Ethereum: + 22% in meno di 24 ore, cosa sta succedendo?

Il valore di Ethereum

Il valore di Ethereum e Bitcoin è in crescita. Tutto quello che devi sapere tra la “distensione” geopolitica e gli importanti dati on-chain

Si sa, l’incertezza non piace ai mercati e, se li seguite assiduamente, ve ne sarete accorti: da febbraio a metà aprile di quest’anno, molti asset sembravano destinati a un lungo letargo. È, però, forse il momento di tornare ottimisti, perché da qualche settimana, e in particolare negli ultimi giorni, qualcosa sembra essere cambiato. Oggi ci concentriamo sul mercato crypto, cercando di comprendere cosa stia alimentando l’ultimo rally – soprattutto per quanto riguarda il valore di Ethereum – che per alcuni ha un intenso profumo di bull market.

Bitcoin, da inizio aprile, ha registrato un incremento di circa il 40%, mentre Ethereum ha stupito con un +71% nello stesso periodo, di cui un notevole +35% solo da questo lunedì. Anche diverse altcoin sembrano pronte a tornare sulla cresta dell’onda: SUI, per esempio, ha messo a segno un impressionante +132% dal suo minimo del 7 aprile, TAO un +163% e Solana un +76%. Potremmo continuare con l’elenco, ma è più utile, a nostro avviso, concentrarci sulle cause di questo recente pump e sulle possibili conseguenze. Questo articolo cercherà di rispondere a due domande chiave: il bull market è davvero ripartito? Perché sta accadendo proprio ora?

Rally crypto tra geopolitica e adozione istituzionale

Non solo il valore di Ethereum e delle principali crypto è esploso a rialzo. Anche i mercati tradizionali hanno mostrato segnali di vitalità. Prendendo come riferimento il punto di minimo generale del 7 aprile, l’S&P 500 ha registrato un +17% e il NASDAQ un +22%. Cosa è cambiato, dunque, dal punto di vista geopolitico ed economico che permesso questo recupero?

Un primo fattore di rilievo riguarda le tensioni commerciali, in particolare tra Stati Uniti e Cina. Dopo settimane caratterizzate da un’escalation di dazi che faceva temere il peggio, si intravede uno spiraglio. Questo fine settimana è previsto un incontro cruciale a Ginevra tra Scott Bessent, il Segretario del Tesoro americano, e il vicepremier cinese He Lifeng. L’obiettivo degli USA sarebbe quello di ridurre i dazi sotto la soglia del 60%, con l’auspicio di una mossa analoga da parte di Pechino. Si parla di possibili implementazioni di tali tagli già dalla prossima settimana, in caso di progressi significativi. A rafforzare questo cauto ottimismo ci ha pensato il presidente USA, Donald Trump, che ha dichiarato giovedì che le tariffe “scenderanno”, e che si aspetta “un buon weekend con la Cina”. Anche il segretario al commercio, Howard Lutnick, ha ribadito che l’obiettivo è una de-escalation, intento che sembrerebbe condiviso dalla delegazione cinese.

Sempre sul fronte dei dazi, un altro segnale distensivo arriva dall’annuncio di un accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di definizione, questo patto dovrebbe portare alla rimozione della tariffa del 25% su acciaio e alluminio importati dal Regno Unito, imposta da Trump il 12 marzo su tutte le importazioni estere di questi metalli. Parallelamente, gli Stati Uniti aumenteranno le esportazioni di carne bovina ed etanolo verso il Regno Unito, con procedure doganali accelerate. Questo accordo è significativo non tanto per i volumi di scambio (il Regno Unito rappresenta circa il 3% del commercio USA), quanto per il messaggio che invia: la volontà di trovare intese può stemperare le tensioni e creare un precedente positivo, magari anche per i più complessi rapporti con la Cina.

Infine, notizie incoraggianti per il settore crypto arrivano direttamente dagli Stati Uniti. Lo stato del New Hampshire ha approvato una legge che gli permetterà di investire in criptovalute. Parallelamente, in Arizona, una nuova normativa consente allo stato di prendere possesso (e conservare) i Bitcoin “abbandonati” sugli exchange. L’aspetto più interessante è la decisione dello stato di non liquidare questi asset, ma di detenerli in un fondo specifico. Come ha commentato un veterano del settore: “Puoi acquistare Bitcoin mentre i governi comprano, o dopo che hanno comprato, ma l’opzione ‘prima’ sta scomparendo.” Un monito che sottolinea come l’adozione istituzionale sia rapida e inevitabile.

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Cosa sta succedendo on-chain? Il valore di Ethereum crescerà ancora?

Un primo dato significativo riguarda i volumi delle stablecoin, che ad aprile hanno toccato la cifra di 1,82 miliardi di dollari. Questo è un segnale di liquidità e interesse per il settore in generale; una ripartenza del mercato potrebbe vedere questa ingente somma di denaro confluire rapidamente verso Bitcoin, Ethereum e le principali altcoin.

Ethereum, in particolare, sta vivendo una settimana gloriosa, soprattutto dopo le sofferenze degli ultimi semi. Pectra, l’ultimo aggiornamento della rete, promette di facilitarne un mainstream della sua rete. Inoltre, la recente presentazione della “vision” futura, che include sviluppi legati all’intelligenza artificiale e ai social network decentralizzati, ha riacceso l’entusiasmo della community. Questo rinnovato interesse per la blockchain – e anche la crescita del valore di Ethereum – è confermato dall’aumento del costo delle gas fees (il GWEI), un indicatore chiave dell’attività sulla sua rete: dopo mesi di stabilità intorno a 0,34 GWEI, nelle ultime ore si sono registrate oscillazioni tra un minimo di 0,84 e un massimo di 21 GWEI.

Un altro trend che continua a consolidarsi è l’accumulo di Bitcoin da parte di aziende. Non si tratta solo di realtà del settore crypto, ma anche di società tradizionali il cui core business è lontano dalla finanza. Tra queste, MicroStrategy continua a incrementare la sua riserva (ora a 500.000 BTC), seguita da Tesla (11.500 BTC). Ma anche aziende più piccole e di settori diversi, come Semler Scientific (tecnologie mediche, con 3.600 BTC), KULR Technology (batterie al litio, 716 BTC) e Rumble (cloud e video streaming, 188 BTC), stanno decidendo di allocare parte della loro tesoreria in Bitcoin. Insomma, il recente slancio dei mercati crypto, sostenuto da una schiarita sul fronte delle tensioni commerciali globali e da una solida attività on-chain, ha riacceso l’entusiasmo. Sebbene sia presto per dichiarare con certezza l’inizio di un nuovo ciclo rialzista di lungo periodo, i segnali positivi sono innegabili. Il principale, come probabilmente avrai intuito, riguarda la crescita del valore di Ethereum e Bitcoin.


Come funziona l’Ethereum Foundation? Una panoramica sul nuovo assetto

Ethereum Foundation: come funziona?

Come funziona l’Ethereum Foundation? Cosa è cambiato dopo il recente annuncio di Vitalik Buterin e Aya Miyaguchi, la presidente dell’organizzazione?

Se sei particolarmente attento agli ultimi sviluppi del mondo crypto ti sarai accorto che la Ethereum Foundation si sta muovendo in modo diverso nelle ultime settimane. Ma che cos’è questa entità che vigila sull’operato degli sviluppatori? È un’organizzazione piuttosto complessa, impossibile da inquadrare al di sotto di una “forma di governo” canonica.

Tuttavia, gli ultimi sviluppi che la riguardano, e che ci aiuteranno a definirla nella sua forma attuale, sono racchiusi all’interno dell’ultimo articolo blog, in cui vengono riassunti la visione, i valori e gli obiettivi della nuova era che sta incominciando. Insomma è un periodo chiave per Ethereum, anche perché è appena stato attivato Pectra, un nuovo aggiornamento vitale per rendere la rete più veloce e user friendly.

La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione

L’ultimo articolo dell’Ethereum Foundation si apre così: “La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione, un aspetto che va al di là dell’accezione tecnica e tecnologica, ma che interessa anche (e forse soprattutto) l’aspetto sociale e strutturale.” Una dichiarazione di intenti attraverso cui ribadire la visione dell’organizzazione e i valori che la sostengono, nonché un modo per dare il benvenuto al nuovo team di gestione. Affrontiamo step by step i punti salienti del documento.

La visione: che cos’è l’Ethereum Foundation

Una metafora particolarmente efficace, utilizzata dalla stessa organizzazione per autodefinirsi, ci aiuta a comprendere l’essenza e il funzionamento dell’Ethereum Foundation: l’infinite gardenun ecosistema di progetti, comunità e infrastrutture costruito attorno a Ethereum, capace di prosperare in ambienti in rapida e costante evoluzione. In questo contesto, la blockchain della seconda criptovaluta più capitalizzata del mercato svolge il ruolo di un computer globale universalmente distribuito, una piattaforma aperta e permissionless che sta già diffondendo la sua idea di stabilità, libertà e collaborazione tecnologica a milioni di persone in tutto il mondo.

Ethereum è uno spazio prevalentemente virtuale ma, a volte, anche fisico; è un ambiente vivo e in continua evoluzione, dove i builders (i costruttori) possono coltivare idee e sostenersi a vicenda mentre realizzano gli strumenti destinati a ridefinire la finanza, la gestione dell’identità e altre fondamenta della nostra civiltà per i decenni a venire. Vi sembra un approccio eccessivamente filosofico? Forse, ma è probabile che sia l’unico modo per continuare a costruire prodotti così ambiziosi e distribuiti. In ogni caso, più avanti affronteremo anche alcune novità pratiche, all’apparenza molto entusiasmanti.

Il ruolo dell’Ethereum Foundation

Chiarita la visione che dovrebbe accomunare tutti i membri dell’Ethereum Foundation, è il momento di affrontare l’aspetto pratico della questione e rispondere alla domanda fondamentale: qual è il suo ruolo? Fin dalla sua nascita, Ethereum è sempre stato un sistema ibrido, non geometricamente definito. Dimenticate gli organigrammi rigidi tipici delle grandi aziende: il suo ecosistema è realmente decentralizzato e, quindi, per definizione, non possiede un centro nevralgico o un vertice – la metafora dell’infinite garden appare, in questo senso, ancora più calzante.

Così come la piattaforma stessa, l’Ethereum Foundation non ha confini definiti; i team che la compongono hanno l’obiettivo di espanderla attraverso innovazioni tecnologiche ed eventi educativi. Il suo ruolo principale è rafforzare costantemente quanto appena descritto, identificando le lacune, correggendo gli squilibri e sostenendo le iniziative, assicurandosi che nessuna entità domini sulle altre, compresa la stessa EF. 

Inoltre – come si legge nel comunicato – “l’Ethereum Foundation entra in gioco in modo strategico all’interno dei progetti dell’ecosistema per poi abbandonarli intenzionalmente quando questi possono camminare con le proprie gambe, adattando continuamente la sua attenzione alla maturazione di Ethereum e all’evoluzione dell’ambiente.

