L’investitore più abile di tutti i tempi

Chi è Warren Buffett? L’investitore più abile di tutti i tempi

In questo episodio di Young Pills ti raccontiamo la storia di Warren Buffett, l’investitore più abile di tutti i tempi

Nel mondo degli investimenti e della finanza, poche figure possono reggere il confronto con Warren Buffett. La sua storia “dell’oracolo di Omaha” è una combinazione unica di talento, passione e umiltà. 

L’investitore più abile di tutti i tempi a sette anni leggeva il libro “Mille modi per fare mille dollari”, prima del suo decimo compleanno aveva già iniziato a vendere Coca-cola e chewing gum porta a porta e a undici anni aveva già acquistato le sue prime azioni

Come ha fatto Warren Buffett a costruire un patrimonio multimiliardario partendo da zero? Se la finanza e gli investimenti ti appassionano e ti reputi una persona ambiziosa, non puoi non guardare questo incredibile episodio di Young Pills.

La truffa più grande della storia

La truffa più grande della storia

In questo episodio di Young Pills ti raccontiamo la storia di Bernie Madoff, l’autore della più grande truffa di sempre!

Qual è la truffa più grande della storia? Nel mondo delle frodi finanziarie, poche storie sono così iconiche quanto quella di Bernard Madoff. Quest’ultimo è stato a lungo considerato uno degli uomini d’affari più abili e rispettabili del pianeta, ma si è poi rivelato uno dei truffatori più astuti di tutti i tempi. In questo episodio di Young Pills esploreremo l’incredibile storia che ha sconvolto Wall Street. 

Come ha fatto Madoff a costruire questa truffa ai danni dei suoi investitori e a portarla avanti per così tanto tempo senza farsi scoprire? L’ex presidente del Nasdaq, per aver rubato complessivamente circa 65 miliardi di dollari, è considerato uno dei criminali più malvagi di tutti i tempi. Se sei appassionat* di finanza e economia non puoi non conoscere la sua storia!

La crisi della banche americane che ha scosso il mondo

La crisi bancaria che ha scosso il mondo

In questo episodio di Young Pills: cosa è successo durante la crisi bancaria del 2023? Qual è il ruolo di Bitcoin?

Nel 2023, il mondo finanziario è stato scosso da una serie di crolli bancari; in tanti hanno pensato al peggio perché, almeno per qualche giorno, la situazione è sembrata simile a quella del 2008, culminata con il fallimento di Lehman Brothers. 

A marzo di quest’anno Silvergate Capital, Silicon Valley Bank, Signature Bank e Credit Suisse sono crollate. Ma le banche non dovrebbero essere istituzioni sicure, perché falliscono? 

La risposta sta nel modo in cui è costruito il sistema monetario internazionale, basato sulla fiducia e non sul valore reale. Inoltre la struttura mondiale degli istituti di credito è incredibilmente interconnessa, e il crollo di una banca può innescare un effetto domino devastante, bruciando miliardi di dollari in pochi giorni o addirittura ore. Ma qual è la soluzione. Difficile dirlo, ma nel frattempo Bitcoin, un sistema monetario alternativo che non ha bisogno di fiducia per funzionare, diventa sempre più attraente anche agli occhi dei suoi detrattori.


Gautam Adani: lo scandalo finanziario del terzo uomo più ricco al mondo

Gautam Adani e il crollo di Adani Group: cos’è successo?

In pochi giorni il miliardario Gautam Adani ha perso una buona parte del suo patrimonio. Cos’è successo ad Adani Group? 

Il crollo di Adani Group è stato un duro colpo per l’economia indiana. In pochi giorni l’impero del miliardario Gautam Adani ha perso quote importanti, stimate intorno ai 100 miliardi di dollari. 

Adani Group: il crollo e lo scandalo finanziario

A scatenare il crollo di Adani Group sono state le gravi accuse avanzate dalla società statunitense Hindenburg Research. Il 24 Gennaio 2023 il colosso indiano è stato accusato di uso di paradisi fiscali, frode fiscale, manipolazione del valore delle azioni e di debito insostenibile. Hindenburg ha posto l’accento soprattutto  sull’elevato debito. 

Il direttore finanziario di Adani Group, Jugeshinder Singh, ha definito il report di Hindenburg una “maliziosa combinazione di disinformazione selettiva e di accuse stantie, infondate e screditate”. Singh ha affermato che l’azienda ha sempre rispettato tutte le leggi e ha avanzato l’ipotesi che le accuse avessero uno scopo subdolo. 

Singh faceva riferimento all’imminente IPO (Initial Public Offering) di Adani Enterprise, il ramo di punta del gruppo, che il 27 Gennaio sarebbe stata quotata in borsa con l’obiettivo di raccogliere 2,5 miliardi di dollari. Secondo il direttore finanziario, Hindenburg si sarebbe esposta in un momento cruciale, giusto in tempo per bloccare l’IPO. Cosa che è effettivamente successa, l’entrata in borsa di Enterprise è stata annullata segnando l’apice del crollo di Adani Group. 

Le accuse di Hindenburg hanno avuto effetti immediati. Le sette società del gruppo già quotate in borsa in un giorno hanno  perso un totale di 10,73 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. Così come il patrimonio personale di Gautam Adani è passato da 126,4 a 120 miliardi di dollari. Inoltre moltissimi investitori hanno abbandonato Adani Group.

Infine l’autorità di regolamentazione del mercato indiano, la Securities and Exchange Board of India (SEBI) ha iniziato un’indagine (ancora in corso) per confermare o smentire la validità delle accuse mosse. 

Adani Group vs Hindenburg Research

Nelle fasi iniziali di questa faccenda, Adani Group ha fatto intendere che avrebbe intrapreso un’azione legale contro Hindenburg. Che a sua volta ha commentato su Twitter che “per quanto riguarda le minacce di azioni legali da parte della società, per essere chiari, le accoglieremo con piacere. Sosteniamo pienamente il nostro report e crediamo che qualsiasi azione legale intrapresa contro di noi sarebbe priva di merito”.

Chi c’è dietro a Hindenburg?

Hindenburg Research è una società di ricerca finanziaria forense che analizza azioni, credito e derivati, fondata nel 2017 da Nathan Anderson. Sul suo sito web, Hindenburg afferma di cercare “disastri provocati dall’uomo”, come irregolarità contabili, cattiva gestione e transazioni sospette. E su Twitter specifica “scoppiamo bolle dove le vediamo”. 

Il suo nome deriva dal disastro del dirigibile Hindenburg che nel 1937 prese fuoco mentre volava verso il New Jersey. 

