Gli oggetti di uso comune più costosi al mondo

Quali sono le cose più costose al mondo?

Qual è la macchina più costosa al mondo? E l’orologio o la carta Pokémon più rara? Scopri gli oggetti più cari in assoluto e cosa li rende unici

Ci sono oggetti così rari, esclusivi e fuori scala da sembrare parte di un universo parallelo. E invece esistono davvero. In questo articolo esploreremo gli oggetti più costosi del mondo: auto, orologi, scarpe, carte da gioco e persino profumi da milioni di euro.

Preparati a scoprire quanto può costare il lusso estremo e ha chiederti, tra te e te, “ma come è possibile?!”

La macchina più costosa al mondo

Tra le auto più costose del mondo attualmente in produzione la protagonista è senza dubbio la Rolls-Royce Boat Tail, una macchina brevettata da BMW (che controlla il marchio Rolls-Royce), nonché una fuoriserie di cui sono previsti solo 3 esemplari.

La sua progettazione è frutto del lavoro della divisione Rolls-Royce dedicata alla realizzazione di serie speciali e su misura ed è ispirata agli yacht degli anni ’20 e ’30. Condivide parte del telaio e un motore 6.7 V12 con la Phantom VIII, ma ha una carrozzeria cabriolet e ben 1813 componenti unici rispetto al modello più classico.

Presentata nel 2021, questa vettura include elementi insoliti per un automobile: una tenda parasole automatica, tavolini da cocktail, stoviglie Christofle, due frigoriferi contenenti alcune bottiglie di champagne Armand de Brignac. Tutto bellissimo, ma il prezzo? Oltre 28 milioni di dollari.

Se invece vi state chiedendo qual è la macchina più costosa mai venduta, la risposta è: la Mercedes-Benz 300 SLR Uhlenhaut Coupé, acquistata tramite un’asta che ha avuto luogo nel 2022, per 143 milioni di dollari

L’orologio più costoso al mondo

L’orologio più prezioso al mondo è il Graff Diamonds Hallucination, valutato 55 milioni di dollari. Il suo valore risiede prevalentemente nei diamanti colorati incastonati all’interno del bracciale di platino. Ci sono diamanti gialli, rosa, blu, verdi e arancioni, tagliati in forme diverse, per esempio a cuore, marquise, smeraldo e rotondo.

Il quadrante? Minuscolo, al quarzo, incorniciato da diamanti rosa. Un orologio che assomiglia più ad una scultura.

Le scarpe più costose al mondo

Il prezzo delle The Moon Star Shoes, firmate dal designer italiano Antonio Vietri, si aggira intorno ai 20 milioni di dollari. Sono sandali realizzati in oro e diamanti, e contengono un frammento di meteorite trovato in Argentina nel 1546.

Il tacco è un omaggio al Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. L’unione tra design, scultura e astronomia le rende una delle calzature più folli mai create.

La carta Pokémon più costosa al mondo

È considerata il “Santo Graal” del collezionismo Pokémon. La Pikachu Illustrator del 1998 è la carta Pokémon più costosa al mondo, venduta per oltre 6 milioni di dollari. Ne esistono meno di 20, distribuite come premio di un concorso artistico.

Il vino più costoso del mondo

Il primato va al Screaming Eagle Cabernet Sauvignon 1992, venduto per 500.000 dollari. È un vino californiano, prodotto in pochissime bottiglie e molto amato dai collezionisti americani.

Altre etichette leggendarie includono Château Margaux 1787 e Romanée-Conti, ma la rarità e il contesto dell’asta hanno fatto lievitare il prezzo dello Screaming Eagle.

Il caffé più costoso al mondo

Il Black Ivory Coffee è il caffè più costoso al mondo, venduto a oltre 2.000 euro al chilo. Viene prodotto in Thailandia, dove i chicchi vengono ingeriti dagli elefanti e poi recuperati, puliti e tostati.

Questo metodo fermenta il caffè in modo naturale, rendendolo meno acido e più morbido. È servito solo in alcuni hotel di lusso nel Sud-Est asiatico.

Il profumo più costoso al mondo

Il titolo spetta a Shumukh, profumo creato a Dubai con un valore di 1,29 milioni di dollari. Il flacone è alto 2 metri, decorato con oro, diamanti, perle e vetro di Murano. È un’opera d’arte tanto quanto una fragranza.

Questi oggetti non sono solo costosi: rappresentano un mix di rarità, design estremo e valore simbolico. Dalle carte da gioco alle automobili, il loro prezzo è giustificato da ciò che evocano: unicità, desiderio e status.

Le probabilità di avere successo con le scommesse sportive

Scommesse sportive: le probabilità di avere successo

Tutto sulle scommesse sportive: uno degli hobby più popolari nel nostro paese. Qual è il loro valore atteso?

Le emozioni che la Champions League, la Serie A, la Premier League, i Mondiali e gli Europei di calcio sanno regalare sono uniche, un collante sociale e culturale per milioni di italiani. Per molti tifosi, l’abitudine domenicale di “piazzare qualche euro” sulla propria squadra del cuore, o su un risultato particolarmente atteso, è diventata quasi un rito, un modo per sentirsi ancora più coinvolti nell’evento sportivo. Questa pratica, alimentata dalla passione e dal desiderio di aggiungere un brivido in più alla partita, è una sorta di estensione naturale del tifo.

Tuttavia, proprio questa commistione tra fede calcistica e gestione delle proprie finanze personali solleva un interrogativo cruciale, un dubbio che si insinua nella mente di ogni tifoso che gioca qualche “bolla” ogni tanto: questo “gioco”, per quanto piacevoli, le scommesse sportive possono essere sostenibili o addirittura vantaggiose dal punto di vista economico nel lungo periodo? Mescolare tifo e denaro è davvero un’abitudine innocua o, come suggerisce il buon senso, un “gioco pericoloso”?

Il mercato italiano delle scommesse sportive

In Italia, dire che il mercato delle scommesse sportive è grande sarebbe un eufemismo. È un vero e proprio colosso, specialmente quando si parla del nostro amato pallone. Gli ultimi dati disponibili (per il 2022 e il 2023, visto che le statistiche viaggiano più lente di un contropiede di Mertesacker ai tempi d’oro) ci raccontano di una crescita che definire esponenziale è quasi riduttivo, soprattutto per la comodità dell’online. Chi non ha mai sognato di trasformare la propria “competenza” da divano in moneta sonante?

Come per i Gratta e Vinci, dove la frase “ma sì, proviamo, non si sa mai” è un mantra nazionale, anche per le scommesse sportive vale l’assunto che quasi tutti, almeno una volta, ci hanno provato. Nel 2022, la raccolta ha superato i 73 miliardi di euro, saliti a ben 82 miliardi nel 2023. Cifre da capogiro, alimentate dal fascino discreto del click online, che permette anche al più timido degli aspiranti “guru” di piazzare la sua giocata senza dover affrontare lo sguardo sornione del ricevitore.

Scommesse calcistiche: come funzionano le quote?

Entriamo ora nel tempio della conoscenza, o almeno, cerchiamo di capire come funziona quel numerino magico che decide le sorti di uno scommettitore: la quota. Nel mondo delle scommesse, la quota è l’inverso della probabilità percepita dal bookmaker che un evento si verifichi, moltiplicata per il nostro sudato importo scommesso per calcolare la potenziale vincita. Più un evento è probabile (Real Madrid in casa contro la Primavera del Pizzighettone), più la quota sarà bassa, rasentando quel teorico “1” che nessuno si filerebbe, perché rischiare per riavere indietro solo la posta non ha alcun senso.

In un mondo ideale, un universo parallelo dove i bookmaker sono enti di beneficenza e non aziende con bilanci da far quadrare, le quote sarebbero “eque”. Un 50% di probabilità? Quota 2.00, semplice e pulito. Ma qui, ahinoi, casca l’asino. I bookmaker, infatti, devono pur campare e, possibilmente, prosperare. Per farlo, inseriscono nelle quote un margine, l’elegante “aggio” o “allibramento”. È come se a ogni puntata, una piccola (ma costante) fetta della torta fosse già destinata a loro, prima ancora che l’arbitro fischi l’inizio.

Se la probabilità implicita calcolata sommando l’inverso di tutte le quote su un evento supera il 100%, quella percentuale extra è il loro guadagno garantito, spalmato su tutte le puntate. Questo significa che, anche se siete convinti di aver scovato la “quota d’oro”, state comunque giocando a un tavolo dove il banco ha un vantaggio matematico.

Un gioco a somma negativa?

Al di là della magia delle quote, c’è una cruda realtà finanziaria: le scommesse sportive, per loro natura,sono un gioco a somma negativa. Immaginate un grande calderone dove tutti gli scommettitori, dal “professionista” con tre monitor accesi al novellino che gioca due euro sul marcatore, versano le loro puntate. Da questo calderone, il bookmaker preleva la sua parte (l’aggio di cui sopra, il suo o compenso per il disturbo di offrirci l’illusione della ricchezza), lo Stato la sua (le tasse), e ciò che resta viene distribuito ai fortunati (e spesso inconsapevoli) vincitori. È matematica elementare: il totale restituito è sempre inferiore al totale giocato.

Certo, la Dea Bendata a volte ci vede benissimo e può regalare la gioia di andare “in cassa” con una somma inaspettata. Quella volta che avete preso il pareggio al 93esimo con gol del portiere, ve la ricorderete per anni. Ma la legge dei grandi numeri è una vecchia signora inflessibile: più giocate, più i vostri risultati tenderanno a convergere verso quel valore atteso negativo. Le storie di vincite mirabolanti, quelle da “cambio vita”, sono l’equivalente calcistico del “tiro della domenica” da centrocampo: bellissime da vedere, ma accadono una volta ogni morte di Papa (per collegarci con l’attualità). Per ogni eroe da copertina, ci sono migliaia di onesti lavoratori del clic che, settimana dopo settimana, contribuiscono al fatturato degli operatori, sperando nel colpo che li trasformi da “scommettitori della domenica” a “esperti di settore”

I bias delle scommesse sportive: perché continuiamo a cascarci?

