Sanzioni e rischi per chi non dichiara correttamente le criptovalute

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L’omessa dichiarazione dei redditi relativi alle criptovalute può comportare conseguenze gravi, sia in termini di sanzioni pecuniarie che di possibili accertamenti fiscali. Vediamo le sanzioni previste e come rimediare.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto controlli più stringenti e sanzioni più severe per chi omette la dichiarazione delle cripto-attività. Vediamo quali sanzioni sono previste per l’anno 2025 e come rimediare a un eventuale omessa o errata dichiarazione fiscale per le criptovalute.

Sanzioni per omessa o errata dichiarazione del possesso di criptovalute

Quadro RW / Quadro W

Il possesso di criptovalute deve essere dichiarato nel Quadro RW del Modello Redditi o nel Quadro W del Modello 730 per i lavoratori dipendenti.

Se non si dichiara correttamente il valore del proprio portafoglio crypto, si rischiano sanzioni amministrative molto elevate:

  • Dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato.

Tuttavia, c’è un’importante precisazione:
non si applica il raddoppio della sanzione previsto per gli investimenti detenuti in Stati o territori a fiscalità privilegiata (i cosiddetti “paradisi fiscali”).

Questo perché il legislatore ha riconosciuto la natura particolare delle cripto-attività, che non sempre sono riconducibili a una giurisdizione estera ben definita come accade per un conto bancario tradizionale.

In pratica:
Se dimentichi di inserire nel quadro RW le tue cripto-attività (es. wallet, conti su exchange), rischi comunque una multa, ma non quella aggravata prevista per chi nasconde asset in paesi blacklisted.

Esempio:
Se un investitore possiede 100.000 euro in criptovalute e non le dichiara, rischia una multa compresa tra 6.000 e 30.000 euro, oltre al pagamento dell’imposta di bollo di 200 euro (100.000 × 0,2%).

Sanzioni per omessa dichiarazione dei redditi (plusvalenze) da criptovalute 

Quadro RT / Quadro T

La mancata dichiarazione delle plusvalenze realizzate attraverso la vendita di criptovalute può essere considerata evasione fiscale e comportare:

  • Dichiarazione infedele: se l’importo dichiarato è inferiore a quello effettivo, la sanzione è pari almeno al 90% dell’imposta dovuta (con un minimo del 70%).
  • Dichiarazione tardiva (presentata con oltre 90 giorni di ritardo, senza ravvedimento operoso): sanzione pari al 30% dell’imposta dovuta.
  • Dichiarazione omessa (non presentata entro i termini e oltre 90 giorni dalla scadenza): la sanzione può arrivare al 120% dell’imposta.
  • Interessi di mora, calcolati sulla base del tempo trascorso dall’omissione.
  • Possibili accertamenti fiscali e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Esempio:

Un investitore realizza una plusvalenza di 50.000 euro e non la dichiara.

  • La plusvalenza imponibile, dopo la franchigia di 2.000€, è 48.000 euro.
  • L’imposta dovuta con l’aliquota del 26%: 48.000 × 26% = 12.480 euro.
  • Se l’Agenzia delle Entrate rileva l’omissione, può applicare una sanzione tra il 90% e il 120% dell’imposta dovuta, quindi:
    • Minimo: 12.480 × 90% = 11.232 euro
    • Massimo: 12.480 × 120% = 14.976 euro
  • Il contribuente dovrà quindi pagare un totale compreso tra 23.712 e 27.456 euro, oltre agli interessi di mora.

Accertamenti fiscali e controlli sugli exchange

Con l’entrata in vigore del regolamento europeo MiCA, le piattaforme di scambio di criptovalute sono obbligate a condividere i dati degli utenti con le autorità fiscali. Questo significa che l’Agenzia delle Entrate ha strumenti più avanzati per individuare chi non dichiara le proprie operazioni crypto.

In particolare:

  • Gli exchange centralizzati registrati in Europa trasmettono automaticamente informazioni sui volumi di scambio e sui saldi degli utenti.
  • Le piattaforme estere che operano in Europa devono adeguarsi a queste normative.
  • Anche i movimenti da e verso wallet privati possono essere oggetto di verifica se emergono incongruenze nelle dichiarazioni fiscali.

L’incremento dei controlli riduce la possibilità di operare in anonimato, rendendo fondamentale dichiarare correttamente le proprie criptovalute per evitare accertamenti e sanzioni.

Il Ravvedimento Operoso: come regolarizzare la propria posizione

Chi si accorge di una omessa dichiarazione dei redditi relativi alle criptovalute o di averle dichiarate in modo sbagliato, può usufruire del Ravvedimento Operoso, uno strumento che consente di sanare la propria posizione fiscale prima che vengano avviati controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I vantaggi del Ravvedimento Operoso sono:

  • Riduzione delle sanzioni, che possono scendere fino a 1/10 dell’importo massimo previsto.
  • Possibilità di rateizzare il pagamento delle imposte e delle sanzioni.
  • Minore rischio di accertamenti fiscali, in quanto il contribuente dimostra di voler regolarizzare la propria posizione spontaneamente.

Per accedere al Ravvedimento Operoso è necessario:

  1. Calcolare le imposte non versate e le eventuali plusvalenze non dichiarate.
  2. Presentare una dichiarazione integrativa.
  3. Versare l’importo dovuto, comprensivo delle sanzioni ridotte e degli interessi.

Supporto di un commercialista esperto di criptovalute

Young Platform offre un servizio completo per aiutarti a metterti in regola con il fisco, mettendo a disposizione un commercialista esperto in criptovalute. Se hai bisogno di assistenza nella compilazione del Ravvedimento Operoso o nel calcolo degli interessi di mora, puoi richiedere una consulenza direttamente dal tuo account. Accedendo alla sezione Tasse e Report, troverai un banner dedicato ai commercialisti, attraverso cui potrai prenotare il supporto di un professionista per regolarizzare la tua posizione fiscale nel modo più semplice e veloce possibile. Questo servizio ti permette di evitare errori nella dichiarazione e ridurre al minimo le sanzioni, garantendoti un percorso chiaro per metterti in regola quanto prima.

sanzioni per omessa dichiarazione

Per evitare problemi con il fisco in seguito a una omessa dichiarazione dei redditi, è essenziale mantenere una contabilità precisa delle proprie operazioni crypto e dichiararle correttamente. A questo scopo il Ravvedimento Operoso e la consulenza di un commercialista esperto sono la soluzione vincente.

Glossario essenziale per la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute

Dichiarazione redditi criptovalute: glossario fiscale

Scopri tutte le parole e le informazioni essenziali per preparare la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute del 2025.

La questione fiscale sulle criptovalute sta diventando uno spauracchio che allontana e spaventa i piccoli investitori. E non dipende tanto dalla difficoltà della materia. Il problema nasce dalla scarsa chiarezza della normativa in sé, dalle innumerevoli interpretazioni che si trovano online e, a monte, dalla difficoltà di applicare leggi tradizionali a tecnologie completamente nuove. 

Tuttavia, anche quest’anno le criptovalute vanno dichiarate e le imposte pagate. Perciò, per aiutarti a orientarti nel labirinto del fisco, abbiamo preparato un glossario essenziale: tienilo a portata di mano mentre compili la dichiarazione o sfoglialo per avere una panoramica aggiornata sul regime fiscale in vigore.

Per scoprire i nostri servizi fiscali:

Airdrop

Un airdrop è la distribuzione gratuita di criptovalute da parte di un progetto, spesso utilizzata come strategia promozionale. In Italia, dal punto di vista fiscale, è considerato un guadagno e può essere soggetto a tassazione anche se non hai speso nulla per riceverlo. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento della ricezione. Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma delle plusvalenze da cripto-attività (inclusi airdrop) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se la soglia viene superata, l’imposta si applica solo sulla parte eccedente.

La dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui hai ricevuto l’airdrop, calcolando il valore dei token al momento dell’accredito.

Se in seguito decidi di vendere quei token a un prezzo superiore, la differenza rispetto al valore iniziale costituisce una plusvalenza. Anche in questo caso si applica l’imposta del 26%, ma solo sulla plusvalenza al netto della franchigia di 2.000 euro. Ricordiamo che per vendita si intende la conversione dei token in valuta fiat (come euro) o in stablecoin di tipo EMT.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Bot di trading (Smart Trades)

Un bot di trading è un software che esegue automaticamente operazioni di compravendita di criptovalute seguendo regole o strategie preimpostate. Dal punto di vista fiscale, le operazioni effettuate dal bot sono considerate a tutti gli effetti operazioni eseguite dall’utente: se il bot vende criptovalute in cambio di euro, dollari o altre valute fiat, l’operazione è fiscalmente rilevante.

Anche lo scambio tra criptovalute e EMT (Electronic Money Token), come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, è un’operazione fiscalmente rilevante e può generare una plusvalenza tassabile al 26%, al netto della franchigia di 2.000 euro prevista per legge.
Questa franchigia si applica su base annua: se la somma delle plusvalenze nette generate nell’anno è pari o inferiore a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.

In altre parole, le operazioni automatizzate non esonerano dagli obblighi fiscali: ogni ordine generato dal bot può avere un impatto sulla dichiarazione dei redditi. Su piattaforme come Young Platform, tutte le attività eseguite dai bot (Smart Trades) sono tracciate e già incluse nel report fiscale, con eventuali imposte calcolate automaticamente.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Bot di trading e Smart Trades: cosa sono e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Cashback in crypto

Le criptovalute ricevute come rimborso (cashback) a seguito di un acquisto o pagamento — ad esempio tramite carta o app — sono considerate, dal punto di vista fiscale italiano, redditi imponibili.

L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato delle criptovalute al momento dell’accredito nel portafoglio. Tuttavia, secondo quanto chiarito da una FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro:
se il totale dei redditi da cripto-attività (inclusi cashback e airdrop) ricevuti in un anno è pari o inferiore a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.

L’imposta si paga l’anno successivo alla ricezione, anche se le criptovalute non vengono vendute.

Se in seguito si decide di vendere le crypto ricevute come cashback e il loro valore è aumentato, si applica una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza. In questo caso, il prezzo di carico sarà il valore al momento dell’accredito, e la plusvalenza imponibile sarà la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di accredito, al netto della franchigia dei 2.000€.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Commissioni di transazione

Le commissioni di transazione sono costi applicati dagli exchange o dalle blockchain per l’esecuzione di operazioni come acquisti, vendite, prelievi o trasferimenti di criptovalute. Dal punto di vista fiscale, queste commissioni non sono deducibili dal calcolo delle plusvalenze o minusvalenze.

In altre parole, il guadagno o la perdita derivante da un’operazione viene calcolato esclusivamente sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita dell’asset, senza considerare i costi sostenuti per le commissioni.

