Cosa fare con il TFR: lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare?

Cosa fare con il TFR? Lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare? Valuta rendimento, tassazione e gestione per decidere cosa conviene.

Decidere cosa fare del proprio TFR (Trattamento di Fine Rapporto) è una scelta fondamentale per il futuro finanziario di ogni lavoratore dipendente. Le opzioni principali sono due: “lasciarlo” in azienda o destinarlo a un fondo pensione tramite la previdenza complementare. Se se si decide di “non agire”, in realtà si sta optando per la prima opzione.

Ogni opzione ha vantaggi e svantaggi, legati a fattori come tassazione, rendimenti e costi di gestione. Questo articolo analizza le diverse opzioni per aiutarti a scegliere la soluzione più adatta al tuo caso.

Ecco cosa fare con il TFR, conosciuto anche come liquidazione, a seconda della tua situazione, e quali solo le differenze principali tra lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare.

Che cos’è il TFR?

Per decidere cosa fare con il TFR devi prima sapere che cos’è. È una parte della retribuzione di un lavoratore dipendente che viene accantonata mensilmente da parte del datori di lavoro, e che viene poi “restituita” al lavoratore alla cessazione del rapporto lavorativo. Di fatto è un vero e proprio tesoretto, che il datore di lavoro accumula negli anni per permettere al dipendete di pianificare il suo futuro previdenziale.

Per comprendere, in un attimo, a quanto ammonta il proprio TFR basta dividere per 13,5 l’importo la propria Retribuzione Annua Lorda (RAL). In termini percentuali si tratta di circa il 7,5% del proprio compenso annuo, anche se lo 0,50% va versato al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.

Lasciare il TFR in azienda

La prima cosa che puoi fare con il TFR è lasciarlo in azienda. Se scegli questa opzione, alla fine del rapporto di lavoro, riceverai una somma rivalutata annualmente sulla base di due componenti: una quota fissa dell’1,5% e una variabile pari al 75% dell’inflazione dell’anno precedente

Questo meccanismo garantisce una rivalutazione costante del capitale, anche se generalmente inferiore rispetto ai rendimenti ottenibili tramite investimenti in un fondo pensione. Inoltre, per le aziende con più di 50 dipendenti, il TFR viene versato al Fondo di Tesoreria INPS, che ne gestisce l’erogazione.

Lasciare il TFR in azienda comporta vantaggi in termini di semplicità, ma ha costi di gestione nulli e una tassazione standard basata su l’aliquota media Irpef degli ultimi cinque anni​

Destinare il TFR alla previdenza complementare

La seconda opzione è destinare il TFR alla previdenza complementare, cioè investirlo in un fondo pensione. Questa scelta consente di beneficiare dei rendimenti del mercato finanziario, che storicamente tendono a superare la rivalutazione del TFR in azienda, specialmente nel medio-lungo termine. Oltre ai potenziali rendimenti superiori, i contributi versati nei fondi pensione godono di agevolazioni fiscali: fino a 5.164,57 euro annui sono deducibili dal reddito imponibile. 

Un aspetto importante da considerare è che una volta destinato il TFR alla previdenza complementare, la scelta è irrevocabile, e la liquidazione sarà disponibile solo al momento del pensionamento o in casi eccezionali​

Fattori da considerare nella scelta

La scelta tra lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione dipende da vari fattori. Il primo è l’età del lavoratore: i giovani tendono a trarre maggior beneficio dall’investimento in un fondo pensione, grazie al maggior numero di anni per sfruttare i rendimenti del mercato. 

In secondo luogo, i costi di gestione dei fondi pensione sono un elemento da valutare: i fondi negoziali (chiusi) generalmente presentano costi più bassi rispetto ai fondi aperti. Infine, occorre considerare il profilo di rischio e le esigenze personali di liquidità: chi preferisce evitare i rischi dei mercati finanziari potrebbe optare per lasciare il TFR in azienda, anche se ciò comporta rendimenti inferiori.


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