Un concetto cardine di questo processo è quello della purposeful subtraction – o sottrazione mirata. Questo principio implica che la Fondazione punta a creare le condizioni affinché altri soggetti possano assumersi la maggior parte delle responsabilità. Ciò si traduce in due dichiarazioni fondamentali:

  1. “Facciamo quello che gli altri non possono fare oggi.”
  2. “Aiutiamo gli altri a fare, domani, quello che solo noi possiamo fare oggi.”

Per “gli altri” la Ethereum Foundation intende i progetti, o gli individual contributors che orbitano attorno all’ecosistema Ethereum,

Cosa significa tutto questo nel concreto?

Siamo consapevoli che, finora, il discorso potrebbe apparire prevalentemente teorico. La stessa Ethereum Foundation ne è cosciente e ha fornito ai suoi lettori alcuni esempi pratici per illustrare concretamente il significato del suo ruolo e della sua visione, riprendendo le due dichiarazioni:

Cosa l’Ethereum Foundation fa che nessun altro potrebbe fare oggi?

  • Finanzia e mantiene le infrastrutture centrali di Ethereum;
  • Coordina gli aggiornamenti fondamentali (ad esempio, The Merge, Denun, Spectra), per i quali è essenziale una gestione neutrale, sia per le iniziative cruciali dei 12 mesi, sia per gli sforzi a lungo termine che definiranno il ruolo di Ethereum per il prossimo decennio;
  • Sostiene la ricerca e gli strumenti open-source che espandono le frontiere delle tecnologie a tutela della privacy;
  • Ospita incontri (come Devcon) che riuniscono diversi collaboratori a livello globale;
  • Gestirsce il sito ufficiale: ethereum.org.

Dove aiuta “gli altri” a crescere in ruoli che un tempo ricopriva?

  • Fornisce sovvenzioni ai progetti nelle fasi iniziali fino a quando non diventano autosufficienti;
  • Mette a disposizione contenuti educativi e strumenti per gli sviluppatori;
  • Aiuta a far emergere nuovi meccanismi di coordinamento e li indirizza verso una gestione indipendente (ad esempio, piloti MACI, Protocol Guild, finanziamenti retroattivi per i beni pubblici);
  • Sostiene la decentralizzazione e la leadership locale.

Gli obiettivi della Ethereum Foundation

Infine, l’articolo affronta il tema forse più atteso da chi osserva da fuori l’ecosistema: quali sono gli obiettivi futuri dell’Ethereum Foundation?
L’organizzazione ribadisce l’intenzione di proseguire con i progetti già avviati, ma introduce anche nuove direzioni che appaiono decisamente promettenti.

Tuttavia, anche in questa sezione, lo stile fluido e non-dogmatico dell’organizzazione non viene meno: viene infatti specificato che gli obiettivi non sono statici, ma si evolveranno insieme all’ecosistema e ai bisogni che emergeranno.
L’ambizione resta quella di individuare e colmare quelli che la Foundation chiama high leverage gaps: spazi ad alto potenziale, dove un piccolo intervento può generare un impatto significativo per l’intero ecosistema.

Da qui derivano i due macro-obiettivi che guideranno l’azione dell’Ethereum Foundation nel prossimo futuro.

  1. Espandere l’utilizzo di Ethereum, anche in modo indiretto

Il primo obiettivo è favorire una crescita costante dell’utilizzo della rete, non solo da parte degli sviluppatori, ma anche degli utenti finali, spesso inconsapevoli della tecnologia sottostante. Ecco alcuni ambiti chiave che l’organizzazione ha individuato per raggiungere questo traguardo:

  • Accesso ai digital asset: promuovere l’utilizzo di asset tokenizzati e strumenti DeFi per pagamenti, risparmio e creazione di ricchezza, soprattutto in contesti dove l’infrastruttura finanziaria tradizionale è fragile, costosa o soggetta a instabilità;
  • Organizzazioni native di Internet (DAO): sostenere la partecipazione a DAO con incentivi programmabili, che permettono nuove forme di governance, raccolta fondi e coordinamento rispetto ai modelli centralizzati tradizionali;
  • Social media decentralizzati: favorire la nascita e l’adozione di piattaforme social costruite su Ethereum, dove gli utenti mantengono il controllo sui loro contenuti e sulle relazioni, potendo cambiare interfaccia senza perdere il grafo sociale;
  • Intelligenza artificiale decentralizzata: supportare progetti che usano Ethereum per costruire modelli di IA condivisi, sicuri e verificabili, e per creare mercati economici in cui gli agenti e gli umani possano lavorare insieme;

2. Massimizzare la resilienza dell’infrastruttura tecnica e sociale

Il secondo obiettivo è garantire la solidità a lungo termine dell’ecosistema Ethereum, sotto tutti i punti di vista: tecnologico, umano e ideologico. La resilienza, secondo la Foundation, si manifesta in questi aspetti:

  • Autonomia dell’ecosistema: Ethereum deve poter prosperare anche senza il supporto diretto della Foundation o di qualsiasi altra singola entità;
  • Allineamento dei valori: mantenere saldi i principi fondanti, anche in presenza di interessi esterni che potrebbero portare fuori rotta;
  • Diversità del team: promuovere la crescita di team di sviluppo autonomi, in grado di operare indipendentemente;
  • Robustezza della rete: garantire vitalità, sicurezza e resistenza alla censura anche in caso di eventi critici;
  • Decentralizzazione: eliminare progressivamente ogni singolo punto di controllo o fallimento.

In definitiva, l’Ethereum Foundation si presenta oggi come un’entità in continua evoluzione, fedele alla sua metafora dell’infinite garden: curato da giardinieri che non impongono forme rigide, ma piuttosto coltivano, nutrono e proteggono un ecosistema affinché possa crescere spontaneamente e in modo decentralizzato. Le recenti comunicazioni e il nuovo assetto non fanno che rafforzare questa immagine, sottolineando un impegno verso la “sottrazione mirata” e il potenziamento della comunità globale.

Il futuro di Ethereum, con le sue ambizioni di trasformare la finanza, l’identità digitale e persino l‘intelligenza artificiale, dipenderà dalla capacità di questo giardino di prosperare, e il ruolo della Fondazione sarà cruciale nel garantire che le sue radici rimangano salde e la sua crescita rigogliosa, sempre al servizio di un ideale di apertura e accessibilità universale.


Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito: fisica o virtuale? Come orientarsi con la digitalizzazione che guida l’evoluzione del mondo dei pagamenti? Qui la sintesi    

Meglio la carta di credito fisica o quella virtuale? Quali sono le differenze principali? E i vantaggi? In un mondo in cui la digitalizzazione è una delle forze motrici principali per l’innovazione, avere una panoramica chiara delle soluzioni di pagamento più adatte potrebbe facilitarti la vita. In questo articolo metteremo a confronto le due tipologie di carte di credito e cercheremo di capire quale è più conveniente in base ai profili. Buona lettura!

Cos’è una carta di credito

La carta di credito è una tessera, fisica o virtuale, che contiene i dati del proprietario, il numero della carta, la scadenza, i codici sicurezza – detti codici di controllo CVV2 o CVC2 – e lo spazio per la firma del titolare. Nonostante disponga di funzionalità specifiche, viene spesso confusa con la carta di debito. 

La vera particolarità della carta di credito, infatti, risiede nelle modalità di pagamento: se con la carta di debito le operazioni vengono scalata dal conto corrente ogni singola volta, con la carta di credito l’addebito avviene in un momento successivo, solitamente entro 30 giorni, o a rate. 

Questo perchè se con la carta di debito è possibile spendere o ritirare solo i soldi presenti sul conto, con la carta di credito si parla di plafond, cioè di tetto massimo di spesa concesso a credito dalla banca al titolare. Quindi le spese possono superare la disponibilità effettiva di denaro sul conto dato che verranno rimborsate dal proprietario della carta entro un termine di tempo prefissato. Il plafond, naturalmente, viene stabilito in funzione al profilo del cliente che intende attivare la carta. Nello specifico, si valuta la sua solvibilità (o capacità di rimborso) sulla base del reddito e dell’affidabilità creditizia. 

Carta di credito fisica: il classico intramontabile (per alcuni)

La prima carta di credito nacque negli Stati Uniti nel 1950 quando un signore, Frank McNamara, si rese conto di non poter pagare la cena al ristorante perché si era scordato i soldi contanti a casa. In quel momento, Mcnamara realizzò che il mondo aveva bisogno di un sistema di pagamento universale cashless e fondò il Diners Club International – dall’inglese diner, ristorante.

La carta di credito fisica, nonostante siano passati 75 anni dalla prima transazione, è un oggetto ancora molto utilizzato specialmente dai meno avvezzi alla tecnologia. Questa solida base di utenti, infatti, continua a preferire la tessera fisica, tangibile, all’alternativa virtuale soprattutto per motivi di natura psicologica: l’idea di toccare la carta di credito con mano, di controllarla fisicamente, potrebbe infondere maggiore sicurezza rispetto alla “carta nel telefono”, considerata meno infallibile – e se ti hackerano il telefono che fai?

A parte questo luogo comune, la carta di credito fisica presenta alcuni vantaggi oggettivi rispetto alla cugina virtuale, primo fra tutti l’indipendenza dai dispositivi elettronici come i telefoni. Se ci pensi, questo effettivamente è un bel punto a favore: hai appena fatto serata, è ora di rientrare a casa, la fame bussa alla porta e il pensiero va immediatamente verso lo spuntino notturno. Ti dirigi contento verso il tuo posto di fiducia con l’acquolina in bocca, arrivi lì davanti e… il telefono è scarico. Non puoi pagare. Torni a casa in lacrime. Si, è un bel punto a favore. 

La carta di credito fisica presenta anche un altro vantaggio considerevole, il prelievo di contante facilitato. Calma, anche quella virtuale permette di ritirare i soldi allo sportello, a patto che questo sia contactless. Il problema è che il prelievo contactless, generalmente, è consentito solo ai clienti della banca che possiede quello sportello. Quindi, tornando all’Odissea del Post-Serata, il telefono è carico ma il ristorante ha il POS “rotto”. Cerchi l’ATM più vicino per ritirare qualche bella vecchia banconota. L’unico nei dintorni è Intesa San Paolo, tu sei cliente Unicredit. Non puoi prelevare. E anche qui torni a casa in lacrime.   

Un altro vantaggio, in breve, è relativo al fatto che la carta fisica è statisticamente meno rifiutata negli esercizi commerciali, perché meno soggetta a problemi di natura tecnologica che possono riguardare app, smartphone o POS.