Questo significa che, anche se hai sostenuto spese per completare una transazione, l’importo della commissione non riduce la base imponibile su cui si calcola l’imposta del 26%. È importante tenerne conto quando valuti il rendimento netto effettivo delle tue operazioni, soprattutto se utilizzi strategie ad alta frequenza. 

Crypto-asset

Il termine crypto-asset, secondo il regolamento europeo MiCAR, indica qualsiasi bene digitale basato su blockchain, incluse criptovalute (come Bitcoin, Ethereum), stablecoin, NFT, token di utilità e asset tokenizzati. La MiCAR ha definito tre categorie principali di crypto-asset: 

  • EMT (Electronic Money Tokens): stablecoin ancorate a una valuta fiat  
  • ART (Asset-Referenced Tokens): token legati a un paniere di asset
  • Utility Token: token che danno accesso a servizi digitali

Per la normativa italiana, che parte da questa categorizzazione, una transazione è fiscalmente rilevante solo se avviene tra asset con caratteristiche e funzioni diverse (es. ETH → NFT). Se scambi crypto simili tra loro (es. BTC ↔ ETH o USDC ↔ USDT), non paghi imposte. Non esiste ancora una classificazione ufficiale per ogni token. Le categorie sono interpretate secondo criteri condivisi, ma possono variare tra operatori e Paesi UE.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Depositi in euro (o altre valute fiat)

Operazioni di versamento di valuta fiat (euro) da un conto bancario o da una carta di pagamento verso il portafoglio in euro di una piattaforma di scambio di criptovalute.

I depositi in euro non sono soggetti a tassazione né devono essere dichiarati nel Quadro RW, in quanto non rappresentano un trasferimento di attività finanziarie estere o l’acquisizione di asset digitali.

Sono considerati semplici movimenti di liquidità e non producono alcuna implicazione fiscale, a meno che non vengano successivamente utilizzati per acquistare criptovalute o altri strumenti rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi.

Depositi in criptovalute

Trasferimento di criptovalute da un wallet personale o esterno (es. Metamask, hardware wallet, wallet custodial) verso un altro exchange, un protocollo DeFi o una piattaforma centralizzata.
Il deposito di crypto non genera imposte né plusvalenze, in quanto si tratta di un semplice spostamento di asset già detenuti. Tuttavia, ha rilevanza fiscale ai fini del monitoraggio e deve essere dichiarato nel Quadro RW (Modello Redditi) o nel Quadro W (730), se l’exchange di destinazione è estero o non fa da sostituto d’imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Importante: al momento del deposito, l’utente deve indicare il prezzo di carico originario degli asset trasferiti. In assenza di tale indicazione, il sistema considera il valore pari a 0 €, con il rischio che, in caso di vendita, l’intero ricavato venga tassato come plusvalenza.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Dichiarazione dei redditi da criptovalute

La dichiarazione dei redditi da criptovalute è il documento fiscale che un contribuente residente in Italia presenta annualmente per comunicare al Fisco i redditi e le attività legate al possesso e alle operazioni effettuate con cripto-attività (crypto-asset), come Bitcoin, Ethereum, NFT, stablecoin e altri token digitali. 

La dichiarazione deve riportare:

  • Le plusvalenze realizzate, cioè i guadagni derivanti dalla vendita o dallo scambio di crypto-asset
  • Le minusvalenze, ovvero le perdite subite in operazioni con valenza fiscale
  • Il valore delle cripto-attività detenute al 31 dicembre di ogni anno (per fini di monitoraggio fiscale)

Le informazioni relative alle criptovalute vanno inserite nei quadri del Modello Redditi (ex Unico) o del Modello 730, rispettivamente nei Quadri RW e RT e Quadri W e T del 730.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Hard Fork

Evento tecnico in cui una blockchain si divide in due versioni incompatibili tra loro, dando origine a una nuova rete e a una nuova criptovaluta. Gli utenti che possedevano token sulla blockchain originale ricevono gratuitamente una quantità equivalente di token sulla nuova rete. In Italia, i token ricevuti tramite hard fork sono considerati redditi diversi, analogamente agli airdrop e al mining, e sono soggetti a un’imposta del 26% sul valore di mercato dei token nel giorno in cui vengono accreditati nel wallet del contribuente, anche se non vengono venduti.

Tuttavia, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro: se il totale dei redditi diversi da criptovalute (inclusi hard fork, airdrop e mining) rimane pari o inferiore a questa soglia, non è dovuta alcuna imposta. L’imposta, se dovuta, va dichiarata e versata l’anno successivo rispetto a quello dell’accredito, indicando i valori nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, in base al regime fiscale adottato.

Se successivamente si vendono i token ricevuti tramite hard fork a un prezzo superiore rispetto al valore di accredito, si applica una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata (prezzo di vendita – prezzo di accredito), anche in questo caso con applicazione della franchigia di 2.000 euro. Qualora le plusvalenze nette totali annue restino al di sotto di tale soglia, non dovrà essere pagata alcuna imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Hard fork: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Imposta di bollo (IVACA)

In Italia, la tassazione patrimoniale sulle criptovalute può avvenire in due modalità, a seconda di dove sono custoditi gli asset: 

  • IVACA (Imposta sul Valore delle Cripto-Attività): si applica sulle criptovalute detenute su exchange esteri o wallet privati. Va dichiarata nel Quadro RW del Modello Redditi (o Quadro W del 730), e il relativo importo deve essere versato tramite Modello F24.
  • Imposta di bollo: si applica automaticamente alle criptovalute custodite su piattaforme italiane che trattengono e versano direttamente l’imposta. 

In entrambi i casi, l’aliquota è dello 0,2% annuo, calcolata sul valore di mercato delle criptovalute detenute al 31 dicembre dell’anno fiscale. L’imposta è dovuta anche se le criptovalute non sono state scambiate o vendute: il solo fatto di detenerle genera l’obbligo fiscale.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Metodo contabile LIFO (Last In, First Out)

Metodo di calcolo utilizzato per determinare il valore delle plusvalenze e minusvalenze nella vendita di criptovalute. Secondo il principio LIFO – “Last In, First Out”, si assume che gli ultimi asset acquistati siano i primi a essere venduti. Questo criterio impatta direttamente sull’entità della plusvalenza imponibile, poiché viene confrontato il prezzo di vendita con il costo di acquisto più recente.

Esempio: se acquisti 1 BTC a 20.000 €, poi un altro a 30.000 €, e ne vendi uno a 35.000 €, con il metodo LIFO si considera venduto quello da 30.000 €. La plusvalenza sarà 35.000 – 30.000 = 5.000 €.

In ambito fiscale, il metodo LIFO è riconosciuto quale criterio di determinazione delle plusvalenze per le cripto-attività (in assenza di sostituto di imposta). È il metodo adottato nei report fiscali generati da Young Platform, dove il calcolo avviene in automatico, secondo le indicazioni normative italiane.

Mining

Attività di convalida delle transazioni e creazione di nuovi blocchi su una blockchain, svolta mediante l’impiego di potenza computazionale in cambio di una ricompensa in criptovaluta.
Dal punto di vista fiscale, in Italia il mining può generare due tipologie di guadagno, a seconda della natura dell’attività:

  • A livello personale (non professionale): la ricompensa ricevuta è considerata un guadagno e tassata al 26% sul valore di mercato della criptovaluta alla data dell’accredito, anche se non viene venduta. Tuttavia, è prevista una franchigia annua di 2.000 euro: se il totale dei redditi da crypto (inclusi mining e airdrop) rimane al di sotto di questa soglia, non si applica alcuna imposta.
  • A livello professionale (con mezzi organizzati e continuità): l’attività è assimilata a un’attività d’impresa, con obbligo di partita IVA, e i redditi sono soggetti a IVA e tassazione ordinaria.

La dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui si è verificato l’accredito, calcolando il 26% sul prezzo delle crypto nella data in cui le abbiamo ricevute sul wallet (al netto della franchigia).
Le ricompense ottenute devono essere indicate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.
Se successivamente vendi le ricompense ricevute con il mining a un prezzo maggiore rispetto al prezzo di accredito, pagherai una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata (al netto della franchigia).

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento:  Mining di criptovalute: trattamento fiscale in Italia nel 2025

Minusvalenze

Perdita che si verifica quando una criptovaluta viene venduta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto. Dal punto di vista fiscale, le minusvalenze realizzate nella cessione di cripto-attività possono essere compensate con plusvalenze ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo l’imposta complessivamente dovuta.

A partire dal 2023, la normativa italiana prevede che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso quello in cui la perdita è stata realizzata. Le minusvalenze maturate prima del 2023 non sono compensabili, a causa del cambio di regime fiscale introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.

Le minusvalenze devono essere dichiarate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, e devono essere supportate da documentazione che attesti prezzo di acquisto, vendita e data delle operazioni.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per ridurre l’imposizione fiscale nel 2025

Modello Redditi Persone Fisiche (ex Modello Unico) 

Documento ufficiale per la dichiarazione dei redditi in Italia, utilizzato da contribuenti che non possono o non vogliono usare il Modello 730. Consente di dichiarare tutte le tipologie di reddito, comprese le plusvalenze da criptovalute e il possesso di crypto-asset detenuti su exchange esteri o wallet personali, tramite i quadri RT (redditi diversi) e RW (monitoraggio fiscale e imposte patrimoniali). Richiede il calcolo autonomo delle imposte e il versamento tramite Modello F24.

Ordini con valuta fiat

Operazioni in cui una criptovaluta viene acquistata o venduta utilizzando una valuta tradizionale, come euro o dollari. Le plusvalenze generate dalla vendita di criptovalute contro valuta fiat sono sempre imponibili. Il guadagno imponibile si calcola confrontando il prezzo di vendita con il prezzo di carico della criptovaluta, secondo il metodo LIFO.

Ordini con stablecoin EMT

Operazioni di compravendita di criptovalute eseguite contro stablecoin classificate come EMT (Electronic Money Tokens), come USDT o USDC. Fiscalmente, sono trattate come vendite per valuta fiat, quindi generano una plusvalenza imponibile se il valore al momento della vendita è superiore al prezzo di carico. Il calcolo avviene convertendo l’importo in euro al tasso di cambio corrente.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Ordini swap

Operazioni di scambio diretto tra criptovalute con le stesse caratteristiche e funzioni, che non generano imposizione fiscale immediata. Il prezzo di carico della criptovaluta ceduta viene trasferito a quella ricevuta. L’eventuale plusvalenza sarà tassata solo nel momento in cui la nuova criptovaluta sarà successivamente venduta o scambiata con valuta fiat o stablecoin EMT.