Se la matematica è così chiaramente avversa, perché le sale scommesse (virtuali e non) pullulano di aspiranti veggenti? Qui entra in gioco la finanza comportamentale, che ci spiega come il nostro cervello, soprattutto quando c’è di mezzo il tifo, prenda delle cantonate memorabili.

  • Eccesso di confidenza (overconfidence bias): il “Mister” che è in noi. Dopo due pronostici azzeccati di fila, ci sentiamo pronti per dare lezioni a Guardiola. Sovrastimiamo la nostra abilità di leggere le partite, ignorando che un rimpallo sfortunato può mandare all’aria l’analisi più “scientifica”.
  • Bias di conferma (confirmation bias): cerchiamo solo le notizie che confermano la nostra “geniale” intuizione. La squadra del cuore gioca? L’attaccante ha un leggero raffreddore? “Ma no, è solo pretattica, vedrai che segna una tripletta!”. Le statistiche avverse? “Sono solo numeri, il calcio è un’altra cosa”.
  • Illusione del controllo: passare ore a studiare formazioni, stati di forma, precedenti, condizioni meteo e l’oroscopo dell’allenatore ci dà l’illusione di poter controllare l’esito. Peccato che il risultato finale dipenda da ventidue persone che rincorrono un pallone, e da una miriade di variabili imponderabili.
  • Avversione miope alla perdita e la sindrome del “recupero”: dopo una serie di scommesse andate male, scatta il meccanismo del “ora mi rifaccio!”. Si aumenta la posta, si cercano quote più rischiose, magari puntando sull’ignoto campionato uzbeko. È un attimo arrivare al punto che quello che mangerai a cena dipenderà dal risultato della partita tra l’undicesima e la dodicesima classificata del terzo campionato olandese. Il risultato? Spesso un buco ancora più grande nel portafoglio.
  • Disponibilità euristica (la memoria selettiva): ricordiamo con un sorriso ebete quella volta che siamo andati “in cassa” con 300 euro due anni fa, ma abbiamo convenientemente sviluppato un’amnesia selettiva per tutte le “piccole” giocate da 5, 10, 20 euro perse nel frattempo. È come l’amico che racconta solo delle sue conquiste amorose, mai dei “due di picche”.
  • Scommettere col cuore: la trappola più dolce. Puntare sulla propria squadra “perché ci credo”, anche quando affronta il Barcellona di Messi, Iniesta e Xavi. La fede calcistica è un sentimento genuino, ma trasformare il conto in banca in un’estensione della sciarpa da stadio raramente porta a risultati finanziari esaltanti.

Questi meccanismi, uniti a un marketing che ci bombarda di vincitori sorridenti, creano un cocktail micidiale che rende difficile resistere al canto delle sirene della schedina.

L’alternativa intelligente: e se invece di “puntare”, “costruissimo”?

Se finora il quadro sembra a tinte fosche per il nostro eroe scommettitore, è perché abbiamo analizzato un gioco dove, per definizione, la maggioranza è destinata a cedere risorse a una minoranza (incluso il banco). Ma cosa succederebbe se, invece di cercare il colpo di fortuna, cercassimo di costruire valore nel tempo?

Quando si investe – in azioni, obbligazioni o criptovalute – si sta, in sostanza, partecipando all’economia reale.

Certo, il mondo degli investimenti non è il paese dei balocchi: ci sono rischi, volatilità, e i rendimenti passati non sono garanzia di quelli futuri (ripetetelo come un mantra). Ma la differenza fondamentale con la scommessa sta nel rendimento atteso. Mentre nelle scommesse è strutturalmente negativo, nei mercati finanziari, nel lungo periodo, la tendenza storica è stata quella di una crescita legata allo sviluppo economico globale. Si tratta di mettere il proprio denaro “al lavoro” in attività produttive, non di lanciarlo in un’arena dove l’esito è un terno al lotto truccato a favore del banco.

Inoltre, l’investimento gode di un alleato potentissimo, sconosciuto al mondo delle scommesse: l’interesse composto. Quei rendimenti, se reinvestiti, generano a loro volta altri rendimenti, in un effetto valanga che, nel tempo, può fare miracoli. È la differenza tra sperare in un lampo di genio estemporaneo e costruire, mattone dopo mattone, un edificio solido.

Da una schedina ad un piano d’accumulo è un attimo

Torniamo al nostro tifoso. La passione è sacra, il brivido della partita insostituibile. Ma se l’obiettivo è migliorare la propria situazione finanziaria, forse è il caso di riconsiderare dove finiscono quei “pochi euro” della domenica. La “vera vittoria” non è indovinare l’under 2.5 di una partita del campionato bielorusso, ma raggiungere una serenità finanziaria che permetta di vivere meglio, realizzare progetti, e magari, perché no, godersi lo stadio senza l’ansia della “bolla” che deve entrare per forza. Questo si ottiene con:

  1. Consapevolezza: capire che scommettere è un costo per un intrattenimento, non una strategia finanziaria.
  2. Pianificazione: avere chiari i propri obiettivi di vita e come il denaro può aiutare a raggiungerli.
  3. Disciplina: mettere da parte con costanza, anche piccole somme. Quante schedine “andate male” possono magicamente trasformarsi in un piccolo – a volte anche grande – piano di accumulo?
  4. Pazienza: l’erba del vicino – che ha appena vinto la schedina – sembra sempre più verde, ma la crescita finanziaria solida è una maratona, non uno sprint.

Immaginate se solo una parte di quei 82 miliardi di euro giocati in un anno in Italia venisse indirizzata verso forme di risparmio e investimento produttivo. Forse avremmo meno storie da bar su “quella volta che quasi…”, ma certamente più famiglie con un futuro finanziario più sereno.

La fede calcistica è una cosa meravigliosa. Le emozioni che ci regala sono impagabili. Le scommesse sportive invece, con il loro fascino da “scorciatoia per la felicità”, sono un labirinto dove è facile perdersi. L’alternativa c’è, ed è meno adrenalinica ma decisamente più costruttiva. L’investimento, inteso come partecipazione consapevole all’economia, offre una prospettiva di crescita nel lungo periodo. Non promette miracoli, ma si basa su fondamenta più solide della speranza che il centravanti avversario inciampi sul dischetto al 90esimo.

La scelta finale spetta sempre al singolo tifoso. Continuare a “piazzare qualche euro” sperando nella botta di fortuna, o iniziare a costruire, con pazienza e intelligenza, un percorso verso una maggiore libertà finanziaria? Se vuoi optare sulla seconda fai “un salto” su Young Platform. Oggi il più grande exchange al 100% italiano, domani l’unica piattaforma finanziaria di cui avrai bisogno.

Supply chain e open finance: l’integrazione che potrebbe rivoluzionare il concetto di filiera

Supply chain e open finance: rivoluzione?

La supply chain potrebbe trasformarsi con l’integrazione dell’open finance. Lo scopo è rendere i flussi finanziari più efficienti e trasparenti. Come?

La supply chain è pronta a lavorare con l’open finance in una sinergia che promette sviluppi più che positivi: grazie alle API, le parti coinvolte nelle diverse fasi della filiera di approvvigionamento potrebbero efficientare notevolmente i flussi finanziari. In questo articolo vedremo insieme in che modo. Cominciamo!

Supply chain: significato e come funziona

Per supply chain, o filiera di approvvigionamento, si intende l’insieme di tutti gli elementi che partecipano al percorso che va dalla creazione del prodotto fino alla sua consegna al consumatore finale. Il termine chain non è casuale: serve a dare l’idea di catena, ovvero di flusso ordinato di fasi interconnesse in cui ogni blocco dipende dal corretto funzionamento di quello precedente e di quello successivo. 

Se la supply chain gestisce il flusso fisico di beni e servizi, la supply chain finance (SCF) ne coordina il flusso finanziario. La SCF, infatti, è definita come la totalità delle soluzioni che hanno l’obiettivo di ottimizzare le operazioni finanziarie fra le aziende fornitrici e acquirenti coinvolte nella filiera di approvvigionamento. Si tratta pertanto di una serie di strategie che mirano a rafforzare la collaborazione e la fiducia fra gli interlocutori, offrendo vantaggi reciproci e tangibili tanto a chi produce quanto a chi acquista. Questa logica collaborativa nasce dal fatto che la supply chain è potenzialmente esposta a numerosi pericoli. Gli esempi più comuni: l’acquirente paga ma il fornitore non spedisce o, al contrario, il fornitore spedisce ma l’acquirente non paga. Questi incidenti di percorso possono seriamente minare il funzionamento e la stabilità della catena e rallentare la velocità delle operazioni, con ricadute concrete a livello economico.

Senza essere precisi e noiosi, alcune delle principali funzionalità della supply chain finance sono il reverse factoring e il dynamic discounting. Il primo, traducibile in italiano (male) con anticipo inverso delle fatture, è la soluzione principale della SCF. In che senso “inverso”? Nel senso che se il factoring diretto prevede che il fornitore venda le sue fatture non ancora incassate a una società terza per ottenere liquidità immediata, pagando le commissioni a questo intermediario, il factoring inverso ribalta i ruoli: è l’acquirente – una grande azienda – che chiede l’anticipo alla società terza affinché il fornitore possa avere capitale a migliori condizioni per portare a termine l’ordine. Lo scopo è permettere al fornitore di accedere al denaro godendo dell’affidabilità creditizia della grande impresa acquirente. Sembra complesso, ma è come se l’impresa acquirente dicesse al fornitore “tranquillo, ci metto io la faccia, così ricevi i soldi prima e paghi di meno il prestito”. In seguito, effettuerà il rimborso e pagherà un tasso di interesse sensibilmente minore rispetto a quello che la società di finanziamento avrebbe applicato in caso di factoring diretto. L’impresa acquirente, alla fine dei giochi, paga un prezzo finale più basso. 