Carta di credito virtuale: il digitale che avanza

La carta di credito virtuale, per definizione, esiste esclusivamente in formato digitale e solitamente è localizzata all’interno del wallet integrato nel telefono. Proprio perché presuppone un certo livello di skill tecnologiche, questo tipo di carta è di gran lunga più popolare fra le nuove generazioni

Le carte di credito virtuali non sono tutte uguali ma si distinguono principalmente per durata e modalità d’uso. Esistono, infatti, le carte di credito monouso e quelle permanenti. Le carte monouso sono utilizzate per singole transazioni o per periodi di tempo molto limitati: una volta effettuato l’acquisto o raggiunta la scadenza prefissata, la carta diventa inutilizzabile. Le carte permanenti, dette anche multiuso, hanno una scadenza più lunga e sono l’equivalente digitalizzato delle carte di credito fisiche. 

Le carte di credito virtuali, rispetto a quelle fisiche, presentano molti vantaggi specialmente per gli aspetti legati alla sicurezza e all’accessibilità. Per quanto riguarda la sicurezza, le carte virtuali monouso riducono nettamente il rischio di furto dei dati sensibili, proprio perché dopo la transazione perdono la loro utilità. Inoltre, il formato digitale consente soluzioni di protezione innovative come il CVV dinamico, generato al momento dell’acquisto e valido per un breve arco di tempo. Poi, nel caso in cui si possedesse anche la carta di credito fisica, è possibile creare un clone virtuale permanente che abbia dati differenti e utilizzarlo per le transazioni online: in questo modo, se si verificasse una violazione sul sito dove hai acquistato, nessuno sarebbe in grado di risalire alla carta originale

Il tema dell’accessibilità fa riferimento alla possibilità di avere a disposizione uno strumento per effettuare pagamenti online in modo quasi istantaneo, senza aspettare la spedizione a casa o doversi recare in filiale. Può sembrare una cosa da nulla, ma solo in Italia quasi 5 milioni di persone risiedono in comuni che non registrano la presenza di alcuna banca: un problema reale che anche Young Platform ha a cuore

Le carte di credito virtuali, poi, hanno vantaggi secondari che le carte di credito fisiche non possono avere per costituzione. Uno di questi è il controllo delle spese, più facilmente tracciabili e gestibili, grazie alla creazione di carte digitali ad hoc, a seconda delle esigenze. Per esempio, se hai mai organizzato una vacanza con un gruppo di amici saprai quanto è noioso gestire la “cassa comune” affinché tutti paghino in modo equo: una carta dedicata esclusivamente alle spese del gruppo potrebbe risolvere questa seccatura. Oppure potresti utilizzarne una per pagare i vari abbonamenti, così da tenerli sotto controllo ed evitare sprechi di denaro. Se ti interessa l’argomento della gestione del budget, troverai le migliori app del settore in questo articolo

Il secondo vantaggio collaterale è connesso alla sostenibilità ambientale: non dovendo produrre tessere di plastica, le tessere virtuali rappresentano una scelta di gran lunga più ecologica. 

Quindi, è meglio il fisico o il virtuale? 

La scelta fra carta fisica o carta virtuale dipende molto dalle abitudini di vita e di spesa. Per esempio, se sei una persona che viaggia spesso, la scelta dovrebbe ricadere sulla carta fisica tradizionale, principalmente per la vasta accettazione e la facilità con cui puoi prelevare cash. Va considerata anche l’eventualità di ritrovarsi col telefono scarico o perderlo durante gli spostamenti. Se invece fai molti acquisti online, allora dovresti prediligere quella virtuale per via della sicurezza offerta dalle carte monouso o dai cloni, come abbiamo visto prima. Il consiglio finale, in realtà, è quello di possederle entrambe per combinare i vantaggi e ridurre gli imprevisti. 

Se l’articolo ti interessa – domanda retorica, se stai leggendo questa frase significa che ti interessa – iscriviti qui sotto! Noi di Young pubblichiamo quotidianamente contenuti relativi a ciò che succede di importante. Economia, politica, finanza personale e criptovalute sono i nostri argomenti preferiti: qual è, ad esempio, il ruolo delle crypto all’interno della politica

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Fondo di emergenza: cos’è e perché è fondamentale

Fondo di emergenza: cos’è e perchè è fondamentale

Il fondo di emergenza è un tesoretto personale liquido per gli imprevisti e potrebbe salvarti la vita. Come si costruisce? E perché è utile?

Il fondo di emergenza è la classica cosa di cui tutti conoscono l’importanza ma che viene continuamente rimandata nel tempo. Il motivo è semplice e il nome ci aiuta a capirlo: un’emergenza è un evento indefinito e lontano e, ai nostri occhi, perde di rilevanza rispetto a questioni concrete con scadenza ravvicinata. Poi l’emergenza arriva puntuale e la disperazione domina incontrastata. Qui vedremo insieme perché cominciare a costruirne uno e come farlo, passo dopo passo. 

Avere un fondo di emergenza: in un mondo di cicale, sii la formica

L’importanza del fondo di emergenza è parte della cultura umana da tempo immemore, se pensiamo che Esopo più di duemila anni fa scriveva la favola de “La Formica e la Cicala”. Certo, l’autore greco non ci parla letteralmente del fondo di emergenza ma ci fa capire quanto sia importante arrivare preparati di fronte alle sfide che la vita, prima o poi, ci presenta. La cicala infatti canta tutta l’estate e non si preoccupa dell’inverno, mentre la formica lentamente accumula le provviste necessarie: arriva il freddo, la cicala soffre la fame e la formica si gode serena il frutto del suo lavoro

Questa morale, per quanto a prima vista semplice e scontata, ci spiattella in faccia la realtà: sappiamo perfettamente che il futuro prima o poi arriverà a bussare alla porta ma, nonostante ciò, siamo disposti a prendere iniziativa solamente quando avvertiamo il fiato sul collo. Il risultato? L’impreparazione più totale mista a panico e stress. 

Il fondo di emergenza serve proprio ad evitare queste situazioni spiacevoli e continuare a vivere la nostra vita in tranquillità, a prescindere da incidenti, sorprese o desideri improvvisi. Serve a permetterti di comprare un telefono nuovo, riparare la macchina, o anche andare a sentire i Green Day a Firenze senza dover – un esempio a caso – vendere gli Ethereum che hai messo in stake su Young Platform. Bene, ora che la sua utilità è evidente, andiamo a vedere come si costruisce un fondo di emergenza, step by step. 

Creare un fondo di emergenza è impegnativo, ma si può fare

Prima di procedere col mettere da parte le finanze, è necessario capire il proprio obiettivo di risparmio perché è poco stimolante, oltre che poco sensato, accumulare denaro a oltranza. Per fare ciò occorre tenere traccia e analizzare le spese mensili, fisse ed extra, come l’affitto, la benzina, il cibo, gli abbonamenti e via dicendo. Puoi segnartele a penna, usare Excel o facilitarti la vita con un’app per la gestione del budget. Adesso, prendi la cifra e moltiplicala per tre o sei, a seconda delle tue necessità: il risultato di questa complessa operazione matematica equivale al tuo obiettivo di risparmio, perché lo scopo primario del fondo di emergenza è proprio permetterti di vivere nella condizione di assenza di entrate fisse. Una volta capito quanto devi risparmiare, è il momento di creare una strategia per trasformare il progetto in realtà.

Mettere da parte i soldi è una prova di grande disciplina: l’arte del risparmio deve fare i conti con l’animo umano e la sua irrefrenabile e impulsiva voglia di gratificazione. Inoltre, quando l’obiettivo corrisponde a una cifra importante, è faticoso anche solo cominciare perché il traguardo sembra lontanissimo. Per ridurre questo carico cognitivo, esistono alcune strategie che ti consentono di raggiungere la meta sfruttando il tempo, quindi rateizzando l’importo prefissato in quote periodiche. Tra queste, con la famosa sfida delle 52 settimane impiegheresti un anno per creare il tuo fondo di emergenza. Se invece vuoi accelerare il percorso, il consiglio è di fare una sorta di piano di accumulo e prelevare una quantità fissa di denaro. In questo caso, ricorda l’insegnamento del noto libro “L’uomo più ricco di Babilonia”: se ricevi un’entrata fissa mensile, prima togli la somma e poi vivi col resto, mai il contrario. Ciò significa che se guadagni 1300€ al mese, prima levi 100€ e poi ricalibri la tua vita sulla base dei 1200€ che restano, come se i 100€ non fossero mai esistiti. 

Facciamo un esempio pratico per evitare ogni tipo di dubbio. Il nostro esempio sarà Mario, un ragazzo di 28 anni che vive a Milano e lavora come impiegato in ufficio. Mario per un mese si segna tutto e scopre che le spese essenziali ammontano a circa 1.185€, divise come segue: 

  • 750€ di affitto al mese per un bilocale (è stato molto fortunato)
  • 100€ di bollette
  • 45€ di internet (Wi-Fi e cellulare)
  • 40€ di abbonamento mezzi 
  • 250€ di spesa al supermercato 

Mario decide che è il momento di iniziare a pensare a un fondo di emergenza. Ha 28 anni, è giovane e sa che se perderà il lavoro potrà trovarne un altro in relativamente poco tempo. Il suo fondo, quindi, dovrà corrispondere a quattro mesi di spese: 1185 x 4 = 4740€. Arrotonda per eccesso e opta per i 5000€. A questo punto dovrà solo capire come accumularli. 

Perfetto. Sai quanto devi risparmiare, sai anche come farlo. È arrivato il momento di lavorare sull’autocontrollo. Ovviamente essere rigorosi e costanti nel processo di risparmio non implica abbracciare l’ascetismo: nessuno ti chiede di essere il nuovo Mahatma Gandhi. Vuol dire solamente concentrarsi e comprendere di cosa si ha realmente bisogno. Una tecnica interessante è aspettare il giorno dopo e chiederti: “Mi serve ancora quel poster limited edition con Walter White e Gus Fring che pranzano a Los Pollos Hermanos?” Sì, ti servirà ancora. Ma ti sei allenato e la prossima volta questo esercizio potrebbe farti risparmiare qualcosa in più. 

Bello ma… questo tipo di fondo ha un grosso problema

Il tuo fondo di emergenza adesso esiste e non è più solamente un buon proposito per l’anno nuovo. Tuttavia non finisce qua, rimane ancora un ostacolo da superare, il nemico numero uno del risparmio, il boss finale: l’inflazione. Infatti, in teoria, questo tesoretto liquido che hai costruito con tanta fatica come una piccola formica, è destinato a rimanere fermo per un bel po’ – tocca ferro – perché pensato per le emergenze. Il problema è che il tempo passa, l’inflazione cresce e il tuo fondo di emergenza perde valore. 

Pensavi di avere subito la soluzione pronta per affrontare il boss finale eh? Super Mario ha dovuto attraversare ben otto mondi per sconfiggere Bowser e recuperare Peach. A te basta iscriverti qui sotto e leggere gli articoli che pubblichiamo in merito, come questo. Alla prossima!