Pair (valuta base e valuta quotata)

Nel trading di criptovalute, un pair rappresenta una coppia di valute utilizzata per effettuare scambi. La valuta base è l’asset che si intende acquistare o vendere. La valuta quotata (o di riferimento) è quella con cui si misura il valore della valuta base. Ad esempio, nel pair BTC/EUR, stai comprando o vendendo Bitcoin (BTC, valuta base) utilizzando euro (EUR, valuta quotata). Ai fini fiscali, è importante sapere quale delle due è la valuta quotata, perché se è una valuta fiat (come l’euro) o una stablecoin di tipo EMT, lo scambio può generare una plusvalenza imponibile.

Plusvalenze da criptovalute

La plusvalenza è il guadagno che si realizza quando si vende o si scambia una criptovaluta a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto (o di ricezione, come nel caso di airdrop, staking o mining).
In Italia, le plusvalenze generate dalle criptovalute sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e sono tassate con un’aliquota fissa del 26%, ma solo sulla parte che eccede la franchigia annuale di 2.000 euro.

  • Valore di vendita (in euro) – Prezzo di carico (in euro) = Plusvalenza lorda
  • Plusvalenza lorda – 2.000 euro (franchigia) = Plusvalenza imponibile

L’imposta si applica solo quando la plusvalenza è realizzata, ovvero nel momento in cui la criptovaluta viene ceduta in cambio di:

  • euro o altra valuta fiat
  • stablecoin classificate come EMT (es. USDT, USDC)
  • beni o servizi 

Se non c’è una conversione in valuta fiat o EMT, ad esempio in uno swap tra due criptovalute con caratteristiche simili, non si realizza una plusvalenza immediata e non si paga alcuna imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Premi da funzionalità Earn

Ricompense in criptovaluta ricevute da un utente a seguito di un’azione svolta su una piattaforma, come completare un quiz, guardare un video o partecipare a una promozione.

Dal punto di vista fiscale, questi premi sono considerati redditi diversi e quindi imponibili, anche se non hai pagato nulla per riceverli. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento dell’accredito nel portafoglio.

Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma di tutti i redditi dello stesso tipo (inclusi airdrop e altri premi) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se viene superata, il 26% si applica solo sull’importo eccedente.

L’imposta si paga l’anno successivo alla ricezione, anche se i token non vengono venduti.

Se in futuro decidi di vendere questi token, ad esempio convertendoli in euro o in stablecoin classificate come EMT (come USDT o USDC), e il loro valore è aumentato rispetto al giorno in cui li hai ricevuti, dovrai pagare un’ulteriore imposta del 26% sulla plusvalenza. Anche in questo caso, si applica la franchigia di 2.000 euro sul totale delle plusvalenze realizzate nel corso dell’anno.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Prezzo di carico

Il prezzo di carico è il valore iniziale di una criptovaluta al momento in cui entra nel tuo patrimonio. Serve per calcolare la plusvalenza o minusvalenza quando venderai o scambierai quell’asset. È un elemento fiscale importante: se non viene dichiarato correttamente, potresti pagare più tasse del dovuto. 

Nel caso di acquisto diretto, coincide con il prezzo pagato. Per criptovalute ricevute tramite airdrop, staking, mining, hard fork o programmi Earn, corrisponde al valore di mercato al momento dell’accredito. Se la cyrpto viene trasferita da un wallet esterno su un exchange, il prezzo di carico deve essere dichiarato manualmente dall’utente. In assenza di tale indicazione, si considera pari a zero, con conseguente tassazione integrale dell’importo ricavato dalla vendita.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Quadro RW

Parte del Modello Redditi (ex Unico) dedicata al monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere e delle criptovalute. Serve a dichiarare il possesso di criptovalute e a calcolare l’imposta di bollo (0,2% annuo) sul loro valore al 31 dicembre. È obbligatorio anche se non si sono realizzati guadagni, semplicemente per il possesso.

Quadro RT

Sezione del Modello Redditi dedicata alla dichiarazione delle plusvalenze da attività finanziarie, comprese le cripto-attività. Qui si indicano: le plusvalenze realizzate vendendo criptovalute con un guadagno superiore a 2.000 €. L’imposta da applicare sull’eccedenza è del 26%.

Quadro W

Equivalente del Quadro RW, ma presente nel Modello 730. Serve per dichiarare il possesso di criptovalute, anche se non si è fatto trading, e per pagare l’imposta di bollo sul valore totale delle cripto al 31 dicembre.

Quadro T

Equivalente del Quadro RT, ma presente nel Modello 730. Va compilato se si sono ottenuti guadagni da criptovalute (come vendite con plusvalenza o ricompense da staking).
Consente di calcolare l’imposta sostitutiva del 26% al netto della franchigia dei 2.000 euro sui redditi da cripto-attività.

Ravvedimento Operoso

Strumento previsto dalla normativa fiscale italiana che consente di regolarizzare omissioni o errori nella dichiarazione dei redditi, versando le imposte dovute con sanzioni e interessi ridotti. Può essere utilizzato, ad esempio, per sanare plusvalenze da criptovalute non dichiarate negli anni precedenti, prima che l’Agenzia delle Entrate avvii un controllo.

Ricompense da staking

Le criptovalute ricevute come premio per aver bloccato i propri fondi in staking sono considerate redditi diversi e, in quanto tali, imponibili. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento della ricezione, anche se non vengono venduti. Tuttavia, è prevista una franchigia annuale di 2.000 euro:

  • Se la somma dei redditi di questo tipo (inclusi staking, airdrop, premi Earn, ecc.) non supera i 2.000 euro in un anno, non è dovuta alcuna imposta.
  • Se la soglia viene superata, il 26% si applica solo sull’importo eccedente.

Questi importi vanno dichiarati e le imposte si pagano l’anno successivo alla ricezione dei token. Se successivamente vendi le criptovalute ricevute in staking — ad esempio convertendole in euro o in stablecoin classificate come EMT (come USDT o USDC) — e il valore di vendita è superiore a quello di ricezione, si genera una plusvalenza. Anche in questo caso si applica l’imposta del 26%, ma solo sulla parte di plusvalenza che supera la franchigia di 2.000 euro annui, se non già utilizzata.

Eventuali plusvalenze vanno dichiarate e le relative imposte versate l’anno successivo alla vendita.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Staking e Fisco: come funzionano le imposte sulle ricompense nel 2025

Rivalutazione

Meccanismo che permette di aggiornare il valore fiscale di carico delle criptovalute detenute al 1° gennaio dell’anno di dichiarazione, pagando un’imposta sostitutiva ridotta invece della normale tassazione sulle plusvalenze. Per le imposte sulle plusvalenze del 2024, ciò significa inserire come prezzo di acquisto (o prezzo di carico) il valore al 1° gennaio 2025. Questo sistema è particolarmente utile per chi non conosce il prezzo di acquisto delle proprie criptovalute perché le ha comprate molto tempo fa, non dispone della documentazione degli anni passati o è un early adopter che ha acquistato a prezzi molto bassi. L’obiettivo è evitare di pagare un’imposta molto elevata sulle plusvalenze accumulate nel tempo. Tuttavia, aderire alla rivalutazione comporta l’obbligo esplicito di pagare subito il 18% di imposta sostitutiva e, in futuro, il 26% sulle plusvalenze generate dalla vendita con riferimento al maggior valore rispetto al 1 gennaio 2025.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Franchigia di esenzione da 2.000 € valida fino al 31.12.24

Si tratta di una franchigia, cioè un importo minimo non tassabile, previsto dalla normativa fiscale italiana. Secondo quanto confermato da una FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025, le plusvalenze nette annuali derivanti dalla vendita o dallo scambio di criptovalute sono imponibili solo per la parte eccedente i 2.000 euro.

In pratica:

  • Se le plusvalenze nette annuali sono pari o inferiori a 2.000 euro, non si applica alcuna imposta.
  • Se vengono superati i 2.000 euro, solo l’importo eccedente è imponibile al 26%, e non l’intera plusvalenza.

Questa franchigia si applica su base annua e riguarda l’insieme delle operazioni effettuate nel corso dell’anno solare.

FAQ dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2025

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Stack di criptovalute

È il totale delle criptovalute possedute da un utente, suddiviso per prezzo di acquisto o modalità di acquisizione (acquisto, staking, airdrop, mining, ecc.). Lo stack aumenta con ogni nuova criptovaluta ricevuta o acquistata e diminuisce quando si effettuano vendite, conversioni o trasferimenti. Il valore di carico (cioè il prezzo di riferimento) di ciascuna unità dello stack è importante per calcolare correttamente le imposte in caso di vendita.Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per compensare l’imposizione fiscale nel 2025

minusvalenze criptovalute young platform

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere cosa sono le minusvalenze e come usarle per la compensazione delle imposte. 

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, minusvalenze e plusvalenze vengono calcolate correttamente e inserite nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Minusvalenze: definizione e utilizzo per la compensazione fiscale

Una minusvalenza si verifica quando si vende una criptovaluta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto, generando una perdita finanziaria. Dal punto di vista fiscale, in Italia, queste minusvalenze possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze (guadagni) ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo così l’imposta dovuta.​

Periodo di compensazione delle minusvalenze

A partire dal 2023, la normativa italiana stabilisce che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso l’anno in cui sono state realizzate.

Non c’è una distinzione tra minusvalenze realizzate nel 2023 o nel 2024: il periodo è sempre di cinque anni, ma è importante considerare che il primo anno utile è quello stesso in cui la minusvalenza è stata generata

Ad esempio, una perdita registrata nel 2024 può essere compensata fino al 2028, considerando come primo anno il 2024 stesso.

È importante notare che  le minusvalenze realizzate prima del 2023 non possono essere usate per compensare le plusvalenze future.

Perché? Prima del 2023 le criptovalute erano considerate “valute estere”, e non esisteva una normativa chiara che permettesse la compensazione delle perdite.

Come compensare le minusvalenze 

Esempio pratico di compensazione minusvalenze

Immagina questa situazione:

  • Nel 2024 hai una perdita complessiva di 10.000 euro: quindi 10.000 euro di minusvalenza
  • Sempre nel 2024, realizzi anche un guadagno complessivo di 5.000 euro 

Cosa succede?

  • Compensi i 5.000 euro di guadagno con parte della perdita.
  • Non paghi nessuna imposta.
  • E ti rimangono altri 5.000 euro di minusvalenza da usare negli anni successivi.

Andiamo avanti.

Nel 2025:

  • Realizzi un nuovo guadagno, una plusvalenza da 3.000 euro
  • Hai ancora 5.000 euro di minusvalenze “salvate” dall’anno precedente.
  • Quindi puoi compensare anche questi 3.000 euro: non paghi nulla nemmeno stavolta.

Ti restano ancora 2.000 euro di minus disponibili.

Nel 2026, guadagni 15.000 euro.

  • Ora puoi usare i 2.000 euro di minusvalenze che ti restavano.
  • Quindi pagherai l’imposta solo su 13.000 euro, non su 15.000.

