Quali sono, davvero, i rischi dell’intelligenza artificiale?

Quali sono i rischi dell’intelligenza artificiale?

Quali sono i rischi dell’intelligenza artificiale? Dalla privacy alla sicurezza, dai dilemmi etici alla dislocazione del lavoro

L’intelligenza artificiale e il machine learning sono tecnologie incredibili, con enormi potenzialità e un oceano di casi d’uso di cui abbiamo esplorato soltanto la superficie. Come ogni invenzione che ha le potenzialità di stravolgere il mondo in cui viviamo, l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella nostra quotidianità comporta anche dei rischi. Questo aspetto relativo all’AI è iniziato ad emergere nel 2022, dopo il lancio di ChatGPT, uno dei primi modelli AI a diventare mainstream.

Dal job displacement – fenomeno che descrive la futura scomparsa di alcuni lavori – alle preoccupazioni sulla privacy e sulla sicurezza, fino ad arrivare a dilemmi etici e sociali che, ad oggi, sono stati affrontati solo in parte. Vediamo quali sono i principali rischi dell’intelligenza artificiale.

I rischi dell’intelligenza artificiale: machine learning vs deep learning

Prima di affrontare nel dettaglio i rischi dell’intelligenza artificiale può essere utile definire il concetto specificando le principali differenze tra i diversi modelli. Innanzitutto, si può iniziare definendo l’obiettivo dell’intelligenza artificiale, ovvero quello di sviluppare delle “macchine” dotate di capacità di apprendimento automatico e di adattamento che siano ispirate ai modelli di apprendimento umani.

Tuttavia, il termine intelligenza artificiale è spesso associato a concetti come il deep learning e il machine learning (ML), che vengono considerati sinonimi anche se in realtà presentano delle differenze. Il machine learning è la sottoarea dell’AI che si concentra sullo sviluppo di algoritmi che permettono ai computer di imparare dai dati e migliorare le loro prestazioni nel tempo, senza essere esplicitamente programmati per ogni specifica attività. Il ML si serve della statistica per consentire alle macchine di “apprendere” dai dati, identificando pattern e prendendo decisioni basate su esempi passati

Il Deep Learning è, invece, un sottoinsieme più specifico del machine learning che utilizza le reti neurali per imparare dai dati. ChatGPT e Gemini (l’AI di Google), sono ottimi esempi di modelli di deep learning funzionanti, seppur ancora embrionali se si considerano le potenzialità di questa tecnologia.

Infine, prima di affrontare i rischi connessi all’intelligenza artificiale, possiamo definire le principali teorie ad essa connesse, molto utili per distinguere le due tipologie più diffuse di AI:

  • Intelligenza artificiale forte: teoria secondo la quale le macchine saranno in grado di sviluppare una coscienza di sé e quindi replicare l’intelligenza umana;
  • Intelligenza artificiale debole: teoria secondo la quale è possibile sviluppare macchine in grado di risolvere problemi specifici, senza però avere coscienza delle attività svolte.

Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha trovato nuove applicazioni anche nel settore delle criptovalute, con numerosi progetti innovativi nati per combinare il meglio di queste due tecnologie all’avanguardia. Sul nostro exchange, troverai una selezione di crypto AI, insieme a un Salvadanaio Personalizzato che ti consente di acquistare regolarmente le quattro più promettenti di questo segmento. Scoprilo ora!

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I rischi dell’intelligenza artificiale

Ora che abbiamo definito in modo più specifico i concetti che compongono l’AI possiamo buttarci a capofitto sull’argomento centrale di questo articolo, rispondendo alla domanda: quali sono i rischi associati all’intelligenza artificiale? Ovviamente sarà necessario sintetizzare, anche se ogni paragrafo di questo articolo andrebbe approfondito in un articolo dedicato. 

1. Problemi di privacy

Le tecnologie AI, così come la maggior parte dei social media, raccolgono e analizzano grandi quantità di dati personali, rendendo la privacy un problema sempre attuale. Questo tema è diventato ancora più rilevante dopo l’arresto del CEO di Telegram, Pavel Durov

Anche l’intelligenza artificiale è coinvolta in queste preoccupazioni. Tuttavia, la gestione della privacy varia notevolmente a seconda della giurisdizione legale. Ad esempio, le normative europee sono molto più rigorose rispetto a quelle degli Stati Uniti e pongono un’enfasi maggiore sulla protezione dei dati personali e sui diritti degli individui.

2. Dilemmi Etici e Morali

Il discorso sull’etica dei sistemi AI, specialmente in contesti decisionali che possono avere conseguenze significative, è molto complesso e contorto. La difficoltà principale in questo senso risiede nel tradurre principi etici, che spesso sono soggettivi e culturalmente variabili, in regole e algoritmi che possano guidare il comportamento delle macchine

Ricercatori e sviluppatori devono dare la massima priorità alle implicazioni etiche di questa tecnologia, non solo per prevenire potenziali danni, ma anche per garantire che l’IA operi in modo coerente con i valori fondamentali della società. Questo richiede un impegno costante nel bilanciare innovazione tecnologica e responsabilità sociale.

3. Rischi per la sicurezza

Negli ultimi anni, dopo che l’intelligenza artificiale è diventata mainstream, sono fortemente cresciuti i rischi per la sicurezza legati al suo utilizzo. Gli hacker e altri attori malevoli possono sfruttare i modelli AI per condurre attacchi informatici sempre più sofisticati, eludere le misure di sicurezza esistenti e sfruttare le vulnerabilità dei sistemi, mettendo a rischio infrastrutture critiche e dati sensibili.

Per mitigare tali rischi, è essenziale che governi e organizzazioni sviluppino rigorose best practices per l’implementazione sicura dell’AI. Queste non riguardano solo l’adozione di misure di sicurezza avanzate, ma anche la promozione di una cooperazione internazionale volta a stabilire norme e regolamenti globali, necessaria per molti esperti del settore. Insomma, in molti pensano che soltanto attraverso un approccio coordinato e proattivo sarà possibile proteggere efficacemente la società dalle minacce alla sicurezza derivanti dall’uso improprio dell’IA.

4. Dislocazione del lavoro

Un’altro rischio attribuito all’intelligenza artificiale è il job displacement, che ha il potenziale di causare significative perdite di posti di lavoro in diversi settori, colpendo in particolare i lavoratori meno qualificati. Sebbene secondo diverse ricerche l’intelligenza artificiale e le altre tecnologie emergenti saranno in grado di creare più posti di lavoro di quanti ne eliminino, la transizione non sarà priva di difficoltà. Man mano che le tecnologie dell’IA continuano a svilupparsi e a diventare sempre più efficienti, diventa fondamentale per la forza lavoro adattarsi rapidamente a questi cambiamenti.

Per rimanere competitivi in un panorama in continua evoluzione, i lavoratori devono acquisire nuove competenze, con un focus particolare su quelle digitali e tecnologiche. Questo è particolarmente importante per i lavoratori meno qualificati, che rischiano di essere più vulnerabili alla dislocazione causata dall’automazione. La riqualificazione e l’apprendimento continuo diventano quindi essenziali per garantire che la forza lavoro possa integrarsi con le nuove tecnologie, piuttosto che essere sostituita da esse. Le politiche pubbliche e le iniziative educative devono sostenere questo processo di transizione, fornendo gli strumenti necessari affinché i lavoratori possano adattarsi e prosperare nell’era dell’AI.

5. Disinformazione e fake news

Infine, l’ultimo rischio dell’intelligenza artificiale che affrontiamo in questo articolo riguarda i contenuti falsi generati da questa tecnologia, come i deepfake. Attraverso la creazione di questi contenuti sarà sempre più facile ingannare anche osservatori esperti, alimentando la disinformazione e minando la fiducia nelle fonti di informazione. Combattere la disinformazione generata dall’IA è essenziale per preservare l’integrità delle informazioni nell’era digitale e per proteggere il tessuto democratico delle società.

Uno studio dell’Università di Stanford ha evidenziato i pericoli urgenti dell’IA in questo contesto, affermando che “i sistemi di IA vengono utilizzati al servizio della disinformazione su Internet, con il potenziale di diventare una minaccia per la democrazia e uno strumento per il fascismo.” Strumenti come i video deepfake e i bot online, che manipolano il discorso pubblico simulando consenso e diffondendo fake news, possono recare diversi danni alla società.

Questi sono solo alcuni dei rischi associati all’intelligenza artificiale e al suo crescente impatto sulla nostra vita quotidiana, ma ce ne sono molti altri da considerare. Ad esempio, la concentrazione del potere nelle mani di poche grandi aziende e la crescente dipendenza dagli strumenti basati su questa tecnologia. Senza sconfinare nella fantascienza, questi problemi richiedono attenzione e soluzioni concrete, anche se è opportuno specificare che le opportunità già offerte dall’IA sono sufficientemente promettenti da giustificare l’investimento e lo sviluppo continuo, rendendo il bilancio tra costi e benefici complessivamente positivo.

