiscale, questi premi sono considerati redditi diversi e quindi imponibili, anche se non hai pagato nulla per riceverli. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento dell’accredito nel portafoglio.

Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma di tutti i redditi dello stesso tipo (inclusi airdrop e altri premi) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se viene superata, il 26% si applica solo sull’importo eccedente.

L’imposta si paga l’anno successivo alla ricezione, anche se i token non vengono venduti.

Se in futuro decidi di vendere questi token, ad esempio convertendoli in euro o in stablecoin classificate come EMT (come USDT o USDC), e il loro valore è aumentato rispetto al giorno in cui li hai ricevuti, dovrai pagare un’ulteriore imposta del 26% sulla plusvalenza. Anche in questo caso, si applica la franchigia di 2.000 euro sul totale delle plusvalenze realizzate nel corso dell’anno.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Prezzo di carico

Il prezzo di carico è il valore iniziale di una criptovaluta al momento in cui entra nel tuo patrimonio. Serve per calcolare la plusvalenza o minusvalenza quando venderai o scambierai quell’asset. È un elemento fiscale importante: se non viene dichiarato correttamente, potresti pagare più tasse del dovuto. 

Nel caso di acquisto diretto, coincide con il prezzo pagato. Per criptovalute ricevute tramite airdrop, staking, mining, hard fork o programmi Earn, corrisponde al valore di mercato al momento dell’accredito. Se la cyrpto viene trasferita da un wallet esterno su un exchange, il prezzo di carico deve essere dichiarato manualmente dall’utente. In assenza di tale indicazione, si considera pari a zero, con conseguente tassazione integrale dell’importo ricavato dalla vendita.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Quadro RW

Parte del Modello Redditi (ex Unico) dedicata al monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere e delle criptovalute. Serve a dichiarare il possesso di criptovalute e a calcolare l’imposta di bollo (0,2% annuo) sul loro valore al 31 dicembre. È obbligatorio anche se non si sono realizzati guadagni, semplicemente per il possesso.

Quadro RT

Sezione del Modello Redditi dedicata alla dichiarazione delle plusvalenze da attività finanziarie, comprese le cripto-attività. Qui si indicano: le plusvalenze realizzate vendendo criptovalute con un guadagno superiore a 2.000 €. L’imposta da applicare sull’eccedenza è del 26%.

Quadro W

Equivalente del Quadro RW, ma presente nel Modello 730. Serve per dichiarare il possesso di criptovalute, anche se non si è fatto trading, e per pagare l’imposta di bollo sul valore totale delle cripto al 31 dicembre.

Quadro T

Equivalente del Quadro RT, ma presente nel Modello 730. Va compilato se si sono ottenuti guadagni da criptovalute (come vendite con plusvalenza o ricompense da staking).
Consente di calcolare l’imposta sostitutiva del 26% al netto della franchigia dei 2.000 euro sui redditi da cripto-attività.

Ravvedimento Operoso

Strumento previsto dalla normativa fiscale italiana che consente di regolarizzare omissioni o errori nella dichiarazione dei redditi, versando le imposte dovute con sanzioni e interessi ridotti. Può essere utilizzato, ad esempio, per sanare plusvalenze da criptovalute non dichiarate negli anni precedenti, prima che l’Agenzia delle Entrate avvii un controllo.

Ricompense da staking

Le criptovalute ricevute come premio per aver bloccato i propri fondi in staking sono considerate redditi diversi e, in quanto tali, imponibili. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento della ricezione, anche se non vengono venduti. Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma dei redditi di questo tipo (inclusi staking, airdrop, premi Earn, ecc.) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se la soglia viene superata, il 26% si applica solo sull’importo eccedente.

Questi importi vanno dichiarati e le imposte si pagano l’anno successivo alla ricezione dei token. Se successivamente vendi le criptovalute ricevute in staking — ad esempio convertendole in euro o in stablecoin classificate come EMT (come USDT o USDC) — e il valore di vendita è superiore a quello di ricezione, si genera una plusvalenza. Anche in questo caso si applica l’imposta del 26%, ma solo sulla parte di plusvalenza che supera la franchigia di 2.000 euro annui, se non già utilizzata.