Risultato finale? Hai pagato imposte solo su una parte dei tuoi guadagni, risparmiando grazie alle perdite degli anni precedenti.

Quali minusvalenze si possono compensare?

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

  • Si possono riportare negli esercizi successivi solo minusvalenze nette, ovvero dopo aver compensato eventuali plusvalenze dello stesso anno.
  • Sono compensabili solo le perdite da vendita di criptovalute rispetto al prezzo di acquisto.
  • Non si possono compensare le perdite derivanti da scambi tra criptovalute (es. Bitcoin → Ethereum), tranne nei casi in cui si tratti di conversioni in stablecoin (Tether USDT, USD Coin USDC).

Procedura per la compensazione

Per utilizzare le minusvalenze nella compensazione fiscale:​

  1. Dichiarazione: Indicare le minusvalenze nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.​
  2. Documentazione: Conservare tutta la documentazione relativa alle operazioni che hanno generato le minusvalenze, inclusi i dettagli delle transazioni e le evidenze dei prezzi di acquisto e vendita.​
  3. Monitoraggio delle scadenze: Tenere traccia del periodo di cinque anni per assicurarsi che le minusvalenze siano compensate entro i termini previsti.​

Strategie per l’ottimizzazione fiscale

Una gestione attenta delle minusvalenze consente di ottimizzare l’imposizione fiscale sulle criptovalute. Ad esempio, se si prevede di realizzare plusvalenze significative in futuro, potrebbe essere vantaggioso conservare le minusvalenze per compensarle con quei guadagni, riducendo così l’imposta complessiva dovuta.​

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Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Rivalutazione delle criptovalute: come ridurre le tasse

La rivalutazione permette di ridurre le tasse sulle plusvalenze future, pagando subito un’imposta sostitutiva del 18%. Vediamo come si applica

Una delle novità più rilevanti della Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) riguarda l’introduzione di un meccanismo di rivalutazione delle criptovalute, che offre agli investitori la possibilità di ridurre legalmente il carico fiscale sulle future plusvalenze.

Cos’è la rivalutazione delle criptovalute?

Questa opzione consente di rivalutare il valore fiscale delle criptovalute al 1° gennaio 2025, pagando un’imposta sostitutiva agevolata, invece di calcolare le plusvalenze in base al prezzo di acquisto originale.

Dal 2026, l’imposizione sulle plusvalenze potrebbe aumentare dal 26% al 33% (non vi è ancora certezza in merito in quanto la norma lo prevede ma si sta lavorando su più tavoli affinché tale aumento venga deprecato). Inoltre, la rivalutazione può essere presa in considerazione anche da coloro che non conoscono il prezzo di acquisto delle loro criptovalute, che in fase di compilazione della dichiarazione va inserito.

Come funziona la rivalutazione?

Gli investitori possono rideterminare il valore fiscale delle criptovalute possedute al 1° gennaio 2025, portandolo al valore di mercato di quella data.

In questo modo, il prezzo di acquisto originale non verrà più considerato, riducendo l’importo delle imposte in caso di futura vendita.

Per accedere alla rivalutazione, è necessario versare subito un’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato.

Aliquote e tempistiche

  • L’imposta sostitutiva per la rivalutazione è fissata al 18% sul valore rivalutato.
  • Il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure in tre rate annuali.
  • L’opzione per la rivalutazione deve essere esercitata entro il 30 giugno 2025, con il primo versamento dell’imposta sostitutiva.

Perché può convenire o meno?

Se dal prossimo anno le imposte sulle plusvalenze dovesse essere confermata al 33%, la rivalutazione potrebbe ridurre le imposte da pagare. Tuttavia, questa misura non è definitiva e potrebbe subire modifiche in base alle disposizioni della futura Legge di Bilancio. Se l’aliquota dovesse mantenersi al 26% o ridursi, la rivalutazione risulterebbe un costo aggiuntivo non strategico, rendendo meno conveniente l’opzione, 

Vediamo un esempio pratico con un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel caso in cui l’aliquota sul 2026 verrà confermata al 33%.

Senza rivalutazione

  • Hai acquistato 1 Bitcoin nel 2018 a 10.000 euro
  • Valore al 1° gennaio 2025: 90.000 euro
  • Vendi nel 2026 a 150.000 euro
  • Senza rivalutazione, la plusvalenza sarà calcolata così: 150.000 – 10.000 = 140.000 euro
  • Imposta al 26% = 36.400 euro
  • Se dovesse aumentare al 33% = 46.200 euro

Con rivalutazione

  • Se rivaluti, paghi subito il 18% su 90.000 euro: 12.600 euro
  • Se poi vendi a 150.000 euro, la plusvalenza tassabile sarà: 150.000 – 90.000 = 60.000 euro
  • Imposta al 26% =  15.600 euro 
  • Se dovesse aumentare al 33% = 19.800 euro

Risparmio considerando il 26% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 15.600 = 28.200 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 36.400 euro
  • Risparmio fiscale: 8.200 euro 

Risparmio considerando il 33% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 19.800 = 32.400 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 46.200 euro
  • Risparmio fiscale: 13.800 euro 

Aderendo alla rivalutazione, il risparmio fiscale sarebbe di 8.200 euro (con aliquota al 26%) o di 13.800 euro (con aliquota al 33%) rispetto a non rivalutare. Tuttavia, il pagamento del 18% di imposta è immediato, mentre l’imposta sulle plusvalenze si pagherà solo al momento della vendita. Questo significa che la convenienza della rivalutazione dipende anche dalla liquidità disponibile e dalla strategia di vendita a lungo termine.

Conviene aderire alla rivalutazione?

Conviene se:

  • Si possiedono criptovalute con un prezzo di acquisto molto basso.
  • Non riesci a ricostruire i tuoi prezzi di acquisto. 
  • Si prevede di vendere nel breve-medio termine, e si ritiene che le aliquote aumenteranno ulteriormente.
  • Si vuole ridurre la plusvalenza imponibile in futuro.

Non conviene se:

  • Non si ha intenzione di vendere nel breve periodo, perché il pagamento del 18% avviene subito, indipendentemente dalla vendita.
  • Si pensa che le aliquote possano scendere nei prossimi anni o venga riconfermata al 26%.
  • Si preferisce mantenere liquidità anziché pagare subito un’imposta elevata.
rivalutazione delle criptovalute dichiarazione dei redditi 2025

Se hai dubbi se possa convenirti o meno, puoi fare un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel tuo caso specifico.

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump?

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump?

Elon Musk e Donald Trump, una volta amiconi, ora si scannano a suon di tweet al vetriolo. Cosa è successo tra i due? Come hanno reagito i mercati?

Che succede tra Elon Musk e Donald Trump? In questo articolo ricostruiremo gli eventi degli ultimi giorni che hanno portato il Tony Stark sudafricano e il 47esimo Presidente degli Stati Uniti dall’essere inseparabili come pizza e birra a scontrarsi senza esclusione di colpi. Ci occuperemo anche della reazione dei mercati, influenzati da questa rottura. Partiamo! 

Una rottura (quasi) improvvisa

Ciò che sta succedendo nelle ultime ore tra Elon Musk e Donald Trump, un botta e risposta via social dal sapore neanche troppo velatamente trash, sta catalizzando l’attenzione dei media di tutto il mondo a causa del suo carattere tanto violento quanto inaspettato. Per molti questo dissing è un fulmine a ciel sereno, un colpo di scena tale da tenerti incollato coi popcorn su X ad aggiornare in attesa di nuovi tweet. E non senza ragione: il ricordo di un Elon Musk con gli occhi a cuore per Donald Trump, sia in campagna elettorale che nei primi cinque mesi di mandato, è ancora vivo nella nostra mente.

Il patron di Tesla infatti, nei mesi precedenti alle elezioni presidenziali, ha supportato il candidato repubblicano a botte di donazioni – circa 300 milioni di dollari secondo le stime – e di endorsement divisi fra interviste e post su X. Anche durante i primi mesi di mandato, Musk ha partecipato attivamente all’amministrazione Trump istituendo il DOGE (Department of Government Efficiency), un apparato finalizzato alla riduzione degli sprechi pubblici e all’efficientamento della macchina governativa. Il 7 febbraio, poi, il Tony Stark dei tempi nostri pubblicava questo tweet: “Amo @realDonaldTrump tanto quanto un uomo etero può amare un altro uomo”. Insomma, non proprio la cronaca di una morte annunciata, per citare García Márquez. Tuttavia, in questo rapporto idilliaco già emergevano le prime ostilità. 

I primi scricchiolii: Elon Musk non è troppo d’accordo sui dazi trumpiani

Il 2 aprile, nel giorno trionfalmente definito “Liberation Day”, Donald Trump annuncia al mondo i dazi doganali. Ma Elon Musk è un tecno-capitalista, avverso alla burocrazia e forte sostenitore del libero mercato: già il 5 aprile, in occasione del Congresso della Lega a Firenze, in collegamento video con un Matteo Salvini visibilmente emozionato, aveva affermato di sperare in una partnership commerciale molto stretta fra Stati Uniti ed Europa, fondata su una “situazione di zero dazi nel futuro, verso una zona di libero scambio”. 

Qualche giorno dopo, l’8 aprile, aveva attaccato frontalmente Peter Navarro, principale consulente commerciale di Donald Trump nonché mente strategica dietro i dazi globali e la guerra commerciale con la Cina: “Navarro è davvero un idiota. Quello che dice qui è dimostrabilmente falso”, in riferimento ad alcune sue dichiarazioni relative a Tesla. Che poi, per fare una piccola parentesi, il dottor Musk potrebbe non avere tutti i torti, dal momento che Navarro ha giustificato la necessità di una trade war contro la Cina citando Ron Vara, un economista che non esiste. Come lo sappiamo? Perché Ron Vara è l’anagramma di Navarro, si auto-citava. Ma torniamo a noi. Il 22 aprile, in occasione della conferenza per le trimestrali di Tesla, Elon Musk ha dichiarato che, secondo lui, tariffe doganali più basse, così come il libero scambio delle merci, “sono generalmente una buona idea”. Nello stesso intervento, poi, ha comunicato agli investitori che avrebbe lasciato il DOGE a maggio. 

L’inizio dello scontro: il One Big Beautiful Bill Act

Il casus belli, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, sarebbe legato al giudizio di Elon Musk  – cioè “disgustoso abominio” – nei confronti del One Big Beautiful Bill Act (OBBBA), un’imponente legge che mira a estendere i tagli fiscali del primo mandato Trump e che aggiungerebbe, in dieci anni, circa 3.000 miliardi (3 trilioni) di dollari al debito pubblico americano, già spaventosamente alto (circa 36,4 trilioni di dollari). Questa incredibile quantità di denaro verrebbe recuperata tagliando i finanziamenti al welfare, all’istruzione e ai programmi di protezione ambientale contenuti nell’Inflaction Reduction Act di Joe Biden. Quest’ultimo punto è interessante, dato che andrebbe a penalizzare in primis Tesla eliminando i sussidi ai veicoli elettrici – circa 7.500$ a macchina – che Musk, però, sembra trascurare. 