Il dynamic discounting, o sconto dinamico, si basa sulla stessa logica in quanto è sempre l’azienda acquirente ad anticipare la liquidità. In questo caso, però, non ci sono intermediari che concedono prestiti, ma la transazione avviene direttamente tra fornitore e acquirente: il primo emette una fattura con scadenza, il secondo la incassa e anticipa la liquidità. Cosa ci guadagna l’impresa acquirente? Uno sconto in fattura detto dinamico perché varia in modo proporzionale al tempo di anticipo del pagamento: prima paghi meno paghi e viceversa. 

Quindi, per riassumere in due righe, le soluzione di SCF hanno l’obiettivo di migliorare la gestione del capitale e ridurre i tempi di pagamento, offrendo alla parte fornitrice l’accesso anticipato alla liquidità. Inoltre, permettono alle piccole e medie imprese (PMI) fornitrici di ricevere finanziamenti a migliori condizioni godendo del rating creditizio degli acquirenti che, come abbiamo visto, “ci mettono la faccia”.

Open Finance: cos’è e come funziona   

L’Open Finance è definito come un sistema di condivisione sicuro e consensuale dei dati finanziari dei clienti fra i vari attori, finalizzato allo sviluppo di prodotti o servizi innovativi. È consensuale perché necessita del consenso del proprietario dei dati. Si basa sul concetto di Open Innovation, che concepisce l’innovazione non come il frutto di dinamiche competitive basate sulla segretezza, ma come il risultato di collaborazione, condivisione e trasparenza. L’Open Finance è considerata l’upgrade dell’Open Banking perchè ne estende le logiche: anziché concentrarsi esclusivamente sui dati bancari, prende in considerazione l’intero settore finanziario. Ciò significa che se l’Open Banking si focalizza sui servizi bancari, l’Open Finance mira a creare un ecosistema finanziario interconnesso, includendo mutui, polizze assicurative, portafogli di investimento, fondi pensione e così via. 

L’Open Finance si basa sostanzialmente sull’interazione fra tre tipologie di attori: i clienti, le istituzioni finanziarie e i TPP – Third Party Providers, società terze che scambiano, elaborano e utilizzano i dati. In breve, i clienti decidono se garantire ai TPP l’accesso ai propri dati finanziari detenuti dalle varie istituzioni. Una volta concessa l’autorizzazione, le API (Application Programming Interfaces), che sono il motore tecnologico dell’Open Finance, fanno da “ponte” fra sistemi informatici diversi consentendo una comunicazione efficace e sicura delle informazioni finanziarie. In questo modo prende forma un ecosistema in cui varie realtà si scambiano le conoscenze acquisite e collaborano insieme per crearne di nuove, con l’obiettivo di produrre soluzioni innovative e migliorare la struttura finanziaria nel complesso. 

Per comprendere l’importanza di questo nuovo paradigma, potrebbe essere utile un esempio come l’organizzazione della Pasquetta. Vuoi mettere in piedi il tradizionale pranzo tra amici e scegli chi si occupa della brace, chi cucina le verdure, chi prende da bere e chi compra piatti e bicchieri. Sei l’organizzatore, ti arrivano mille messaggi: l’addetto al barbecue ti chiede se chi fa le verdure vuole grigliare, chi invece deve occuparsi delle bevande non sa se prendere anche i bicchieri, chi compra i piatti vuole sapere quante portate sono previste e così via. Un casino assoluto. Sei l’organizzatore mica il centralino. Quindi crei il gruppo su Whatsapp “Pasquetta 2025”. Grazie a questa splendida innovazione, i vari elementi dell’organizzazione possono interagire direttamente fra loro, senza passare da te. L’Open Finance, con le dovute proporzioni, è Pasquetta 2025. 

Abbiamo visto singolarmente cosa sono e come funzionano la supply chain e l’Open Finance. È il momento di vedere come potrebbero collaborare e che benefici può portare questa sinergia all’infrastruttura.

Se supply chain e Open Finance si integrano

Come anticipato, la supply chain è una filiera composta da unità interconnesse in comunicazione costante. Il problema principale è che questa comunicazione spesso è lineare, consequenziale e dunque frammentata: integrare l’Open Finance rende più fluidi i processi e potenzia l’infrastruttura della catena di approvvigionamento aumentando l’efficienza. Come? Attraverso le API, che consentono lo scambio continuo di dati e l’esecuzione di operazioni tra attori differenti come gli istituti bancari, le società terze (TPP), gli intermediari della SCF e i vari sistemi gestionali aziendali (ERP). Il prodotto finale è un ecosistema in grado di trasferire informazioni in modo sicuro e rapido, dove i processi sono automatizzati e ottimizzati. Più la comunicazione è veloce, trasparente e collaborativa, più i processi sono fluidi e stabili, più aumenta la produttività e, di conseguenza, il fatturato. 

Nello specifico, le API Open Finance abilitano l’accesso alle informazioni sui conti (AIS) e l’iniziazione dei pagamenti (PIS), intesi rispettivamente come l’accesso ai saldi e ai movimenti sui conti correnti bancari e l’autorizzazione dei pagamenti in modo automatico, al verificarsi delle condizioni. In questo modo, è possibile ottenere una panoramica aggiornata e completa dello stato finanziario di un’azienda, valutare la liquidità e la capacità di spesa e automatizzare e accelerare le transazioni nel contesto della filiera. Vediamo un esempio pratico. 

Sei il titolare di un’azienda che fabbrica nani da giardino, la GiardiNani S.r.l., e ricevi un mega ordine dal Regno Unito. È la prima volta che ti trovi a dover produrre un numero così alto di statuine da giardino e non hai i soldi necessari per iniziare a lavorare. Nessun problema, l’impresa acquirente ti parla del reverse factoring e ti convince. Si comincia. La GiardiNani emette la fattura con scadenza a 60 giorni all’impresa acquirente, che la riceve e la approva tramite il suo sistema gestionale ERP. Con le API, l’ERP invia in modo automatico i dati della fattura alla società terza di reverse factoring, che ora deve decidere se sbloccare il finanziamento. Questa società può accedere alle informazioni finanziarie (AIS) dell’impresa acquirente e della GiardiNani per esaminare la situazione e stabilire le condizioni di erogazione del prestito: l’alto rating creditizio dell’impresa acquirente si traduce nella proposta di un finanziamento ad ottime condizioni, che la GiardiNani accetta. A questo punto la società di reverse factoring emette il pagamento in modo automatico (PIS), la GiardiNani riceve la liquidità e la tua fabbrica può iniziare a produrre nani da giardino. Ora l’impresa acquirente, alla scadenza dei 60 giorni, deve rimborsare il prestito alla società terza. Tramite API, i sistemi gestionali delle due società comunicano e realizzano la transazione. 

Cos’è successo? In modo quasi del tutto automatico:

  • la GiardiNani ha avuto accesso alla liquidità a costi e condizioni decisamente migliori rispetto a quanto avrebbe ottenuto con un finanziamento tradizionale. L’Open Finance facilita e velocizza l’operazione con l’accesso ai dati finanziari (AIS) e il pagamento automatico (PIS).
  • Lo scambio di informazioni e comunicazioni tra sistemi gestionali riduce l’errore umano e accelera l’intero processo.
  • La trasparenza dei dati consente una valutazione del rischio di credito più accurata, tempestiva ed efficiente.

La filiera di approvvigionamento, nel complesso, ringrazia perché i processi si sono realizzati in modo fluido, senza perdite di tempo. E il tempo è denaro

Una considerazione sul futuro 

L’integrazione tra supply chain e Open Finance, per ora, è finalizzata principalmente alla reattività del sistema e all’efficientamento dei processi. Il prossimo step comprende l’implementazione dell’intelligenza artificiale e il machine learning per lo sviluppo di sistemi capaci di prevedere le crisi di liquidità e i rischi di insolvenza, ottimizzare in modo dinamico i servizi in base al mercato, creare dei modelli di bilanciamento del rischio e altro ancora. 

Molto probabilmente, dato che un pilastro dell’Open Finance è la trasparenza, la blockchain è destinata ad avere un ruolo di primo piano all’interno di questo nuovo paradigma di gestione e ottimizzazione dei flussi finanziari. Nel mondo crypto possiamo già osservare qualche realtà che vuole migliorare i processi della supply chain, tra cui VeChain. Siamo ancora alle prime fasi, noi continueremo ad osservare attentamente questo trend, quindi se non vuoi perderti gli aggiornamenti iscriviti qui sotto!

USA e Cina: la guerra commerciale verso la tregua?

USA e Cina: la guerra commerciale verso la tregua?

USA e Cina stabiliscono una tregua di 90 giorni alla guerra commerciale: sospesa parte dei dazi a partire dal 14 maggio. Le reazioni dei mercati

USA e Cina hanno pubblicato una dichiarazione congiunta nella mattinata di lunedì 12 maggio: nella nota, si comunica la sospensione di parte dei dazi reciproci per 90 giorni a partire dal 14 maggio. La tregua alla guerra commerciale arriva dopo due giorni di intensi colloqui a Ginevra fra Scott Bessent e Jamieson Greer, rispettivamente il segretario al Tesoro e il rappresentante per il Commercio statunitensi, e il vicepremier cinese, He Lifeng. Come hanno reagito i mercati a questa notizia?