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La Bancarotta di Avon e la crisi di Johnson & Johnson

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La crisi del settore dei cosmetici, Avon in bancarotta per tutelarsi dalle cause di risarcimento legate al talco inquinato con l’amianto e il parallelismo con Johnson & Johnson

L’industria della bellezza, un tempo un bastione di innovazione e prosperità, sta attraversando una delle sue crisi più profonde, e la recente bancarotta di Avon ne è un chiaro indicatore. A metà agosto 2024, Avon ha presentato istanza di protezione dal fallimento ai sensi del “Chapter 11” presso il Tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il Distretto del Delaware. 

Questo passo drammatico è il culmine di anni di difficoltà finanziarie e legali, legate principalmente alle richieste di risarcimento per gli effetti cancerogeni presumibilmente dovuti alla presenza di amianto nei suoi prodotti a base di talco. Scopri tutto sulla bancarotta di Avon, sul parallelismo con Johnson & Johnson e sulla possibile soluzione che offre la blockchain a problematiche di questo tipo.

La bancarotta di Avon

Il numero impressionante di 386 cause in corso evidenzia la gravità della situazione per Avon, e anche il motivo della bancarotta. La società è accusata di aver distribuito prodotti contenenti talco contaminato da amianto, una sostanza nota per i suoi effetti cancerogeni. Queste accuse hanno portato a una valanga di richieste di risarcimento, che si sono velocemnte trasformate in una pressione finanziaria che alla fine si è rivelata insostenibile.

Nonostante Avon si sia sempre dichiarata innocente, negando categoricamente la presenza di amianto nei suoi prodotti, i tribunali hanno continuato a infliggere pesanti sanzioni all’azienda. Il colpo più duro è arrivato nel 2020, quando un verdetto ha imposto ad Avon di pagare 46 milioni di dollari in danni e sanzioni. Più recentemente, a luglio 2024, l’azienda è stata condannata a pagare un altro risarcimento di 24,5 milioni di dollari, una somma che ha ulteriormente prosciugato le sue già esigue riserve finanziarie.

Il Confronto con Johnson & Johnson

Il caso Avon trova un inquietante parallelismo con la vicenda di Johnson & Johnson (J&J), un altro gigante del settore che ha subito il peso schiacciante delle cause legali legate al talco. Anche J&J è stata coinvolta in una serie di contenziosi legati alla presenza di amianto nei suoi prodotti a base di talco, una questione che ha scatenato migliaia di cause legali e che ha portato l’azienda a dover affrontare risarcimenti multimilionari.

Johnson & Johnson, una delle aziende più potenti e rispettate al mondo, ha adottato una strategia simile a quella di Avon per far fronte alla crisi, dichiarando bancarotta con soltanto una delle sue unità, con l’obiettivo di gestire e limitare l’ondata di richieste di risarcimento. Questo approccio, noto come “bancarotta strategica”, permette all’azienda di congelare i contenziosi in corso mentre si lavora a un piano di ristrutturazione e negoziazione dei debiti.

Tuttavia, nonostante le somiglianze, le due storie hanno differenze sostanziali. J&J ha una solidità finanziaria e una portata globale che le ha permesso di sopravvivere alle crisi, nonostante l’impatto devastante delle cause legali. Avon, d’altra parte, ha sofferto di anni di declino e di un indebolimento del suo marchio, il che ha reso la sua situazione molto più precaria. Mentre J&J ha potuto fare affidamento su risorse ingenti e su una strategia di diversificazione per contenere i danni, Avon si è trovata senza le risorse necessarie per sostenere il peso delle accuse e delle sanzioni.

La caduta di un gigante

Per Avon, la bancarotta rappresenta l’ultima spiaggia in un percorso segnato da sfide che hanno eroso il suo prestigio e la sua stabilità finanziaria. I 225 milioni di dollari già elargiti in risarcimenti non sono stati sufficienti a risolvere le controversie legali, e ora l’azienda si trova a dover affrontare una crisi di liquidità che potrebbe mettere fine a oltre un secolo di storia nel settore dei cosmetici.

La dichiarazione di fallimento solleva domande cruciali sul futuro di Avon e sull’industria in generale. Il settore è ora più competitivo che mai, con nuovi marchi che emergono e catturano l’attenzione di consumatori sempre più esigenti e consapevoli. La sostenibilità, la trasparenza e l’innovazione sono diventate le parole d’ordine di un mercato in evoluzione, che lascia poco spazio a chi non riesce ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti.

Uno dai più interessanti riguarda proprio l’industria blockchain, settore del quale noi facciamo parte. Le politiche di trasparenza portano ormai i consumatori a prediligere le aziende che sono in grado di tracciare e identificare ogni cosmetico, e gli ingredienti che lo compongono, attraverso una “carta di identità digitale”.

Scopri l’industria blockchain

In definitiva, mentre Johnson & Johnson sembra destinata a sopravvivere alla tempesta grazie alla sua forza finanziaria e alla sua capacità di gestire le crisi, mentre il destino di Avon potrebbe essere molto diverso. La bancarotta di Avon potrebbe segnare la fine di un’era per il marchio, o forse un’opportunità di rinascita attraverso una ristrutturazione radicale. Tuttavia, il futuro di Avon rimane avvolto nell’incertezza, e solo il tempo dirà se riuscirà a risorgere dalle sue ceneri o se diventerà un altro esempio di come anche i giganti possono cadere.


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Quali criptovalute comprare oggi? Le più interessanti per settembre

Quale criptovaluta comprare oggi? La classifica di settembre

Qual è la criptovaluta da comprare a settembre 2024? Scopri la classifica completa delle 5 più promettenti

Gli equilibri nel mondo delle criptovalute cambiano in maniera rapida e spesso imprevedibile. Per questo motivo è importante, soprattutto se stai scegliendo quale criptovaluta comprare oggi, conoscere gli ultimi sviluppi del mercato e le novità introdotte dai progetti “sulla cresta dell’onda”. Ogni mese, nuove tecnologie e cambiamenti regolamentari possono influenzare il valore, le gerarchie e la classifica delle crypto per capitalizzazione di mercato. 

Grazie a questa analisi mensile, puoi reperire informazioni su quale criptovaluta comprare attraverso una una classifica delle cinque più promettenti, da noi stilata basandoci sui dati più recenti e sugli eventi significativi che stanno plasmando il settore. 

1. Aave (AAVE)

Se stai scegliendo quale crypto comprare oggi non puoi non dare uno sguardo a Aave (AAVE), la principale applicazione decentralizzata per prendere in prestito (e prestare) crypto. Questo progetto si è inventato il mercato dei prestiti decentralizzati, riuscendo a conservare il primato nonostante la nascita e lo sviluppo di diversi competitor. Alla fine di agosto Aave ha infranto il record per gli weekly active borrowers, ovvero di utenti che, settimanalmente, hanno richiesto crypto in prestito sulla piattaforma. 

Inoltre, AAVE risulta una dei progetti più in forma del mercato anche se si analizzano i suoi guadagni. Nel secondo trimestre del 2024 il progetto ha incassato circa 20 milioni di dollari, quasi il doppio del quarter precedente. Per non parlare poi del valore totale bloccato sulla sua piattaforma (TVL). Questa metrica, la più importante nel settore della DeFi, ha toccato, di recente, i 12 miliardi di dollari.

Compra AAVE

Il prezzo di AAVE ha reagito piuttosto bene all’incremento di attività della sua applicazione decentralizzata, registrando nove performance giornaliere rialziste su dieci, e un incremento, nel punto di massima espansione, del +38%. Attualmente AAVE si trova sulla resistenza dei 130$. Se dovesse riuscire a romperla, sfruttando l’entusiasmo generato dalla costante crescita di utenti che utilizzano la piattaforma, potrebbe puntare a quota 150$ e poi al livello dei 240$.

Crescita del prezzo di AAVE

  • 30 giorni: +40% (100$ il 26/07/2024 oggi varrebbero 140$)
  • 1 anno: +87% (100$ il 26/08/2023 oggi varrebbero 187$)

2. Sui (SUI)

Un altro progetto che potrebbe essere interessante analizzare, se ti stai chiedendo quale criptovaluta acquistare oggi è Sui (SUI), il token nativo della blockchain creata da alcuni ex sviluppatori di Meta. Negli ultimi 30 giorni, SUI è stata la quarta miglior performer del mercato, anche grazie al lancio di un nuovo prodotto finanziario da parte di Grayscale. Questo fondo di investimento, tra i più influenti nel mondo crypto, ha introdotto il Grayscale Sui Trust, un prodotto destinato agli investitori esperti che segue l’andamento di SUI. Questo ha contribuito a rafforzare la posizione della criptovaluta, permettendole di ottenere ottimi risultati che potrebbe ripetere anche nel mese di settembre.