Il giorno caldo è giovedì 5 giugno. Donald Trump ospita il cancelliere tedesco Friedrich Mertz nello Studio Ovale della Casa Bianca e si definisce “molto deluso” da Elon Musk, aggiungendo che avevano “un bel rapporto” che non si sa se continuerà. Inizia la pioggia di tweet. 

Musk risponde “Pazienza” e fa notare che senza di lui non avrebbe vinto le elezioni, “quanta ingratitudine”, commenta. Trump risponde affermando di averlo cacciato dall’incarico amministrativo e conclude il post con “è IMPAZZITO!”. Minaccia poi di cancellare i contratti governativi a Musk, fondamentali per aziende come SpaceX, come risposta alle critiche. Musk risponde in modo altrettanto duro e chiede l’impeachment– un’accusa formale a un alto funzionario pubblico, in questo caso Trump, finalizzata alla sua rimozione – e posta un altro tweet devastante: “È il momento di sganciare la vera bomba: @realDonaldTrump è nei file su Epstein. Questa è la vera ragione per cui non sono stati resi pubblici”. 

Adesso, il “peggio” sembra passato e, apparentemente, i due sembrano intenzionati a seppellire l’ascia di guerra. Nella mattinata italiana di venerdì 6 giugno, dalla Casa Bianca hanno fatto sapere che Mimì e Cocò avrebbero organizzato una telefonata di riconciliazione per chiarire quanto accaduto. Inoltre Bill Ackman, noto gestore di hedge fund americano, in un tweet ha suggerito ai due di “fare pace per il bene del Paese”. Elon Musk ha risposto con un secco “Non hai torto”. 

Come hanno reagito i mercati allo scontro tra Elon Musk e Donald Trump?

La grande osservata è naturalmente Tesla, sia perché ormai viene considerata l’estensione di Elon Musk sia perché, come abbiamo visto prima, il suo futuro è direttamente collegato alle politiche anti-ambientaliste di Donald Trump. Nella giornata di giovedì 5 giugno, infatti, il colosso americano delle auto elettriche è arrivato a perdere più del 15% in una sola seduta, passando dai 322,7$ ad azione ai 272,4$, per poi recuperare leggermente e attestarsi – al momento in cui scriviamo – sui 292,5$. Allo stesso modo l’S&P500, che contiene Tesla all’interno del paniere, lo stesso giorno è sceso di circa 1,3 punti percentuali, ma già nella giornata di venerdì 6 ha assorbito la perdita finendo addirittura in territorio positivo (+0,3% rispetto al bottom toccato giovedì). Lo stesso pattern si ripete un po’ per tutti i principali indici americani. 

Nel mercato delle criptovalute la situazione è un po’ più complessa, dato che Elon Musk e Donald Trump insieme erano considerati un po’ i crypto brothers o comunque celebrità crypto-friendly, come testimoniato dall’accordo tra Fidelity e World Liberty Finance e dall’associazione sempre più solida Musk-Dogecoin – ricordiamoci che nel governo USA esiste un apparato che si chiama letteralmente DOGE. In ogni caso, durante la scaramuccia social, Bitcoin ha perso più del 4% ma ha subito colmato il gap una volta toccato il supporto dei 100k, ritornando sulla soglia dei 104.500$. Discorso diverso per Ethereum che, dopo aver perso l’8,4% circa nella giornata di giovedì, è riuscita a riprendere solo metà di quanto perso, fermandosi intorno ai 2.500$. Invece, Solana ha replicato i movimenti di BTC poiché è scesa dai 153,2$ ai 141$, per poi tornare alla quota attuale di 151,7$. In ultimo, bella botta per il token del POTUS, TRUMP, che ha messo a segno un -13,7% giovedì, tentando il recupero disperato il giorno successivo, senza successo – poco più del 2%. Per concludere, gli eventi di giovedì 6 hanno fatto uscire circa 20 miliardi dal mercato, con la Total Market Cap che scende dai 3,24 trilioni di dollari ai 3,22 toccando, però, la cifra di 3,1 trilioni

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Donald Trump, Elon Musk e DOGE: tagli o follie?

Donald Trump, Elon Musk e DOGE: tagli o follie?

Donald Trump ed Elon Musk hanno rivendicato molti tagli alla spesa pubblica grazie al DOGE. Alcuni trionfi, però, sono assurdità già smentite. Quali?

Donald Trump e Elon Musk hanno istituito il DOGE (Department of Government Efficiency) con l’obiettivo di modernizzare la tecnologia e i software federali per massimizzare l’efficienza e la produttività governativa. In sintesi, si tratta di ridurre la spesa pubblica eliminando gli sprechi, affinché i soldi dei contribuenti vengano gestiti in modo più funzionale. La cosa divertente è che alcuni di questi tagli, preannunciati in pompa magna, sono in realtà sciocchezze al limite del delirio. Vediamoli insieme

Il nemico preferito da Donald Trump ed Elon Musk: USAID

Donald Trump ed Elon Musk, in questi primi mesi di mandato, hanno condotto una battaglia all’ultimo sangue contro USAID (United States Agency for International Development), agenzia federale statunitense responsabile degli aiuti per lo sviluppo economico e umanitario nel mondo. Il DOGE è stato sguinzagliato talmente tante volte contro questa organizzazione da rendere necessaria una sezione specifica. Partiamo con la bufala più eclatante:

50 milioni di dollari per Gaza, in preservativi

Tutto nasce quando Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, ha dichiarato che l’amministrazione Trump aveva individuato e bloccato un piano di aiuti “per finanziare i preservativi a Gaza”, spiegando come parte della scoperta fosse merito del team di DOGE. Elon Musk ha subito pubblicato un post su X (ex Twitter) con le parole della portavoce aggiungendo un fiero “la punta dell’iceberg”. 

La storia, per quanto particolare, è totalmente inventata per almeno tre motivi. In primo luogo, la Casa Bianca non ha fornito prove a supporto di questa dichiarazione, neanche una. In secondo luogo, la CNN ci fa sapere che, sotto il governo Biden, USAID non ha speso un dollaro in preservativi da mandare in Medio Oriente. Infine, il totale impiegato da USAID in contraccettivi da mandare in tutto il mondo è di gran lunga inferiore ai 50 milioni di dollari: nel 2023 si aggirava intorno ai 9 milioni. 

USAID paga le celebrità di Hollywood per andare in Ucraina

La guerra tra Russia e Ucraina va avanti da anni ormai e di falsità se ne sono sentite parecchie. Questa però è curiosa. Elon Musk ha repostato un tweet su X che diceva: “Lo sapevi che USAID ha speso i soldi delle vostre tasse per finanziare i viaggi dei VIP in Ucraina, il tutto per aumentare la popolarità di Zelensky fra gli americani?” L’elenco di questi VIP includeva Ben Stiller, Angelina Jolie, Sean Penn e Orlando Bloom, che apparivano in un video col logo di E! News – l’equivalente americano di Verissimo su Canale 5.  

Il video era un’invenzione, una fake news totale. E! News ha smentito subito, Ben Stiller ha affermato di essersi pagato il viaggio di tasca sua e una serie di esperti ha accostato il contenuto ad una campagna di disinformazione, probabilmente ad opera di russi.  

USAID ha finanziato il Covid-19

Elon Musk, il 2 febbraio 2025, ha pubblicato su X un tweet in cui scriveva “Lo sapevi che USAID, usando i TUOI soldi delle tasse, ha finanziato la ricerca sulle armi biologiche, incluso il COVID-19, che ha ucciso milioni di persone?” 

Questo caso, a dir la verità, è leggermente più spinoso dei precedenti: USAID ha effettivamente finanziato EcoHealth Alliance, un’organizzazione no profit che faceva ricerca sui pericoli dei virus provenienti dagli animali selvatici. Durante la prima presidenza Trump, questi finanziamenti sono stati bloccati perché EcoHealth lavorava a stretto contatto coi ricercatori di Wuhan, da dove è partita la pandemia, per essere poi riattivati e interrotti definitivamente con Joe Biden. 

Tutto ciò, per quanto possa sembrare sospetto, non basta per giustificare un’accusa come quella di Elon Musk, che è uomo di scienza e dovrebbe sapere come funziona il metodo scientifico: la correlazione tra due eventi non implica necessariamente un rapporto di causalità. È il più classico dei sillogismi errati, che si basano su bias cognitivi ed euristiche. Senza contare, poi, che ci stiamo dimenticando dell’elefante nella stanza, cioè che la comunità scientifica afferma di non avere evidenze scientifiche a supporto della tesi “fuga del Covid dal laboratorio”.   

USAID ha finanziato Politico (testata giornalistica)

Donald Trump, Elon Musk e altri politici della destra americana hanno accusato USAID di finanziare con milioni di dollari la testata giornalistica Politico, al fine di “scrivere belle storie sui Democratici”. La verità è che USAID ha effettivamente pagato Politico, ma per gli abbonamenti della sezione Pro – un po’ come i nostri club – che, come si legge sul loro sito, è “un servizio di abbonamento professionale utilizzato da aziende, organizzazioni e, sì, anche da alcune agenzie governative“. 

Questa ingente quantità di denaro, in realtà, ammonta a 44.000$, come riporta USAspending.gov, il sito ufficiale del governo degli Stati Uniti che fornisce trasparenza e dati dettagliati sulle spese federali. Si è trattato, pertanto, di una semplice transazione fra cliente e venditore, non di un finanziamento. 

Chiudiamo ora la parentesi USAID e continuiamo con altre sviste imbarazzanti.

Elon Musk: il New York Times è un media finanziato dal governo  

Mercoledì 5 febbraio 2025, Elon Musk reposta un tweet di Ian Miles Cheong – un influencer “giornalista” amato dalla destra americana – in cui si denunciava con toni indignati il fatto che il governo avesse dato “milioni di dollari al New York Times nell’arco degli ultimi 5 anni”. Il nostro Musk, senza premurarsi di controllare, grida allo scandalo e invoca il feroce DOGE. 

Il problema è che questo grande giornalista d’inchiesta, il signor Cheong, nell’indagare le malefatte del governo federale, ha commesso un errore a dir poco grossolano: i “milioni di dollari” di finanziamento effettivamente esistevano, ma riguardavano tutte le entità che, nel nome, avevano la parola New York. Tra queste, la New York University che nel 2024 ha ricevuto, solo per la sezione di fisica, 7,5 milioni di dollari. 

Il Pentagono ha finanziato Reuters con milioni di dollari

L’ultimo delirio rientra nella categoria “attacchi di Elon Musk e Donald Trump  ai media e alle agenzie di stampa”. La vittima, in questo caso, è Reuters, storica agenzia di stampa fondata a Londra nel 1851 da Paul Reuter, adesso acquisita dalla canadese Thomson Reuter Corporation.