Pectra: il prossimo grande aggiornamento di Ethereum spiegato semplice

Pectra aggiornamento Ethereum: come funziona?

L’aggiornamento di Ethereum Pectra è in arrivo oggi. Ecco che cos’è, come funziona e che miglioramenti introduce.

L’aggiornamento di Ethereum Pectra sta per essere attivato sulla blockchain di Ethereum. Dovrebbe essere una questione di minuti. L’update ha degli obiettivi chiari: rendere la rete più veloce, scalabile e user-friendly.

Con Pectra, potremo dire addio all’obbligo di pagare le gas fees solo in ETH e, tra le altre cose, assistere ad una più efficiente esecuzione degli smart contract. Per quanto riguarda l’impatto a lungo termine, invece, grazie a innovazioni come i verkle trees e il Peer DAS, l’intera rete dovrebbe diventare più economica da utilizzare, potente e pronta a gestire milioni di utenti in più.

Pectra non è famoso come The Merge, ma ha lo stesso potenziale rivoluzionario. Si tratta di un hard fork, quindi un cambiamento strutturale profondo, che dividerà in modo netto il “prima” e il “dopo” nella blockchain di Ethereum. Il nome deriva dall’unione di due aggiornamenti distinti: Prague, che agisce sull’esecution layer, e Electra, che interviene sul consensus layer. Proprio come è successo nel 2024 con Dencun (da Deneb + Cancun), anche Pectra unisce due anime in una sola evoluzione.

Come funziona Pectra?

Per comprendere veramente che cos’è e come funziona Pectra è essenziale catapultarsi sugli aspetti pratici, molto più efficaci per “capirci qualcosa” quando si parla di tecnologia. 

1. Account Abstraction

Il primo punto su cui si concentra l’aggiornamento di Ethereum Pectra è l’account abstraction: un concetto centrale negli ultimi due anni nel mondo on-chain. Per chiarire in breve cosa si intende, possiamo definirla come una tecnologia (introdotta tramite la proposta tecnica EIP-4337 sulla blockchain di Ethereum) che unisce le funzionalità degli account tradizionali e degli smart contract, dando vita agli smart wallet.

Questa innovazione semplifica radicalmente l’esperienza utente, eliminando la necessità di una seed phrase, automatizzando le transazioni e riducendo le gas fee. In parole semplici, l’account abstraction è la tecnologia che renderà l’uso delle applicazioni decentralizzate simile a quello delle app tradizionali.

Un cambiamento che influenzerà anche lo status quo attuale, in cui gli utenti devono possedere almeno una piccola quantità di Ether (ETH) nei loro wallet per pagare le gas fee, ovvero i costi di transazione da sostenere ogni volta che si effettua un trasferimento o si interagisce con una dapp (app decentralizzata).

2. Smart contract più efficienti

Il secondo punto focale dell’aggiornamento Pectra riguarda l’efficienza degli smart contract di Ethereum, in particolare per quanto riguarda la loro esecuzione. Tra i miglioramenti previsti c’è l’introduzione della proposta EIP-7692, che a sua volta raccoglie diverse altre proposte tecniche. Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo dire che questa proposta cambia il modo in cui gli smart contract vengono compilati (dal punto di vista del codice) e gestiti.

Ad esempio, i contratti saranno divisi in sezioni con un’intestazione chiara, facilitando l’analisi, la manutenzione e la sicurezza del codice. Verranno introdotti nuovi comandi per saltare tra sezioni, manipolare lo stack e leggere i dati in modo più efficiente. 

Inoltre, il codice sarà validato una sola volta al momento del deploy e non più a ogni esecuzione, riducendo costi ed errori. Tutti questi cambiamenti avvengono a livello di bytecode, non nel linguaggio di alto livello come Solidity. In pratica, l’EVM Object Format (EOF) cambia il modo in cui il codice scritto in Solidity viene compilato ed eseguito all’interno della EVM.

3. Validatori più flessibili

Spostiamoci ora sul fronte del consenso, dove l’aggiornamento di Ethereum Pectra introdurrà ulteriori miglioramenti alla rete Ethereum. Attualmente, un validatore deve bloccare 32 ETH per ricevere le ricompense derivanti dallo staking. Tuttavia, qualsiasi importo superiore a 32 ETH non genera ricompense aggiuntive: resta fermo e inutilizzato. Pectra interverrà su questo limite in due modi: introdurrà il prelievo flessibile delle puntate (EIP-7002) e aumenterà il limite massimo di staking per validatore da 32 a 2048 ETH (EIP-7251). Questo cambiamento renderà il sistema più flessibile ed efficiente, soprattutto per chi gestisce grandi quantità di ETH — come aziende o operatori istituzionali.

Un’altra novità importante sarà il cosiddetto “consolidamento dei validatori”: grazie a questa funzione, realtà come Lido, che effettuano staking per conto di molti utenti, potranno gestire meno nodi validatori per la stessa quantità di ETH. Il risultato? Meno pressione sulla rete, più efficienza, e un uso più sostenibile delle risorse.

4. Verkle Tree

Questa integrazione è piuttosto tecnica, quindi non entreremo nei dettagli, ma ci limiteremo a una spiegazione ad alto livello. In sintesi, i Verkle Tree permetteranno ai nodi della rete di memorizzare meno dati rispetto a quanto avviene oggi. Il risultato? Una rete più leggera, veloce e scalabile.

Si tratta, in pratica, di un nuovo modo di organizzare i dati, più efficiente dell’attuale. Questo cambiamento renderà Ethereum più performante e meno costoso da usare nel lungo periodo.

5. Peer DAS per i Layer 2

Infine, come probabilmente sapete Ethereum ha bisogno dei Layer 2 – come Arbitrum (ARB) e Optimism (OP) – perché permettono alla rete di scalare. Con l’aggiornamento di Ethereum arriva il Peer Data Availability Sampling, una tecnologia che riduce i costi e migliora la velocità delle transazioni su questi Layer 2 dato che consente di verificare rapidamente i dati delle transazioni senza doverli scaricare. Un supporto concreto per mantenere basse le fee, anche nei momenti di alta attività on-chain.

Un doppio aggiornamento, in due fasi

Pectra sarà rilasciato in due momenti distinti. La prima parte, che include le novità più “visibili”, come l’account abstraction e le modifiche per i validatori sarà attivata oggi, il 7 maggio 2025. La seconda parte, che includerà i miglioramenti più tecnici, come l’EVM Object Format (EOF) e il Peer DAS, pensati per potenziare Layer 2 e smart contract arriverà, invece, nel 2026.

Impatto sul prezzo di ETH? Difficile da dire…

Ethereum, al momento, non se la passa bene, dopo essersi avvicinato ai massimi storici in più frangenti ha perso più del 60% del suo valore e sembra intrappolato in una spirale discendente senza fine. Per questo motivo non ci sentiamo di affermare che Pectra impatterà sul suo prezzo.

Tuttavia, questo aggiornamento potrebbe gettare le basi per una adozione più ampia e quindi avere un impatto positivo su Ether sul fronte che più ci interessa, quello dei cosiddetti “fondamentali”. Se ci pensate pagare le gas fees con qualsiasi token, scrivere e deployare smart contract in modo più efficiente e gestire lo staking in modo flessibile sono caratteristiche che rendono Ethereum più attraente sia per gli sviluppatori che per gli utenti finali.

Insomma, Pectra non è un aggiornamento qualsiasi: è il prossimo passo concreto verso una rete di Ethereum più scalabile, economica e accessibile. Un passo silenzioso ma decisivo per superare il trilemma blockchain (scalabilità, sicurezza, decentralizzazione) e preparare la rete alla vera adozione di massa.

Chi sono le 9 donne più ricche del mondo? La classifica del 2025

Le 9 donne più ricche del mondo: la classifica del 2025

Donne più ricche del mondo: la classifica aggiornata al 2025

Chi sono le donne più ricche del mondo nel 2025? C’è stato un cambio al vertice rispetto agli anni passati? Ecco la classifica aggiornata, basata sul patrimonio netto, ovvero sulla differenza tra il valore dei beni posseduti, come immobili, investimenti, contanti e aziende, e l’ammontare delle passività.

Per stilare questa lista delle donne più ricche del mondo ci basiamo sui dati di Forbes, la rivista che ogni anno pubblica le classifiche aggiornate dei miliardari più abbienti del globo. Ricordiamo, però, che esiste anche il Bloomberg Billionaires Index, che restituisce una fotografia in tempo reale del patrimonio dei miliardari, per cui la posizione di alcune di queste donne potrebbe variare durante l’anno.

Ecco le 9 donne più ricche al mondo nel 2025.

9. Marilyn Simons

Vedova del noto matematico e investitore Jim Simons, fondatore dell’hedge fund Renaissance Technologies, Marilyn Simons è stata fino al 2021 presidente della Simons Foundation, una delle più grandi organizzazioni filantropiche USA. 

Con l’erogazione di borse di studio e contributi, la Simons Foundation si pone l’obiettivo di sostenere la ricerca e lo sviluppo di quattro aree in particolare: scienza e matematica, autismo e neuroscienze, società e cultura e scienze della vita. 

8. Miriam Adelson

Dopo la scomparsa del marito Sheldon Adelson nel 2021, Miriam Adelson ha ereditato la maggioranza delle quote del colosso dei casinò Las Vegas Sands. Tra questi, la famiglia Adelson possiede anche 5 casinò a Macao e uno a Singapore, due fra i paesi più ricchi del mondo

Con un patrimonio di 32.1 miliardi di dollari, Miriam è anche una nota filantropa, e fino ad oggi ha donato più di un miliardo di dollari per la ricerca medica .

7. Abigail Johnson

Abigail Johnson è la settima donna più ricca del mondo grazie ad un patrimonio di 32,7 milioni di dollari. È il volto di Fidelity Investments, il terzo fondo di investimento più importante del globo, con circa 5.3 trilioni di dollari di asset in gestione. Fidelity ha lanciato, insieme ad altri fondi di investimento, a gennaio e a luglio 2024 due ETF rispettivamente su Bitcoin e Ethereum, evento che ha segnato un momento di svolta epocale per il mondo crypto. Inoltre, recentemente ha annunciato il lancio di due stablecoin insieme a World Liberty Financial, progetto di DeFi sostenuto dalla famiglia Trump. 

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6. Savitri Jindal

Con un patrimonio di 35,5 miliardi di dollari, Savitri Jindal è la donna più ricca dell’India. È la presidente di Jindal Group, un colosso attivo nei settori dell’acciaio, energia e infrastrutture. È anche attiva in politica, nel 2005, dopo la morte del marito, è stata eletta nella  Haryana Vidhan Sabha dalla circoscrizione di Hisar.