Dopo aver individuato potenziali illeciti, Hindenburg pubblica un report che spiega il caso e scommette contro la società presa di mira, sperando di ottenere un profitto. Secondo il suo sito web, dal 2017 Hindenburg ha segnalato almeno 16 aziende

Gautam Adani, chi è il miliardario indiano

Prima del crollo di Adani Group, Gautam era la terza persona più ricca del mondo. Secondo Forbes, ora è alla posizione 32° di questa classifica. 

L’imprenditore, originario del Gujarat nell’India occidentale, ha costruito il suo impero da zero dopo aver iniziato la sua carriera come commerciante di materie prime. Nasce il 24 Giugno 1962 in una famiglia numerosa, composta dal padre rivenditore di tessuti, la madre e sette fratelli.

Dopo la scuola dell’obbligo, Adani si iscrive alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Gujarat che però abbandona dopo due anni. A quel punto si trasferisce a Mumbai con poco più di cento dollari in tasca, dove inizia a lavorare come selezionatore di diamanti per Mahendra Brothers. Dopo tre anni di gavetta, apre la sua azienda nel settore dei diamanti ma la vera svolta arriva quando il fratello maggiore chiede il suo aiuto per gestire un importante carico di plastica che aveva acquistato. Da lì inizia la sua carriera nel campo delle materie prime che lo porterà a fondare Adani Group nel 1988. 

Non è la prima volta che Gautam finisce al centro di uno scandalo. È un personaggio al centro dell’attenzione soprattutto per la sua relazione di amicizia con Narendra Modi, il primo ministro indiano. Quest’ultimo, in quanto sostenitore di Adani, si è trovato in difficoltà di fronte alle accuse di Hindenburg. Per questo la questione ha preso anche una piega politica.  

La più recente controversia che ha travolto Adani riguarda la protesta di alcuni pescatori contro la costruzione di un porto da 900 milioni di dollari nel Kerala, nel sud dell’India. 

Inoltre in Australia, gli attivisti ambientalisti hanno protestato per anni contro il progetto della miniera di carbone Carmichael di Adani nel Queensland, per le emissioni di carbonio e i danni alla Grande barriera corallina.

Adani Group: cosa fa? 

Adani Group è un conglomerato, ovvero una società che opera in diversi settori tramite distinte filiali. L’azienda è stata fondata nel 1988 e ha sede a Ahmedabad, nello stato indiano del Gujarat. L’azienda opera in diversi settori, tra cui l’energia, i trasporti, l’agricoltura, la logistica e i servizi pubblici. Alcuni rami del gruppo sono il già citato, Adani Enterprise, Green Energy, Power, Ports & SEZ.

Il gruppo è uno dei principali produttori privati di energia elettrica in India, con una capacità di generazione di energia rinnovabile di oltre 18.000 MW. 

La sua crescita è stata grande e notevole nel tempo grazie a una strategia di diversificazione e acquisizioni. Ha una presenza globale e opera anche in Australia. Emirati Arabi Uniti, Bangladesh e Myanmar. 

A Novembre 2022 era il secondo conglomerato per dimensioni in India. 

Ma l’azienda non ha solo interessi industriali, la società possiede anche diverse squadre sportive come i Gujarat Giants della Pro Kabaddi League e i Gulf Giants della Lega di Cricket.  

Delle semplici accuse, che non sono state ancora confermate, hanno portato all’improvviso crollo di Adani Group. Non si tratta tuttavia di un’uscita di scena definitiva o di un fallimento. Finché le indagini non sono concluse per il miliardario indiano Gautam Adani, la partita è ancora aperta. 

Inflazione: i periodi economici più duri della storia 

Andamento inflazione: i periodi più duri della storia

Quali sono stati i periodi peggiori per i portafogli delle persone? Scopri la storia e l’andamento dell’inflazione!

Ci sono dei periodi storici in cui la situazione economica ci costringe a fare i conti (letteralmente) con l’andamento dell’inflazione, il carovita e l’erosione dei nostri risparmi. Questi problemi possono essere causati dalla combinazione di tre “aumenti” sproporzionati, quello del costo dei beni primari, quello della domanda di questi prodotti e infine, l’aumento della moneta in circolazione che perde quindi di valore. Periodi del genere si sono succeduti fin dall’Antico Egitto. Ma quali sono stati i periodi economici più duri? Dobbiamo preoccuparci per l’andamento dell’inflazione di oggi?

Inflazione? Non è una novità

I più antichi casi di inflazione sono risalenti all’Antico Regno Egitto e al Periodo Sumero Tardo, di questi non sono certe le conseguenze anche se sono stati associati a periodi di anarchia. Dell’andamento dell’inflazione in epoca romana si sa qualcosa in più, quella più grave è del periodo repubblicano quando, per finanziare le numerose campagne militari, venne cambiata la lega metallica delle monete. Venne infatti abbassata la quantità di metallo (“titolo”) prezioso nella composizione delle singole monete, che cominciarono a perdere il loro valore. 

Curiosità: nell’antichità, quando il valore della moneta era legato alla percentuale di metallo prezioso contenuto in essa, era reato da pena capitale cambiare il “titolo”. O alterare il peso delle monete, limando i bordi. Ancora oggi molti nomi di valute ricordano il legame con il “peso”: il peso argentino è un caso evidente, la lira come quella italiana, è un nome che deriva dalla deformazione della parola latina libra ovvero “bilancia”. La sterlina inglese si chiama pound che significa anche “libbra”. 

La “rivoluzione dei prezzi” del 1500

Nel 1500 il livello del costo della vita nel vecchio continente aumentò notevolmente, la crescita dei prezzi toccò principalmente i beni di prima necessità dell’epoca come il grano, l’orzo e la segale. La “rivoluzione dei prezzi”, come viene chiamata, fu progressiva e non ci fu un vero e proprio picco. Secondo l’economista francese Jean Bodin (1529-1596), il motivo di questo andamento negativo dell’inflazione fu l’afflusso di metalli preziosi dall’America: con più oro e argento in circolazione, le monete già coniate persero valore e le persone a loro volta, potere d’acquisto. La teoria di Bodin venne criticata nel Novecento, le cause furono attribuite all’aumento della popolazione europea e quindi all’eccessiva domanda di beni. 

In età moderna, ai tempi della Rivoluzione Francese la moneta venne sostituita da un “titolo”, una specie di cambiale, chiamato “Assegnato”. Questo veniva garantito dalle proprietà confiscate alla nobiltà e al clero, quando ci furono troppi Assegnati in giro, il loro valore crollò. 