Il tutto si articola intorno all’ennesimo tweet repostato da Elon Musk il 13 febbraio 2025, in cui il patron di Tesla commentava: “Reuters ha ricevuto milioni di dollari dal governo degli Stati Uniti per una “inganno sociale su larga scala”. È letteralmente ciò che c’è scritto nell’ordine di acquisto! Sono uno scam totale”. Il tweet repostato, in effetti, riportava uno screenshot preso da USAspending.gov in cui si poteva leggere che la Thomson Reuter Special Services riceveva finanziamenti dal Dipartimento della Difesa USA con causale “difesa attiva contro l’ingegneria sociale” e “inganno sociale su larga scala”. Prima di passare alla confutazione, quali sono secondo te le fonti citate in questo tweet? Esatto, DOGE e il grande reporter investigativo Ian Miles Cheong.

La società destinataria dei finanziamenti, come qualcuno si sarà accorto, non era l’agenzia di stampa Reuters ma la Thomson Reuters Special Services. Se è vero che entrambe le società fanno capo alla Thomson Reuters Corporation, l’agenzia di stampa non ha ricevuto un dollaro dal Pentagono. Inoltre, i finanziamenti erano finalizzati allo sviluppo di software di protezione contro i cyberattacchi e, dulcis in fundo, erano stati erogati proprio dall’amministrazione Trump nel 2018. 

Cari Elon e Donald: più dati e meno figuracce

Qualcuno dice che siamo nell’era della post-verità, dove per post-verità si intende “un’affermazione che si appropria di una pretesa verità, senza riscontro, facendole eco, diffondendola e propagandola” (Treccani). Da quello che abbiamo visto in questi primi cinque mesi di mandato, i fatti confermerebbero questa tesi, perché anche il vecchio Donald Trump di cose assurde ne ha dette. In ogni caso, il 24 maggio sul suo social X, Elon Musk ha comunicato la volontà di lasciare il DOGE: “si torna a passare tutto il tempo al lavoro e a dormire in sale conferenze/server/fabbriche”. 

Detto ciò, il consiglio è di informarti ed esaminare i dati prima di dichiarare assurdità che potrebbero compromettere la tua reputazione. Comincia iscrivendoti qui sotto o a uno dei nostri canali per restare aggiornata/o sulle cose rilevanti!

Scadenza dichiarazione redditi e pagamento delle imposte 2025: il calendario fiscale per le criptovalute

scandenza dichiarazione redditi criptovalute

Per evitare sanzioni e adempiere correttamente agli obblighi fiscali, è fondamentale conoscere le scadenze principali e le nuove regole applicabili. Scopriamo dunque il calendario fiscale 2025.

Di seguito, troverai una guida chiara ed esaustiva sulle date chiave per il pagamento delle imposte, la dichiarazione dei redditi e le principali modifiche normative introdotte per il 2025.

Tassazione delle criptovalute: cosa bisogna sapere

Chi investe in criptovalute deve rispettare due obblighi principali:

  1. Pagamento delle imposte → riguarda il versamento delle somme dovute allo Stato, come l’imposta sulle plusvalenze e l’imposta patrimoniale.
  2. Dichiarazione dei redditi → consiste nella presentazione del documento fiscale che riepiloga i redditi percepiti nell’anno, compresi redditi derivanti dalle criptovalute.

Non rispettare questi obblighi può comportare sanzioni, quindi è essenziale conoscere le date chiave per il 2025.

Scadenze per il pagamento delle imposte sulle criptovalute

Ecco le principali date da segnare in calendario:

30 giugno 2025

  • Pagamento dell’imposta sulle plusvalenze realizzate nel 2024 (26%).
  • Pagamento dell’IVACA (imposta di bollo dello 0,2%) sul valore delle criptovalute detenute al 31 dicembre 2024. Da pagarsi qualora le cripto attività non siano custodite presso un exchange che provveda autonomamente a trattenere e versare l’imposta di bollo.
  • Versamento del primo acconto sulle imposte per l’anno fiscale 2025.

30 novembre 2025

  • Versamento del secondo acconto sulle imposte per il 2025.

Se non si rispettano queste date, si rischiano sanzioni e interessi di mora. In caso di ritardo, è possibile regolarizzare i versamenti con il Ravvedimento Operoso, pagando una sanzione ridotta. Per pagare il minimo di sanzioni e interessi devi presentare il Ravvedimento Operoso entro 90 giorni dalla scadenza, quindi entro settembre 2025.

Scadenze per la Dichiarazione dei redditi nel 2025

Le dichiarazioni fiscali devono essere presentate nei seguenti termini:

30 settembre 2025 → Scadenza Invio telematico Modello 730

  • Utilizzato principalmente da lavoratori dipendenti e pensionati.
  • Contiene il Quadro W per il monitoraggio del possesso di cripto-attività e calcolo dell’imposta patrimoniale.
  • Include il Quadro T, dove si dichiarano le eventuali plusvalenze e minusvalenze per il calcolo delle imposte sul reddito.

31 ottobre 2025 → Scadenza Invio telematico Modello Redditi Persone Fisiche (PF)

  • Necessario per chi ha redditi diversi dal lavoro dipendente, come partite IVA e liberi professionisti.
  • Contiene il Quadro RW per il monitoraggio del possesso di cripto-attività e per il calcolo dell’imposta patrimoniale.
  • Include il Quadro RT, dove si dichiarano le plusvalenze e minusvalenze derivanti da criptovalute.

Novità fiscali 2025 sulle criptovalute: cosa cambia e cosa segnare in agenda

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto nuove regole fiscali per chi possiede criptovalute. Si tratta di cambiamenti significativi che influenzeranno la dichiarazione dei redditi. Vediamo in modo semplice cosa cambia, quali sono le scadenze da ricordare e su cosa riflettere per fare scelte consapevoli.

Fino al 2024: imposta solo sopra i 2.000 euro

Per tutto l’anno fiscale 2024 (cioè per le operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2024), le plusvalenze – cioè i guadagni ottenuti dalla vendita o conversione di criptovalute – non sono soggette a imposta se inferiori a 2.000 euro complessivi. Qualora la superino, è soggetta a imposta solo la parte eccedente i 2.000 euro.

Questa regola resta valida nella dichiarazione dei redditi che si presenta nel 2025 per l’anno 2024. Fino a quel momento, quindi, non cambia nulla rispetto al passato.

Dal 2025: si paga l’imposta anche per piccoli guadagni

A partire dal 1° gennaio 2025, questa soglia di esenzione verrà abolita.
Significa che qualsiasi plusvalenza, anche di importo modesto, sarà soggetta a imposta.

Inoltre, è importante sapere che l’aliquota attualmente prevista del 26% potrebbe salire al 33%. Al momento non c’è nulla di definitivo, e verrà deciso nella prossima Legge di Bilancio. L’intero settore sta lavorando per far abrogare questa misura, considerata da molti ingiustificata e penalizzante per i piccoli investitori.

La possibilità di rivalutare le criptovalute

Per prepararsi a questo scenario, è possibile scegliere di rivalutare il valore delle proprie criptovalute. In pratica, si può fissare il loro valore fiscale al prezzo di mercato del 1° gennaio 2025, pagando un’imposta sostitutiva del 18% su questo importo.

30 novombre 2025

  • La scadenza per effettuare il pagamento è il 30 novembre 2025.
  • È possibile versare l’importo in tre rate annuali, con un interesse del 3% sulle rate successive alla prima.

Questa scelta consente, in futuro, di pagare l’imposta (oggi al 26%) solo sulla parte di guadagno che eccede il valore rivalutato.

Conviene davvero rivalutare?

La rivalutazione può sembrare una soluzione vantaggiosa, ma non è detto che sia sempre la scelta migliore. Se il valore delle criptovalute non dovesse crescere molto, o se non si ha in programma di vendere a breve termine, si rischia di pagare più imposte del necessario.

Inoltre, con l’incertezza sull’aliquota futura, è ancora più importante fare valutazioni accurate.Per questo motivo, è consigliabile approfondire bene l’argomento prima di decidere, leggendo l’approfondimento dedicato alla convenienza della rivalutazione.
Evitare di prendere decisioni affrettate può fare la differenza tra risparmiare o pagare imposte non dovute.

scadenza dichiarazione redditi 2025

Consigli pratici per gestire le imposte sulle criptovalute

Gestire correttamente le criptovalute dal punto di vista fiscale può sembrare complicato, ma con un po’ di organizzazione è possibile evitare errori e brutte sorprese. Ecco tre consigli utili:

1. Tieni tutto sotto controllo

  • Registra ogni operazione: comprare, vendere, scambiare o trasferire criptovalute sono tutte operazioni che vanno tracciate. Quasi tutte le piattaforme ti permettono di scaricare un file (di solito in formato CSV) con lo storico completo delle tue attività. Conserva questi file con cura: sono la prova di quanto hai fatto, nel caso l’Agenzia delle Entrate voglia controllare.
  • Scarica la ricevuta dell’imposta di bollo: se usi piattaforme che anticipano il pagamento per conto tuo (come Young Platform), puoi scaricare la ricevuta e tenerla agli atti.
  • Usa un report fiscale: per compilare la dichiarazione dei redditi in modo più semplice, puoi acquistare un report già pronto. Questi report, offerti da consulenti o da alcune piattaforme crypto come Young Platform, ti forniscono un documento precompilato da consegnare al commercialista o utilizzare tu stesso.

2. Chiedi aiuto a un esperto

Le regole fiscali sulle criptovalute cambiano spesso e possono essere complicate, soprattutto se hai molti wallet, usi protocolli decentralizzati (DeFi) o hai movimentato cifre importanti. In questi casi, affidarsi a un commercialista che conosce il settore può farti risparmiare tempo, denaro e stress. Young Plartform offre un servizio di consulenza con un commercialista esperto che puoi richiedere direttamente in app cliccando sul banner.

3. Prepara in anticipo i pagamenti

Non aspettare l’ultimo giorno per versare le imposte.
Un consiglio utile è quello di mettere da parte una parte dei guadagni ogni volta che realizzi un profitto. In questo modo, quando arriverà il momento di pagare, avrai già le risorse pronte.

Token YNG: Report 1° Trimestre 2025

Token Young (YNG): Report Speciale lancio su Uniswap (Q2 2025)

Il Report del primo trimestre del 2025 sul token YNG. Cos’è successo? Quali sono i prossimi passi da compiere?

Questi primi mesi del 2025 si sono chiusi con risultati concreti per il nostro ecosistema e, soprattutto, con alcune novità connesse alla nostra strategia di crescita organica. Tra evoluzioni normative e nuovi servizi, stiamo gettando le basi per rendere Young Platform sempre più centrale nella vita finanziaria dei nostri utenti.