USA e Cina mettono temporaneamente in pausa la guerra commerciale 

Ginevra, lunedì 11 maggio. USA e Cina hanno comunicato in una dichiarazione congiunta di aver raggiunto una tregua temporanea nella guerra commerciale cominciata più di un mese fa. Le due superpotenze sospenderanno parte dei dazi reciproci a partire da mercoledì 14 maggio, per un periodo di 90 giorni. Nello specifico, la Casa Bianca fa sapere che gli Stati Uniti abbasseranno le tariffe doganali sulle merci cinesi dal 145% al 30%, mentre la Cina ridurrà i dazi sulle importazioni americane dal 125% al 10%.

La decisione arriva dopo due giorni di intensi colloqui tra il segretario al Tesoro e il rappresentante per il Commercio statunitensi Scott Bessent e Jamieson Greer e il vicepremier cinese He Lifeng. Già nella serata di sabato il presidente degli USA Donald Trump aveva dichiarato sul social Truth che la trattativa stava andando nella giusta direzione e che “molte cose sono state discusse, molte concordate” per “un reset totale negoziato in modo amichevole, ma costruttivo”. 

USA e Cina fanno pace e i mercati ringraziano

La tregua, seppur temporanea, nella guerra commerciale fra le due superpotenze economiche rassicura i mercati finanziari di tutto il mondo. Per quanto gli analisti ritengono che un accordo commerciale vero e proprio sia ancora lontano, la sospensione dei dazi reciproci fra USA e Cina viene letta come un allentamento della tensione e, soprattutto, un’apertura al dialogo. Il verde domina i principali listini di tutto il mondo e il dollaro torna a crescere dopo settimane in calo: il cambio euro/dollaro, al momento in cui scriviamo, si attesta sul valore di 1.112, in ribasso dello 0,8% dal momento dell’annuncio della tregua. 

Il mercato delle criptovalute continua a dare segnali positivi e Bitcoin sembra voler proseguire la sua scalata verso l’ATH: nella mattinata, più o meno verso le ore 7 italiane, BTC è arrivato a sfiorare i 106.000$, per poi ritracciare e assestarsi sui 104.400$. Lato altcoin, all’annuncio della pausa delle tariffe Ethereum ha reagito positivamente passando da quota 2.500$ a 2.600$ per poi scendere a 2.550$. La dominance di Bitcoin giù dello 0,4% circa, a quota 62,7%. Per quanto riguarda la market cap totale del mercato crypto, siamo sui 3,31 trilioni di dollari, in crescita dello 0,5% dal momento della pubblicazione del comunicato della Casa Bianca. 

Cosa aspettarsi dal futuro?

USA e Cina sembrano indirizzati verso un accordo commerciale stabile che porti beneficio a entrambi ma Donald Trump, in questi quasi quattro mesi di presidenza, ci ha abituato all’imprevedibilità: come abbiamo più volte sottolineato, attualmente ci troviamo in una fase caratterizzata dall’estrema incertezza sugli scenari economici futuri, stando anche a quanto riferito dalla FED in occasione del FOMC di maggio. In ogni caso, questa tregua – insieme al recente accordo stipulato col Regno Unito – sembra testimoniare un sostanziale cambio di atteggiamento da parte dell’amministrazione USA, che potrebbe iniziare a muoversi con più cautela e razionalità nei confronti dei partner commerciali. 

Se ti interessa questo tipo di notizie, il consiglio è di iscriverti qui sotto: noi di Young pubblichiamo quotidianamente aggiornamenti simili, come l’indice dei prezzi al consumo USA previsto per martedì 13 maggio. Alla prossima!

Tassazione TFR: guida al calcolo delle imposte sulla liquidazione

Tassazione TFR: guida al calcolo delle imposte sulla liquidazione

Guida al calcolo della tassazione del TFR: spiegazione ed esempio

Come funziona la tassazione del TFR e con quale calcolo si può trovare? Se sei alle prime armi con contratti di lavoro e contributi, forse non sai che quando decidi di incassare il TFR ovvero il “Trattamento di Fine Rapporto” devi pagare delle tasse. Se invece lo stai accumulando già da qualche anno, può esserti d’aiuto leggere questa breve guida al calcolo della tassazione TFR!

Cos’è il TFR e come si calcola

Prima di addentrarci nel calcolo della tassazione TFR, chiariamo innanzitutto cosa si intende per “Trattamento di Fine Rapporto”. In pratica è una somma di denaro che viene riconosciuta a tutti i lavoratori dipendenti alla risoluzione di un contratto di lavoro (sia a tempo determinato che indeterminato). 

IL TFR viene chiamato anche “liquidazione”, “buonuscita” o “retribuzione differita” ed è un compenso erogato con l’ultima busta paga solo alla fine del rapporto lavorativo che sia in caso di dimissioni che di licenziamento o pensionamento.

Per il calcolo della tassazione TFR è indispensabile conoscere l’importo della liquidazione. Il primo passo da fare per trovare questo valore è dividere la propria RAL (retribuzione annua lorda) per 13,5 così da trovare la quota annuale del TFR. Ora occorre moltiplicare questa quota per il numero totale degli anni di lavoro effettuati presso l’azienda. Infine bisogna aggiustare il TFR per l’inflazione aggiungendo:

  • il coefficiente di rivalutazione complessivo che corrisponde al 75% dell’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (Indice FOI) calcolato dall’ISTAT;
  • Un tasso fisso dell’1,5%

Calcolo tassazione TFR: i fattori da considerare 

Il calcolo della tassazione del TFR dipende da diversi fattori come l’ammontare accumulato dal lavoratore ma anche “dove” è stato conservato nel corso del rapporto lavorativo. 

Quando si inizia un nuovo impiego, con la firma del contratto, viene chiesto al lavoratore se intende far maturare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione. Questa scelta dipende dalle considerazioni personali di ciascuno dal momento che esistono pro e contro per entrambe le opzioni. In ogni caso questo influenza il calcolo della tassazione TFR come vedremo nell’esempio. 

Un altro aspetto da considerare è un eventuale anticipo del TFR, i lavoratori del settore privato a certe condizioni possono richiedere una quota della loro liquidazione prima della risoluzione del rapporto per far fronte a spese mediche, all’acquisto della prima casa, alla nascita di un figlio. 

Tassazione TFR: il calcolo con un esempio

La tassazione TFR  viene imposta nell’ultima busta paga del dipendente. Tornando ai casi citati in precedenza, se il lavoratore ha mantenuto l’importo in azienda, la tassazione prevista deve tenere conto dell’aliquota media ponderata. L’aliquota media è il livello medio di tassazione che il lavoratore ha pagato sul reddito imponibile – cioè sul reddito al netto di detrazioni e riduzioni previste dalla legge – in un determinato periodo di tempo. Nel caso del TFR, questo intervallo corrisponde agli ultimi cinque anni di lavoro e si calcola sommando tutte le imposte pagate in quell’arco di tempo, divise per il reddito imponibile complessivo dello stesso quinquennio. Questo numero viene poi moltiplicato per 100 per ottenere una percentuale, ovvero l’aliquota media ponderata, che sarà poi applicata al TFR maturato. 

Esempio su TFR di 30.000€: con aliquota media ponderata del 20%, l’imposta dovuta sarà di 6.000€ e il TFR corrisponderà a 24.000€. 

Se invece il TFR è stato maturato in un fondo pensione, la tassazione è più vantaggiosa e va dal 15% al 9%. L’aliquota – cioè la percentuale di tassazione – varia in base agli anni di permanenza nel fondo: a partire dal quindicesimo, si riduce annualmente dello 0,3% fino, appunto, a un minimo del 9%. 

Esempio su TFR di 30.000€: con 18 anni di permanenza, l’aliquota si riduce dello 0,9% (0,3% x 3 anni) e sarà del 14,1%, cioè 4230€. A questo punto il TFR corrisponderà a 25.770€. 

Attenzione! In questo calcolo non è inclusa la tassazione sul rendimento del fondo in cui è stato depositato il TFR: sui Titoli di Stato equivale al 12,5%, mentre su altre forme di investimento tra il 20% e il 26%. 

Infine, per chi ha chiesto un anticipo, il calcolo della tassazione TFR è più complesso e dipende dalle motivazioni della richiesta. Per le spese mediche, l’imposta è ridotta e oscilla tra il 9% e il 15% in base agli anni di contribuzione, scalando dello 0,3% per ogni anno di contribuzione; per la prima casa, l’aliquota è fissa e corrisponde al 23%. L’anticipo massimo accessibile su richiesta è pari al 70% del totale e può essere richiesto solo dopo un minimo di 8 anni di servizio.   

Come abbiamo visto, la tassazione TFR tiene conto di diversi casi particolari non sempre dimostrabili con esempi pratici. Per questo è bene rivolgersi a dei professionisti ed effettuare il calcolo della liquidazione in maniera precisa.  Intanto, iscriviti a Young Platform e non perderti gli aggiornamenti che contano!

Ethereum: + 22% in meno di 24 ore, cosa sta succedendo?

Il valore di Ethereum

Il valore di Ethereum e Bitcoin è in crescita. Tutto quello che devi sapere tra la “distensione” geopolitica e gli importanti dati on-chain

Si sa, l’incertezza non piace ai mercati e, se li seguite assiduamente, ve ne sarete accorti: da febbraio a metà aprile di quest’anno, molti asset sembravano destinati a un lungo letargo. È, però, forse il momento di tornare ottimisti, perché da qualche settimana, e in particolare negli ultimi giorni, qualcosa sembra essere cambiato. Oggi ci concentriamo sul mercato crypto, cercando di comprendere cosa stia alimentando l’ultimo rally – soprattutto per quanto riguarda il valore di Ethereum – che per alcuni ha un intenso profumo di bull market.