Eventuali plusvalenze vanno dichiarate e le relative imposte versate l’anno successivo alla vendita.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Staking e Fisco: come funzionano le imposte sulle ricompense nel 2025

Rivalutazione

Meccanismo che permette di aggiornare il valore fiscale di carico delle criptovalute detenute al 1° gennaio dell’anno di dichiarazione, pagando un’imposta sostitutiva ridotta invece della normale tassazione sulle plusvalenze. Per le imposte sulle plusvalenze del 2024, ciò significa inserire come prezzo di acquisto (o prezzo di carico) il valore al 1° gennaio 2025. Questo sistema è particolarmente utile per chi non conosce il prezzo di acquisto delle proprie criptovalute perché le ha comprate molto tempo fa, non dispone della documentazione degli anni passati o è un early adopter che ha acquistato a prezzi molto bassi. L’obiettivo è evitare di pagare un’imposta molto elevata sulle plusvalenze accumulate nel tempo. Tuttavia, aderire alla rivalutazione comporta l’obbligo esplicito di pagare subito il 18% di imposta sostitutiva e, in futuro, il 26% sulle plusvalenze generate dalla vendita con riferimento al maggior valore rispetto al 1 gennaio 2025.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Franchigia di esenzione da 2.000 € valida fino al 31.12.24

Si tratta di una franchigia, cioè un importo minimo non tassabile, previsto dalla normativa fiscale italiana. Secondo quanto confermato da una FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025, le plusvalenze nette annuali derivanti dalla vendita o dallo scambio di criptovalute sono imponibili solo per la parte eccedente i 2.000 euro.

In pratica:

  • Se le plusvalenze nette annuali sono pari o inferiori a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.
  • Se vengono superati i 2.000 euro, solo l’importo eccedente è imponibile al 26%, e non l’intera plusvalenza.

Questa franchigia si applica su base annua e riguarda l’insieme delle operazioni effettuate nel corso dell’anno solare.

FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Stack di criptovalute

È il totale delle criptovalute possedute da un utente, suddiviso per prezzo di acquisto o modalità di acquisizione (acquisto, staking, airdrop, mining, ecc.). Lo stack aumenta con ogni nuova criptovaluta ricevuta o acquistata e diminuisce quando si effettuano vendite, conversioni o trasferimenti. Il valore di carico (cioè il prezzo di riferimento) di ciascuna unità dello stack è importante per calcolare correttamente le imposte in caso di vendita.Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per compensare l’imposizione fiscale nel 2025

minusvalenze criptovalute young platform

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere cosa sono le minusvalenze e come usarle per la compensazione delle imposte. 

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, minusvalenze e plusvalenze vengono calcolate correttamente e inserite nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Minusvalenze: definizione e utilizzo per la compensazione fiscale

Una minusvalenza si verifica quando si vende una criptovaluta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto, generando una perdita finanziaria. Dal punto di vista fiscale, in Italia, queste minusvalenze possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze (guadagni) ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo così l’imposta dovuta.​

Periodo di compensazione delle minusvalenze

A partire dal 2023, la normativa italiana stabilisce che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso l’anno in cui sono state realizzate.

Non c’è una distinzione tra minusvalenze realizzate nel 2023 o nel 2024: il periodo è sempre di cinque anni, ma è importante considerare che il primo anno utile è quello stesso in cui la minusvalenza è stata generata

Ad esempio, una perdita registrata nel 2024 può essere compensata fino al 2028, considerando come primo anno il 2024 stesso.

È importante notare che  le minusvalenze realizzate prima del 2023 non possono essere usate per compensare le plusvalenze future.

Perché? Prima del 2023 le criptovalute erano considerate “valute estere”, e non esisteva una normativa chiara che permettesse la compensazione delle perdite.

Come compensare le minusvalenze 

Esempio pratico di compensazione minusvalenze

Immagina questa situazione:

  • Nel 2024 hai una perdita complessiva di 10.000 euro: quindi 10.000 euro di minusvalenza
  • Sempre nel 2024, realizzi anche un guadagno complessivo di 5.000 euro 

Cosa succede?