L’iperinflazione della Repubblica di Weimar

Forse il caso più famoso è quello della Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, tra gli anni ‘20 e ‘30 del Novecento. Già nel corso del conflitto, l’andamento dell’inflazione era allarmante. Per sostenere le spese belliche, il governo stampò grandi quantità di banconote con la speranza di vincere la guerra e di pagare i debiti. Con la sconfitta però i debiti si intensificarono e la Germania venne costretta a cedere anche dei territori industriali decisivi, giacimenti di ferro e carbone. La moneta fiat continuava ad essere stampata e il potere d’acquisto delle persone si azzerò, un chilo di pane è arrivato a costare 400 miliardi di marchi

L’inflazione è un nemico silenzioso, poco alla volta dimezza il valore dei tuoi risparmi. Per evitare questa svalutazione puoi adottare diverse strategie, se ti interessano le opzioni della nuova finanza digitale dai un’occhiata a Young Platform.

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Anni ‘70 e ‘80

Tra gli anni ‘70 e ‘80 l’inflazione è dilagata in tutto il mondo con un effetto a cascata innescato dagli Stati Uniti. Una zona particolarmente colpita fu quella dei paesi sudamericani, nel 1984 in Bolivia l’inflazione ha raggiunto il 5.300% all’anno. 

Gli Stati Uniti stavano affrontando i debiti della guerra del Vietnam e il deficit federale passò da 1,6 a 25 miliardi di dollari tra il 1965 e il 1968. Nel 1971 il presidente Nixon abolì la convertibilità del dollaro in oro, il “gold exchange standard” previsto dagli accordi di Bretton Woods del 1944, per cercare di risollevare l’economia. 

Un altro evento che contribuì all’aumento dei costi in quegli anni fu la progressiva autonomia dei paesi produttori di petrolio. I paesi associati all’OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di Petrolio) raddoppiarono i prezzi dei loro prodotti e diminuirono l’esportazione, bloccandola totalmente per gli Stati Uniti e i Paesi Bassi.  

In Italia il tasso di inflazione toccò il 10% e non è sceso sotto le due cifre fino al Settembre 1984.

Andamento dell’inflazione in Italia 

L’anno in cui nel nostro paese si è raggiunto il massimo valore medio dell’inflazione è stato il 1980 con il 21,2%. In sintesi l’Italia finora ha affrontato due grandi fenomeni inflazionistici: durante le guerre mondiali e tra gli anni ‘70 e ‘80. Il valore minimo c’è stato nell’anno 1959 con -0,4%. Nel 2022 la media è stata dell’8,1% e nel 2023 del 10%.

L’andamento dell’inflazione oggi

Rispetto a quella del passato, che era un fenomeno momentaneo e dovuto ad eventi eccezionali come guerre, carestie e epidemie, l’inflazione di oggi è costante e dura nel tempo

Tuttavia ci sono momenti come quello che stiamo vivendo in cui l’inflazione si accentua, i prezzi sono sempre più alti e il denaro vale sempre meno. A Novembre 2020 il prezzo del gasolio per i consumatori era di 0,983 euro al litro, nel 2022 di 2,4.

Oggi le radici del fenomeno possono essere rintracciate nella crisi economica post pandemica e la crisi del gas dovuta alla guerra in Ucraina. La situazione in effetti ricorda quella già vissuta negli anni ‘70. 

Per contrastare l’andamento dell’inflazione, la FED e la BCE hanno inasprito le politiche monetarie alzando, ad esempio, i tassi d’interesse. In molti hanno paragonato queste politiche a quelle degli anni ‘80.  In alcuni paesi come l’Argentina, in cui l’inflazione ha toccato il 95%, o il Libano, scosso da una profonda crisi finanziaria, le persone stanno trovando in Bitcoin e nelle criptovalute un modo per non vedere svanire i loro risparmi. 

Sei sul blog di Young Platform, la piattaforma italiana per comprare criptovalute. Qui puoi trovare le ultime novità su blockchain, Bitcoin e Web3. Raccontiamo da vicino questa economia emergente con un occhio alla finanza tradizionale, così hai tutto quello che ti serve per entrare nella nuova era del denaro. 

Heather Morgan e Ilya Lichtenstein: il furto crypto del secolo

Heather Morgan e Ilya Lichtenstein, il furto di crypto del secolo

Una rapper cringe e suo marito hanno rubato 3,6 miliardi di BTC. Chi sono? Come hanno fatto?

Si chiamano Heather Morgan e Ilya Lichtenstein e, a cercarli su Google, ti viene voglia di capirci di più perché non sembrano affatto dei criminali incalliti, i responsabili della “rapina” più grande della storia delle crypto. Nel 2016 un hacker ha rubato dall’exchange crypto Bitfinex 119.754 Bitcoin, per un valore di circa 70 milioni di dollari. Negli anni questi BTC hanno moltiplicato il loro valore (fino ad arrivare a 5 miliardi di dollari, ora valgono circa 3 miliardi) ma non sono mai stati recuperati. A Febbraio 2022 la coppia viene arrestata e accusata di aver cercato di riciclare questi Bitcoin rubati. Ma degli eccentrici influencer che vanno alla grande su TikTok. 

Chi sono Heather Morgan e Ilya Lichtenstein

Nella sua hit VERSACE BEDOUIN Heather Morgan in arte Razzlekhan, si presenta così: “sono molte cose, una rapper, un’economista, una giornalista, una scrittrice” e “un’amministratrice delegata e una sporca, sporca, sporca put***a”. 

Ma prima di rappare in questi strani video musicali in cui si fa chiamare il Coccodrillo di Wall Street, Heather Morgan è nata in Oregon e cresciuta in una piccola città della California in cui abitavano solo duecento persone. Fin da piccola aveva delle grandi ambizioni e desiderava andarsene per realizzarle. In uno dei suoi video racconta che “crescendo, non avevo molti amici ed era davvero difficile perché nessuno cercava di fare le cose che volevo fare io a livello professionale, come l’imprenditoria, la tecnologia e il vedere il mondo”. 

Appena laureata parte per Hong Kong, poi vive per un periodo a Il Cairo e infine nel 2011 ritorna in California. Era il periodo in cui San Francisco era in piena espansione nel campo tech e a Morgan fu chiaro che per combinare qualcosa dovesse tornare a casa. Al suo rientro comincia a frequentare ambienti come startup, venture capital, aziende tech, in un clima in cui erano tutti ottimisti e si aspettava trepidanti la prossima realtà pronta a esplodere. 

È in quegli anni che incontra Ilya Lichtenstein, conosciuto anche come Dutch. Un ragazzo nato in Russia ma cresciuto a Chicago. Ha sempre parlato di sé come un nerd, al liceo era capitano della squadra di matematica e non brillava nelle abilità sociali. Mentre era all’università si guadagnava da vivere con siti di affiliate marketing per prodotti non proprio affidabili come pillole dimagranti “miracolose” o consigli per investimenti “imperdibili”. Lichtenstein si vantava di guadagnare più di 100.000 dollari all’anno con queste attività. 