Ci sono anche alcune novità che riguardano specificamente il token Young (YNG), il cuore pulsante del nostro ecosistema. In questo senso la strategia che abbiamo intrapreso ha l’obiettivo di facilitare la sua crescita organica, mitigando il rischio di un’eccessiva pressione di vendita che potrebbe compromettere la stabilità e il valore a lungo termine del token. Tuttavia, questa parte compare nella versione esclusiva del nostro report, dato che per la prima volta sarà diviso in due:

  • Una versione pubblica, accessibile a tutti, che racconta gli obiettivi raggiunti e i nuovi servizi lanciati.
  • Una esclusiva, riservata ai membri dei Club, che entra nel dettaglio di numeri, strategie future – incluse le importanti decisioni strategiche relative alla crescita del token YNG – e aggiornamenti sulla tokenomics di Young (YNG), inclusi dati su emissioni, distribuzione e, per questa versione, informazioni aggiuntive sul listing decentralizzato.

Se stai sudando in preda ad un attacco di curiosità estrema c’è soltanto una cosa che puoi fare: iscriverti ai Club di Young Platform. Se invece ne fai già parte…cosa ci fai ancora qua? Corri a controllare la tua casella di posta: ti aspetta la versione deluxe – per dirla in termini musicali – di questo Report.

Il 2025 fino ad oggi: obiettivi raggiunti e funzionalità rilasciate

Nei primi mesi del 2025 abbiamo dedicato gran parte del nostro lavoro agli aspetti normativi e fiscali del settore crypto. Ai lavori già iniziati mesi fa per garantire la conformità al regolamento europeo Market in Crypto Asset (MiCA), si sono affiancate iniziative legate alla fiscalità, con l’obiettivo di offrire ai nostri utenti strumenti completi per affrontare la dichiarazione dei redditi in modo semplice, sicuro e conforme alle normative italiane.

Parallelamente, abbiamo continuato a lavorare sui progetti strategici previsti. L’obiettivo finale di quest’anno: diventare un hub digitale che fonde il meglio della finanza tradizionale (TradFi) e di quella decentralizzata (DeFi) resta chiaro, ma il percorso per arrivarci si arricchisce di nuove tappe anticipate.

I servizi fiscali di Young Platform

Sono ormai tre anni che supportiamo i nostri utenti con soluzioni dedicate alla fiscalità. Quello che era nato come un semplice Report si è evoluto in un vero e proprio ecosistema di strumenti, pensato per rendere il processo di dichiarazione rapido e senza stress. Oggi mettiamo a disposizione i seguenti documenti, tutti aggiornati per la dichiarazione dei redditi per il 2025:

  • Report fiscale di Young Platform: per chi utilizza esclusivamente il nostro exchange.
  • Report fiscale Young-Okipo: per chi opera su più exchange, anche decentralizzati, possiede degli NFT e utilizza protocolli DeFi.
  • Report delle transazioni: per archiviare in modo ordinato lo storico di movimenti, ordini e Smart Trades.
  • Ricevuta imposta di bollo: da conservare per eventuali accertamenti fiscali.
  • Commercialista crypto: per chi desidera affidarsi a un esperto per gestire direttamente la propria dichiarazione.

The Box

Tra i protagonisti del primo trimestre 2025 c’è stato senza dubbio The Box, il nostro concorso pensato per rendere il mondo della finanza più accessibile, dinamico e coinvolgente. L’iniziativa è stata un grande successo: migliaia di utenti hanno partecipato attivamente, completando missioni, scalando la classifica e contribuendo all’evoluzione dell’ecosistema Young Platform. La competizione attuale si concluderà il 31 maggio, come previsto, e poco dopo annunceremo i vincitori e l’assegnazione dei premi.

Al centro dell’iniziativa c’è la Carta Young, la nostra carta di debito fosforescente con cashback in YNG, che rappresenta un elemento chiave della nostra visione di lungo termine

Meccanismo di ribilanciamento del prezzo dei Club

Dal 4 febbraio 2025, l’accesso ai Club di Young Platform è regolato da un meccanismo di aggiustamento mensile basato sul prezzo di mercato di YNG. L’obiettivo è mantenere stabile il valore di accesso in euro, garantendo equilibrio tra accessibilità e valore del token:

  • Se il prezzo di YNG scende, il numero di token richiesti aumenta proporzionalmente.
  • Se il prezzo di YNG sale, il numero di token richiesti diminuisce, ma in modo attenuato grazie a un fattore di sconto.

Questo sistema, che prevede un aggiornamento del prezzo ricorrente ogni primo martedì del mese, evita che i Club diventino troppo esclusivi o troppo economici in caso di forti oscillazioni del prezzo.

Prezzi aggiornati per maggio 2025 (con prezzo YNG = € 0,193):

  • Bronze: 1.865 YNG
  • Silver: 6.217 YNG
  • Gold: 12.435 YNG
  • Platinum: 31.088 YNG

Nuovi Benefit dei Club

Il primo trimestre del 2025 è stato particolarmente ricco anche per i membri dei Club di Young Platform, con l’introduzione di nuovi benefit esclusivi pensati per arricchire l’esperienza degli utenti sia dal punto di vista finanziario che personale. Ecco alcune delle novità più significative:

  • BuiltDifferent: una piattaforma di fitness e nutrizione personalizzata, che ti consente di seguire allenamenti su misura, accedere a programmi nutrizionali avanzati e migliorare il tuo stile di vita ovunque ti trovi. Il tutto a condizioni molto più vantaggiose rispetto a un personal trainer tradizionale.
  • Milano Finanza: una delle fonti più autorevoli in Italia per chi investe. I membri dei Club possono ora accedere gratuitamente a contenuti premium e analisi quotidiane su mercati, macroeconomia e strategie di investimento. Uno strumento concreto per prendere decisioni più consapevoli.
  • Serenis: il centro medico online n°1 in Italia per il supporto psicologico. Grazie alla nostra collaborazione, i membri dei Club possono accedere a percorsi di counseling e supporto terapeutico a tariffe agevolate. Perché benessere finanziario ed emotivo devono sempre procedere insieme.

Questi vantaggi si sommano a una gamma già ampia di benefit disponibili per i membri dei Club: dall’educazione finanziaria ai privilegi esclusivi su servizi crypto, passando per il benessere personale e nuove opportunità di crescita.

E non finisce qui: nuove collaborazioni sono già in fase di definizione, con l’obiettivo di rendere i Club Young sempre più completi, distintivi e in linea con una visione di valore a 360 gradi.

Un esempio? L’accesso esclusivo alla sezione più analitica e ricca di dati di questo Report. Mentre fino ad oggi la trasparenza ci ha guidato nel condividere pubblicamente tutte le informazioni sul token YNG – inclusi dettagli su fornitura, acquisti, vendite ed emissioni – da questo primo trimestre del 2025 abbiamo scelto di riservare queste analisi approfondite unicamente ai membri dei nostri Club, in quanto diretti detentori di Young (YNG) e principali sostenitori del nostro ecosistema.

I nostri sostenitori più diretti meritano la massima trasparenza sulle strategie che ne guidano il futuro. Per questo, nella versione del report riservata ai membri dei Club, entreremo nel dettaglio delle misure adottate per salvaguardare il valore di YNG e promuovere una crescita organica e sostenibile. Approfondiremo i piani per la sua futura presenza sul mercato decentralizzato e illustreremo con chiarezza le ponderate ragioni che ci hanno portato a rifiutare specifiche proposte relative al token YNG da parte di alcuni Venture Capital. Si tratta di una decisione importante, presa per proteggere la nostra community da una potenziale pressione di vendita e dalla diluizione del valore del token. Questi approfondimenti strategici sono un’esclusiva per chi vive l’ecosistema Young Platform da protagonista.


I dazi di Trump bloccati: la reazione dei mercati

I dazi di Trump bloccati: la reazione dei mercati

I dazi imposti da Donald Trump nel Liberation Day sono stati bloccati dalla Corte federale del commercio americano: come hanno reagito i mercati?

I dazi annunciati da Donald Trump nel Liberation Day del 2 aprile sono stati dichiarati illegali nella notte italiana tra mercoledì 28 e giovedì 29 maggio. A emettere la sentenza, la Corte federale del commercio americano. Dall’altro lato, l’amministrazione Trump ha già dichiarato il ricorso in appello. Nell’attesa di capire cosa succederà, come hanno reagito i mercati alla notizia?    

I dazi di Donald Trump dichiarati illegali: la sentenza

La U.S Court of International Trade (USCIT), un tribunale federale che si occupa di gestire le cause civili legate all’importazione e al commercio internazionale, ha bloccato i dazi introdotti dal Presidente degli Stati Uniti. Le motivazioni risiedono principalmente nel fatto che Donald Trump non avrebbe l’autorità per imporre i dazi in modo autonomo, cioè senza passare per il Congresso: il Parlamento americano, infatti, è l’organo istituzionale che, secondo la Costituzione, ha il potere di autorizzare o meno le tariffe doganali. The Donald, invece, ha saltato questo passaggio invocando lo IEEPA (International Emergency Economics Power Act), una legge del 1977 che conferisce al Presidente il potere di regolamentare il commercio in risposta a minacce che possano costituire un’emergenza nazionale.

Il problema principale, secondo l’interpretazione della Corte, è lo IEEPA non concede automaticamente poteri illimitati al Presidente e, pertanto, ha deciso di annullare i dazi doganali del 2 aprile. Nello specifico, nella sentenza si legge che le tariffe “vanno oltre qualsiasi autorità concessa al Presidente dall’IEEPA per regolamentare le importazioni”. Inoltre, la USCIT ha giudicato illegali anche gli oneri doganali imposti nei confronti di Canada, Cina e Messico finalizzati al contrasto del fentanyl perché “non ci sarebbe connessione fra l’imposizione dei dazi e le minacce insolite e straordinarie che i provvedimenti contro il traffico di droga dichiarano di voler contrastare”. Subito dopo la sentenza, l’amministrazione Trump ha annunciato il ricorso alla Corte d’Appello

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La reazione dei mercati

La decisione della USCIT è stata accolta con favore dalla Borse europee, che aprono in verde e – al momento in cui scriviamo – sembrano decise a continuare in questo modo: il CAC 40 di Parigi guadagna lo 0,73%, il DAX di Francoforte lo 0,42% e Il FTSE MIB di Milano registra un +0,45%. In controtendenza il FTSE 100 di Londra, giù dello 0,11%. Molto bene anche i listini asiatici, che hanno chiuso tutti in rialzo: Tokyo ha messo a segno un +1,88%, Shenzhen un +1,33%, Hong Kong sale dello 0,9% così come Shanghai, in rialzo dello 0,7%. Anche le Borse USA sembrano contente della decisione della Corte, coi futures di Wall Street che salgono di oltre l’1%

Il mercato crypto si unisce al trend con Bitcoin su di circa 2000$ a 108.600$, Ethereum mette a segno un +4,3% rispetto alla giornata di ieri e viaggia intorno ai 2.730$, mentre Solana approfitta del momento per recuperare qualcosa dal crollo di ieri, toccando quota 175$ per poi scendere e – per ora – stabilizzarsi sui 172$. Il clima è comunque molto positivo, perché la sospensione “ufficiale” dei dazi potrebbe portare molta liquidità al nostro mercato preferito. 