Bitcoin, da inizio aprile, ha registrato un incremento di circa il 40%, mentre Ethereum ha stupito con un +71% nello stesso periodo, di cui un notevole +35% solo da questo lunedì. Anche diverse altcoin sembrano pronte a tornare sulla cresta dell’onda: SUI, per esempio, ha messo a segno un impressionante +132% dal suo minimo del 7 aprile, TAO un +163% e Solana un +76%. Potremmo continuare con l’elenco, ma è più utile, a nostro avviso, concentrarci sulle cause di questo recente pump e sulle possibili conseguenze. Questo articolo cercherà di rispondere a due domande chiave: il bull market è davvero ripartito? Perché sta accadendo proprio ora?

Rally crypto tra geopolitica e adozione istituzionale

Non solo il valore di Ethereum e delle principali crypto è esploso a rialzo. Anche i mercati tradizionali hanno mostrato segnali di vitalità. Prendendo come riferimento il punto di minimo generale del 7 aprile, l’S&P 500 ha registrato un +17% e il NASDAQ un +22%. Cosa è cambiato, dunque, dal punto di vista geopolitico ed economico che permesso questo recupero?

Un primo fattore di rilievo riguarda le tensioni commerciali, in particolare tra Stati Uniti e Cina. Dopo settimane caratterizzate da un’escalation di dazi che faceva temere il peggio, si intravede uno spiraglio. Questo fine settimana è previsto un incontro cruciale a Ginevra tra Scott Bessent, il Segretario del Tesoro americano, e il vicepremier cinese He Lifeng. L’obiettivo degli USA sarebbe quello di ridurre i dazi sotto la soglia del 60%, con l’auspicio di una mossa analoga da parte di Pechino. Si parla di possibili implementazioni di tali tagli già dalla prossima settimana, in caso di progressi significativi. A rafforzare questo cauto ottimismo ci ha pensato il presidente USA, Donald Trump, che ha dichiarato giovedì che le tariffe “scenderanno”, e che si aspetta “un buon weekend con la Cina”. Anche il segretario al commercio, Howard Lutnick, ha ribadito che l’obiettivo è una de-escalation, intento che sembrerebbe condiviso dalla delegazione cinese.

Sempre sul fronte dei dazi, un altro segnale distensivo arriva dall’annuncio di un accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di definizione, questo patto dovrebbe portare alla rimozione della tariffa del 25% su acciaio e alluminio importati dal Regno Unito, imposta da Trump il 12 marzo su tutte le importazioni estere di questi metalli. Parallelamente, gli Stati Uniti aumenteranno le esportazioni di carne bovina ed etanolo verso il Regno Unito, con procedure doganali accelerate. Questo accordo è significativo non tanto per i volumi di scambio (il Regno Unito rappresenta circa il 3% del commercio USA), quanto per il messaggio che invia: la volontà di trovare intese può stemperare le tensioni e creare un precedente positivo, magari anche per i più complessi rapporti con la Cina.

Infine, notizie incoraggianti per il settore crypto arrivano direttamente dagli Stati Uniti. Lo stato del New Hampshire ha approvato una legge che gli permetterà di investire in criptovalute. Parallelamente, in Arizona, una nuova normativa consente allo stato di prendere possesso (e conservare) i Bitcoin “abbandonati” sugli exchange. L’aspetto più interessante è la decisione dello stato di non liquidare questi asset, ma di detenerli in un fondo specifico. Come ha commentato un veterano del settore: “Puoi acquistare Bitcoin mentre i governi comprano, o dopo che hanno comprato, ma l’opzione ‘prima’ sta scomparendo.” Un monito che sottolinea come l’adozione istituzionale sia rapida e inevitabile.

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Cosa sta succedendo on-chain? Il valore di Ethereum crescerà ancora?

Un primo dato significativo riguarda i volumi delle stablecoin, che ad aprile hanno toccato la cifra di 1,82 miliardi di dollari. Questo è un segnale di liquidità e interesse per il settore in generale; una ripartenza del mercato potrebbe vedere questa ingente somma di denaro confluire rapidamente verso Bitcoin, Ethereum e le principali altcoin.

Ethereum, in particolare, sta vivendo una settimana gloriosa, soprattutto dopo le sofferenze degli ultimi semi. Pectra, l’ultimo aggiornamento della rete, promette di facilitarne un mainstream della sua rete. Inoltre, la recente presentazione della “vision” futura, che include sviluppi legati all’intelligenza artificiale e ai social network decentralizzati, ha riacceso l’entusiasmo della community. Questo rinnovato interesse per la blockchain – e anche la crescita del valore di Ethereum – è confermato dall’aumento del costo delle gas fees (il GWEI), un indicatore chiave dell’attività sulla sua rete: dopo mesi di stabilità intorno a 0,34 GWEI, nelle ultime ore si sono registrate oscillazioni tra un minimo di 0,84 e un massimo di 21 GWEI.

Un altro trend che continua a consolidarsi è l’accumulo di Bitcoin da parte di aziende. Non si tratta solo di realtà del settore crypto, ma anche di società tradizionali il cui core business è lontano dalla finanza. Tra queste, MicroStrategy continua a incrementare la sua riserva (ora a 500.000 BTC), seguita da Tesla (11.500 BTC). Ma anche aziende più piccole e di settori diversi, come Semler Scientific (tecnologie mediche, con 3.600 BTC), KULR Technology (batterie al litio, 716 BTC) e Rumble (cloud e video streaming, 188 BTC), stanno decidendo di allocare parte della loro tesoreria in Bitcoin. Insomma, il recente slancio dei mercati crypto, sostenuto da una schiarita sul fronte delle tensioni commerciali globali e da una solida attività on-chain, ha riacceso l’entusiasmo. Sebbene sia presto per dichiarare con certezza l’inizio di un nuovo ciclo rialzista di lungo periodo, i segnali positivi sono innegabili. Il principale, come probabilmente avrai intuito, riguarda la crescita del valore di Ethereum e Bitcoin.


Come funziona l’Ethereum Foundation? Una panoramica sul nuovo assetto

Ethereum Foundation: come funziona?

Come funziona l’Ethereum Foundation? Cosa è cambiato dopo il recente annuncio di Vitalik Buterin e Aya Miyaguchi, la presidente dell’organizzazione?

Se sei particolarmente attento agli ultimi sviluppi del mondo crypto ti sarai accorto che la Ethereum Foundation si sta muovendo in modo diverso nelle ultime settimane. Ma che cos’è questa entità che vigila sull’operato degli sviluppatori? È un’organizzazione piuttosto complessa, impossibile da inquadrare al di sotto di una “forma di governo” canonica.

Tuttavia, gli ultimi sviluppi che la riguardano, e che ci aiuteranno a definirla nella sua forma attuale, sono racchiusi all’interno dell’ultimo articolo blog, in cui vengono riassunti la visione, i valori e gli obiettivi della nuova era che sta incominciando. Insomma è un periodo chiave per Ethereum, anche perché è appena stato attivato Pectra, un nuovo aggiornamento vitale per rendere la rete più veloce e user friendly.

La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione

L’ultimo articolo dell’Ethereum Foundation si apre così: “La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione, un aspetto che va al di là dell’accezione tecnica e tecnologica, ma che interessa anche (e forse soprattutto) l’aspetto sociale e strutturale.” Una dichiarazione di intenti attraverso cui ribadire la visione dell’organizzazione e i valori che la sostengono, nonché un modo per dare il benvenuto al nuovo team di gestione. Affrontiamo step by step i punti salienti del documento.

La visione: che cos’è l’Ethereum Foundation

Una metafora particolarmente efficace, utilizzata dalla stessa organizzazione per autodefinirsi, ci aiuta a comprendere l’essenza e il funzionamento dell’Ethereum Foundation: l’infinite gardenun ecosistema di progetti, comunità e infrastrutture costruito attorno a Ethereum, capace di prosperare in ambienti in rapida e costante evoluzione. In questo contesto, la blockchain della seconda criptovaluta più capitalizzata del mercato svolge il ruolo di un computer globale universalmente distribuito, una piattaforma aperta e permissionless che sta già diffondendo la sua idea di stabilità, libertà e collaborazione tecnologica a milioni di persone in tutto il mondo.

Ethereum è uno spazio prevalentemente virtuale ma, a volte, anche fisico; è un ambiente vivo e in continua evoluzione, dove i builders (i costruttori) possono coltivare idee e sostenersi a vicenda mentre realizzano gli strumenti destinati a ridefinire la finanza, la gestione dell’identità e altre fondamenta della nostra civiltà per i decenni a venire. Vi sembra un approccio eccessivamente filosofico? Forse, ma è probabile che sia l’unico modo per continuare a costruire prodotti così ambiziosi e distribuiti. In ogni caso, più avanti affronteremo anche alcune novità pratiche, all’apparenza molto entusiasmanti.

Il ruolo dell’Ethereum Foundation

Chiarita la visione che dovrebbe accomunare tutti i membri dell’Ethereum Foundation, è il momento di affrontare l’aspetto pratico della questione e rispondere alla domanda fondamentale: qual è il suo ruolo? Fin dalla sua nascita, Ethereum è sempre stato un sistema ibrido, non geometricamente definito. Dimenticate gli organigrammi rigidi tipici delle grandi aziende: il suo ecosistema è realmente decentralizzato e, quindi, per definizione, non possiede un centro nevralgico o un vertice – la metafora dell’infinite garden appare, in questo senso, ancora più calzante.

Così come la piattaforma stessa, l’Ethereum Foundation non ha confini definiti; i team che la compongono hanno l’obiettivo di espanderla attraverso innovazioni tecnologiche ed eventi educativi. Il suo ruolo principale è rafforzare costantemente quanto appena descritto, identificando le lacune, correggendo gli squilibri e sostenendo le iniziative, assicurandosi che nessuna entità domini sulle altre, compresa la stessa EF. 