5. Rafaela Aponte-Diamant

Rafaela Aponte-Diamant e suo marito Gianluigi hanno co-fondato la Mediterranean Shipping Company (MSC) nel 1970. Grazie alla loro intuizione, MSC è oggi la più grande linea di navigazione al mondo. Rafaela, con un patrimonio di 37,7 miliardi di dollari, controlla una flotta di circa 900 navi.  

4. Jacqueline Mars

La quarta donna più ricca del mondo Jacqueline Mars, erede dell’impero dolciario e alimentare Mars Inc., Jacqueline Mars ha un patrimonio di circa 42,6 miliardi di dollari. Insieme al fratello John, gestisce l’azienda di famiglia, famosa per brand di snack come M&Ms e Snickers e per il marchio di petfood Pedigree.

3. Julia Koch

Julia Koch e i suoi figli hanno ereditato una quota del 42% della Koch, Inc (ex KochIndustries) dopo la morte del marito David Koch nel 2019. Con un patrimonio di 74,2 miliardi di dollari, Julia Koch guida uno dei più grandi conglomerati privati del mondo – il secondo negli Stati Uniti –attivo in settori come il petrolio, la carta e la tecnologia medica.

2. Françoise Bettencourt Meyers

Françoise Bettencourt Meyers, erede del colosso cosmetico L’Oréal, perde la prima posizione come donna più ricca del mondo dopo cinque anni di dominio. Nonostante ciò, il suo patrimonio ammonta a circa 81,6 miliardi di dollari. 

Possiede il 35% del gruppo L’Oréal, che quest’anno ha visto un calo del 20% del valore del titolo, causato da una forte diminuzione delle vendite soprattutto in Cina. Inoltre, dopo 20 anni, Francoise Bettencourt Meyers ha annunciato il ritiro dal board della società, lasciando il posto a suo figlio Jean-Victor Meyers.

1. Alice Walton

Alice Walton, figlia del fondatore di Walmart Sam Walton, ha visto il suo patrimonio crescere a 101 miliardi di dollari grazie all’aumento del 40% del valore delle azioni della società. A differenza dei suoi fratelli, non ha mai avuto un ruolo attivo nella gestione dell’azienda di famiglia, preferendo dedicarsi alla sua passione per l’arte. Ha fondato il Crystal Bridges Museum of American Art, che ospita opere di artisti come Andy Warhol, Georgia O’Keefe e Mark Rothko.

Questa classifica dimostra come le donne più ricche del mondo abbiano diversificato i loro investimenti in numerosi settori, dalla tecnologia alla moda, dall’industria mineraria all’arte. Che siano imprenditrici di successo o eredi di grandi fortune, queste donne continuano a guidare il mondo del business globale.

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ESG e sostenibilità: l’investimento etico verso un futuro incerto?

ESG e sostenibilità: l’investimento etico verso un futuro incerto?

ESG e sostenibilità sono termini che nella finanza tradizionale andavano molto di moda. Da qualche mese il clima è cambiato e il futuro appare incerto. Cosa è successo? 

L’investimento sostenibile ESG è stato il tema del momento per molti anni: una ricerca Google “ESG” nel 2022 avrebbe prodotto più di 200 milioni di risultati. Ciò era perfettamente coerente col periodo storico, caratterizzato da una forte sensibilità verso i rischi del cambiamento climatico e dalla relativa attuazione delle politiche green da parte delle istituzioni. I dati, però, ci dicono che potremmo essere di fronte a un cambio di direzione. In questo articolo capiremo cosa si intende per investimenti ESG e come questo trend, forse,  non sia più così popolare. Buona lettura!

ESG: significato, criteri e rating

ESG è un acronimo che sta per Environmental (Ambientale), Social (Sociale) e Governance (Modello di governo aziendale) e rappresenta i pilastri fondamentali utilizzati per valutare la sostenibilità, la responsabilità sociale d’impresa (CSR, Corporate Social Responsibility) e l’impatto etico di un’azienda o di un investimento. L’ESG è parte del concetto più ampio di investimento sostenibile e responsabile (SRI, Socially Responsible Investing) e, come abbiamo anticipato, è il prodotto di un momento storico segnato da una forte attenzione verso le questioni ambientali. Detto in parole semplici, l’investimento ESG seleziona e sostiene quelle imprese che concretamente operano in modo tale da salvaguardare l’ambiente e rispettare i diritti umani e dei lavoratori. Questa selezione si basa su dei criteri specifici.

I criteri ESG sono divisi in tre macroaree e sono necessari per comprendere quanto un’impresa o un investimento siano sostenibili e socialmente responsabili. Immagina di essere il gestore di un mega hedge fund sostenibile che deve esaminare una società per decidere se investirci o meno. Cominceresti con l’analisi dei criteri ambientali, quindi con la valutazione dell’impatto delle attività aziendali sull’ambiente e della volontà della società in questione di limitare i danni. I fattori principali della sezione Environmental includono ovviamente lo sfruttamento delle risorse naturali, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento e, in generale, la conformità ambientale. Passeresti poi ai criteri sociali, parte del pilastro Social, per verificare le relazioni della società con le parti coinvolte, dunque coi dipendenti, i fornitori, i clienti e la comunità in cui essa opera. L’obiettivo di questa indagine è misurare le conseguenze del business e la responsabilità dimostrata nei confronti dei vari soggetti interessati elencati sopra. Nel concreto, dovresti controllare le condizioni di lavoro dei dipendenti, il rispetto dei diritti umani, la qualità dei prodotti e l’impegno nei confronti delle comunità locali.

Infine, concluderesti con lo studio del modello di governo aziendale, ovvero coi criteri di governance. Questa sezione monitora la struttura societaria, i processi decisionali e le politiche che guidano la gestione dell’impresa affinché siano in linea coi principi etici e le buone pratiche. I punti fondamentali in questo caso riguardano per lo più la trasparenza, l’anticorruzione, l’indipendenza dei membri del CdA (Consiglio di Amministrazione), il rispetto delle minoranze e della diversità di genere. Chiaramente, queste valutazioni potresti farle tu in prima persona o delegare il compito ad agenzie specializzate in rating ESG

I rating ESG sono giudizi espressi in punteggi numerici o scale alfabetiche che mirano a valutare il livello di sostenibilità aziendale complessiva. La loro funzione è, appunto, offrire informazioni aggiuntive agli investitori nel momento in cui decidono se investire. A livello internazionale, le agenzie – o provider – di rating ESG più famose sono MSCI ESG Research di Morgan Stanley, Sustainalytics di Morningstar, S&P Global ESG scores di Standard & Poor’s e Moody’s ESG Solutions di Moody’s. Esistono poi provider che si concentrano su temi specifici come Standard Ethics, specializzato sulla conformità agli standard internazionali. 

Però, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Vediamo alcuni Difetti con la D maiuscola relativi a questa corrente finanziaria, che poi sono anche parte delle ragioni dietro l’inversione del trend.

ESG e contraddizioni: scandali e greenwashing

L’investimento sostenibile ESG, come abbiamo visto, è un tentativo onorevole che unisce la ricerca del profitto alla consapevolezza dell’impatto tangibile sulla Terra delle decisioni economico-finanziarie. Tuttavia alcuni tra grandi aziende e fondi di investimento, hanno sfruttato l’immensa popolarità di questo filone etico per farsi belli agli occhi degli investitori e dei consumatori, senza realmente rispettare le promesse. Lo scopo? Aumentare il fatturato

Un esempio viene dal celebre Dieselgate del 2015, che vede protagonista la VolksWagen: a seguito di indagini si scoprì che la casa automobilistica, in realtà, truccava i test delle emissioni delle auto diesel per apparire più ecologica e rispettosa dell’ambiente agli occhi del mercato e posizionarsi come leader green. La class action si risolse poi col pagamento di 14,7 miliardi di dollari da parte di VolksWagen ai proprietari ingannati.

Un altro caso riguarda Wirecard, un’azienda tedesca che offriva servizi di pagamento digitale. Questo scandalo è particolare perché coinvolge anche le agenzie di rating ESG: nonostante avesse ricevuto dei rating medi – nel senso che non era considerata nè eccellente né carente rispetto ai competitor – nel giugno 2020 la società tedesca ha dichiarato il fallimento a seguito di un buco di 1,9 miliardi di dollari nel bilancio. Il pensiero va alla crisi del 2008, quando le agenzie di rating valutavano con triple A dei prodotti finanziari assolutamente scadenti. 

Lato fondi di investimento invece, un report dell’ESMA (European Security and Markets Authority), dimostra come il solo fatto di avere nomi ESG attiri investimenti significativi: in media, si registra un aumento di capitale dell’8,9% nel primo anno successivo al cambio di nome e i termini legati all’ambiente, quindi al pilastro Environmental, hanno mostrato l’effetto più importante. Il rischio principale, come evidenzia il report, è scadere nel greenwashing, ovvero la strategia di comunicazione e marketing utilizzata per promuovere un’immagine di sostenibilità ambientale, nascondendo o minimizzando gli effetti negativi. Per questo motivo, ha fornito delle linee guida consigliandone l’adozione. 

Manca ancora un tassello per capire le motivazioni dietro al calo di popolarità dell’investimento sostenibile ESG: l’elezione di Donald Trump.

Sostenibilità ESG e Donald Trump non vanno d’accordo: Drill, baby, drill!

Lo scorso novembre, Donald J. Trump è diventato il Presidente degli Stati Uniti d’America grazie a una campagna elettorale fondata sull’isolazionismo americano e sulla volontà di mettere fine all’ideologia “woke”, termine ombrello che include anche le questioni relative al clima e all’ambiente. Al discorso di inaugurazione del 20 gennaio, The Donald ha messo subito le cose in chiaro: “con le mie azioni, oggi, termineremo il Green New Deal” – un piano di riforme economiche e sociali incentrate sul cambiamento climatico e sulle disuguaglianze. È improvvisamente mutato lo scenario o, per rimanere in tema, è cambiato il clima.