Guarda il prezzo di SUI

Il prezzo di SUI ha registrato un impressionante +130% nel punto di massima espansione, subito dopo il crollo generale del mercato del 5 agosto. Anche guardando ai movimenti più recenti, SUI ha mostrato una crescita notevole, con un aumento del +100% e un ulteriore +16% negli ultimi sette giorni.

Crescita del prezzo di SUI

  • 30 giorni: +26% (100$ il 26/07/2024 oggi varrebbero 126$)
  • 1 anno: +53% (100€ il 26/08/2023 oggi varrebbero 153$)

3. Fantom (FTM)

Fantom (FTM) ha recentemente guadagnato attenzione con l’annuncio che Andre Cronje tornerà a ricoprire il ruolo di Chief Technology Officer (CTO) di Sonic Labs. Cronje, è considerato uno dei migliori ingegneri software nel settore blockchain e pioniere della finanza decentralizzata (DeFi), assumerà un ruolo chiave nello sviluppo della nuova rete Sonic, in particolare nella progettazione della tecnologia di bridge nativa chiamata “Sonic Gateway”.

Questa tecnologia mira a rendere più sicuro e semplice il trasferimento di asset da altre blockchain, come Ethereum, verso Sonic. Cronje ha sottolineato come Sonic, essendo una rete di livello 1 (L1) basata su un consenso aBFT (asynchronous Byzantine Fault Tolerance), offrirà una finalizzazione delle transazioni quasi istantanea, richiedendo una sola conferma per considerare una transazione finalizzata, eliminando così la necessità di attendere più conferme come avviene su altre reti.

La nomina di Cronje rappresenta un passo significativo per Sonic Labs, potenzialmente aumentando la fiducia degli investitori e della comunità nello sviluppo futuro di Fantom.

Crescita del prezzo di FTM

  • 30 giorni: +8% (100$ il 26/07/2024 oggi varrebbero 108$)
  • 1 anno: +95% (100$ il 26/08/2023 oggi varrebbero 195$)

4. Bittensor (TAO)

Se ti stai chiedendo quale criptovaluta comprare oggi puoi dare uno sguardo a Bittensor (TAO), che sta chiudendo un mese di agosto a dir poco entusiasmante. Anche questa crypto, così come SUI, ha beneficiato dell’intervento di Grayscale, dato che compare in ben due strumenti finanziari emessi dal fondo. Il primo è un Trust che racchiude le principali Crypto AI, ovvero quelle che si basano sull’intelligenza artificiale, mentre il secondo è interamente dedicato a questa nuova e promettente criptovaluta. TAO è stata interessata da un movimento a rialzo violentissimo da gennaio del 2024 che le ha permesso di sfiorare il livello degli 800$ partendo da quota 200$. Poi però, da marzo, la crypto ha subito la correzione del mercato che l’ha fatta ritornare al punto di partenza.

Dopo il crollo del 5 agosto sembra che TAO abbia recuperato l’energia necessaria per tornare a splendere. In circa tre settimane ha messo a segno un +100% nel punto di massima espansione raddoppiando la sua quotazione nei confronti del dollaro. Dove può arrivare a settembre? Probabilmente lontano, se riuscirà a superare la resistenza dei 360$, che l’ultima volta l’ha respinta a ribasso.

Crescita del prezzo di TAO

  • 30 giorni: +2% (100$ il 26/07/2024 oggi varrebbero 102$)
  • 1 anno: +296% (100$ il 26/08/2023 oggi varrebbero 296$)

5. Ethereum (ETH)

Infine Ethereum (ETH), l’outsider nella classifica delle crypto più promettenti per settembre 2024. Negli ultimi mesi, a parte il breve e circoscritto movimento rialzista che ha interessato ETH dopo l’approvazione degli ETF, Ethereum ha fatto molta fatica. Gli strumenti finanziari non hanno, per ora, attratto grandi capitali, al contrario di quelli su Bitcoin che continuano a macinare inflow.

Ethereum non è riuscito a rompere la resistenza principale della zona del grafico in cui si trova, quella dei 2.800$. Nonostante questo però, rispetto alla scorsa settimana, ETH ha messo a segno un movimento del + 4% circa. Guardando il grafico della forza relativa (ETH/BTC) si nota come in circa tre mesi Ethereum è passato dal livello degli 0,057 BTC a quello degli 0,42 BTC, l’attuale supporto che lo sostiene.

Guarda il grafico di ETH

Ma perché, alla luce di tutte queste difficoltà, potrebbe avere senso comprare Ethereum oggi? 

Per diversi motivi, la maggior parte dei quali sono connessi ai cosiddetti “fondamentali”. La sua blockchain continua a funzionare senza intoppi dimostrando un grado di sicurezza ed efficienza che nessun’altra è mai riuscita, fino ad ora, a raggiungere. Ciò è dimostrato da un record infranto di recente, il numero di ETH bloccato in staking ha superato i 34 milioni. Inoltre, il team continua a rilasciare importanti aggiornamenti: The Merge, Shanghai, Dencun e Proto-Danksharding sono solo alcune delle pietre miliari poste da questa rete che non smette mai di rinnovarsi.

Crescita del prezzo di ETH

  • 30 giorni: -14% (100$ il 26/07/2024 oggi varrebbero 86$)
  • 1 anno: +44% (100$ il 26/08/2023 oggi varrebbero 144$)

Queste informazioni sono fornite esclusivamente a scopo informativo e educativo e non costituiscono una raccomandazione per l’acquisto o la vendita di alcun  asset digitale specifico o per una strategia di investimento. Young Platform S.p.a. non rilascia alcuna garanzia sull’accuratezza, idoneità o validità delle informazioni fornite o di un determinato asset. I prezzi sono indicati a solo scopo illustrativo e possono variare. I dati qui presentati possono riflettere gli asset scambiati sulla piattaforma Young Platform S.p.a. e su altre piattaforme di scambio di criptovaluta selezionate. Si prega di notare che le criptovalute sono altamente volatili e il loro acquisto comporta un rischio di perdita.

Sony lancia Soneium, la sua blockchain Layer 2 di Ethereum

Sony lancia la sua blockchain Layer 2 di Ethereum

Sony Group e Startale Labs annunciano Soneium: un Layer 2 costruito su Ethereum che punta a traghettare le crypto nel mainstream!

Il colosso dell’intrattenimento Sony, in collaborazione con Startale Labs, ha appena annunciato Soneium, una nuova blockchain Layer-2 su Ethereum che promette di cambiare, per sempre, il panorama Web3 globale. 

Questo progetto ambizioso punta a superare le barriere che hanno finora limitato l’adozione della blockchain e a integrare questa tecnologia nei prodotti di Sony rivolti ai consumatori entro i prossimi due anni. Scopri tutto sul primo passo di Sony nell’industria blockchain in questo articolo.


Accedi al mondo crypto

Una nuova era per la blockchain

Una settimana ricca di novità in grado di accelerare, e non di poco, l’adozione del mondo crypto e della tecnologia blockchain. Mercoledì ci ha pensato Apple, che ha annunciato l’apertura del suo chip NFC a sviluppatori di aziende terze, comprese quelle Web3, mentre oggi tocca a Sony.

Soneium, la blockchain Layer 2 di Sony, sarà costruita utilizzando l’OP Stack, un kit di sviluppo fornito da Optimism, e di conseguenza sarà supportato dalla tecnologia degli Optimistic Rollup. Grazie a questa informazione possiamo già affermare che effettuare le commissioni di transazione, su Soneium, saranno piuttosto economiche. Ma la cosa più interessante riguarda il grande nome che sta dietro al progetto. Con questa soluzione, Sony intende portare la blockchain fuori dalla nicchia degli appassionati di criptovalute, rendendola accessibile e utile per milioni di utenti.

Sota Watanabe, CEO di Startale Labs e direttore di Sony Block Solutions Labs, ha delineato un piano di sviluppo in tre fasi per Soneium. Nel primo anno, l’obiettivo principale sarà attrarre sviluppatori e utenti Web3. Successivamente, poi, la piattaforma integrerà alcuni prodotti Sony famosi e largamente utilizzati come Sony Bank, Sony Music e Sony Pictures. Infine, entro il terzo anno dal lancio, Soneium punta a diventare un punto di riferimento per le imprese e per le applicazioni decentralizzate (dapp).​

Integrazione con l’ecosistema Sony

L’integrazione di Soneium con i prodotti Sony è una delle informazioni più interessanti finora a nostra disposizione. La piattaforma non sarà solo un’infrastruttura tecnologica, ma un vero e proprio ecosistema che supporterà applicazioni in settori chiave come l’intrattenimento, la finanza decentralizzata (DeFi) e il gaming

Sony sta, però, lavorando su più fronti. In particolare è alle prese con lo sviluppo dell’integrazione di Soneium su Astar, una blockchain creata dall’altro player che fa parte di questa join venture: Startale Labs. Lo scopo di questa integrazione è fondere le risorse e l’infrastruttura di Astar con il nuovo Layer 2, azione che consentirà di accedere ad un bacino di utenti e sviluppatori di discrete dimensioni, una volta che la testnet di Soneium verrà lanciata.