Inoltre – come si legge nel comunicato – “l’Ethereum Foundation entra in gioco in modo strategico all’interno dei progetti dell’ecosistema per poi abbandonarli intenzionalmente quando questi possono camminare con le proprie gambe, adattando continuamente la sua attenzione alla maturazione di Ethereum e all’evoluzione dell’ambiente.

Un concetto cardine di questo processo è quello della purposeful subtraction – o sottrazione mirata. Questo principio implica che la Fondazione punta a creare le condizioni affinché altri soggetti possano assumersi la maggior parte delle responsabilità. Ciò si traduce in due dichiarazioni fondamentali:

  1. “Facciamo quello che gli altri non possono fare oggi.”
  2. “Aiutiamo gli altri a fare, domani, quello che solo noi possiamo fare oggi.”

Per “gli altri” la Ethereum Foundation intende i progetti, o gli individual contributors che orbitano attorno all’ecosistema Ethereum,

Cosa significa tutto questo nel concreto?

Siamo consapevoli che, finora, il discorso potrebbe apparire prevalentemente teorico. La stessa Ethereum Foundation ne è cosciente e ha fornito ai suoi lettori alcuni esempi pratici per illustrare concretamente il significato del suo ruolo e della sua visione, riprendendo le due dichiarazioni:

Cosa l’Ethereum Foundation fa che nessun altro potrebbe fare oggi?

  • Finanzia e mantiene le infrastrutture centrali di Ethereum;
  • Coordina gli aggiornamenti fondamentali (ad esempio, The Merge, Denun, Spectra), per i quali è essenziale una gestione neutrale, sia per le iniziative cruciali dei 12 mesi, sia per gli sforzi a lungo termine che definiranno il ruolo di Ethereum per il prossimo decennio;
  • Sostiene la ricerca e gli strumenti open-source che espandono le frontiere delle tecnologie a tutela della privacy;
  • Ospita incontri (come Devcon) che riuniscono diversi collaboratori a livello globale;
  • Gestirsce il sito ufficiale: ethereum.org.

Dove aiuta “gli altri” a crescere in ruoli che un tempo ricopriva?

  • Fornisce sovvenzioni ai progetti nelle fasi iniziali fino a quando non diventano autosufficienti;
  • Mette a disposizione contenuti educativi e strumenti per gli sviluppatori;
  • Aiuta a far emergere nuovi meccanismi di coordinamento e li indirizza verso una gestione indipendente (ad esempio, piloti MACI, Protocol Guild, finanziamenti retroattivi per i beni pubblici);
  • Sostiene la decentralizzazione e la leadership locale.

Gli obiettivi della Ethereum Foundation

Infine, l’articolo affronta il tema forse più atteso da chi osserva da fuori l’ecosistema: quali sono gli obiettivi futuri dell’Ethereum Foundation?
L’organizzazione ribadisce l’intenzione di proseguire con i progetti già avviati, ma introduce anche nuove direzioni che appaiono decisamente promettenti.

Tuttavia, anche in questa sezione, lo stile fluido e non-dogmatico dell’organizzazione non viene meno: viene infatti specificato che gli obiettivi non sono statici, ma si evolveranno insieme all’ecosistema e ai bisogni che emergeranno.
L’ambizione resta quella di individuare e colmare quelli che la Foundation chiama high leverage gaps: spazi ad alto potenziale, dove un piccolo intervento può generare un impatto significativo per l’intero ecosistema.

Da qui derivano i due macro-obiettivi che guideranno l’azione dell’Ethereum Foundation nel prossimo futuro.

  1. Espandere l’utilizzo di Ethereum, anche in modo indiretto

Il primo obiettivo è favorire una crescita costante dell’utilizzo della rete, non solo da parte degli sviluppatori, ma anche degli utenti finali, spesso inconsapevoli della tecnologia sottostante. Ecco alcuni ambiti chiave che l’organizzazione ha individuato per raggiungere questo traguardo:

  • Accesso ai digital asset: promuovere l’utilizzo di asset tokenizzati e strumenti DeFi per pagamenti, risparmio e creazione di ricchezza, soprattutto in contesti dove l’infrastruttura finanziaria tradizionale è fragile, costosa o soggetta a instabilità;
  • Organizzazioni native di Internet (DAO): sostenere la partecipazione a DAO con incentivi programmabili, che permettono nuove forme di governance, raccolta fondi e coordinamento rispetto ai modelli centralizzati tradizionali;
  • Social media decentralizzati: favorire la nascita e l’adozione di piattaforme social costruite su Ethereum, dove gli utenti mantengono il controllo sui loro contenuti e sulle relazioni, potendo cambiare interfaccia senza perdere il grafo sociale;
  • Intelligenza artificiale decentralizzata: supportare progetti che usano Ethereum per costruire modelli di IA condivisi, sicuri e verificabili, e per creare mercati economici in cui gli agenti e gli umani possano lavorare insieme;

2. Massimizzare la resilienza dell’infrastruttura tecnica e sociale

Il secondo obiettivo è garantire la solidità a lungo termine dell’ecosistema Ethereum, sotto tutti i punti di vista: tecnologico, umano e ideologico. La resilienza, secondo la Foundation, si manifesta in questi aspetti:

  • Autonomia dell’ecosistema: Ethereum deve poter prosperare anche senza il supporto diretto della Foundation o di qualsiasi altra singola entità;
  • Allineamento dei valori: mantenere saldi i principi fondanti, anche in presenza di interessi esterni che potrebbero portare fuori rotta;
  • Diversità del team: promuovere la crescita di team di sviluppo autonomi, in grado di operare indipendentemente;
  • Robustezza della rete: garantire vitalità, sicurezza e resistenza alla censura anche in caso di eventi critici;
  • Decentralizzazione: eliminare progressivamente ogni singolo punto di controllo o fallimento.

In definitiva, l’Ethereum Foundation si presenta oggi come un’entità in continua evoluzione, fedele alla sua metafora dell’infinite garden: curato da giardinieri che non impongono forme rigide, ma piuttosto coltivano, nutrono e proteggono un ecosistema affinché possa crescere spontaneamente e in modo decentralizzato. Le recenti comunicazioni e il nuovo assetto non fanno che rafforzare questa immagine, sottolineando un impegno verso la “sottrazione mirata” e il potenziamento della comunità globale.

Il futuro di Ethereum, con le sue ambizioni di trasformare la finanza, l’identità digitale e persino l‘intelligenza artificiale, dipenderà dalla capacità di questo giardino di prosperare, e il ruolo della Fondazione sarà cruciale nel garantire che le sue radici rimangano salde e la sua crescita rigogliosa, sempre al servizio di un ideale di apertura e accessibilità universale.


Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito: fisica o virtuale? Come orientarsi con la digitalizzazione che guida l’evoluzione del mondo dei pagamenti? Qui la sintesi    

Meglio la carta di credito fisica o quella virtuale? Quali sono le differenze principali? E i vantaggi? In un mondo in cui la digitalizzazione è una delle forze motrici principali per l’innovazione, avere una panoramica chiara delle soluzioni di pagamento più adatte potrebbe facilitarti la vita. In questo articolo metteremo a confronto le due tipologie di carte di credito e cercheremo di capire quale è più conveniente in base ai profili. Buona lettura!

Cos’è una carta di credito

La carta di credito è una tessera, fisica o virtuale, che contiene i dati del proprietario, il numero della carta, la scadenza, i codici sicurezza – detti codici di controllo CVV2 o CVC2 – e lo spazio per la firma del titolare. Nonostante disponga di funzionalità specifiche, viene spesso confusa con la carta di debito. 

La vera particolarità della carta di credito, infatti, risiede nelle modalità di pagamento: se con la carta di debito le operazioni vengono scalata dal conto corrente ogni singola volta, con la carta di credito l’addebito avviene in un momento successivo, solitamente entro 30 giorni, o a rate. 

Questo perchè se con la carta di debito è possibile spendere o ritirare solo i soldi presenti sul conto, con la carta di credito si parla di plafond, cioè di tetto massimo di spesa concesso a credito dalla banca al titolare. Quindi le spese possono superare la disponibilità effettiva di denaro sul conto dato che verranno rimborsate dal proprietario della carta entro un termine di tempo prefissato. Il plafond, naturalmente, viene stabilito in funzione al profilo del cliente che intende attivare la carta. Nello specifico, si valuta la sua solvibilità (o capacità di rimborso) sulla base del reddito e dell’affidabilità creditizia. 

Carta di credito fisica: il classico intramontabile (per alcuni)

La prima carta di credito nacque negli Stati Uniti nel 1950 quando un signore, Frank McNamara, si rese conto di non poter pagare la cena al ristorante perché si era scordato i soldi contanti a casa. In quel momento, Mcnamara realizzò che il mondo aveva bisogno di un sistema di pagamento universale cashless e fondò il Diners Club International – dall’inglese diner, ristorante.

La carta di credito fisica, nonostante siano passati 75 anni dalla prima transazione, è un oggetto ancora molto utilizzato specialmente dai meno avvezzi alla tecnologia. Questa solida base di utenti, infatti, continua a preferire la tessera fisica, tangibile, all’alternativa virtuale soprattutto per motivi di natura psicologica: l’idea di toccare la carta di credito con mano, di controllarla fisicamente, potrebbe infondere maggiore sicurezza rispetto alla “carta nel telefono”, considerata meno infallibile – e se ti hackerano il telefono che fai?