Poco dopo Dutch ha avviato un’azienda di marketing digitale, Mixrank. Nonostante la sua azienda andasse bene, Lichtenstein si licenzia e insieme ad Heather Morgan si trasferisce a New York. Precisamente a Wall Street in un appartamento da un milione di dollari. Il trasloco avviene proprio nel 2016, poco dopo l’hack di Bitfinex. Ma questa coincidenza per molto tempo non è stata notata. 

L’hack a Bitfinex del 2016 

L’hack a Bitfinex rientra nella categoria delle truffe di social engineering. In questi attacchi la vittima, spesso dipendente di un’azienda di cui si vogliono violare i sistemi interni, viene persuasa dagli hacker a condividere dei dati attraverso una mail o una telefonata. Questa manipolazione permette ai truffatori di accedere all’infrastruttura informatica della società colpita. Nel caso di Bitfinex chi è entrato, ha trovato le chiavi private dei wallet in cui l’exchange custodiva le crypto degli utenti e li ha svuotati trasferendo il contenuto altrove. 

Non è mai stato individuato il colpevole dell’hack di Bitfinex, infatti Morgan e Liechtenstein non sono stati accusati di aver aver violato l’exchange ma di aver riciclato i bitcoin rubati. Pare che la coppia abbia utilizzato solo una parte del bottino, l’80% dei bitcoin non sono mai stati trasferiti dal wallet usato per l’hack. Del resto riciclare criptovalute non è così facile, soprattutto se si ha a che fare con cifre del genere. 

Grandi somme di BTC non passano inosservate

Rubare bitcoin è come rubare un Picasso, puoi riuscirci ma è difficile guadagnarci qualcosa. Dove potresti trovare qualcuno disposto a comprare l’opera d’arte rubata al suo valore originale? La prima cosa che ti chiederebbero è: dove diavolo hai trovato un Picasso autentico? Chi non ti denuncerebbe a quel punto? Allo stesso modo se vuoi convertire tramite un exchange un miliardo di euro in Bitcoin, probabilmente qualcuno potrebbe insospettirsi e chiederti la provenienza di una simile somma. Le piattaforme che consentono le conversioni crypto-fiat adottano procedure di KYC (verifica dell’identità) e antiriciclaggio (AML), e i truffatori dovevano trovare un modo per sorvolare questi controlli. 

Inoltre tutte le transazioni su blockchain sono immutabili e non è così semplice far perdere le tracce delle criptovalute trasferite da una parte all’altra. La blockchain registra ogni spostamento e i wallet coinvolti. 

Come ci sono riusciti allora Morgan e Liechtenstein? Per nascondere il percorso dei BTC rubati, la coppia ha architettato un sistema di piccole e complesse transazioni su più wallet e piattaforme, cercando di mescolare le transazioni e non renderle leggibili alle forze dell’ordine.

L’FBI, a cui è in carico l’inchiesta, ha spiegato che la coppia ha messo in atto delle tecniche di riciclaggio molto sofisticate, come il chain hopping che consiste nel convertire rapidamente una crypto in un’altra per mascherarne la provenienza. 

Inoltre la coppia ha trovato qualcuno disposto ad accettare una parte di questi BTC di dubbia provenienza, ovvero AlphaBay che è stato definito un’”ebay del dark web”. Un raid dell’FBI su questo “servizio” ha smascherato il collegamento con Morgan e Liechtenstein: la coppia aveva convertito in questo modo un totale di 3,6 miliardi di dollari (secondo il prezzo di BTC all’arresto). 

Una vita sotto i riflettori

Questa storia si svolge sul palcoscenico dei social. Per anni i due personaggi hanno vissuto le loro vite da criminali sotto gli occhi di centinaia di migliaia di follower. Morgan ha costruito un’immagine pubblica di sé eccentrica e dirompente, con il suo alter ego Razzlekhan, e ha coinvolto il pubblico nella sua vita quotidiana. Stile Ferragnez ma decisamente più cringe. 

Heather Morgan a New York passava il tempo a fare conferenze e seminari su vari temi, una delle più importanti è quella del 2019 al Williamsburg Hotel, intitolata “How to Social Engineer Your Way into Anything” ovvero “Come fare Social Engineering per ottenere qualsiasi cosa”. Chi più di lei poteva essere un’esperta del tema…

“L’ingegneria sociale è fondamentalmente, odio il termine manipolare, ma è convincere qualcuno a condividere informazioni o a compiere un’azione che altrimenti non farebbe”, queste parole erano forse autobiografiche?

Gli amici e i colleghi della coppia hanno raccontato che i due non conducevano uno stile di vita miliardario ma che di sicuro spendevano una quantità discreta di denaro. Qualcuno di loro, davanti all’esperienza musicale di Morgan, si è anche chiesto chi potesse pagare o produrre un abominio del genere. Per alcuni il vero crimine della donna è stata la sua musica. 

Quando Dutch ha deciso di fare la proposta di matrimonio a Heather, ha assunto un’agenzia pubblicitaria per affiggere in giro per New York manifesti dove Razzlekhan veniva elogiata in quanto “surreale, misteriosa, inquietante e sexy”. Alla cerimonia lei è stata accompagnata all’altare in un trono sorretto da otto persone mentre in sottofondo suonava “Final Countdown”. Di sicuro dei criminali che non amano mantenere un basso profilo.

L’arresto

Il 5 Gennaio 2022 l’FBI irrompe in casa di Heather Morgan e Ilya Liechtenstein. Gli agenti iniziano a sequestrare tutti gli apparecchi elettronici: cellulari usa e getta, hard disk, PC che erano nascosti ovunque, perfino dentro a libri svuotati. Nel rapporto della perquisizione si può leggere come Heather a un certo punto abbia chiesto di poter portare con loro la gatta Clarissa ma di come questo fosse un trucco. Nel tentativo fasullo di far uscire l’animale da sotto il letto, Morgan ha cercato di prendere il suo smartphone nel comodino per resettarlo. Gli agenti però sono riusciti a fermarla in tempo. 

In uno degli account cloud di Dutch vengono trovati dei documenti falsi, segno che la coppia si stava preparando a fuggire dal paese, e un foglio Excel con tutte le password dei wallet di Bitcoin dell’hack di Bitfinex. Questo file non prova che siano stati proprio loro a commettere il furto, in ogni caso la coppia ne è entrata in possesso controllando centinaia di migliaia di criptovalute.  