Scopri Young Platform

Il lancio di Soneium si inserisce in un contesto più ampio di espansione di Sony nel settore delle criptovalute e della blockchain. Lo scorso anno Sony ha acquisito l’exchange crypto Whalefin e ha depositato il brevetto per una nuova tipologia di token detti “super-fungibili”. Questi, molto simili ai più famosi non fungible token (NFT) sono stati pensati migliorare l’esperienza di gioco all’interno dell’ecosistema PlayStation​.Con il lancio di Soneium, Sony dimostra la sua determinazione nel voler giocare un ruolo da protagonista nel futuro del Web3. Questo progetto è un chiaro segnale dell’intenzione di Sony di ridefinire i confini tra mondo fisico e digitale, creando nuove opportunità per innovazione e creatività.

Benzina in calo: cosa significa per il mercato globale del petrolio?

Prezzo benzina in calo: conseguenze petrolio

Il prezzo della benzina sta scendendo. Cosa succederà al petrolio inteso come asset?

La fine dell’estate e la conclusione delle vacanze portano con sé un fenomeno prevedibile ma significativo: la diminuzione dei prezzi della benzina a livello internazionale. Questo calo è principalmente dovuto a una riduzione della domanda, un classico esempio di come i cicli stagionali influenzino i mercati energetici. Ma dietro questa apparente normalità, si nascondono dinamiche complesse che potrebbero avere ripercussioni durature sul mercato globale del petrolio. 

Nel periodo estivo, la domanda di benzina aumenta notevolmente, spinta dai viaggi per le vacanze e dall‘incremento dell’attività turistica. Tuttavia, con la fine della stagione estiva, questa domanda subisce una brusca frenata. Secondo i dati recenti, gli strumenti derivati (futures) sulla benzina negli Stati Uniti sono scesi a 2,35 dollari al gallone, avvicinandosi al minimo di sei mesi registrato all’inizio di agosto.

Questo non è solo un riflesso della diminuzione della domanda di carburanti, ma anche dell’andamento più ampio dei mercati petroliferi, che si trovano a fare i conti con una serie di fattori economici e geopolitici.

L’impatto sul prezzo del petrolio

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha indicato che il mercato del petrolio potrebbe trovarsi di fronte a un’eccedenza di offerta nel quarto trimestre del 2024. Questo, a meno che l’OPEC+ non decida di prorogare i tagli alla produzione attualmente in atto. La possibilità di un surplus è ulteriormente rafforzata dal rallentamento economico della Cina, che ha portato a una revisione al ribasso della domanda per l’oro nero.

Inoltre, gli Stati Uniti, il principale produttore mondiale di greggio, hanno visto un aumento inaspettato delle scorte di petrolio, nonostante un calo delle scorte di benzina. Questo ha contribuito a mantenere sotto pressione i prezzi del petrolio, con il Brent e il WTI che mostrano segni di debolezza. Le previsioni indicano che il prezzo del Brent potrebbe stabilizzarsi intorno ai 65-70 dollari al barile, con possibilità di ulteriore ribasso se le condizioni economiche globali dovessero peggiorare.

Il prezzo del petrolio e della benzina è notoriamente volatile, influenzato da una molteplicità di fattori come le tensioni geopolitiche, il cali o l’aumento della domanda, le politiche green promulgate dagli Stati e dll’Unione Europea. Attualmente, il contesto è caratterizzato da un eccesso di offerta che potrebbe amplificarsi se le economie globali, già sotto pressione, dovessero entrare in una fase recessiva. L’OPEC+ si trova così a dover bilanciare attentamente le sue decisioni di produzione per evitare un crollo dei prezzi simile a quello del 2014, causato proprio da un’eccessiva offerta di greggio.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?

Le previsioni per i prossimi mesi dipendono fortemente da come evolverà la domanda globale di energia. Se assistermo ad una recessione a livello globale, i prezzi del petrolio potrebbero subire ulteriori pressioni al ribasso, e scatenare un effetto domino sulla maggior parte dei titoli energetici. Dall’altro lato, se l’economia riuscirà a stabilizzarsi, potremmo assistere a un graduale recupero dei prezzi, anche se difficilmente si tornerà ai livelli pre-pandemia nel breve termine.

Il calo dei prezzi della benzina con la fine dell’estate non è solo una buona notizia per i consumatori, ma anche un segnale di una più ampia debolezza nella domanda globale di petrolio. Con l’OPEC+ che gioca un ruolo cruciale nel mantenere l’equilibrio del mercato, i prossimi mesi saranno decisivi per capire quale direzione prenderà il mercato energetico globale. In ogni caso, il panorama rimane incerto, e la volatilità continuerà a caratterizzare il mercato del petrolio per il prossimo futuro.


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Pagare in crypto direttamente dall’iPhone, l’aggiornamento di Apple e l’annuncio di Circle (USDC)

Apple pagamenti in crypto con USDC

Apple ha annunciato, negli scorsi giorni, che renderà disponibile il suo chip NFC agli sviluppatori di aziende terze. Scopri le implicazioni per il mondo crypto

Una critica che viene spesso mossa al mondo crypto riguarda l’esperienza degli utenti, o come si dice in gergo, user experience (UX). Seed phrase, address e chiavi private rendono l’esplorazione del mondo delle criptovalute un’attività complessa per i meno esperti. Ma nelle ultime ore è trapelata una news che ha il sapore di soluzione a questo annoso problema.

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Apple permetterà, indirettamente, di effettuare pagamenti in crypto grazie all’ultimo aggiornamento sui chip NFC, permettendo ai wallet e agli exchange di sognare in grande. Il primo grande player a muoversi è stato Circle che ha fatto sapere su X (Ex Twitter), tramite il suo Chief Executive Officer (CEO) Jeremy Allaire, che i possessori di iPhone potranno pagare in USDC con un semplice “tap”.

Ecco quali novità si presentano all’orizzonte per quanto riguarda i pagamenti in crypto attraverso i dispositivi Apple.

Cosa cambia per i wallet Web 3

Il tweet di Allaire ha acceso l’entusiasmo nel mondo crypto, soprattutto per il consiglio contenuto al suo interno: “sviluppatori di applicazioni per effettuare pagamenti su blockchain, preparatevi! Apple sta arrivando”. Ma cosa significa questo a livello pratico?

Beh, la possibilità per i devs di mettere le mani sul chip NFC dell’iPhone consentirà ai wallet Web3 e crypto di invocare il circuito in modo da finalizzare transazioni, creando nuove possibilità di interazione tra dispositivi. In altre parole, sarà possibile utilizzare il proprio wallet crypto per effettuare un pagamento semplicemente con un “tap”, così come accade oggi per le normali carte di debito o credito.

Questa innovazione, secondo il CEO di Circle, non rimarrà circoscritta ai pagamenti diretti tra utenti ma verrà estesa anche a quelli diretti ai commercianti e all’utilizzo degli NFT, ad esempio per biglietti di eventi o certificati.

L’Apertura di Apple al mondo NFC

Ma come mai tutto questo è possibile soltanto da oggi? Perché Apple non consentiva ad applicazioni di terze parti di accedere alla sua tecnologia, che poteva essere sfruttata solo da Apple Wallet e Apple Pay. Ora, con l’aggiornamento software iOS 18.1 previsto per questo autunno, i developer di terze parti potranno finalmente accedere al chip NFC dell’iPhone. 

Tuttavia, non sarà tutto scontato: i developer dovranno firmare accordi commerciali con Apple, rispettare gli standard di sicurezza e privacy imposti dall’azienda, e pagare eventuali commissioni, i cui dettagli non sono ancora stati rivelati. La decisione di consentire l’accesso ai suoi chip NFC arriva dopo svariati anni di pressioni da parte dei regolatori, inclusa l’Unione Europea, che ha spinto per rendere, questo mercato, il più competitivo possibile.

Utilizzeremo le crypto “senza accorgercene?”