A parte questo luogo comune, la carta di credito fisica presenta alcuni vantaggi oggettivi rispetto alla cugina virtuale, primo fra tutti l’indipendenza dai dispositivi elettronici come i telefoni. Se ci pensi, questo effettivamente è un bel punto a favore: hai appena fatto serata, è ora di rientrare a casa, la fame bussa alla porta e il pensiero va immediatamente verso lo spuntino notturno. Ti dirigi contento verso il tuo posto di fiducia con l’acquolina in bocca, arrivi lì davanti e… il telefono è scarico. Non puoi pagare. Torni a casa in lacrime. Si, è un bel punto a favore. 

La carta di credito fisica presenta anche un altro vantaggio considerevole, il prelievo di contante facilitato. Calma, anche quella virtuale permette di ritirare i soldi allo sportello, a patto che questo sia contactless. Il problema è che il prelievo contactless, generalmente, è consentito solo ai clienti della banca che possiede quello sportello. Quindi, tornando all’Odissea del Post-Serata, il telefono è carico ma il ristorante ha il POS “rotto”. Cerchi l’ATM più vicino per ritirare qualche bella vecchia banconota. L’unico nei dintorni è Intesa San Paolo, tu sei cliente Unicredit. Non puoi prelevare. E anche qui torni a casa in lacrime.   

Un altro vantaggio, in breve, è relativo al fatto che la carta fisica è statisticamente meno rifiutata negli esercizi commerciali, perché meno soggetta a problemi di natura tecnologica che possono riguardare app, smartphone o POS.

Carta di credito virtuale: il digitale che avanza

La carta di credito virtuale, per definizione, esiste esclusivamente in formato digitale e solitamente è localizzata all’interno del wallet integrato nel telefono. Proprio perché presuppone un certo livello di skill tecnologiche, questo tipo di carta è di gran lunga più popolare fra le nuove generazioni

Le carte di credito virtuali non sono tutte uguali ma si distinguono principalmente per durata e modalità d’uso. Esistono, infatti, le carte di credito monouso e quelle permanenti. Le carte monouso sono utilizzate per singole transazioni o per periodi di tempo molto limitati: una volta effettuato l’acquisto o raggiunta la scadenza prefissata, la carta diventa inutilizzabile. Le carte permanenti, dette anche multiuso, hanno una scadenza più lunga e sono l’equivalente digitalizzato delle carte di credito fisiche. 

Le carte di credito virtuali, rispetto a quelle fisiche, presentano molti vantaggi specialmente per gli aspetti legati alla sicurezza e all’accessibilità. Per quanto riguarda la sicurezza, le carte virtuali monouso riducono nettamente il rischio di furto dei dati sensibili, proprio perché dopo la transazione perdono la loro utilità. Inoltre, il formato digitale consente soluzioni di protezione innovative come il CVV dinamico, generato al momento dell’acquisto e valido per un breve arco di tempo. Poi, nel caso in cui si possedesse anche la carta di credito fisica, è possibile creare un clone virtuale permanente che abbia dati differenti e utilizzarlo per le transazioni online: in questo modo, se si verificasse una violazione sul sito dove hai acquistato, nessuno sarebbe in grado di risalire alla carta originale

Il tema dell’accessibilità fa riferimento alla possibilità di avere a disposizione uno strumento per effettuare pagamenti online in modo quasi istantaneo, senza aspettare la spedizione a casa o doversi recare in filiale. Può sembrare una cosa da nulla, ma solo in Italia quasi 5 milioni di persone risiedono in comuni che non registrano la presenza di alcuna banca: un problema reale che anche Young Platform ha a cuore

Le carte di credito virtuali, poi, hanno vantaggi secondari che le carte di credito fisiche non possono avere per costituzione. Uno di questi è il controllo delle spese, più facilmente tracciabili e gestibili, grazie alla creazione di carte digitali ad hoc, a seconda delle esigenze. Per esempio, se hai mai organizzato una vacanza con un gruppo di amici saprai quanto è noioso gestire la “cassa comune” affinché tutti paghino in modo equo: una carta dedicata esclusivamente alle spese del gruppo potrebbe risolvere questa seccatura. Oppure potresti utilizzarne una per pagare i vari abbonamenti, così da tenerli sotto controllo ed evitare sprechi di denaro. Se ti interessa l’argomento della gestione del budget, troverai le migliori app del settore in questo articolo

Il secondo vantaggio collaterale è connesso alla sostenibilità ambientale: non dovendo produrre tessere di plastica, le tessere virtuali rappresentano una scelta di gran lunga più ecologica. 

Quindi, è meglio il fisico o il virtuale? 

La scelta fra carta fisica o carta virtuale dipende molto dalle abitudini di vita e di spesa. Per esempio, se sei una persona che viaggia spesso, la scelta dovrebbe ricadere sulla carta fisica tradizionale, principalmente per la vasta accettazione e la facilità con cui puoi prelevare cash. Va considerata anche l’eventualità di ritrovarsi col telefono scarico o perderlo durante gli spostamenti. Se invece fai molti acquisti online, allora dovresti prediligere quella virtuale per via della sicurezza offerta dalle carte monouso o dai cloni, come abbiamo visto prima. Il consiglio finale, in realtà, è quello di possederle entrambe per combinare i vantaggi e ridurre gli imprevisti. 

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Fondo di emergenza: cos’è e perché è fondamentale

Fondo di emergenza: cos’è e perchè è fondamentale

Il fondo di emergenza è un tesoretto personale liquido per gli imprevisti e potrebbe salvarti la vita. Come si costruisce? E perché è utile?

Il fondo di emergenza è la classica cosa di cui tutti conoscono l’importanza ma che viene continuamente rimandata nel tempo. Il motivo è semplice e il nome ci aiuta a capirlo: un’emergenza è un evento indefinito e lontano e, ai nostri occhi, perde di rilevanza rispetto a questioni concrete con scadenza ravvicinata. Poi l’emergenza arriva puntuale e la disperazione domina incontrastata. Qui vedremo insieme perché cominciare a costruirne uno e come farlo, passo dopo passo. 

Avere un fondo di emergenza: in un mondo di cicale, sii la formica

L’importanza del fondo di emergenza è parte della cultura umana da tempo immemore, se pensiamo che Esopo più di duemila anni fa scriveva la favola de “La Formica e la Cicala”. Certo, l’autore greco non ci parla letteralmente del fondo di emergenza ma ci fa capire quanto sia importante arrivare preparati di fronte alle sfide che la vita, prima o poi, ci presenta. La cicala infatti canta tutta l’estate e non si preoccupa dell’inverno, mentre la formica lentamente accumula le provviste necessarie: arriva il freddo, la cicala soffre la fame e la formica si gode serena il frutto del suo lavoro

Questa morale, per quanto a prima vista semplice e scontata, ci spiattella in faccia la realtà: sappiamo perfettamente che il futuro prima o poi arriverà a bussare alla porta ma, nonostante ciò, siamo disposti a prendere iniziativa solamente quando avvertiamo il fiato sul collo. Il risultato? L’impreparazione più totale mista a panico e stress. 

Il fondo di emergenza serve proprio ad evitare queste situazioni spiacevoli e continuare a vivere la nostra vita in tranquillità, a prescindere da incidenti, sorprese o desideri improvvisi. Serve a permetterti di comprare un telefono nuovo, riparare la macchina, o anche andare a sentire i Green Day a Firenze senza dover – un esempio a caso – vendere gli Ethereum che hai messo in stake su Young Platform. Bene, ora che la sua utilità è evidente, andiamo a vedere come si costruisce un fondo di emergenza, step by step. 

Creare un fondo di emergenza è impegnativo, ma si può fare

Prima di procedere col mettere da parte le finanze, è necessario capire il proprio obiettivo di risparmio perché è poco stimolante, oltre che poco sensato, accumulare denaro a oltranza. Per fare ciò occorre tenere traccia e analizzare le spese mensili, fisse ed extra, come l’affitto, la benzina, il cibo, gli abbonamenti e via dicendo. Puoi segnartele a penna, usare Excel o facilitarti la vita con un’app per la gestione del budget. Adesso, prendi la cifra e moltiplicala per tre o sei, a seconda delle tue necessità: il risultato di questa complessa operazione matematica equivale al tuo obiettivo di risparmio, perché lo scopo primario del fondo di emergenza è proprio permetterti di vivere nella condizione di assenza di entrate fisse. Una volta capito quanto devi risparmiare, è il momento di creare una strategia per trasformare il progetto in realtà.

Mettere da parte i soldi è una prova di grande disciplina: l’arte del risparmio deve fare i conti con l’animo umano e la sua irrefrenabile e impulsiva voglia di gratificazione. Inoltre, quando l’obiettivo corrisponde a una cifra importante, è faticoso anche solo cominciare perché il traguardo sembra lontanissimo. Per ridurre questo carico cognitivo, esistono alcune strategie che ti consentono di raggiungere la meta sfruttando il tempo, quindi rateizzando l’importo prefissato in quote periodiche. Tra queste, con la famosa sfida delle 52 settimane impiegheresti un anno per creare il tuo fondo di emergenza. Se invece vuoi accelerare il percorso, il consiglio è di fare una sorta di piano di accumulo e prelevare una quantità fissa di denaro. In questo caso, ricorda l’insegnamento del noto libro “L’uomo più ricco di Babilonia”: se ricevi un’entrata fissa mensile, prima togli la somma e poi vivi col resto, mai il contrario. Ciò significa che se guadagni 1300€ al mese, prima levi 100€ e poi ricalibri la tua vita sulla base dei 1200€ che restano, come se i 100€ non fossero mai esistiti. 