Il mese successivo Morgan e Lichtenstein sono stati accusati di cospirazione per riciclaggio di denaro e cospirazione per frode agli Stati Uniti.  All’improvviso due influencer di quelli che su Instagram o Tik Tok se ne trovano a bizzeffe, sono diventati i due criminali di quello che il Dipartimento di Giustizia USA ha descritto come il sequestro più grande della storia. Prima del loro arresto, Lichtenstein e Morgan erano dei veri e propri miliardari latenti, ad esempio più ricchi di Peter Thiel, fondatore di PayPal.

Ora la coppia è agli arresti domiciliari e l’indagine è ancora in corso, sembrerebbe che Heather Morgan abbia trovato un lavoro temporaneo come consulente in una società tech grazie a un permesso speciale del tribunale. Nel frattempo Netflix sta producendo una serie per raccontare questa frode finanziaria senza precedenti.

La storia di Jack Ma, un miliardario sparito nel nulla 

La storia di Jack Ma, fondatore di Alibaba, fino alla scomparsa e al crollo del patrimonio

Che fine ha fatto il fondatore di Alibaba? Jack Ma ha creato un impero tech per poi sparire nel nulla. Ecco la sua storia!

Nel 2020 Jack Ma, fondatore di Alibaba nonché l’uomo più ricco e influente della Cina stando ai dati sul suo patrimonio dell’epoca, pronuncia un discorso al Bund Finance Summit di Shanghai sulle urgenti sfide di innovazione che il paese deve affrontare. Lui è l’imprenditore che ha portato la Cina ad essere competitiva nel mercato di internet. In vent’anni Alibaba diventa una multinazionale che gestisce e-commerce, piattaforme per i pagamenti elettronici, servizi di cloud computing e motori di ricerca. Facendo tremare colossi come Amazon e eBay. Dopo quel discorso del 24 Ottobre 2020, Jack Ma sparisce all’improvviso. Di lui si perdono le tracce e non si hanno più notizie per molto tempo. Cosa è successo? Perché è scomparso proprio dopo quel discorso? Dov’è oggi?

Chi è Jack Ma, il fondatore di Alibaba? 

Jack Ma, il cui nome in cinese è Ma Youn, nasce nel 1964 a Hangzhou. Dopo la visita dell’allora presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, la città diventa una meta turistica. Accompagnando i visitatori alla scoperta di Hangzhou, Ma Youn impara bene l’inglese. E uno di questi turisti americani con cui fa amicizia, gli affibbia il soprannome “Jack”. 

Prima di diventare un modello aspirazionale, l’uomo dal patrimonio smisurato che sfida il potere governativo con le sue innovazioni forse troppo audaci, Jack Ma è stato un’insegnante. Nel 1988 si laurea all’Università di Hangzhou e inizia la sua carriera da professore di inglese. Una delle sue frasi più citate racconta come abbia sempre mantenuto, anche dopo aver cambiato lavoro, la sua vocazione all’insegnamento e l’attenzione alle nuove generazioni: “un insegnante vuole sempre che i suoi studenti abbiano successo e siano migliori di lui. Quando assumo qualcuno, voglio sempre persone più brillanti di me. Do un consiglio ai miei colleghi: (al colloquio) guarda quel giovane uomo, se pensi che potrà diventare il tuo capo nel giro di 5 anni, allora assumilo”. 

Durante un viaggio negli Stati Uniti del 1995, Jack Ma si collega per la prima volta ad internet rimanendone affascinato. La prima cosa che ricerca online è la parola “birra”. Dai risultati di ricerca nota che compaiono solo risultati di birre americane o tedesche ma nessuna birra cinese. In altre parole si accorge che la Cina non aveva nessuno spazio sul web. Decide allora di tornare in patria e fondare una società per realizzare siti web, nasce China Yellow Pages. Più tardi nel 1999 insieme a una quindicina di amici e alla moglie Zhang Ying, fonda Alibaba investendo 20.000 dollari. Jack Ma ha un obiettivo preciso e si dedica a questo progetto con tutte le sue forze, anche senza avere nessuna competenza informatica: “dopo una notte passata a pensare, mi sono detto che volevo ancora lanciare il mio business su internet. La maggior parte delle persone ha idee fantasiose di sera, ma, quando si sveglia, torna a fare lo stesso lavoro di sempre. Dovevamo fare qualcosa di diverso”.

Con la crescita dell’impero di e-commerce, aumenta anche il successo legato alla figura dell’imprenditore. Nel 2021 gli dedicano un documentario “Crocodile in the Yangtze” e lui stesso nel 2017 recita in un cortometraggio sul kung fu “Gong Shou Dao”. Il titolo tradotto significa “l’arte dell’attacco e della difesa” e l’imprenditore interpreta il Maestro Ma. 

Jack Ma duetta con la famosa pop star Wang Fei, vende il suo primo dipinto a 5,4 milioni durante un’asta di Sotheby’s e crea la Jack Ma Foundation con scopi filantropici, principalmente per finanziare l’istruzione. Quando una rock star come questa, con tutta la sua visibilità, sparisce nel nulla, non possono che diffondersi teorie che cercano di interpretare il mistero. 

L’azienda tech più grande della Cina

Essere l’azienda tech più imponente della Cina, significa avere anche un certo spazio su scala globale. Alibaba ora ha diversi rami, ci sono piattaforme e-commerce: AliExpress e Taobao (la più utilizzata della Cina) e servizi di pagamento digitali: Alipay. Tutti utilizzati da un miliardo di persone. L’azienda è uno dei pilastri dell’industria cinese di internet, insieme a Tencent e Ant Group. Tencent è un’azienda con sede a Shenzhen che opera nel settore dei servizi internet, dei videogiochi e dei media, nota per WeChat l’app di messaggistica più utilizzata nel paese. Ant Group invece è la filiale finanziaria di Alibaba, che si concentra sui servizi finanziari e di pagamento. 

Ciascuna azienda ha una capitalizzazione di mercato di oltre mezzo trilione di dollari e ha investito miliardi nelle startup tecnologiche cinesi. Queste tre società insieme costituiscono quasi un monopolio e dal momento che due di queste sono legate a Jack Ma e al suo patrimonio, non sorprende che sia diventato un personaggio scomodo. 

Il discorso che ha fatto infuriare il governo

Il 24 Ottobre 2020 Jack Ma pronuncia quel famoso discorso in cui lancia delle frecciatine al governo e alle sue politiche finanziarie così come alle banche, che secondo lui “continuano ad avere una mentalità da banco dei pegni”. Nella sua opinione, questa mentalità frena l’innovazione e va a discapito degli imprenditori. All’epoca Reuters ha riferito che alcuni collaboratori di Ma avevano provato a fargli alleggerire i toni, dal momento che tra il pubblico del summit erano presenti diversi funzionari governativi, ma che lui si era rifiutato di cedere. Il discorso è stato definito da molti  “un pugno in faccia”. 