  • Compensi i 5.000 euro di guadagno con parte della perdita.
  • Non paghi nessuna imposta.
  • E ti rimangono altri 5.000 euro di minusvalenza da usare negli anni successivi.

Andiamo avanti.

Nel 2025:

  • Realizzi un nuovo guadagno, una plusvalenza da 3.000 euro
  • Hai ancora 5.000 euro di minusvalenze “salvate” dall’anno precedente.
  • Quindi puoi compensare anche questi 3.000 euro: non paghi nulla nemmeno stavolta.

Ti restano ancora 2.000 euro di minus disponibili.

Nel 2026, guadagni 15.000 euro.

  • Ora puoi usare i 2.000 euro di minusvalenze che ti restavano.
  • Quindi pagherai l’imposta solo su 13.000 euro, non su 15.000.

Risultato finale? Hai pagato imposte solo su una parte dei tuoi guadagni, risparmiando grazie alle perdite degli anni precedenti.

Quali minusvalenze si possono compensare?

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

  • Si possono riportare negli esercizi successivi solo minusvalenze nette, ovvero dopo aver compensato eventuali plusvalenze dello stesso anno.
  • Sono compensabili solo le perdite da vendita di criptovalute rispetto al prezzo di acquisto.
  • Non si possono compensare le perdite derivanti da scambi tra criptovalute (es. Bitcoin → Ethereum), tranne nei casi in cui si tratti di conversioni in stablecoin (Tether USDT, USD Coin USDC).

Procedura per la compensazione

Per utilizzare le minusvalenze nella compensazione fiscale:​

  1. Dichiarazione: Indicare le minusvalenze nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.​
  2. Documentazione: Conservare tutta la documentazione relativa alle operazioni che hanno generato le minusvalenze, inclusi i dettagli delle transazioni e le evidenze dei prezzi di acquisto e vendita.​
  3. Monitoraggio delle scadenze: Tenere traccia del periodo di cinque anni per assicurarsi che le minusvalenze siano compensate entro i termini previsti.​

Strategie per l’ottimizzazione fiscale

Una gestione attenta delle minusvalenze consente di ottimizzare l’imposizione fiscale sulle criptovalute. Ad esempio, se si prevede di realizzare plusvalenze significative in futuro, potrebbe essere vantaggioso conservare le minusvalenze per compensarle con quei guadagni, riducendo così l’imposta complessiva dovuta.​

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Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Rivalutazione delle criptovalute: come ridurre le tasse

La rivalutazione permette di ridurre le tasse sulle plusvalenze future, pagando subito un’imposta sostitutiva del 18%. Vediamo come si applica

Una delle novità più rilevanti della Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) riguarda l’introduzione di un meccanismo di rivalutazione delle criptovalute, che offre agli investitori la possibilità di ridurre legalmente il carico fiscale sulle future plusvalenze.

Cos’è la rivalutazione delle criptovalute?

Questa opzione consente di rivalutare il valore fiscale delle criptovalute al 1° gennaio 2025, pagando un’imposta sostitutiva agevolata, invece di calcolare le plusvalenze in base al prezzo di acquisto originale.

Dal 2026, l’imposizione sulle plusvalenze potrebbe aumentare dal 26% al 33% (non vi è ancora certezza in merito in quanto la norma lo prevede ma si sta lavorando su più tavoli affinché tale aumento venga deprecato). Inoltre, la rivalutazione può essere presa in considerazione anche da coloro che non conoscono il prezzo di acquisto delle loro criptovalute, che in fase di compilazione della dichiarazione va inserito.

Come funziona la rivalutazione?

Gli investitori possono rideterminare il valore fiscale delle criptovalute possedute al 1° gennaio 2025, portandolo al valore di mercato di quella data.

In questo modo, il prezzo di acquisto originale non verrà più considerato, riducendo l’importo delle imposte in caso di futura vendita.

Per accedere alla rivalutazione, è necessario versare subito un’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato.