L’integrazione di USDC con il sistema tap-to-pay su iPhone potrebbe essere un punto di svolta per l’adozione delle criptovalute su larga scala, principalmente perché potrebbe rendere i pagamenti in stablecoin più accessibili e facili da processare. D’altronde, l’obiettivo condiviso dalla maggior parte degli imprenditori che operano in questo settore è, da tempo, lo stesso: rendere questa incredibile tecnologia utilizzabile da chiunque. Così come internet, che ha dovuto affrontare un lungo processo per diventare mainstream.

I pagamenti in crypto attraverso i chip NFC dei dispositivi Apple è un tassello, seppur piccolo, nel percorso delle criptovalute (e delle stablecoin) per diventare un metodo di pagamento, un mezzo di scambio, popolare, almeno quanto le valute fiat.


Quali sono i paesi più poveri del mondo? La classifica del 2024

I paesi più poveri del mondo: la classifica aggiornata

Quali sono i paesi più poveri del mondo? La classifica per PIL pro-capite e tutti i dettagli

Per comprendere quali siano i paesi più poveri del mondo, si utilizzano diversi parametri, uno dei più utilizzati è il PIL (Prodotto Interno Lordo) pro capite. Questo dato misura la quantità di valore monetario generata in un anno in una specifica area.

Un basso PIL pro capite indica la presenza di un basso livello di produttività economica e, spesso, coincide con condizioni di vita difficili per la popolazione. Molti dei paesi con il PIL pro capite più basso sono caratterizzati da economie fragili, un tasso di disoccupazione elevato e infrastrutture inadeguate. Inoltre, il panorama politico e sociale di questi stati è fortemente condizionato da conflitti interni e forte instabilità.

Tuttavia, il PIL pro capite non riesce a stimare al 100% il livello di ricchezza media dei cittadini di un paese, soprattutto perché non tiene conto delle differenze nel costo della vita. Questi fattori, uniti a sfide come lo scarso livello di istruzione, le malattie endemiche e l’accesso limitato ai servizi sanitari, rendono pressoché impossibile lo sviluppo economico e al limite del disumano le condizioni di vita. Scopri quali sono i paesi più poveri del mondo nel 2024 e i principali problemi che li affliggono.

La classifica dei paesi più poveri del mondo

Per stimare quali sono i paesi più poveri del mondo di solito ci si basa sui dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Nella maggior parte degli stati che trovi in questo articolo è molto difficile accedere ai servizi finanziari, anche a quelli standard come l’apertura di un conto bancario. Per questo motivo sono sempre di più i cittadini che si affidano a Bitcoin o ad altre criptovalute. Questa tecnologia coincide con un modo nuovo, e per molti l’unico, di gestire il proprio denaro e salutare per sempre lo status di unbanked. Se ti interessa questo tema e vuoi saperne di più puoi scaricare la nostra app.

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  1. Sudan del Sud

Il Sudan del Sud, oltre ad essere il paese più povero al mondo, con un PIL pro capite di circa 450 dollari, è anche il più giovane. È nato nel 2011 e fin da quel momento è stato dilaniato da conflitti civili che gli hanno impedito di svilupparsi dal punto di vista economico e sociale. La cospicua presenza di risorse petrolifere è un chiaro esempio di “resource curse” o “maledizione delle risorse”. L’abbondanza di petrolio sul suo territorio, invece che consentire al Sudan del Sud di prosperare, alimenta la divisione politica e sociale, la corruzione e i conflitti.

  1. Burundi

Al contrario, il secondo paese della classifica dei più poveri al mondo è totalmente sprovvisto di risorse naturali. La guerra civile iniziata nel 1993 e conclusasi nel 2005 ha peggiorato significativamente le condizioni di vita dei suoi abitanti, la maggior parte impiegati nell’agricoltura di sussistenza. L’accesso alle risorse idriche è molto difficoltoso e meno del 5% della popolazione dispone dell’elettricità. Il reddito pro capite è di circa 900 dollari, quotidianamente eroso da un’inflazione galoppante che nel 2024 si attesta intorno al 14% e che nel 2023 ha toccato picchi del 30%.

  1. Repubblica Centrafricana

La Repubblica Centrafricana è un Paese ricco di risorse naturali. In questa nazione pullulano miniere di materiali estremamente preziosi, in particolare oro, petrolio, uranio e diamanti. Tuttavia, la sua popolazione è tra le più povere al mondo. Nel 2016, per la prima volta dalla sua indipendenza dalla Francia, la Repubblica Centrafricana ha eletto democraticamente un presidente: Faustin Archange Touadéra, un ex professore di matematica che si è candidato presentandosi come un pacificatore capace di colmare il divario tra le due fazioni religiose principali della nazione: musulmani e cattolici

Nonostante le difficoltà e gli ostacoli, negli ultimi anni la crescita ha mostrato una moderata ripresa, trainata dall’industria del legname, dalla ripresa del settore agricolo e dal parziale recupero nel commercio dei diamanti.

  1.  Repubblica Democratica del Congo

Dalla sua indipendenza dal Belgio nel 1960, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) è stata preda di dittature che si sono susseguite in un clima di instabilità politica e violenza costante. Circa il 65% della popolazione del Paese, che conta circa 100 milioni di abitanti, vive con meno di 2,15 dollari al giorno, e il reddito pro capite medio oscilla intorno ai 1.500 dollari all’anno.

Secondo la Banca Mondiale, la RDC possiede le risorse e il potenziale per diventare uno dei Paesi più ricchi dell’Africa e un motore di crescita per l’intero continente. Attualmente è il più grande produttore mondiale di cobalto e il principale esportatore rame per quanto riguarda l’Africa, due elementi essenziali per il mercato dei veicoli elettrici.

  1. Mozambico

Ricca di risorse e strategicamente posizionata, questa ex colonia portoghese ha spesso registrato tassi di crescita del PIL medi superiori al 7% nell’ultimo decennio. Nonostante questo, fa ancora parte della classifica dei Paesi più poveri del mondo, a causa delle condizioni climatiche avverse e del clima di instabilità politica che da tempo regna nel paese.

A peggiorare le cose, dal 2017 la parte settentrionale del Paese, ricca di gas, è stata colpita da attacchi di gruppi insurrezionalisti islamici. Nonostante ciò, secondo il FMI, l’economia rimane in forte espansione: si prevede una crescita del 5% nel 2024 e nel 2025, con prospettive di crescita a doppia cifra nella seconda parte degli anni ‘20.

  1. Niger

Al sesto posto della classifica dei Paesi più poveri del mondo c’è il Niger, uno stato fortemente minacciato dalla desertificazione, dato che l’80% del suo territorio è coperto dal deserto del Sahara. La rapida crescita che sta interessando la sua popolazione fatica ad essere sostenuta dall’agricoltura su piccola scala, incrementando  l’insicurezza alimentare e i tassi di malattia e mortalità. Inoltre, gli scontri ricorrenti dell’esercito con Boko Haram, affiliato dello Stato Islamico (ISIS), hanno generato morti, feriti e migliaia di sfollati.

Nel 2021, con l’elezione del nuovo presidente Mohamed Bazoum ex insegnante e ministro dell’interno, Il Niger ha registrato la prima transizione di potere democratica e sembrava pronto ad affrontare grandi cambiamenti. Tuttavia, nell’estate del 2023, Bazoum è stato catturato da alcuni membri della sua guardia presidenziale e da allora, una giunta militare governa il paese.

  1. Malawi

Al settimo posto della classifica dei paesi più poveri al mondo troviamo il Malawi. La sua economia è sostenuta principalmente dall’agricoltura, condizione che rende questo Stato fortemente condizionato dai fenomeni meteorologici e insicuro dal punto di vista alimentare, soprattutto nelle aree rurali.

Inoltre, il Malawi verte attualmente in gravi condizioni di crisi economica caratterizzate da carenza di carburante, un aumento dei prezzi generalizzato a tutti i prodotti alimentari e una forte svalutazione della moneta.

  1. Liberia

La più antica repubblica dell’Africa è stata per molti anni tra i Paesi più poveri del mondo. Le aspettative erano elevate quando l’ex stella del calcio George Weah è diventato presidente nel 2018. 

Tuttavia, i suoi anni in carica sono stati segnati da alta inflazione, disoccupazione e decrescita economica, fino a quando nel 2023 è stato sconfitto dal leader dell’opposizione ed ex vicepresidente Joseph Boakai in un nuovo ciclo elettorale. Boakai potrebbe avere una situazione più favorevole rispetto a Weah: dopo una contrazione nel 2020 e 2021, il paese è tornato a crescere nel 2022. Si prevede che raggiungerà circa il 5,3% nel 2024 e rimarrà sopra il 6% negli anni a venire.