Da quel momento Jack Ma non è più stato visto in pubblico. Ma le conseguenze non si sono limitate a questo. Pare che il discorso abbia spinto Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, a intervenire e a bloccare l’IPO (Offerta Pubblica Iniziale) di Ant Group prevista da lì a pochi giorni sulla Borsa di Shanghai. All’ultimo momento infatti le autorità cinesi hanno tirato in ballo “gravi problemi” sulla regolamentazione dell’azienda. Quella di Ant Group sarebbe stata una delle più grandi IPO della storia, che avrebbe raccolto una stima di 30 miliardi di dollari. 

La scomparsa di Jack Ma 

A questo punto ci si potrebbe chiedere: Jack Ma è davvero scomparso nel nulla? Oggi non si sa dove sia l’imprenditore. Forse ha semplicemente deciso di lasciare i riflettori e mantenere un basso profilo. Oppure potrebbe essere sorvegliato dalle autorità. In questi anni è stato avvistato a Ibiza, Formentera, a Praga. È stata anche diffusa la notizia che si fosse trasferito a Tokyo. 

Questa sparizione ha avuto un grosso impatto sull’opinione pubblica, soprattutto nel mondo occidentale. È stato aspramente criticato il governo e in molti hanno colto l’occasione per ribadire: “mai sfidare l’autorità cinese”. Il governo voleva fermare un colosso troppo grande, ormai fuori controllo? Per molti interrompere il lavoro di Ma ha portato la fine del periodo d’oro del tech in Cina

Gennaio 2023: il ritorno di Jack Ma e il crollo del suo incredibile patrimonio

Il 7 Gennaio 2023 Ant Group ha annunciato che Jack Ma rinuncerà al controllo del gigante cinese del settore fintech. Dopo la modifica della struttura societaria, l’imprenditore scomparso controllerà poco più del 6% delle azioni di Ant Group (contro il 50% di prima). Come è stata percepita questa notizia? 

“L’uscita di Jack Ma da Ant Financial, società da lui fondata, dimostra la determinazione della leadership cinese a ridurre l’influenza dei grandi investitori privati”, ha dichiarato Andrew Collier, amministratore delegato di Orient Capital Research. 

I più ci hanno visto l’atto finale di un’umiliazione pubblica che servirà da “lezione” a tutti gli altri tycoon che pensano di agire indipendentemente dal governo. E una tendenza continuerà l’erosione delle parti più produttive dell’economia cinese. Che i governi tendano a controllare le aziende tecnologiche e ad abbattere i monopoli, del resto non è una novità. 

Jack Ma oggi non è più l’uomo più ricco della Cina, ed è sceso al 35° posto della classifica dei miliardari redatta da Bloomberg. Il suo patrimonio a Gennaio 2023 è stimato a 34,8 miliardi di dollari. 

Tokelau: l’isola del tesoro da 24 milioni

Tokelau: i domini gratis tk sono i più utilizzati al mondo

I domini gratis di Tokelau hanno reso quest’isola il più grande paese online. Può un’intera economia nazionale basarsi su internet?

Qual è lo stato che ha colonizzato internet con i suoi siti? Gli Stati Uniti? La Cina? L’India? No. Uno sperduto arcipelago del Pacifico, che non è nemmeno una nazione a sé ma fa parte della Nuova Zelanda. 

Il dominio internet nazionale più usato al mondo è il dominio .tk delle isole Tokelau. Nel 2021 Nominet un registro di domini britannici, ha pubblicato una mappa che rappresenta la superficie degli stati del mondo in maniera proporzionale al numero dei suoi domini internet nazionali. Con un solo colpo d’occhio si osservano delle proporzioni sballate rispetto alla geografia reale. Gli Stati Uniti sono più piccoli della Svizzera, la Germania è più grande della Russia, ma soprattutto a est del Giappone c’è un territorio mai notato prima. Un territorio gigante. 

Una piccola gigante isola nel mercato dei domini internet

Questo territorio è l’atollo di Tokelau che conta oltre 24 milioni di domini internet nazionali .tk. Dopo .com, che è il Top Level Domain (TLD) più diffuso in assoluto, ci sono le estensioni nazionali ovvero i Country Code Top Level Domain (ccTLD). La classifica dei più numerosi vede in cima quelli di Tokelau, seguiti da Germania (16 milioni), Cina (13 milioni), Regno Unito (10 milioni) e Paesi Bassi (6 milioni). Esistono invece circa 3 milioni di domini .it. 

Nonostante gli Stati Uniti siano pionieri di tutto ciò che riguarda il mondo online, non rientrano nemmeno nella top 5 di questa classifica perché i cittadini preferiscono usare il dominio .com rispetto a quello nazionale .us. 

Tokelau: un paradiso sperduto nel nulla 

Il primato di Tokelau può sembrare assurdo, soprattutto se si dà un’occhiata alle caratteristiche dell’atollo. Tokelau, che nella lingua indigena significa “vento del nord”, ha una superficie di solo 10 km quadrati. Ed è popolata da circa 1.500 abitanti. Cosa se ne fanno queste persone di 24.698.672 domini internet, una media di 17 mila domini a testa? 

Tokelau non è di certo una meta turistica, si tratta di un territorio completamente isolato in cui si arriva solo due volte al mese e solamente via mare. Una meta incontaminata e selvaggia, ma se immagini di passare lì le tue vacanze, preparati perché non è per niente semplice raggiungerla. Il percorso per raggiungere Tokelau inizia alle Hawaii da cui si fa tappa alle Samoa Americane, poi con piccolo aereo si vola alle Isole Samoa. Lì bisogna aspettare, anche per settimane, una di quelle famose barche che partono due volte al mese. Una volta imbarcati, il viaggio dura quarantotto ore. Il comandante ti lascerà poi nei pressi dell’isola, non a riva, a causa del mare mosso e dei coralli che non permettono di avvicinarsi troppo. A quel punto toccherà a te raggiungere terra in canoa, a forza di pagaiate. 

Tokelau è il “paese” del mondo con l’economia più piccola (secondo la classifica per PIL stilata dal Central Intelligence Agency statunitense) e questa ruota principalmente intorno all’energia solare e ai domini internet. Come ci è arrivato il web in questo angolo di mondo sperduto?

Come mai milioni di siti web utilizzano il dominio .tk? 