Aliquote e tempistiche

  • L’imposta sostitutiva per la rivalutazione è fissata al 18% sul valore rivalutato.
  • Il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure in tre rate annuali.
  • L’opzione per la rivalutazione deve essere esercitata entro il 30 giugno 2025, con il primo versamento dell’imposta sostitutiva.

Perché può convenire o meno?

Se dal prossimo anno le imposte sulle plusvalenze dovesse essere confermata al 33%, la rivalutazione potrebbe ridurre le imposte da pagare. Tuttavia, questa misura non è definitiva e potrebbe subire modifiche in base alle disposizioni della futura Legge di Bilancio. Se l’aliquota dovesse mantenersi al 26% o ridursi, la rivalutazione risulterebbe un costo aggiuntivo non strategico, rendendo meno conveniente l’opzione, 

Vediamo un esempio pratico con un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel caso in cui l’aliquota sul 2026 verrà confermata al 33%.

Senza rivalutazione

  • Hai acquistato 1 Bitcoin nel 2018 a 10.000 euro
  • Valore al 1° gennaio 2025: 90.000 euro
  • Vendi nel 2026 a 150.000 euro
  • Senza rivalutazione, la plusvalenza sarà calcolata così: 150.000 – 10.000 = 140.000 euro
  • Imposta al 26% = 36.400 euro
  • Se dovesse aumentare al 33% = 46.200 euro

Con rivalutazione

  • Se rivaluti, paghi subito il 18% su 90.000 euro: 12.600 euro
  • Se poi vendi a 150.000 euro, la plusvalenza tassabile sarà: 150.000 – 90.000 = 60.000 euro
  • Imposta al 26% =  15.600 euro 
  • Se dovesse aumentare al 33% = 19.800 euro

Risparmio considerando il 26% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 15.600 = 28.200 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 36.400 euro
  • Risparmio fiscale: 8.200 euro 

Risparmio considerando il 33% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 19.800 = 32.400 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 46.200 euro
  • Risparmio fiscale: 13.800 euro 

Aderendo alla rivalutazione, il risparmio fiscale sarebbe di 8.200 euro (con aliquota al 26%) o di 13.800 euro (con aliquota al 33%) rispetto a non rivalutare. Tuttavia, il pagamento del 18% di imposta è immediato, mentre l’imposta sulle plusvalenze si pagherà solo al momento della vendita. Questo significa che la convenienza della rivalutazione dipende anche dalla liquidità disponibile e dalla strategia di vendita a lungo termine.

Conviene aderire alla rivalutazione?

Conviene se:

  • Si possiedono criptovalute con un prezzo di acquisto molto basso.
  • Non riesci a ricostruire i tuoi prezzi di acquisto. 
  • Si prevede di vendere nel breve-medio termine, e si ritiene che le aliquote aumenteranno ulteriormente.
  • Si vuole ridurre la plusvalenza imponibile in futuro.

Non conviene se:

  • Non si ha intenzione di vendere nel breve periodo, perché il pagamento del 18% avviene subito, indipendentemente dalla vendita.
  • Si pensa che le aliquote possano scendere nei prossimi anni o venga riconfermata al 26%.
  • Si preferisce mantenere liquidità anziché pagare subito un’imposta elevata.
rivalutazione delle criptovalute dichiarazione dei redditi 2025

Se hai dubbi se possa convenirti o meno, puoi fare un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel tuo caso specifico.

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump?

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump?

Elon Musk e Donald Trump, una volta amiconi, ora si scannano a suon di tweet al vetriolo. Cosa è successo tra i due? Come hanno reagito i mercati?

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump? In questo articolo ricostruiremo gli eventi degli ultimi giorni che hanno portato il Tony Stark sudafricano e il 47esimo Presidente degli Stati Uniti dall’essere inseparabili come pizza e birra a scontrarsi senza esclusione di colpi. Ci occuperemo anche della reazione dei mercati, influenzati da questa rottura. Partiamo! 