  1. Madagascar

Dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1960, il Madagascar ha attraversato periodi di instabilità politica, colpi di stato violenti ed elezioni politiche controverse. Andry Rajoelina, salito al potere nel 2019, ha promesso di combattere la corruzione, ridurre la povertà e stimolare l’economia, senza però, poi, rispettarle. In Madagascar il 75% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà; la crescita economica è lenta e l’inflazione si attesta quasi all’8%. Nonostante questo, Rajoelina è stato rieletto nel dicembre 2023.

La classifica dei paesi più poveri del mondo offre uno sguardo sulle difficili condizioni economiche che molti stati devono affrontare. Tuttavia, nonostante le avversità, questi paesi possiedono un grande potenziale per il futuro, con risorse naturali e umane che potrebbero, se adeguatamente sfruttate, migliorare notevolmente le condizioni di vita.

In questo senso Bitcoin si colloca come possibile soluzione per questi paesi emergenti, in particolare per quelli che possono accedere ad una grande quantità di energia rinnovabile. Grazie alla scalabilità energetica della sua tecnologia potremmo vedere sorgere presto mining farm in Africa. E ciò si tradurrebbe in nuovi posti di lavoro e quindi in una spinta cruciale per l’economia.

Sei sul blog di Young Platform, la piattaforma italiana per comprare criptovalute. Qui puoi trovare le ultime novità su blockchain, Bitcoin e Web3. Raccontiamo da vicino questa economia emergente con un occhio alla finanza tradizionale, così hai tutto quello che ti serve per entrare nella nuova era del denaro. 

Il passaporto più potente al mondo: la classifica 2024

passaporto più potente al mondo 2024 classifica

Cosa significa avere il passaporto più potente al mondo? Perché alcuni passaporti offrono più libertà rispetto ad altri? In questo approfondimento, esploreremo il concetto di potenza del passaporto, la classifica dei passaporti più potenti al mondo nel 2024, e cosa significa per i cittadini possedere un documento così importante.

Cos’è un passaporto “potente”?

Immagina di poter viaggiare liberamente, attraversare frontiere senza problemi e scoprire nuove culture senza dover affrontare lunghe pratiche burocratiche. Questo è ciò che significa avere il “passaporto più potente al mondo”. Un passaporto potente permette di entrare in molti Paesi senza bisogno di visto o con un visto ottenibile all’arrivo. Dà quindi una grande libertà di movimento.

Vantaggi e privilegi

Tra i principali vantaggi di possedere un passaporto potente ci sono:

  • Libertà di movimento: viaggiare in molti Paesi senza la necessità di un visto.
  • Opportunità economiche: accesso facilitato a mercati globali e possibilità di stabilirsi in altre nazioni per motivi di lavoro.
  • Qualità della vita: opportunità di scegliere tra diverse destinazioni per vivere, studiare o lavorare, migliorando la qualità della vita.

Come cambia la classifica dei passaporti più potenti al mondo?

La classifica dei passaporti più potenti al mondo è in costante evoluzione. Le variazioni possono essere causate da una serie di fattori, tra cui:

  • Geopolitica: le tensioni o gli accordi tra Paesi possono influenzare il numero di nazioni accessibili senza visto.
  • Accordi internazionali: nuovi trattati o partnership possono modificare le condizioni di ingresso per i cittadini di determinati Paesi.
  • Crisi globali: eventi come la pandemia di COVID-19 hanno avuto un impatto significativo sulle possibilità di viaggio a livello globale.

Come si misura il passaporto più potente al mondo

Ogni anno, diverse organizzazioni pubblicano classifiche dei passaporti più potenti al mondo, basate sulla libertà di viaggio che offrono. Tra le più importanti c’è l’Henley Passport Index,  che valuta i passaporti in base al numero di Paesi che si possono visitare senza bisogno di visto.

Questa classifica confronta 199 passaporti con 227 possibili destinazioni. Il “punteggio” di un passaporto dipende dal numero di Paesi accessibili senza visto. I dati provengono dal database dell’International Air Transport Association (IATA.

Classifica dei passaporti più potenti al mondo nel 2024

Vediamo ora la classifica aggiornata.

1. Il nuovo numero uno: Singapore 

Nel 2024, Singapore ha superato altri Paesi che solitamente si contendono il primo posto, diventando il passaporto più potente al mondo. Ora i cittadini di Singapore possono viaggiare senza visto in 195 Paesi su 227, stabilendo un nuovo record. Questo successo conferma la posizione di Singapore come leader mondiale grazie alle sue solide relazioni diplomatiche e alla sua stabilità economica.

Come vedremo più avanti, la libertà di movimento delle persone è strettamente legata alla mobilità del denaro e quindi alla ricchezza di un Paese. Non c’è da stupirsi, quindi, se Singapore sia uno dei paesi più “crypto-friendly” al mondo. Da tempo, Singapore sta cercando un equilibrio normativo per le criptovalute e di attrarre l’industria dentro i suoi confini. Se vuoi seguire il mercato crypto, dovresti scaricare questo: 

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2. Al secondo posto anche l’Italia 

Mentre Singapore ha raggiunto il primo posto, un gruppo di Paesi europei e asiatici è al secondo posto, con accesso senza visto a 192 destinazioni. Francia, Germania, Italia, Giappone e Spagna condividono questa posizione, mostrando come la stabilità e le relazioni diplomatiche continuino a essere fondamentali per la libertà di viaggio.

3. Terzo posto: Europa e Asia 

Al terzo posto troviamo un gruppo senza precedenti di sette Paesi, ciascuno con accesso a 191 destinazioni senza visto. Questi includono Austria, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Corea del Sud e Svezia. Questa concentrazione di Paesi al terzo posto sottolinea come l’Europa e l’Asia continuino a dominare la classifica mondiale dei passaporti più potenti.

4. Regno Unito e gli Stati Uniti: vecchie glorie in declino

Il Regno Unito si aggrappa al 4° posto. Condivide il risultato con Belgio, Danimarca, Nuova Zelanda, Norvegia e Svizzera. Il punteggio? 190 destinazioni. Registra un lieve declino rispetto agli anni precedenti, ma mantiene comunque una posizione di rilievo.

Gli Stati Uniti continuano a scendere nella classifica, arrivando all’8° posto con accesso a 186 Paesi senza visto. È evidente come sia gli Stati Uniti che il Regno Unito, che erano al 1° posto nel 2014, abbiano perso forza nel loro passaporto negli ultimi dieci anni. Il riflesso di una progressiva perdita di influenza politica e diplomatica.

I Paesi con il passaporto meno potente

All’estremità opposta della classifica, l’Afghanistan rimane al 199° posto come il passaporto più debole al mondo. Negli ultimi sei mesi, il passaporto afgano ha perso l’accesso a un’altra destinazione, lasciando i suoi cittadini con solo 26 Paesi accessibili senza visto. Il punteggio più basso mai registrato nella storia dell’indice.

I più grandi scalatori e caduti nella classifica

Emirati Arabi Uniti: un’ascesa straordinaria

Una delle storie di maggior successo nel 2024 è quella degli Emirati Arabi Uniti (EAU). Per la prima volta sono entrati nella Top 10. Hanno aggiunto 152 destinazioni dal 2006, raggiungendo un punteggio di 185. Questo salto, dal 62° al 9° posto, è frutto di una strategia mirata del governo per fare degli EAU un centro globale per affari, turismo e investimenti.

Cina e Ucraina: i più veloci nello scalare la classifica

Sia la Cina che l’Ucraina hanno fatto passi da gigante nella classifica negli ultimi dieci anni. Dal 2014, la Cina è salita di 24 posizioni, dall’83° al 59° posto, e l’Ucraina è passata dal 53° al 30° posto, permettendo ai suoi cittadini di viaggiare senza visto in 148 Paesi. Questo miglioramento riflette i cambiamenti politici ed economici in questi Paesi.

Il grande perdente: il Venezuela

Il Venezuela è il Paese che ha perso di più, scendendo di 17 posizioni, dal 25° al 42° posto negli ultimi dieci anni. Questa caduta è dovuta alle gravi crisi economiche e politiche, che hanno spinto oltre sette milioni di venezuelani a lasciare il Paese. Anche Yemen, Nigeria e Siria hanno registrato significative perdite, scendendo rispettivamente di 15, 13 e 13 posizioni, a causa di conflitti e instabilità che limitano la mobilità dei loro cittadini.

L’Impatto della libertà di viaggio sulla prosperità economica

Nel 2024, la libertà di viaggiare è diventata un indicatore importante della prosperità economica. Secondo l’Henley Global Mobility Report, la possibilità di viaggiare senza visto o di trasferire le proprie attività in città favorevoli è diventata un fattore chiave per la ricchezza e l’eredità internazionale. La classifica dei passaporti sembra influenzare anche la classifica dei paesi più ricchi del mondo e quella dei paesi più poveri del mondo. 