Dal 2006 è possibile registrare gratis i domini con l’estensione .tk grazie a Freedom Registry. Questi rimangono gratuiti per dodici mesi, successivamente i proprietari sono invitati a pagare l’abbonamento. Se gli utenti non pagano o decidono di abbandonare il dominio, il gestore usa i siti web associati per pubblicare pubblicità. In questo modo Freedom Registry finanzia la sua attività ma anche l’intera economia di Tokelau. Gli introiti delle pubblicità finiscono alle isole e costituiscono una parte consistente del PIL locale

Chi c’è dietro a Freedom Registry?

Il successo online di Tokelau viene da un uomo che abita dall’altra parte del globo. Questa idea imprenditoriale infatti è nata da Joost Zuurbier, originario di Amsterdam. Nei primi anni duemila Zuurbier cercava un modo di replicare, con i domini internet, il modello di Hotmail che riusciva a fornire e-mail gratuite e allo stesso tempo guadagnarci. 

“In quel momento non esistevano ancora nomi di dominio gratis”, racconta Zuurbier. “Quindi abbiamo cercato un registro che volesse partecipare e alla fine abbiamo fondato .tk, che all’epoca non esisteva”. Il mercato dei domini allora era già in fermento e tutti cercavano di accaparrarsi i nomi e le estensioni più preziose per poi rivenderle nel tempo. (che poi sarebbero diventati i domini più costosi di sempre). 

Zuurbier spiega anche che l’impresa all’inizio non è stata facile. All’epoca gli abitanti di Tokelau non sapevano di avere diritto a un proprio dominio nazionale, ma soprattutto nessuno sull’isola aveva mai visto una pagina web. L’imprenditore ha dunque spiegato internet e le sue potenzialità agli isolani. Ma c’era un altro problema. L’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), ovvero l’ente che si occupa di monitorare il sistema dei nomi di dominio, all’inizio non credeva che Tokelau esistesse davvero. Per fortuna un suo membro aveva visitato l’isola negli anni ‘70 e se la ricordava bene, avendo installato la prima apparecchiatura radio. 

Ottenuta l’approvazione e dopo essere sopravvissuto a un viaggio durato due intere settimane, Zuurbier installa tutte le apparecchiature satellitari necessarie a iniziare la sua impresa. Dopo sei anni di complicate configurazioni, nel 2006 la Freedom Registry di Zuurbier lancia ufficialmente il dominio gratis .tk. 

La Freedom Registry non ha portato solo denaro alla popolazione di Tokelau, ma anche importanti infrastrutture. L’intera isola infatti aveva solo quattro linee telefoniche e una connessione Dial-up, ma la larghezza di banda era talmente bassa che potevano usarla solo per le e-mail senza allegati. Se c’era un allegato, gli abitanti dell’isola dovevano chiamare il mittente per rimuoverlo, perché altrimenti l’e-mail non sarebbe mai arrivata.

Come una partita a Risiko ma sui territori del web, con i suoi domini gratis Tokelau sta battendo tutto il mondo su internet. L’unico luogo dove storie assurde come queste possono esistere. 

La storia d’amore che ha mandato in tilt il mondo crypto

SBF e Caroline Ellison, chi è la coppia crypto da bancarotta miliardaria

Sam Bankman Fried e Caroline Ellison sono la coppia crypto da bancarotta miliardaria. Qual era la loro relazione? Fino a che punto sono stati complici?

Con il nuovo episodio di Young Pills scopriamo la storia di una relazione romantica, presto trasformata in un amore criminale che ha portato al fallimento di due grandi società crypto FTX e Alameda Research, e a un buco di miliardi di dollari. Quando da partner a partner in crime il passo è breve… parliamo di Caroline Ellison e Sam Bankman Fried, noto anche con la sigla SBF. Di intrighi, tradimenti e colpi di scena in uno degli eventi più (tristemente) noti del mondo crypto. 

L’amore non è bello se non è… fraudolento! Alcune delle accuse per cui sono indagati sono frode telematica, riciclaggio di denaro, associazione a delinquere. La coppia rischia fino a cento anni di carcere a testa. Ma come si sono conosciuti Caroline Ellison e SBF? Hanno davvero progettato insieme una mega truffa? O solo uno dei due è un criminale?

Il processo per il fallimento di FTX e Alameda Research

Il processo si è aperto ufficialmente nello stato di New York il 3 Gennaio 2023, la prima convocazione per SBF in tribunale è prevista per il 2 Ottobre. In quell’occasione però non sarà accompagnato anche da Caroline Ellison che infatti ha patteggiato ammettendo la sua colpevolezza e di aver consapevolmente ingannato gli investitori. Ellison ha anche dichiarato che lei e SBF hanno creato dei falsi rendiconti finanziari. 

Con questa mossa Ellison ha preso le distanze da SBF, e ora per lui non sarà così semplice uscire pulito dal processo. Difendersi e scampare ai centoquindici anni di prigione, la massima pena detentiva negli Stati Uniti. 

Anche se la relazione tra i due non è mai stata confermata ufficialmente, e per quanto SBF cercasse di tenere nascosta la cosa, Ellison e SBF hanno lavorato a stretto contatto per anni. Chi è e come nasce la coppia crypto da bancarotta miliardaria? 

Cresciuti a pane e università

Anche prima di conoscersi i due avevano molto in comune, sia SBF che Ellison sono nati in famiglie accademiche. I genitori di SBF sono entrambi professori della scuola di legge della Stanford, quelli di Ellison insegnano al dipartimento di economia del MIT. Entrambi sono stati dei ragazzi prodigio, con un talento spiccato per la matematica. Lui frequentava campi estivi per studenti dotati e lei presentava ai suoi genitori dei prospetti economici sui prezzi dei suoi giocattoli preferiti di Toys R Us. 

Chi è Caroline Ellison, chi è Sam Bankaman Fried 

Sam Bankman Fried era amministratore delegato e co-fondatore di FTX un exchange di criptovalute che si era guadagnato la fama di essere uno dei più grandi al mondo. Al suo apice nel 2021 veniva usato da oltre un milione di utenti. 

SBF però nel 2017 aveva già dato vita ad un’ altra società crypto, Alameda Research specializzata nel trading che nel 2019 passa sotto la guida di Caroline Ellison. La coppia si incontra per la prima volta dopo il college, in quel periodo Caroline Ellison viene assunta dalla società di trading Jane Street nello stesso gruppo di lavoro di SBF. In quell’occasione lui le spiega tutto sulle crypto e lei lo introduce all’altruismo efficace

Chi fa parte di questo movimento vuole usare il proprio benessere economico e il proprio tempo per aiutare gli altri nel modo più efficace possibile. Entrambi diventano paladini dell’altruismo efficace, anche se evidentemente con scarsi risultati. Nel fallimento di FTX e Alameda Research, moltissime persone hanno perso i loro risparmi che probabilmente non saranno più restituiti loro.