Una rottura (quasi) improvvisa

Ciò che sta succedendo nelle ultime ore tra Elon Musk e Donald Trump, un botta e risposta via social dal sapore neanche troppo velatamente trash, sta catalizzando l’attenzione dei media di tutto il mondo a causa del suo carattere tanto violento quanto inaspettato. Per molti questo dissing è un fulmine a ciel sereno, un colpo di scena tale da tenerti incollato coi popcorn su X ad aggiornare in attesa di nuovi tweet. E non senza ragione: il ricordo di un Elon Musk con gli occhi a cuore per Donald Trump, sia in campagna elettorale che nei primi cinque mesi di mandato, è ancora vivo nella nostra mente.

Il patron di Tesla infatti, nei mesi precedenti alle elezioni presidenziali, ha supportato il candidato repubblicano a botte di donazioni – circa 300 milioni di dollari secondo le stime – e di endorsement divisi fra interviste e post su X. Anche durante i primi mesi di mandato, Musk ha partecipato attivamente all’amministrazione Trump istituendo il DOGE (Department of Government Efficiency), un apparato finalizzato alla riduzione degli sprechi pubblici e all’efficientamento della macchina governativa. Il 7 febbraio, poi, il Tony Stark dei tempi nostri pubblicava questo tweet: “Amo @realDonaldTrump tanto quanto un uomo etero può amare un altro uomo”. Insomma, non proprio la cronaca di una morte annunciata, per citare García Márquez. Tuttavia, in questo rapporto idilliaco già emergevano le prime ostilità. 

I primi scricchiolii: Elon Musk non è troppo d’accordo sui dazi trumpiani

Il 2 aprile, nel giorno trionfalmente definito “Liberation Day”, Donald Trump annuncia al mondo i dazi doganali. Ma Elon Musk è un tecno-capitalista, avverso alla burocrazia e forte sostenitore del libero mercato: già il 5 aprile, in occasione del Congresso della Lega a Firenze, in collegamento video con un Matteo Salvini visibilmente emozionato, aveva affermato di sperare in una partnership commerciale molto stretta fra Stati Uniti ed Europa, fondata su una “situazione di zero dazi nel futuro, verso una zona di libero scambio”. 

Qualche giorno dopo, l’8 aprile, aveva attaccato frontalmente Peter Navarro, principale consulente commerciale di Donald Trump nonché mente strategica dietro i dazi globali e la guerra commerciale con la Cina: “Navarro è davvero un idiota. Quello che dice qui è dimostrabilmente falso”, in riferimento ad alcune sue dichiarazioni relative a Tesla. Che poi, per fare una piccola parentesi, il dottor Musk potrebbe non avere tutti i torti, dal momento che Navarro ha giustificato la necessità di una trade war contro la Cina citando Ron Vara, un economista che non esiste. Come lo sappiamo? Perché Ron Vara è l’anagramma di Navarro, si auto-citava. Ma torniamo a noi. Il 22 aprile, in occasione della conferenza per le trimestrali di Tesla, Elon Musk ha dichiarato che, secondo lui, tariffe doganali più basse, così come il libero scambio delle merci, “sono generalmente una buona idea”. Nello stesso intervento, poi, ha comunicato agli investitori che avrebbe lasciato il DOGE a maggio. 

L’inizio dello scontro: il One Big Beautiful Bill Act

Il casus belli, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sarebbe legato al giudizio di Elon Musk  – cioè “disgustoso abominio” – nei confronti del One Big Beautiful Bill Act (OBBBA), un’imponente legge che mira a estendere i tagli fiscali del primo mandato Trump e che aggiungerebbe, in dieci anni, circa 3.000 miliardi (3 trilioni) di dollari al debito pubblico americano, già spaventosamente alto (circa 36,4 trilioni di dollari). Questa incredibile quantità di denaro verrebbe recuperata tagliando i finanziamenti al welfare, all’istruzione e ai programmi di protezione ambientale contenuti nell’Inflaction Reduction Act di Joe Biden. Quest’ultimo punto è interessante, dato che andrebbe a penalizzare in primis Tesla eliminando i sussidi ai veicoli elettrici – circa 7.500$ a macchina – che Musk, però, sembra trascurare. 