Facciamo un esempio pratico per evitare ogni tipo di dubbio. Il nostro esempio sarà Mario, un ragazzo di 28 anni che vive a Milano e lavora come impiegato in ufficio. Mario per un mese si segna tutto e scopre che le spese essenziali ammontano a circa 1.185€, divise come segue: 

  • 750€ di affitto al mese per un bilocale (è stato molto fortunato)
  • 100€ di bollette
  • 45€ di internet (Wi-Fi e cellulare)
  • 40€ di abbonamento mezzi 
  • 250€ di spesa al supermercato 

Mario decide che è il momento di iniziare a pensare a un fondo di emergenza. Ha 28 anni, è giovane e sa che se perderà il lavoro potrà trovarne un altro in relativamente poco tempo. Il suo fondo, quindi, dovrà corrispondere a quattro mesi di spese: 1185 x 4 = 4740€. Arrotonda per eccesso e opta per i 5000€. A questo punto dovrà solo capire come accumularli. 

Perfetto. Sai quanto devi risparmiare, sai anche come farlo. È arrivato il momento di lavorare sull’autocontrollo. Ovviamente essere rigorosi e costanti nel processo di risparmio non implica abbracciare l’ascetismo: nessuno ti chiede di essere il nuovo Mahatma Gandhi. Vuol dire solamente concentrarsi e comprendere di cosa si ha realmente bisogno. Una tecnica interessante è aspettare il giorno dopo e chiederti: “Mi serve ancora quel poster limited edition con Walter White e Gus Fring che pranzano a Los Pollos Hermanos?” Sì, ti servirà ancora. Ma ti sei allenato e la prossima volta questo esercizio potrebbe farti risparmiare qualcosa in più. 

Bello ma… questo tipo di fondo ha un grosso problema

Il tuo fondo di emergenza adesso esiste e non è più solamente un buon proposito per l’anno nuovo. Tuttavia non finisce qua, rimane ancora un ostacolo da superare, il nemico numero uno del risparmio, il boss finale: l’inflazione. Infatti, in teoria, questo tesoretto liquido che hai costruito con tanta fatica come una piccola formica, è destinato a rimanere fermo per un bel po’ – tocca ferro – perché pensato per le emergenze. Il problema è che il tempo passa, l’inflazione cresce e il tuo fondo di emergenza perde valore. 

Pensavi di avere subito la soluzione pronta per affrontare il boss finale eh? Super Mario ha dovuto attraversare ben otto mondi per sconfiggere Bowser e recuperare Peach. A te basta iscriverti qui sotto e leggere gli articoli che pubblichiamo in merito, come questo. Alla prossima!

Pectra: il prossimo grande aggiornamento di Ethereum spiegato semplice

Pectra aggiornamento Ethereum: come funziona?

L’aggiornamento di Ethereum Pectra è in arrivo oggi. Ecco che cos’è, come funziona e che miglioramenti introduce.

L’aggiornamento di Ethereum Pectra sta per essere attivato sulla blockchain di Ethereum. Dovrebbe essere una questione di minuti. L’update ha degli obiettivi chiari: rendere la rete più veloce, scalabile e user-friendly.

Con Pectra, potremo dire addio all’obbligo di pagare le gas fees solo in ETH e, tra le altre cose, assistere ad una più efficiente esecuzione degli smart contract. Per quanto riguarda l’impatto a lungo termine, invece, grazie a innovazioni come i verkle trees e il Peer DAS, l’intera rete dovrebbe diventare più economica da utilizzare, potente e pronta a gestire milioni di utenti in più.

Pectra non è famoso come The Merge, ma ha lo stesso potenziale rivoluzionario. Si tratta di un hard fork, quindi un cambiamento strutturale profondo, che dividerà in modo netto il “prima” e il “dopo” nella blockchain di Ethereum. Il nome deriva dall’unione di due aggiornamenti distinti: Prague, che agisce sull’esecution layer, e Electra, che interviene sul consensus layer. Proprio come è successo nel 2024 con Dencun (da Deneb + Cancun), anche Pectra unisce due anime in una sola evoluzione.

Come funziona Pectra?

Per comprendere veramente che cos’è e come funziona Pectra è essenziale catapultarsi sugli aspetti pratici, molto più efficaci per “capirci qualcosa” quando si parla di tecnologia. 

1. Account Abstraction

Il primo punto su cui si concentra l’aggiornamento di Ethereum Pectra è l’account abstraction: un concetto centrale negli ultimi due anni nel mondo on-chain. Per chiarire in breve cosa si intende, possiamo definirla come una tecnologia (introdotta tramite la proposta tecnica EIP-4337 sulla blockchain di Ethereum) che unisce le funzionalità degli account tradizionali e degli smart contract, dando vita agli smart wallet.

Questa innovazione semplifica radicalmente l’esperienza utente, eliminando la necessità di una seed phrase, automatizzando le transazioni e riducendo le gas fee. In parole semplici, l’account abstraction è la tecnologia che renderà l’uso delle applicazioni decentralizzate simile a quello delle app tradizionali.

Un cambiamento che influenzerà anche lo status quo attuale, in cui gli utenti devono possedere almeno una piccola quantità di Ether (ETH) nei loro wallet per pagare le gas fee, ovvero i costi di transazione da sostenere ogni volta che si effettua un trasferimento o si interagisce con una dapp (app decentralizzata).

2. Smart contract più efficienti

Il secondo punto focale dell’aggiornamento Pectra riguarda l’efficienza degli smart contract di Ethereum, in particolare per quanto riguarda la loro esecuzione. Tra i miglioramenti previsti c’è l’introduzione della proposta EIP-7692, che a sua volta raccoglie diverse altre proposte tecniche. Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo dire che questa proposta cambia il modo in cui gli smart contract vengono compilati (dal punto di vista del codice) e gestiti.

Ad esempio, i contratti saranno divisi in sezioni con un’intestazione chiara, facilitando l’analisi, la manutenzione e la sicurezza del codice. Verranno introdotti nuovi comandi per saltare tra sezioni, manipolare lo stack e leggere i dati in modo più efficiente. 

Inoltre, il codice sarà validato una sola volta al momento del deploy e non più a ogni esecuzione, riducendo costi ed errori. Tutti questi cambiamenti avvengono a livello di bytecode, non nel linguaggio di alto livello come Solidity. In pratica, l’EVM Object Format (EOF) cambia il modo in cui il codice scritto in Solidity viene compilato ed eseguito all’interno della EVM.

3. Validatori più flessibili

Spostiamoci ora sul fronte del consenso, dove l’aggiornamento di Ethereum Pectra introdurrà ulteriori miglioramenti alla rete Ethereum. Attualmente, un validatore deve bloccare 32 ETH per ricevere le ricompense derivanti dallo staking. Tuttavia, qualsiasi importo superiore a 32 ETH non genera ricompense aggiuntive: resta fermo e inutilizzato. Pectra interverrà su questo limite in due modi: introdurrà il prelievo flessibile delle puntate (EIP-7002) e aumenterà il limite massimo di staking per validatore da 32 a 2048 ETH (EIP-7251). Questo cambiamento renderà il sistema più flessibile ed efficiente, soprattutto per chi gestisce grandi quantità di ETH — come aziende o operatori istituzionali.

Un’altra novità importante sarà il cosiddetto “consolidamento dei validatori”: grazie a questa funzione, realtà come Lido, che effettuano staking per conto di molti utenti, potranno gestire meno nodi validatori per la stessa quantità di ETH. Il risultato? Meno pressione sulla rete, più efficienza, e un uso più sostenibile delle risorse.

4. Verkle Tree

Questa integrazione è piuttosto tecnica, quindi non entreremo nei dettagli, ma ci limiteremo a una spiegazione ad alto livello. In sintesi, i Verkle Tree permetteranno ai nodi della rete di memorizzare meno dati rispetto a quanto avviene oggi. Il risultato? Una rete più leggera, veloce e scalabile.

Si tratta, in pratica, di un nuovo modo di organizzare i dati, più efficiente dell’attuale. Questo cambiamento renderà Ethereum più performante e meno costoso da usare nel lungo periodo.

5. Peer DAS per i Layer 2

Infine, come probabilmente sapete Ethereum ha bisogno dei Layer 2 – come Arbitrum (ARB) e Optimism (OP) – perché permettono alla rete di scalare. Con l’aggiornamento di Ethereum arriva il Peer Data Availability Sampling, una tecnologia che riduce i costi e migliora la velocità delle transazioni su questi Layer 2 dato che consente di verificare rapidamente i dati delle transazioni senza doverli scaricare. Un supporto concreto per mantenere basse le fee, anche nei momenti di alta attività on-chain.

Un doppio aggiornamento, in due fasi

Pectra sarà rilasciato in due momenti distinti. La prima parte, che include le novità più “visibili”, come l’account abstraction e le modifiche per i validatori sarà attivata oggi, il 7 maggio 2025. La seconda parte, che includerà i miglioramenti più tecnici, come l’EVM Object Format (EOF) e il Peer DAS, pensati per potenziare Layer 2 e smart contract arriverà, invece, nel 2026.

Impatto sul prezzo di ETH? Difficile da dire…

Ethereum, al momento, non se la passa bene, dopo essersi avvicinato ai massimi storici in più frangenti ha perso più del 60% del suo valore e sembra intrappolato in una spirale discendente senza fine. Per questo motivo non ci sentiamo di affermare che Pectra impatterà sul suo prezzo.

Tuttavia, questo aggiornamento potrebbe gettare le basi per una adozione più ampia e quindi avere un impatto positivo su Ether sul fronte che più ci interessa, quello dei cosiddetti “fondamentali”. Se ci pensate pagare le gas fees con qualsiasi token, scrivere e deployare smart contract in modo più efficiente e gestire lo staking in modo flessibile sono caratteristiche che rendono Ethereum più attraente sia per gli sviluppatori che per gli utenti finali.

Insomma, Pectra non è un aggiornamento qualsiasi: è il prossimo passo concreto verso una rete di Ethereum più scalabile, economica e accessibile. Un passo silenzioso ma decisivo per superare il trilemma blockchain (scalabilità, sicurezza, decentralizzazione) e preparare la rete alla vera adozione di massa.