Infatti I fondi sostenibili globali ESG, secondo un report di Mornigstar, nel Q1 del 2025 hanno subito deflussi record per 8,6 miliardi di dollari, contro i 18,1 miliardi di dollari di afflussi del trimestre precedente. Lo stesso report ci comunica inoltre che gli investitori negli Stati Uniti hanno ritirato denaro da questi fondi per il decimo trimestre consecutivo. Contemporaneamente, l’Europa ha registrato i suoi primi deflussi netti dal 2018, con 1,2 miliardi di dollari ritirati, contro i 20,4 miliardi di dollari di afflussi nel Q4 del 2024. Occorre anche sottolineare che, nonostante ciò, i fondi ESG a livello globale formano un patrimonio di più di 3 trilioni di dollari

Un altro dato interessante, sempre di Morningstar, riguarda l’attività di chiusura e rebranding dei fondi ESG: per quanto riguarda il 2024, 94 fondi sostenibili sono stati chiusi nel Q4, per un totale di 351 nell’anno, mentre 213 fondi europei hanno cambiato nome, in accordo con le linee guida del report ESMA che abbiamo visto prima. Di questi, 50 hanno introdotto riferimenti ESG, 115 li hanno eliminati e 48 li hanno modificati

Infine, ci arriva un sondaggio dalla Stanford University che potrebbe fornire informazioni utili per comprendere la direzione del trend ESG: nel 2022, il 44% dei giovani investitori riteneva estremamente importante che i fondi di investimento utilizzassero la loro influenza sulle società investite per dare priorità alle questioni di carattere ambientale. Nel 2023, la pensava così il 27% mentre l’ultimo sondaggio, relativo al 2024, rivela che solo l’11% del campione analizzato ha mantenuto la stessa opinione. Se poi gli veniva fatta la stessa domanda ma relativa al miglioramento delle pratiche sociali e di governance, il crollo è stato ancora più marcato: per il sociale dal 47% al 10% mentre per la governance dal 46% al 7%

Sostenibilità e Bitcoin: una sfida aperta

Quando si parla di sostenibilità e Bitcoin, la sfida principale riguarda il consumo energetico necessario per le attività di mining, che abbiamo trattato in modo approfondito in questo articolo del 2021. Da quel momento sono stati fatti dei passi avanti notevoli, tanto che la CCAF (Cambridge Center for Alternative Finance) dell’Università di Cambridge, in un report pubblicato in aprile 2025, ha stimato che ad oggi il 52,4% dell’energia utilizzata per il mining proviene da fonti sostenibili – di cui il 23,4% dall’idroelettrico, 15,4% dall’eolico e il 9,8% dal nucleare. 

Esistono poi altre idee innovative come nel caso di El Salvador, che sta implementando un sistema di mining basato sull’integrazione fra l’energia geotermica della regione vulcanica e l’energia solare ed eolica. Oltre alla produzione, si parla anche di recupero dell’energia. MARA, una delle più grandi aziende di mining del mondo, sta minando Bitcoin convertendo l’APG (Associated Petroleum Gas) in elettricità. L’APG, detta in modo facile, è un gas che viene scartato durante l’estrazione del petrolio per essere poi bruciato o disperso nell’atmosfera. Qui, invece, viene recuperato e convertito in energia elettrica attraverso la combustione per alimentare i mining center, risparmiando sui costi.

ESG nel futuro: e quindi?

E quindi, come si dice spesso, nessuno ha la palla di vetro. Il dilemma è sempre lo stesso: è la fine dei fondi ESG o è solo un momento di riassestamento? Che idea ti sei fatto leggendo l’articolo? Nel dubbio, iscriviti a Young Platform e resta aggiornata/o sulle cose importanti!

La quotazione dell’oro alle stelle: cosa succede?

La quotazione dell’oro alle stelle: cosa succede?

La quotazione dell’oro prosegue il suo viaggio verso la Luna: dopo aver rotto i 3.500$/oncia, ora si aggira sui 3.300$. Cosa succede?

Nell’ultimo anno, la quotazione dell’oro è passata da circa 2.300$ ai 3.300$ per oncia di questi giorni, mettendo a segno un +42% e rompendo la soglia psicologica dei 3.500€. La pandemia e le guerre hanno contribuito a generare una situazione estremamente instabile che terrorizza gli investitori, i quali fuggono verso soluzioni più sicure. Ma nello specifico, cosa è successo? E soprattutto, il trend rialzista è destinato a continuare? 

Capire la quotazione dell’oro: una premessa che potrebbe aiutarti

I movimenti della quotazione dell’oro non possono essere compresi a pieno senza conoscere il significato storico e le caratteristiche che rendono prezioso questo metallo. L’oro è una materia prima quasi unica nel suo genere poiché è presente da millenni nella cultura umana: le prime tracce del suo utilizzo come mezzo di scambio risalgono addirittura alle antiche civiltà egizia e sumera, mentre le prime monete d’oro furono coniate già nell’ottavo secolo a.C. Una presenza così continuativa nel tempo è motivata dalle proprietà fisiche intrinseche che possiede, come la malleabilità, la durabilità, la divisibilità e la rarità, che lo rendono un materiale particolarmente richiesto e desiderato in modo trasversale. Con l’avvento dell’industria elettronica, inoltre, si sfruttano anche le sue capacità di conduzione termica ed elettrica. 

L’oro, nel corso dei secoli, è stato costantemente e universalmente riconosciuto come riserva di valore, vale a dire come un modo per mantenere intatta la propria ricchezza nel tempo. Cigni neri come crolli di monarchie e imperi, guerre, pandemie e crisi finanziarie, hanno provocato la fine di epoche storiche e sistemi economici, ma non hanno mai intaccato la percezione collettiva nei confronti di questo metallo: l’associazione dell’oro con la sicurezza, la stabilità e la conservazione della ricchezza è profondamente e storicamente radicata nella coscienza comune. Per questi motivi, gode di estrema fiducia da parte degli investitori.

L’insieme di questi elementi fa sì che l’oro, come abbiamo anticipato, sia un materiale molto richiesto. L’alta richiesta, però, deve fare i conti con una quantità limitata disponibile sul nostro pianeta. Il risultato è che il prezzo dell’oro – o anche la quotazione dell’oro – sui mercati è motivato dall’incontro tra domanda e offerta

Una volta capito come “funziona” l’oro, è il momento di analizzare le ragioni dietro questa performance spaziale. 

Cosa spinge la quotazione dell’oro verso l’alto?

Come abbiamo detto, la quotazione dell’oro è il prodotto della legge della domanda e dell’offerta sulla materia prima e di dinamiche sottostanti molto complesse e ricche di variabili da prendere in considerazione. Tuttavia, tale complessità fatta di astruse formule matematiche e interminabili file excel la lasciamo a chi fa questo di mestiere. A noi piace semplificare la questione, affermando che la quotazione dell’oro è direttamente proporzionale al grado di instabilità – o incertezza – percepita o reale: più la situazione economica, geopolitica, sanitaria e quello che vuoi, è instabile, più ci sarà richiesta e più il prezzo salirà. Al contrario, più la situazione è stabile, più la quotazione sarà uniforme e organica, non soggetta ad aumenti o cali repentini della domanda. 

Ti ricordi l’assalto ai supermercati all’annuncio del lockdown? In quell’assurdo momento di panico, la gente è corsa a comprare i legumi, perché sono i viveri perfetti per l’apocalisse: scadono dopo anni, si conservano facilmente, sono nutrienti. In situazioni di normalità, hai la scorta di fagioli borlotti in casa? Improbabile. Quindi, con le dovute proporzioni, l’oro è come i legumi – non masticarlo – ed è il bene rifugio per eccellenza nei periodi di forte stress. Ma perchè questa volta ha rotto ogni record?  

Pandemia, guerre e inflazione: la tempesta perfetta

Da marzo 2024 la quotazione dell’oro è passata dai 2.000€ ai 3.300€ l’oncia – al momento in cui scriviamo – registrando un aumento del 63% e arrivando a rompere la soglia psicologica dei 3.500€. Impressionante se pensiamo che venti anni fa il suo prezzo oscillava fra i 400$ e i 500$. Ma questo comportamento, sulla base di quanto detto finora, non dovrebbe stupire. Infatti se ci concentriamo sui singoli eventi macro negativi, possiamo trovare conferma di questa correlazione diretta tra instabilità e prezzo: con la crisi del 2008, l’oro passa da 711$ l’oncia a 1820$ in tre anni; da gennaio 2020 a luglio 2020, la pandemia e i lockdown spingono la quotazione verso l’alto del 30%; infine, dal febbraio 2022 ad oggi, l’invasione russa dell’Ucraina, la riapertura del conflitto israelo-palestinese e l’elezione di Donald Trump hanno portato l’oro a un passo dal raddoppio del prezzo (+85%). 

Nuvole nere si addensano all’orizzonte: scoppia il Covid-19

In questo lasso di tempo, specialmente negli anni del Covid-19, i governi le banche centrali di tutto il mondo sono stati obbligati a lanciare misure fiscali espansive senza precedenti per sostenere le economie, le imprese e i cittadini: per esempio in Europa, il NextGenerationEU equivale a 806 miliardi di euro – ma è parte di un pacchetto di aiuti di 2 trilioni di euro – mentre negli Stati Uniti, l’insieme degli stimoli fiscali approvati in quel periodo ammonta a circa 6,9 trilioni di dollari. In tutto ciò, i tassi di interesse erano vicini allo zero. Cosa succede quando la quantità di moneta circolante aumenta in maniera così imponente? Risposta esatta, l’inflazione cresce. E cosa fanno i grandi player quando l’inflazione cresce? Altra risposta esatta, si rifugiano nell’oro per evitare la svalutazione del proprio capitale.

Inizia a diluviare: la Russia invade l’Ucraina

Nonostante tutto, l’economia riparte, le banche centrali possono finalmente cominciare la lotta all’inflazione e nel 2022 la FED alza i tassi di interesse, seguita in scia dalla BCE e da altre banche. Ma Vladimir Putin in quel momento decide di invadere l’Ucraina: si verifica un potente shock sull’offerta dell’energia e delle materie prime, soprattutto di tipo alimentare, perché la Russia è uno dei principali esportatori di gas e petrolio, mentre l’Ucraina – il Granaio d’Europa – rifornisce il mondo di cereali. Ciò si traduce in un ulteriore shock dei prezzi che, a catena, si ripercuote sul costo della vita: ti ricordi quanto costava fare benzina nell’estate del 2022? Circa 2€ al litro. Ora, lasciando da parte il discorso sulle imprese energivore, il solo aumento delle spese legate al trasporto su strada ha provocato un rialzo dei prezzi a 360 gradi. Sappiamo che la salita dei prezzi corrisponde alla perdita di potere d’acquisto la quale, a sua volta, implica l’aumento dell’inflazione. Cosa succede quando aumenta l’inflazione? Esatto, parte la corsa all’oro neanche fossimo nel Klondike di Paperon de’ Paperoni. 