Il giorno caldo è giovedì 5 giugno. Donald Trump ospita il cancelliere tedesco Friedrich Mertz nello Studio Ovale della Casa Bianca e si definisce “molto deluso” da Elon Musk, aggiungendo che avevano “un bel rapporto” che non si sa se continuerà. Inizia la pioggia di tweet. 

Musk risponde “Pazienza” e fa notare che senza di lui non avrebbe vinto le elezioni, “quanta ingratitudine”, commenta. Trump risponde affermando di averlo cacciato dall’incarico amministrativo e conclude il post con “è IMPAZZITO!”. Minaccia poi di cancellare i contratti governativi a Musk, fondamentali per aziende come SpaceX, come risposta alle critiche. Musk risponde in modo altrettanto duro e chiede l’impeachment– un’accusa formale a un alto funzionario pubblico, in questo caso Trump, finalizzata alla sua rimozione – e posta un altro tweet devastante: “È il momento di sganciare la vera bomba: @realDonaldTrump è nei file su Epstein. Questa è la vera ragione per cui non sono stati resi pubblici”. 

Adesso, il “peggio” sembra passato e, apparentemente, i due sembrano intenzionati a seppellire l’ascia di guerra. Nella mattinata italiana di venerdì 6 giugno, dalla Casa Bianca hanno fatto sapere che Mimì e Cocò avrebbero organizzato una telefonata di riconciliazione per chiarire quanto accaduto. Inoltre Bill Ackman, noto gestore di hedge fund americano, in un tweet ha suggerito ai due di “fare pace per il bene del Paese”. Elon Musk ha risposto con un secco “Non hai torto”. 

Come hanno reagito i mercati allo scontro tra Elon Musk e Donald Trump?

La grande osservata è naturalmente Tesla, sia perché ormai viene considerata l’estensione di Elon Musk sia perché, come abbiamo visto prima, il suo futuro è direttamente collegato alle politiche anti-ambientaliste di Donald Trump. Nella giornata di giovedì 5 giugno, infatti, il colosso americano delle auto elettriche è arrivato a perdere più del 15% in una sola seduta, passando dai 322,7$ ad azione ai 272,4$, per poi recuperare leggermente e attestarsi – al momento in cui scriviamo – sui 292,5$. Allo stesso modo l’S&P500, che contiene Tesla all’interno del paniere, lo stesso giorno è sceso di circa 1,3 punti percentuali, ma già nella giornata di venerdì 6 ha assorbito la perdita finendo addirittura in territorio positivo (+0,3% rispetto al bottom toccato giovedì). Lo stesso pattern si ripete un po’ per tutti i principali indici americani. 

Nel mercato delle criptovalute la situazione è un po’ più complessa, dato che Elon Musk e Donald Trump insieme erano considerati un po’ i crypto brothers o comunque celebrità crypto-friendly, come testimoniato dall’accordo tra Fidelity e World Liberty Finance e dall’associazione sempre più solida Musk-Dogecoin – ricordiamoci che nel governo USA esiste un apparato che si chiama letteralmente DOGE. In ogni caso, durante la scaramuccia social, Bitcoin ha perso più del 4% ma ha subito colmato il gap una volta toccato il supporto dei 100k, ritornando sulla soglia dei 104.500$. Discorso diverso per Ethereum che, dopo aver perso l’8,4% circa nella giornata di giovedì, è riuscita a riprendere solo metà di quanto perso, fermandosi intorno ai 2.500$. Invece, Solana ha replicato i movimenti di BTC poiché è scesa dai 153,2$ ai 141$, per poi tornare alla quota attuale di 151,7$. In ultimo, bella botta per il token del POTUS, TRUMP, che ha messo a segno un -13,7% giovedì, tentando il recupero disperato il giorno successivo, senza successo – poco più del 2%. Per concludere, gli eventi di giovedì 6 hanno fatto uscire circa 20 miliardi dal mercato, con la Total Market Cap che scende dai 3,24 trilioni di dollari ai 3,22 toccando, però, la cifra di 3,1 trilioni

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