Quella di Ellison e SBF è una storia d’amore tragica che ci insegna molto di più: quando dobbiamo scegliere a chi dare la nostra fiducia è sempre bene guardare i progetti che sono più trasparenti e non offuscati da grandi personalità. Chi viene venerato come eroe, innovatore, luminare è sempre una persona come tutte le altre. 

Chi era Aaron Swartz? La storia della lotta per la libera informazione 

Aaron Swartz: la storia di una lotta per la libera informazione

La storia di Aaron Swartz a dieci anni dalla sua scomparsa ci fa riflettere ancora sulle sfide di internet e dell’informazione

Chi era Aaron Swartz? Con una definizione sbrigativa potremmo dire: statunitense, programmatore, attivista per la libertà di informazione su internet. Ma la sua vita non si esaurisce qui. È stato definito “piccolo genio dell’informatica”, “ragazzo prodigio”, “padre fondatore di internet”, “combattente”. Come spesso succede, dietro a tutti questi appellativi c’era una persona con tutti i suoi punti di luce ed ombra. Al di là del mito, ha aperto un dibattito e seminato spunti che i posteri continuano a cogliere da allora. Swartz ha lavorato per rendere le informazioni online accessibili a più persone possibili, proprio nello stesso periodo storico in cui nasceva Bitcoin, il primo registro di informazioni distribuito e consultabile da tutti. La storia di Aaron Swartz viene raccontata ancora oggi perché affronta dei temi chiave per capire internet come lo conosciamo oggi. 

Cosa ha fatto Aaron Swartz in poche parole

Esattamente dieci anni fa, Aaron Swartz si toglieva la vita senza lasciare spiegazioni. Anche se non lasciò nessun biglietto o messaggio, non è difficile collegare il motivo di questo gesto alle sue preoccupazioni per il processo in cui era coinvolto. Il programmatore infatti era stato accusato di frode informatica e telematica e furto di informazioni e rischiava trentacinque anni di carcere. 

Classe 1986, a quattordici anni contribuì a sviluppare, nella sua versione 1.0, il software RSS che viene utilizzato per la diffusione dei contenuti sul web. Poco dopo si unì al gruppo di lavoro del World Wide Web Consortium dove lavorò a stretto contatto con il fondatore del World Wide Web, Tim Berners-Lee.

Questo il tweet che Berners-Lee scrisse dopo la morte di Swartz. 

Aaron Swartz fu una delle menti di Creative Commons e di Open Library, un database di libri e documenti gratuito. Fondò inoltre la società di software Infogami e Reddit. Tra le altre cose, il programmatore viene ricordato come figura che si è opposta all’idea e allo stile di vita mondano dei suoi colleghi nella Silicon Valley. Come portatore di ideali “puri” e perseverante nel suo attivismo politico e tecnologico. 

Il processo 

I problemi legali arrivarono per lui nel 2010 quando scaricò illegalmente, attraverso la rete del Massachusetts Institute of Technology, quasi cinque milioni di articoli e di documenti da JSTOR. Ovvero un archivio digitale di stampo accademico. Nonostante JSTOR avesse deciso di non denunciarlo, Swartz venne ugualmente incriminato dai procuratori federali con tredici capi d’accusa. La vicenda suscitò delle perplessità e una percezione di “accanimento” nei confronti di un crimine di hacking molto simile a tanti scherzi goliardici degli studenti del MIT. D’altro canto le accuse sembrarono più che lecite alla luce delle delicate questioni di copyright. Il processo ebbe una grande risonanza e acquisì una serie di significati ideologici. Così come accadde con la sua tragica morte di cui, per molti, è direttamente responsabile il governo. 

Chi era Aaron Swartz? Ce lo dice il Guerilla Open Access Manifesto

L’obiettivo guida di tutto il lavoro di Swartz è stato rendere i contenuti su internet gratuiti e aperti a tutti. Nel 2008 il programmatore pubblicò un documento intitolato “Guerilla Open Access Manifesto”, il punto di partenza del testo è che l’informazione è potere e come tutte le forme di potere, anche questa viene controllata da un gruppo ristretto di persone. L’accesso a certe informazioni rimane un privilegio per pochi perché molte risorse come documenti, articoli, ricerche e libri si possono consultare solo a pagamento. Swartz si chiede come questo sia possibile, internet non era nato con lo scopo di rendere i contenuti liberi? 

Il Manifesto invita scienziati, ricercatori, scrittori, giornalisti e studenti ad abbandonare la logica del diritto d’autore e pubblicare le loro produzioni online in modo che potesse essere letta da tutti senza discriminazioni. Swartz scrive: “Dobbiamo acquisire le informazioni, ovunque siano archiviate, farne copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che è fuori dal diritto d’autore e caricarlo sull’archive del web. Dobbiamo acquistare banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sul web in file-sharing”. 

In questo documento c’è moltissimo della figura di Swartz, dall’interesse per i diritti digitali alla lotta delle logiche capitalistiche. 

Fun fact: il Guerilla Open Access Manifesto è stato scritto e pubblicato in Italia, durante un viaggio di Swartz. 

Informazione libera, ma come?

Il progetto di liberazione dei contenuti online metteva in discussione logiche di mercato, aspetti legali, il controllo delle attività su internet. Tutti aspetti che rivelarono subito la complessità della missione di Aaron Swartz. In un discorso tenuto durante la conferenza Freedom to Connect del 2012 ha lanciato questa provocazione: “condividere un video su BitTorrent è come rubare in un negozio di cinema o come prestare una videocassetta a un amico? La libertà di connessione è come la libertà di parola o come la libertà di uccidere?”. Il download dei documenti di JSTOR è stato un atto radicale con dietro un’idea ben precisa, per quanto non condivisibile. Un gesto che prova a mettere i bastoni tra le ruote a un sistema da ripensare completamente. L’informazione libera è possibile solo quando condivisa e, ancora prima, prodotta in quest’ottica. Solo se vengono rispettati i diritti di tutti. 

La storia di Aaron Swartz continua ad ispirare gli attivisti, racconta il bisogno di mettere in discussione qualcosa quando ci sta stretto. Anche quando sono realtà gigantesche come un intero sistema legislativo o società che accentrano il potere e le decisioni sul bene comune. Uno dei motivi per cui ricordiamo Swartz è per aver sottolineato il valore della decentralizzazione. Il suo impegno per un “mondo che va aggiustato” spinge ancora a darsi da fare per trovare soluzioni utili.