Le città in più rapida crescita per milionari

Tra le città in più rapida crescita per milionari, Shenzhen e Hangzhou in Cina hanno registrato una crescita impressionante, rispettivamente del 140% e del 125%. Anche Bengaluru in India, Austin e Scottsdale negli Stati Uniti, Ho Chi Minh City in Vietnam e Sharjah negli Emirati Arabi Uniti sono in forte crescita, dimostrando come la mobilità globale e l’accesso senza visto siano diventati strumenti essenziali per espandere la ricchezza. Dai un’occhiata anche alla classifica degli uomini più ricchi del mondo.

Tirando le somme

Nel 2024, possedere il passaporto più potente al mondo è sinonimo di libertà, opportunità e prestigio. Non è solo un documento di viaggio, ma un vero e proprio simbolo di apertura al mondo. Mentre la classifica dei passaporti più potenti continua a evolversi, riflettendo le dinamiche globali, una cosa è certa: avere un passaporto potente significa avere il mondo a portata di mano.

Per continuare a seguire queste notizie con sottomano il mercato, siamo qui sotto!

Crollo del mercato crypto e “Covid crash”: le banche centrali ci salveranno?

Crollo crypto: come il Covid crash del 2020?

Nelle ultime ore sembra di rivivere il Covid crash del 2020. Il mercato potrebbe, come è successo quattro anni fa, ripartire dopo l’intervento delle banche centrali?

Negli ultimi giorni la paura ha regnato sul mercato crypto, che è crollato insieme all’azionario. Durante la giornata di ieri, Bitcoin ha perso più del 15% del suo valore in meno di ventiquattro ore, mentre il NASDAQ e l’S&P 500, circa il 5% e il 3%

Nella settimana del 9 marzo del 2020, i mercati sono stati scossi da un evento simile, seppur caratterizzato da un movimento ribassista più accentuato. Quella volta il crollo fu causato dallo scoppio della pandemia e dall’adozione delle misure di lockdown da parte della maggioranza dei paesi del mondo.

Guarda il grafico di Bitcoin

Il movimento ribassista di ieri, invece, sembra scaturito da uno spettro di fattori molto più ampio. L’escalation del conflitto in Medio Oriente, il taglio dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale giapponese e il conseguente crollo del Nikkei, il principale indice borsistico del paese. E poi la crisi delle società tecnologiche statunitensi e la paura di una recessione economica negli Stati Uniti, accentuata dagli ultimi dati sulla disoccupazione.

Quali sono le effettive somiglianze tra questi due crolli del mercato? Non tanto per quanto riguarda le cause e i movimenti dei prezzi già avvenuti, ma a proposito delle possibili risposte delle banche centrali e il relativo rimbalzo dei prezzi.

Crollo del mercato crypto: i dati più importanti

Il crollo del mercato crypto di ieri è stato il più violento dal 2022. La Crypto Total Market Cap, la capitalizzazione di mercato totale delle criptovalute, è scesa a 1,7 trilioni di dollari nel momento più critico, registrando un -15%. Se analizziamo le performance da fine luglio in poi la capitalizzazione di mercato dell’intero settore ha dovuto affrontare una riduzione del 30%, complice anche l’enorme ondata di liquidazioni.

Le posizioni di tantissimi trader sono state forzatamente chiuse, per un controvalore monetario di circa 1,07 miliardi di dollari sugli exchange centralizzati. Mentre il valore totale di quelle spazzate via on-chain, su protocolli DeFi come Aave o Curve, è stato di circa 350 milioni di dollari. Infine, i founding rates per quanto riguarda i futures su Bitcoin e Ethereum sono diventati negativi. Ciò significa che la maggioranza degli investitori si è posizionata short, e quindi scommette su un ulteriore crollo dei prezzi.

Sfrutta il movimento ribassista di Bitcoin

Qualcuno a ribattezzato la giornata di ieri, forse esagerando, “il lunedì nero”, una giornata profondamente negativa comprabil a quelle dell’epoca pandemica. Nonostante questo, però, riferendosi meramente allo scenario futuro che riguarda il mercato crypto, potrebbe non essere il caso disperarsi troppo. I motivi per essere cautamente ottimisti sul futuro sono diversi. Ad esempio le performance di prezzo messe a segno dalle crypto più importanti nelle ultime ore, ma anche il possibile impatto di un taglio dei tassi anticipato da parte della Federal Reserve (FED), che diventa sempre più probabile.

Covid Crash: movimenti di prezzo

Per analizzare lo scenario attuale può essere utile confrontare la situazione attuale con quella in cui il mercato crypto si trovava nel 2020. In quel frangente, in pochi giorni, il mercato crypto ha perso quasi il 50% del suo valore totale. La Crypto Total Market Cap è passata da 228 a 118 miliardi di dollari, il prezzo di Bitcoin da 8.000$ a quasi 4.000$ e quello di Ethereum da 270$ a meno di 100$. Allo stesso modo anche l’andamento del mercato azionario è stato influenzato dall’arrivo della pandemia. L’S&P 500, in meno di un mese, ha perso circa il 35% del suo valore, mentre il NASDAQ il 30%

Nei mesi immediatamente successivi, però, il mercato è ripartito con forza, principalmente grazie alle politiche monetarie espansive adottate da tutte le principali banche centrali, che affronteremo nel paragrafo successivo. Il prezzo di Bitcoin, nelle 52 settimane seguenti, ha registrato un +1.400%, ovvero più di un x10. Ethereum, invece, addirittura un +1.500%, passando da 110$ a 1.800$, per poi raggiungere il suo massimo storico a quota 4.700$ l’anno successivo. Il discorso è stato lo stesso anche per il mercato azionario, nonostante i movimenti siano stati molto più ridotti in termini percentuali. L’S&P 500 e il NASDAQ un anno dopo avevano quasi raddoppiato il loro valore (+89% e +90%). Nei prossimi mesi potremmo assistere allo stesso scenario?

Compra Bitcoin

Insomma, il  “Covid Crash” è stata una rampa di lancio che ha permesso a tutti gli asset di ripartire con forza dopo le rispettive correzioni, ma qual è stata la benzina che ha permesso ai motori della finanza di riaccendersi?

La risposta delle banche centrali

Come anticipato nell’introduzione di questo articolo, la parte più interessante non riguarda i movimenti di prezzo dei principali asset, bensì ciò che è accaduto dopo, ovvero la risposta delle banche centrali alla situazione. Questo perché le problematiche principali che hanno provocato queste violente correzioni sembrano essere simili.

Il 12 marzo del 2020, il Consiglio Direttivo della BCE (Banca Centrale Europea) ha attuato un pacchetto di misure di politica monetaria volto a “sostenere le condizioni di liquidità e finanziamento per le famiglie, le imprese e le banche e contribuiranno a preservare la fluida erogazione di credito all’economia reale”. Il 18 marzo poi l’Unione Europea ha annunciato un’imponente misura di Quantitative Easing, ovvero un’azione politica non convenzionale volta ad aumentare l’offerta di denaro in circolazione, il Pandemic Emergency Purchase Plan (PEPP). Attraverso il PEPP sono stati iniettati circa 1.850 miliardi di euro per acquistare titoli pubblici e privati da marzo a dicembre. Sommando questa cifra a quelle delle altre misure, come le Operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO) e l’Asset Purchase Program, varato a settembre 2019 alla fine dell’era Draghi, si arriva quasi a 3mila miliardi di euro mobilitati dalla BCE in tre anni.

Dall’altro lato la FED, per stimolare l’economia e mettersi al riparo dal rischio di recessione, ha subito tagliato i tassi di interesse, misura che la BCE non poteva attuare visto che quelli europei erano già pari a zero dal 2016, per poi proseguire con politiche di Quantitative Easing. Secondo le stime la FED ha immesso nell’economia più di 3.000 miliardi di dollari nel periodo immediatamente successivo alla pandemia.

Cosa può accadere nelle prossime settimane?

Il recente crollo del mercato crypto e di quello azionario è un segnale che quanto accaduto nel 2020 si potrebbe ripetere nelle prossime settimane? Secondo la maggior parte degli economisti ciò è possibile, visto che dopo la pubblicazione degli ultimi dati sull’occupazione americana è ormai chiaro che l’economia si stia indebolendo, mentre cresce il rischio di una recessione.

Attualmente, i principali esperti di macroeconomia, si aspettano una riunione straordinaria attraverso la quale ridurre i tassi di interesse, almeno per quanto riguarda il “fronte” USA. Per esempio Austan Goolsbee, presidente della Federal Reserve di Chicago, ha dichiarato in un’intervista a CNBC che la FED è pronta a intervenire se l’economia degli Stati Uniti dovesse deteriorarsi. Il primo segnale in questo senso è arrivato con l’ultimo dato sulla disoccupazione, peggiore rispetto alle aspettative (4,3% invece di 4,1%). Persino Elon Musk si è espresso in merito definendo la Banca Centrale Americana “sciocca” per non aver ancora tagliato i tassi di interesse, come invece ha già fatto la BCE.