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Il calendario dei risultati trimestrali delle aziende quotate

Trimestrali NVIDIA e azionario: calendario e previsioni

Scopri il calendario dei dati trimestrali di NVIDIA e delle aziende più importanti dell’azionario

Il calendario dei dati trimestrali di NVIDIA e delle aziende più importanti dell’azionario è uno strumento essenziale per seguire al meglio i mercati. Ogni tre mesi, NVIDIA e tutte le aziende quotate sono tenute a pubblicare le trimestrali. Questi report contengono i risultati finanziari dell’azienda per l’ultimo trimestre, tra cui ricavi, profitti, spese, previsioni future e molto altro.

Scopri perché sono importanti, come influenzano le decisioni degli investitori e il calendario completo e aggiornato in questo articolo.

Trimestrali: perché le aziende come NVIDIA devono pubblicarle?

Prima di addentrarci nel calendario delle trimestrali di NVIDIA e delle altre aziende principali del mercato azionario, è utile capire alcune caratteristiche di questi report. Innanzitutto, va specificato che la pubblicazione di questi documenti è un obbligo normativo, volto a garantire un livello di trasparenza accettabile all’interno dei mercati. 

La pubblicazione delle trimestrali consente agli investitori di valutare l’andamento di un’azienda, comprendendo se sta crescendo, se è in grado di registrare profitti e fornendo gli elementi necessari per decidere se comprare o vendere le sue azioni.

Le trimestrali non sono solo un’indicazione della salute finanziaria di un’azienda, ma anche uno strumento per confrontarla con i suoi competitor. Per esempio, i risultati di NVIDIA possono essere utilizzati per confrontare l’azienda con altre nel settore tecnologico. Nel mese di gennaio la quotazione delle azioni di NVIDIA, che produce GPU, è calata del 27% circa a causa dell’ingresso in scena di DeepSeek e della sua innovativa versione R1. Sebbene il titolo abbia mostrato una ripresa, con una crescita di circa il 50% dai minimi di aprile, l’attenzione è ora catalizzata sui risultati trimestrali attesi per domani, mercoledì 28 maggio 2025. In che modo questo contesto e la forte concorrenza nel settore AI influenzeranno gli utili? La market cap di NVIDIA è ancora giustificata agli occhi degli analisti, che peraltro mantengono un consensus prevalentemente “Buy” o “Strong Buy”? Le risposte a queste domande, almeno in parte, possono essere trovate analizzando le trimestrali imminenti.

Come influenzano i mercati

Le trimestrali di NVIDIA, così come quelle di tante altre aziende quotate, hanno un impatto significativo sui mercati. Tuttavia, l’effetto che queste hanno non è mai scontato e richiede esperienza e una comprensione approfondita per essere interpretato correttamente. Intuitivamente, si potrebbe pensare che, quando i risultati di un’azienda sono positivi, il prezzo delle sue azioni sarà destinato a salire. In realtà, la reazione del mercato a questi dati non è così lineare.

La verità è che non esiste una formula precisa per prevedere come reagirà il mercato ai dati trimestrali. Le reazioni possono essere influenzate da molteplici fattori. Le aspettative degli investitori sono cruciali: se i risultati di un’azienda sono in linea con le previsioni degli analisti, o meglio ancora li superano, il titolo tenderà a salire. Tuttavia, se i risultati sono positivi ma non riescono a superare le aspettative, il titolo potrebbe scendere.

Un altro fattore determinante è il contesto macroeconomico. I mercati adesso si trovano in un periodo di incertezza e debolezza a causa dell’atteggiamento imprevedibile di Donald Trump sui dazi, che impedisce agli investitori di avere una visione chiara del prossimo futuro. In questa situazione altalenante, anche una trimestrale positiva potrebbe non ricevere l’attenzione che merita. Per esempio, a seguito della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) del 7 maggio 2025, la Federal Reserve ha deciso di mantenere i tassi di interesse invariati nel range 4.25%-4.50%, adottando un approccio “wait-and-see” e indicando che, sebbene l’economia cresca a un ritmo modesto e l’inflazione sia leggermente sopra il target del 2%, si attendono possibili tagli dei tassi nella seconda metà dell’anno, ma con un’incertezza elevata. Politiche monetarie percepite come ancora restrittive o un’inflazione persistente possono limitare l’entusiasmo per i risultati aziendali, spingendo parte del capitale verso alternative meno rischiose.

Infine non si possono citare altri aspetti che giocano un ruolo centrale. La dimensione dell’azienda, il settore in cui opera, le quote di mercato e la sua reputazione sono tutti fattori che possono influenzare come il mercato percepisce e reagisce ai suoi risultati trimestrali. 

Trimestrali NVIDIA e non solo: il calendario completo

Con i risultati del primo trimestre fiscale del 2025 che si stanno concludendo (come quelli di NVIDIA attesi per domani), l’attenzione si sposterà presto sulla prossima stagione delle trimestrali, quella relativa al secondo trimestre fiscale del 2025 (Q2), i cui risultati verranno comunicati nei mesi di luglio e agosto. Il 2025 continua a essere un anno cruciale: le politiche commerciali globali e le dinamiche macroeconomiche avranno un impatto diretto sui profitti delle Big dell’economia mondiale.

Ecco un calendario preliminare con le date attese per le prossime trimestrali di alcune delle principali aziende quotate (le date sono indicative e potrebbero subire variazioni):

Mercoledì 28 maggio 2025

  • NVIDIA – Market Cap: 3,8 trilioni di dollari | Utili: 44,1 miliardi di dollari (contro i 43,3 previsti)
  • Salesforce – Market Cap: 257,1 miliardi di dollari | Utili: 9,8 miliardi di dollari (contro i 9,75 previsti)

Giovedì 29 maggio 2025

  • CostoCo – Market Cap: 435 miliardi di dollari | Utili: 61,96 miliardi di dollari (contro i 63,11 previsti)

Giovedì 5 giugno 2025

  • Broadcom – Market Cap: 1,26 trilioni di dollari | Utili: 15 miliardi miliardi di dollari (contro i 14,95 previsti)

Martedì 17 giugno 2025

  • Oracle – Market Cap: 598,7 miliardi di dollari | Utili: 15,9 miliardi di dollari (contro i 15,58 previsti)

Martedì 15 luglio 2025 (o date vicine)

  • JPMorgan – Market Cap: 800,9 miliardi di dollari | Utili: 44,9 miliardi di dollari (contro i 43,86 previsti)
  • Wells Fargo Market Cap: 259,69 miliardi di dollari | Utili: 20,82 miliardi di dollari (contro i 20,76 previsti)
  • Citigroup – Market Cap: 172,03 miliardi di dollari | Utili: 21,67 miliardi di dollari (contro i 20,94 previsti)
  • BlackRock – Market Cap: 170,84 miliardi di dollari | Utili: 5,42 miliardi di dollari (contro i 5,41 previsti)

Mercoledì 16 luglio 2025

  • Bank of America – Market Cap: 351,9 miliardi di dollari | Utili: 26,5 miliardi di dollari (contro i 26,75 miliardi previsti)
  • Morgan Stanley – Market Cap: 225,94 miliardi di dollari | Utili: 16,8 miliardi di dollari (contro i 16,01 previsti)
  • Goldman Sachs – Market Cap 207,56 miliardi di dollari | Utili: 14,58 miliardi di dollari (contro i 13,5 previsti)

Giovedi 17 luglio 2025

  • Netflix – Market Cap: 514,62 miliardi di dollari | Utili: 11,08 miliardi di dollari (contro gli 11,04 previsti)
  • Pepsi – Market Cap: 196,11 miliardi di dollari | Utili: 22,73 miliardi di dollari (contro i 22,25 previsti)

Venerdì 18 luglio 2025

  • American Express – Market Cap: 215,75 miliardi di dollari | Utili: 17,86 miliardi di dollari (contro i 17,7 previsti)

Martedì 22 luglio 2025

  • Coca-Cola – Market Cap: 306,2 miliardi di dollari | Utili: 12,5 miliardi di dollari (contro i 12,55 previsti)

Mercoledì 23 luglio 2025

  • Alphabet: Market Cap: 2,37 trilioni di dollari | Utili: 96,4 miliardi di dollari (contro i 93,91 previsti)
  • Tesla – Market Cap: 975,82 miliardi di dollari | Utili: 22,5 miliardi di dollari (contro i 22,4 previsti)
  • IBM – Market Cap: 250,58 miliardi di dollari | Utili: 17 miliardi (contro i 16,59 previsti)

Martedì 29 luglio 2025

  • VISA – Market Cap: 657,7 miliardi di dollari | Utili: 10,2 miliardi di dollari (contro i 9,84 previsti)

Mercoledi 30 luglio 2025

  • Microsoft – Market Cap: 3,93 trilioni di dollari |Utili: 76,4 miliardi di dollari (contro i 73,8 previsti)
  • Meta Platforms, Inc. – Market Cap: 1,9 trilioni di dollari | Utili: 47,52 miliardi di dollari (contro i 44,72 previsti)

Giovedì 31 luglio 2025

  • Apple: Market Cap: 3,04 trilioni di dollari | Utili: 94,04 miliardi di dollari (contro gli 89 previsti)
  • Amazon – Market Cap: 2,32 trilioni di dollari | Utili: 167,7 miliardi di dollari (contro i 162,05 previsti)
  • Mastercard: Market Cap: 507,7 miliardi di dollari | Utili: 8,13 miliardi di dollari (contro i 7,93 previsti)

Mercoledì 27 agosto 2025

  • NVIDIA: Market Cap: 4,43 trilioni di dollari | Utili: 46,7 miliardi di dollari (contro i 46,1 previsti)

Come abbiamo potuto comprendere nelle scorse settimane, il 2025 sarà un anno cruciale per la finanza mondiale. Il nuovo approccio isolazionista degli Stati Uniti ha prodotto un cambio di paradigma nei rapporti fra stati, che si riflette in una nuova architettura globale di alleanze economiche e finanziarie: la Cina vorrà approfittarne per diventare finalmente il principale attore commerciale e l’Europa dovrà necessariamente adattarsi a questo contesto in continuo mutamento.  Iscriviti al nostro blog per restare aggiornata/o su ciò che è davvero importante!