Fulmini e saette: il Medio-Oriente si infiamma

La situazione geopolitica è molto instabile, ma tutto sommato le economie reggono, anche grazie alla spinta delle politiche espansive dell’era Covid. Tuttavia, a neanche un anno dall’invasione, si apre un altro fronte di guerra: il conflitto israelo-palestinese esplode per l’ennesima volta e il Medio-Oriente si infiamma. Tra le cose che accadono, il gruppo terroristico degli Houthi inizia a lanciare missili per ritorsione sullo stretto di Bab-el-Mandeb, un collo di bottiglia tra Yemen e Corno d’Africa che conduce al Canale di Suez e da cui passava circa il 15% del commercio marittimo globale. Le navi cargo commerciali, obiettivo primario dell’attacco degli Houthi, sono tuttora costrette ad evitare Suez e circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Europa, aggiungendo 10-15 giorni di navigazione. Ciò, naturalmente, ha prodotto un rincaro generalizzato dei prezzi. E cosa succede se i prezzi salgono? L’inflazione cresce e…sì, si corre a guardare la quotazione dell’oro per comprare qualche oncia

La tempesta ora è perfetta: Donald Trump annuncia i dazi doganali 

E quando sei li a pensare che non potrebbe andare peggio, Donald Trump vince le elezioni e decide di scatenare il panico nelle istituzioni economiche e finanziarie di tutto il mondo, pronunciando una sola parola: tariffs, dazi. In un mercato estremamente globalizzato e connesso come quello del XXI secolo, se la principale economia del pianeta impone dazi altissimi – poi sospesi fino a luglio – la situazione diventa grave. Infatti oltre al rischio inflazione, con le barriere all’ingresso che gonfiano i prezzi finali delle merci importate, in questo caso si aggiunge anche il timore della recessione perché l’economia rallenta pesantemente. Dal 9 aprile, giorno in cui Trump ha annunciato i dazi, la quotazione dell’oro ha sfondato il tetto psicologico dei 3.500$ l’oncia mettendo a segno un +15%, per poi ritracciare e lateralizzare intorno ai 3.300$. 

La quotazione dell’oro nel futuro: il trend proseguirà?

Un report di Goldman-Sachs ci fornisce un dato interessante circa l’interesse per l’oro da parte delle banche centrali mondiali: dal congelamento degli asset della banca centrale russa nel 2022 (a seguito dell’invasione dell’Ucraina), la richiesta media mensile è passata da 17 a 108 tonnellate. Goldman-Sachs stessa prevede che alla fine del 2025 la quotazione dell’oro si aggirerà nel range compreso tra i 3.650$ e i 3.950$ per oncia, mentre JP Morgan stima una crescita oltre i 4.000$ per oncia nel 2026. Insomma, secondo molti pareri autorevoli la tempesta perfetta fatta di pandemie, guerre e tariffe doganali continuerà a spingere l’oro nel suo viaggio in direzione Luna. 

Ora che conosci questo prezioso metallo, la sua storia e le sue caratteristiche di bene rifugio anti-inflattivo, ti consigliamo di informarti su quello che viene chiamato “oro digitale”, Bitcoin. Potresti cominciare dall’articolo in cui spieghiamo come proteggersi dall’inflazione proprio grazie a Bitcoin, può essere un ottimo punto di partenza. Poi, potresti iscriverti qui sotto, per non perdere il ritmo!

Quant’è la reale probabilità di vincere ai Gratta e Vinci?

Vincere ai Gratta e Vinci: le probabilità

Quali sono davvero le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci? Scoprile insime alla genesi e alla storia di questo popolarissimo gioco d’azzardo

Comprare un Gratta e Vinci è un gesto quasi universale, compiuto da tutti almeno una volta nella vita. C’è chi lo acquista in autogrill, come rito propiziatorio per segnare l’inizio o la fine di un viaggio. Chi ne fa un appuntamento fisso settimanale. E chi, purtroppo, finisce per spenderci regolarmente somme importanti, ignorando il monito “gioca responsabilmente” – che ancora ci stupisce per il livello di ipocrisia raggiunto con un solo claim.

Tuttavia, non siamo qui per dare giudizi morali, bensì per calcolare qual è la reale probabilità di vincita di un Gratta e Vinci, oltre a stimare l’impatto di un fenomeno piuttosto rilevante – in Italia vengono giocati circa 80 biglietti al secondo. Seguici in questo viaggio alla scoperta del gioco d’azzardo più popolare tra gli italiani – solo il 15,3% degli italiani ha espressamente dichiarato di non averne mai acquistato nessuno. Scoprirai che il gioco non vale la candela ma anche quanto incassa lo stato per ogni euro giocato.

La genesi: come sono nati i Gratta e Vinci?

Idealmente è possibile calcolare la probabilità di vincere ad un “gratta e vinci” dal 1974, quando l’azienda americana Scientific Games Corporation brevettò una tecnologia per stampare biglietti con aree nascoste da una patina rimovibile. In italia la mania dei Gratta e Vinci è arrivata, invece, molto dopo, questi “diabolici” cartoncini hanno fatto il loro debutto ufficiale nel nostro paese il 21 febbraio del 1994

Tale introduzione, sancita dalla Legge Finanziaria del governo Ciampi, fu molto meno ipocrita di come viene trattato questo gioco ora, in quanto espressamente volta a finanziare il “piano salva lavoro” promosso dall’allora ministro del Lavoro Gino Giugni. Già in occasione del lancio era chiaro e assodato quanto lo Stato avrebbe dovuto raccogliere da questa attività: 240 miliardi di lire

Il primo biglietto messo in commercio si chiamava “La Fontana della Fortuna”, costava 2.000 lire e raffigurava la Fontana di Trevi. Il numero di fontane scoperte grattando determinava l’entità del premio, che poteva variare dal rimborso del costo del biglietto fino a un massimo di 100 milioni di lire. Per rendere il gioco fortemente attrattivo la lotteria garantì che, per l’esordio, un biglietto su nove sarebbe stato vincente.

Inutile dire che il successo fu immediato: la semplicità delle regole, la novità dell’estrazione istantanea (“Gratta e Vinci” divenne un nome autoesplicativo della dinamica di gioco) e la possibilità di conoscere subito l’esito, senza attendere estrazioni o risultati sportivi, catturarono l’interesse del pubblico italiano, rendendo questo gioco, in brevissimo tempo, uno dei più amati.

L’evoluzione: come siamo arrivati ai Gratta e Vinci di oggi?

Il grande successo iniziale oltre a implicare un cambiamento delle probabilità di vincere ai Gratta e Vinci contribuì all’espansione del fenomeno. In poco tempo nacquero molte varianti di questo gioco d’azzardo a partire da “La Fortuna col Mundial”, legato ai campionati mondiali di calcio del 1994, passando per “Caccia al Tesoro”, “Lancillotto”, “Goal”, “Il Mercante in Fiera”, “Partitissima”.

Lottomatica giocò un ruolo chiave nella popolarizzazione dei Gratta e Vinci negli anni ’90, introducendo una grande varietà di giochi con diverse tipologie di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), ente regolatore del settore, ha spesso legato le emissioni a eventi o festività, creando serie tematiche per Natale, San Valentino, Mondiali di calcio, o utilizzando maschere tradizionali come Pulcinella e Pantalone per il Carnevale.

E i formati che tutti conosciamo, disponibili ancora oggi? La linea “Miliardario”, ad esempio, è stata introdotta nel 2005, e si è poi evoluta in diverse versioni. Mentre il “Turista per sempre,” il sogno di tantissimi lavoratori stressati che ogni tanto incrociano le dita e lo acquistano cercando di diventare nomadi digitali disoccupati, è nato nel 2010.

Parallelamente all’evoluzione dei giochi, anche la tecnologia di produzione ha subito una trasformazione radicale. Dai metodi manuali degli esordi, si è passati a processi industriali e, nel 2006, sono stati introdotti i Gratta e Vinci online.

I numeri: quanto si è espansa l’epidemia dei Gratta e Vinci?

Le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci sono una costante, mentre la variabile principale connessa a questo gioco risponde ad una curiosa domanda: quanto ha raccolto lo Stato quest’anno vendendo questi magici cartoncini?

Secondo i dati ufficiali nel 2022 sono stati raccolti circa 11 miliardi di euro a fronte di circa 136 miliardi totali raccolti attraverso il gioco d’azzardo. Il fenomeno in generale, seppur presente sul nostro paese dall’alba dei tempi, è in forte crescita. Gli ultimi dati aggregati disponibili (per il 2023) ci dicono che la raccolta è passata da 136 miliardi a 150 in solo un anno – nel 2019 i miliardi raccolti erano 19,4.

Alcune analisi sociologiche ed economiche suggeriscono che la crescente popolarità del gioco d’azzardo potrebbe essere una sorta di risposta – simbolica e irrazionale – a condizioni di vita insoddisfacenti e a scarse disponibilità economiche. In contesti in cui la disuguaglianza di reddito è particolarmente accentuata l’alea del gioco può incarnare una sorta di “ideale egualitario” illusorio, offrendo a tutti, indipendentemente dalla condizione di partenza, la possibilità di ottenere somme significative e un riscatto sociale. Questa interpretazione trova riscontro in dati empirici che evidenziano come la spesa per il gioco d’azzardo incida maggiormente, in termini percentuali sul reddito, sulle fasce di popolazione economicamente più deboli. Nell’ultimo capitolo di questo articolo comprenderemo – utilizzando la matematica e il calcolo delle probabilità – come questa non è altro che un’illusione.

Quante probabilità hai di vincere al gratta e vinci?

A differenza del discorso che abbiamo affrontato sul SuperEnalotto è piuttosto complesso calcolare le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci. Come potrai intuire la maggiore complessità deriva dalla grande quantità di varianti esistenti. Se ci leggi spesso lo saprai, intendiamo trattare il concetto di fortuna dal punto di vista statistico, quindi cercando di calcolare il ritorno atteso per ogni euro “investito” – o “buttato”; troviamo subito la risposta. 

Possiamo partire da qualcosa di semplice, ovvero dalla probabilità media di vincita complessiva, calcolata considerando tutti i biglietti vincenti (contenenti uno o più premi) rispetto al totale dei biglietti prodotti per tutte le lotterie attive. Le fonti ufficiali riportano valori leggermente diversi per questa media: 1 biglietto vincente ogni 3,60  secondo ADM e il sito Grattaevinci.com, o 1 biglietto vincente ogni 3,36 secondo Lottomatica. 

È cruciale comprendere che questa statistica includa qualsiasi premio, anche quelli di importo pari o inferiore al costo del biglietto stesso. In ogni caso possiamo affermare che le probabilità di vincita variano a seconda del tipo specifico di Gratta e Vinci e, soprattutto, all’entità del premio in palio. Mentre la probabilità di ottenere un premio minimo (spesso il rimborso del costo del biglietto) può essere relativamente “alta” (ad esempio, 1 su 7 o 8 biglietti in alcuni casi ), le possibilità di aggiudicarsi i premi più preziosi, quelli che soddisferebbero la maggioranza dei giocatori, sono estremamente basse.

Le probabilità di vittoria ai Gratta e Vinci

Finalmente arriviamo al cuore del discorso: quali sono le reali probabilità di vincere qualcosa — cioè più di quello che hai speso — con un Gratta e Vinci?
Per capirlo serve un pizzico di matematica, ma niente paura: bastano due concetti base, il payout e il valore atteso (EV), che ci portano subito alla stessa conclusione che già conosciamo: giocare non conviene

Il payout è la percentuale del denaro raccolto con la vendita dei biglietti che viene restituita ai giocatori sotto forma di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ci dice che può arrivare fino al 75%. In teoria, quindi, su 100 euro spesi, 75 tornano indietro. Bello, no? Peccato che si tratti di un massimo teorico. Nella pratica, il payout medio reale è molto più basso: si aggira attorno al 47,5%. Questo significa che ogni volta che gratti, in media, stai regalando oltre la metà dei tuoi soldi allo Stato e al concessionario.