Non si possono, però, neanche tralasciare le differenze rispetto al periodo pandemico, soprattutto per quanto riguarda la grandezza del mondo crypto e il suo grado di adozione. Nel 2020 il valore totale del settore era pari al 10% di quello attuale e i più grandi fondi di investimento al mondo non si erano ancora uniti a questo mercato. 

In conclusione, lo scenario macroeconomico attuale presenta diverse somiglianze con quello del 2020. Il conflitto in Medio Oriente, il “pericolo recessione” causato da più di due anni di politiche fortemente restrittive, la crescita della disoccupazione e la crisi delle aziende tecnologiche possono comporre un movente sufficientemente forte per spingere le economie globali a riaccendere il mercato?


“Buy the dip”: il canto delle sirene o l’oracolo di Delfi?

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“Buy the dip” è una frase molto comune nel mondo degli investimenti e del trading, ed è particolarmente popolare tra chi si muove nel mercato crypto. Pensiamo a ieri, lunedì 5 luglio: un vero e proprio “lunedì nero”. Chi non si è fatto venire il mal di stomaco vedendo un crollo di BTC di oltre il 18% ha sicuramente sentito il richiamo delle sirene. Cari Ulisse, vogliamo ammetterlo? Buy the dip, Buy the dip, Buy the dip. Questa melodia ha risuonato nelle orecchie di chi è già abituato agli schiaffi di questo mercato o di chi ha nervi d’acciaio.

Guarda BTC su Young Platform

Non si vedeva una caduta così da due anni. E in ogni crollo si nascondono due volti: uno di catastrofe e uno di grande opportunità. Ma, ovviamente, non tutte le dinamiche possono essere sotto il nostro controllo. Serve anche una solida gestione del rischio, costruendo nel tempo strategie diversificate per evitare di essere troppo esposti al mercato. Nessuno vuole trovarsi in una tempesta di neve in mutande, anche se ci sentiamo dei supereroi (e no, non fatelo, è un errore).

Dopo tutto questo preambolo, la domanda è: cos’è esattamente il “Buy the dip”? Vale sempre la pena seguire questo “mantra” o è meglio, a volte, essere più cauti? In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande, nella speranza di darvi una spada e uno scudo in più per il prossimo scontro. Il nostro augurio è che possiate uscirne vittoriosi. 

Che cosa vuol dire Buy the Dip?

La traduzione letterale di “Buy the dip” è “comprare il calo”. Questa pratica di trading consiste nell’acquistare un asset dopo che il suo prezzo è diminuito, nella speranza che questa diminuzione sia temporanea e che il prezzo risalga presto. L’idea è che il ribasso rappresenti un’opportunità di acquisto a un prezzo scontato, aspettando che il mercato rimbalzi.

Vantaggi

  • Opportunità di profitto: comprare durante un ribasso può risultare molto profittevole se il mercato rimbalza e i prezzi tornano a salire.
  • Riduzione del costo medio: aggiungendo posizioni durante i cali, un investitore può ridurre il costo medio di acquisto di un asset, migliorando il potenziale di rendimento.
  • Accesso a prezzi scontati: acquistare asset durante un ribasso offre l’opportunità di entrarne in possesso a prezzi che potrebbero essere considerati scontati rispetto al loro valore a lungo termine.

Limiti e rischi

Nonostante i potenziali vantaggi, il Buy the Dip presenta anche significativi rischi:

  • Nessuna garanzia di risalita: un asset potrebbe continuare a scendere per vari motivi, come cambiamenti nei fondamentali economici o nella gestione aziendale. Ad esempio, una crypto che scende da $100 a $60 potrebbe essere un affare, ma se le prospettive di crescita del progetto sono negative, potrebbe scendere ancora di più.
  • Difficoltà nel valutare il valore intrinseco: spesso, è difficile capire se un calo sia temporaneo o un segnale di ulteriori ribassi. Comprare solo perché il prezzo è sceso non è sempre una buona idea se non si capiscono i motivi del ribasso. Bisogna chiedersi: il calo è dovuto a problemi interni o a fattori esterni? È una situazione temporanea? Il progetto è resiliente? Quanto durerà la correzione del prezzo?
  • Averaging down: se un investitore è già in possesso dell’asset e continua a comprare durante i ribassi, sta adottando una strategia di “averaging down“, che può essere rischiosa se l’asset continua a perdere valore. Questa strategia, se non gestita correttamente, può portare a perdite non proprio simpatiche.

Gestione del rischio

Quando si adotta il Buy the dip, potremmo aver bisogno di un piano B. Una via di fuga. Qualcosa per evitare un’emoraggia mortale. Di che si tratta? Di avere un piano per la gestione del rischio. Ad esempio, stabilire un limite di perdita per evitare di rimanere intrappolati in una posizione in perdita prolungata. Alcuni trader stabiliscono un prezzo di uscita per controllare le perdite. Poniamo il caso in cui una crypto scenda da $100 a $60, e il trader decida di vendere se il prezzo raggiunge $75 per limitare le perdite.

Contesto del “Buy the Dip”

Il “Buy the dip” è spesso utilizzato in diversi contesti e può avere probabilità di successo variabili a seconda della situazione. 

  • Durante una tendenza rialzista: alcuni trader usano questa strategia quando il mercato è generalmente in crescita. Immagina che una crypto stia aumentando di valore, ma a un certo punto subisce un piccolo calo. I trader che credono nella forza di questa tendenza rialzista vedono questo calo come un’opportunità per acquistare a un prezzo più basso, aspettandosi che il prezzo torni a salire presto. È un po’ come approfittare dei saldi durante un periodo di forte domanda.
  • Senza una chiara tendenza: altri trader usano il “Buy the dip” anche quando non c’è una tendenza rialzista evidente. Qui, la scommessa è che il prezzo dell’asset, attualmente in calo, aumenterà in futuro. Questo può avvenire perché credono nei fondamentali dell’asset o nelle potenzialità del progetto dietro la crypto. È come comprare un prodotto al mercato delle pulci sperando che il suo valore aumenti con il tempo, magari grazie a un miglioramento, una novità in arrivo, o perché in quel momento l’asset è sottovalutato.

“Buy the Dip” nei mercati crypto

Nel mercato crypto, il “Buy the dip” è un mantra molto popolare, spesso promosso da trader e investitori influenti. Tuttavia, è importante ricordare che il mercato delle criptovalute è altamente volatile e i ribassi possono essere significativi e duraturi. In ogni caso, questa strategia si è, fino ad oggi, dimostrata vincente se utilizzata per acquistare gli asset più solidi del mercato crypto, in particolare Bitcoin e Ethereum. Per questo motivo ogni volta che il prezzo di queste criptovalute scende il mantra “buy the f****** dip” (BTFD) echeggia sui social network utilizzati dagli appassionati del settore.

Non è un caso che già dal 4 luglio, mentre BTC scendeva sotto i $60.000 per la seconda volta in quattro mesi, i post, i tweet e le citazioni sul “Buy the dip” siano spuntate come i funghi su Reddit, X, 4chan e Bitcoin Talk. 

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Esempi di “Buy the Dip”

Un esempio noto è la crisi finanziaria del 2007-08, dove molti investitori hanno acquistato azioni di aziende come Bear Stearns e New Century Mortgage, aspettandosi un recupero che non è mai avvenuto. Entrambe le società hanno cessato l’attività dopo aver perso una quota significativa del loro valore. In contrasto, chi ha acquistato azioni Apple dopo il crollo del 2020 ha visto un notevole aumento del valore, rendendo la strategia molto profittevole.

L’Opposto del “Buy the Dip”: “Sell the Rally”

L’approccio opposto al “Buy the dip” è il “Sell the rally”, che consiste nel vendere un asset il cui prezzo è aumentato, prevedendo un imminente ribasso. Anche in questo caso, l’obiettivo è massimizzare i profitti, ma comporta rischi simili, come la possibilità di vendere troppo presto o troppo tardi.

Per chiudere

Il “Buy the dip” può essere una strategia vincente in mercati volatili e durante tendenze rialziste a lungo termine. Tuttavia, richiede una buona conoscenza del mercato e una gestione del rischio ben ponderata. Non è una tecnica infallibile e non dovrebbe essere adottata senza una valutazione critica delle circostanze e del proprio profilo di rischio.

Esercizio per casa: per evitare di farsi prendere dalla FOMO, è utile ricordare il mantra opposto. Prova a ripetere: “Il tempo nel mercato batte il tempismo del mercato”. Questo può aiutarti a non perdere la testa e a prendere decisioni più razionali.

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