E per quanto riguarda il valore atteso? È la misura che ci dice quanto si perde (in media) ogni volta che si gioca. Si calcola sommando tutti i possibili esiti, ognuno pesato per la sua probabilità, e il risultato è sempre negativo. Facciamo due esempi concreti: un biglietto da 10 euro, con payout del 75%, ha un valore atteso di –2,50 euro. Uno da 1 euro? –0,22 euro. Tradotto: ogni volta che compri un Gratta e Vinci, matematicamente stai perdendo dei soldi.

Ovviamente è più difficile calcolare il valore atteso come abbiamo fatto per il SuperEnalotto: le varianti dei Gratta e Vinci sono moltissime e con probabilità di vittoria diverse, ma in ogni caso l’esempio che abbiamo fatto rende bene l’idea di quanto questo gioco sia sbilanciato a favore del banco.

In conclusione, il Gratta e Vinci non è solo un passatempo da bar o da autogrill. È un sistema perfettamente oliato per generare profitti costanti, una vera e propria tassa travestita da gioco. E come ogni tassa che si rispetti, colpisce soprattutto chi può permettersela di meno. Al contrario, investendo regolarmente una percentuale contenuta del tuo reddito porresti conservare – o accrescere – il valore in tuo possesso nel tempo. Seguici per saperne di più!


“Ma quanto guadagna un…?” La guida agli stipendi che non ti aspetti

“Ma quanto guadagna un…?” La guida agli stipendi che non ti aspetti

Quanto guadagna una suora? Un sindaco? E un atleta olimpico? Se almeno una volta ti sei fatto domande simili, questo articolo fa per te. Pronti? Via! 

“Chissà quanto guadagna…” è la domanda delle domande, tanto che qualche anno fa il trend “What do you do for a living?” era virale ovunque. La motivazione dietro a questo successo è precisa: praticamente tutti sognano la ricchezza e i soggetti di quei TikTok erano esempi concreti di chi ce l’aveva fatta. Ma miliardari a parte, esiste tutto un gruppo di professioni meno comuni di cui si sa molto poco. Per esempio, sai quanto guadagna un arbitro di Serie A? E un camionista?  

Determinare quanto guadagna una professione: variabili da tenere a mente 

Un mini disclaimer da fare riguarda alcune variabili da considerare al momento in cui si presentano i dati. Gli stipendi sono riportati sotto forma di retribuzioni lorde medie, includono i gettoni di presenza e sono influenzati da numerosi fattori come l’esperienza, la specializzazione, la posizione geografica e, in alcuni casi, il successo personale o le performance. Ciò significa – ovviamente – che Renzo Piano, architetto italiano di fama mondiale, percepirà retribuzioni sensibilmente più elevate rispetto allo stagista che è uscito una settimana fa dalla facoltà. Se poi lo stagista lavora in Calabria, dove la media dei compensi è la più bassa in Italia, in bocca al lupo. 

Considerazioni di metodo a parte, cominciamo.

Quanto guadagna un arbitro di Serie A

Gli stipendi degli arbitri di calcio di Serie A sono composti da una quota fissa annuale a cui si aggiungono i gettoni di presenza per ogni partita e gli eventuali rimborsi relativi a spese di viaggio, vitto e alloggio. La quota fissa varia in base all’esperienza, per cui gli arbitri con meno di 50 partite di Serie A ricevono circa 30.000€ lordi annui, mentre quelli con più di 50 partite circa 60.000€. La quota sale a 85.000€ per gli arbitri con esperienza in campo internazionale. 

A questa retribuzione fissa si aggiungono i gettoni di presenza, che l’arbitro colleziona quando arbitra una partita di Serie A. Naturalmente l’importo del gettone varia a seconda della posizione ricoperta all’interno della squadra arbitrale: l’arbitro principale, che riceve il gettone più importante, prende circa 3.800€ a partita

Complessivamente, un arbitro di Serie A di alto livello con esperienza internazionale, può arrivare a guadagnare intorno ai 200.000€ lordi all’anno. Un premio giusto che tiene conto della lunga gavetta tra i campi di terra delle categorie regionali.

Quanto guadagna un atleta olimpico

Restando in ambito sportivo, passiamo ora dalla parte degli atleti. Definire un guadagno medio annuo per un atleta olimpico è molto complesso, dal momento che non esiste uno stipendio fisso tradizionale. I redditi degli atleti di livello olimpico, infatti, includono diverse fonti di guadagno, tra cui premi, bonus, sponsorizzazioni, supporto federale e partecipazione a gruppi sportivi militari e corpi dello stato. Per quanto riguarda i premi, per Parigi 2024 il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha riconosciuto un bonus di 180.000€ per la medaglia d’oro, 90.000€ per quella d’argento e 45.000€ per quella di bronzo. Altro discorso per le sponsorizzazioni, gonfiate dai brand principali – come Nike e Adidas – che hanno interesse ad avere la massima visibilità: sempre per Parigi 2024, il totale di euro versati in sponsor è stato di quasi 1,3 miliardi di euro

Il supporto federale poi si riferisce agli aiuti diretti che le varie federazioni sportive erogano agli atleti, come borse di studio e rimborsi spese. Interessante, infine, il discorso sulla partecipazione ai gruppi sportivi dei corpi militari e dello stato, caratteristica molto italiana. Le Fiamme Oro, le Fiamme Gialle e le Fiamme Azzurre, sezioni sportive della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e della Polizia Penitenziaria, alle ultime Olimpiadi hanno portato il 71% degli atleti presenti nella delegazione italiana. Un atleta affiliato a questi gruppi sportivi, può percepire compensi fissi che vanno dai 1.350€ ai 1.850€, in base al grado occupato nella gerarchia militare. 

Quanto guadagna un sindaco

Anche lo stipendio dei sindaci italiani non è da intendersi nel senso tradizionale del termine, perché varia in modo netto in base alla dimensione demografica del Comune, quindi alla popolazione che vi risiede. Questo compenso prende il nome di “indennità di funzione” e segue un criterio tanto semplice quanto preciso: maggiore è la popolazione, maggiore è la complessità della gestione del Comune, maggiore è l’indennità prevista per il sindaco. 

Nello specifico, l’indennità di funzione mensile lorda prevista è di 2.200€ se gli abitanti sono meno di 3000, di 4.830€ se sono compresi fra i 30.000 e i 50.000 e di 6.210€ se superano quota 50.000. Se invece si tratta di capoluoghi, il compenso è di 9.660€ per quelli con meno di 100.000 abitanti e di 11.040€ se la popolazione residente è maggiore di 100.000. Primo posto per i sindaci delle Città Metropolitane, come Roma o Milano, che ricevono circa 13.800€ al mese. 

Quanto guadagna una suora

La situazione economica delle suore è particolare e totalmente diversa rispetto alle altre viste finora, dal momento che si basa su principi religiosi e comunitari. La suora (come anche il frate), al momento della professione dei voti, emette un voto di povertà: questo significa che rinuncia allo stipendio personale per tutta la vita per il servizio religioso. La suora è comunque libera di cercarsi un lavoro all’esterno e fra i più comuni troviamo l’insegnante di religione e l’infermiera. In questo caso, la retribuzione corrisponde a alla retribuzione prevista per quella professione, altrimenti il sostentamento è garantito dalla congregazione religiosa di appartenenza. 

Occorre sottolineare che anche se la suora dovesse trovare un lavoro esterno, per coerenza col voto di povertà dovrebbe versare l’importo alla cassa della congregazione stessa e destinarlo alle spese comuni. In sintesi, l’economia della vita religiosa di suore e frati mette da parte il concetto di guadagno individuale e si basa invece su un modello comunitario, fondato sul supporto collettivo.

Quanto guadagna un camionista

Lo stipendio di un camionista, in Italia, si colloca in una fascia intermedia e varia dai 26.000€ lordi l’anno ai quasi 30.000€, con una media di circa 2.300€ lordi al mese. Qui le componenti dell’esperienza e della posizione geografica incidono in modo particolare sulla retribuzione. Una posizione entry level parte dai circa 21.000€/anno per arrivare poi a 30.000€ man mano che si collezionano ore sul sedile, mentre a livello di territorio, la zona di Verona risulta quella meglio retribuita, con una media di circa 36.000€ di stipendio lordo annuale. Inoltre, i guadagni reali sono influenzati da fattori specifici relativi al tipo di trasporto che può essere nazionale o internazionale, includere merci pericolose o rientrare nella categoria dei trasporti eccezionali. 

Quanto guadagna un medico di base

Per concludere, uno sguardo alle professioni sanitarie. Tutti, bene o male, sappiamo che i dentisti, gli psichiatri, gli otorini e i medici specializzati in generale, hanno un certo Stipendio con la S maiuscola. Ma i medici di base? Il medico di base, in Italia, presenta una situazione retributiva molto particolare. Il compenso base di questo tipo di medico deriva infatti dalla cosiddetta “quota capitaria”, cioè una quota in euro (lorda) riconosciuta per ciascun paziente iscritto nelle sue liste. Questa quota non è sempre la stessa: equivale a 70€ lordi annui per i primi 500 pazienti assistiti e scende a 35€ lordi per gli assistiti successivi, fino a un massimo di 1.500 pazienti totali. Quindi se un medico di base ha 957 iscritti nelle sue liste, la sua retribuzione annua lorda corrisponde a 50.995€ (500 pazienti x 70€ + 457 pazienti x 35€). Un medico “massimalista”, con 1.500 pazienti assistiti, arriverebbe a un massimo di 52.500€ lordi annui.

Al compenso base si aggiungono bonus di anzianità, indennità specifiche e compensi per attività aggiuntive, come potrebbe essere la partecipazione a campagne vaccinali, che contribuiscono in modo importante al reddito finale: un medico di base con più di 20 anni di carriera può arrivare a percepire anche più di 160.000€ lordi all’anno. 

È necessario specificare che il medico di base deve sostenere molti costi, dalla gestione dello studio – che potrebbe prevedere del personale infermieristico e di segreteria – alle spese per i medici che lo sostituirebbero nei periodi di ferie o malattia. 

Ti aspettavi questi stipendi? 

Ora che sai quanto guadagnano queste professioni particolari, potresti decidere di candidarti come sindaco nel tuo paese o iscriverti all’università – non è mai troppo tardi – per diventare medico di base. O potresti anche mollare tutto e volare a Tenerife per aprire un chiringuito sulla spiaggia. Nel dubbio, la scelta giusta è sempre quella di restare aggiornato sulle cose che succedono: comincia iscrivendoti qui sotto!