Cosa succede se Elon Musk porta le crypto su Twitter?

Le criptovalute arrivano su Twitter grazie a Elon Musk?

Quale ruolo avranno le criptovalute nel nuovo Twitter di Elon Musk? Può davvero diventare un social decentralizzato?

Twitter è la piattaforma su cui si muove la community crypto e vengono discussi i principali temi del settore. Con oltre 300 milioni di utenti attivi, è uno dei social network con più influenza culturale e politica. Da quando il social ha un nuovo proprietario, c’è chi si è chiesto se le criptovalute arriveranno su Twitter proprio grazie a Elon Musk. Le idee dell’imprenditore sul futuro crypto di Twitter al momento sono confuse. E per questo c’è chi comincia a spostarsi su social network alternativi e decentralizzati. 

La storia di Elon Musk che (forse) voleva comprare Twitter 

Dopo mesi di tira e molla e colpi di scena, Elon Musk ha finalmente acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari. Tutto è iniziato ad Aprile 2022 quando Musk con il 9,2% delle quote è diventato il maggior azionista di Twitter. L’imprenditore in un primo momento voleva entrare nel consiglio d’amministrazione, poi si è offerto di acquistare il social network a 54,20 dollari per azione. In seguito alla firma di un accordo vincolante, Musk però ha avuto dei ripensamenti lamentandosi dell’eccessiva presenza di bot e profili scam sul social. A Luglio Musk ha annunciato che avrebbe comprato Twitter perché nel frattempo il social aveva fatto causa all’imprenditore per costringerlo a rispettare l’accordo. Musk non poteva cambiare idea così facilmente! Così ad Ottobre l’accordo è stato finalizzato. 

Il 29 Ottobre, giorno dell’acquisizione ufficiale, le azioni di Twitter hanno chiuso le contrattazioni in rialzo dello 0,3% a 53,86 dollari e il venerdì successivo Twitter è stato cancellato dal listino della Borsa di New York. Elon Musk è entrato nel quartier generale del social e la prima cosa che ha fatto è stato licenziare alcuni manager e dipendenti di Twitter

Dopo l’acquisizione: i progetti di Elon Musk per Twitter

Dopo aver acquistato Twitter ed esserne diventato il proprietario, Elon Musk ha condiviso una serie di tweet per spiegare i suoi progetti futuri. Sembrerebbe che Musk voglia realizzare un’app “tuttofare” che non sia solo un social network, ma anche una piattaforma per gli acquisti, per la messaggistica e per il trasferimento di denaro. 

I cambiamenti di cui si sta parlando sono: 

  1. Garantire la massima libertà di parola e di espressione;
  2. Lottare contro i profili scam e eliminare le truffe; 
  3. Rivedere le politiche sugli annunci e gli inserzionisti;
  4. Monetizzare i contenuti per favorire i creator;
  5. Stabilire un abbonamento a pagamento per gli account verificati a 8$ al mese;
  6. Abilitare i pagamenti in Dogecoin.

Musk non ha ancora annunciato una roadmap precisa, le possibili novità per il social network sono tutte abbozzate con tweet e dichiarazioni. La community e gli utenti di Twitter da giorni commentano e fanno domande, e sono nate diverse polemiche. Quella che spicca (e preoccupa di più) è la possibile riabilitazione degli account censurati come quello di Donald Trump

Cosa succede se le crypto entrano su Twitter?

L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk è positiva per il mondo crypto? Ci sono dei motivi per pensare che la risposta sia “sì”, tuttavia le speranze di vedere Twitter decentralizzato non sono molte. Sappiamo che nel mondo crypto, Elon Musk è capace di smuovere i mercati e il suo ingresso su Twitter ha impennato il prezzo di Dogecoin (DOGE). Del resto non è un mistero che Musk sia un holder di DOGE e di BTC (attraverso Tesla). 

Il legame tra criptovalute, blockchain e Twitter tuttavia rimane molto vago. L’opzione più plausibile è introdurre le crypto come sistema di pagamento e dedicare sezioni agli NFT. Twitter in effetti propone già delle funzionalità per i token non fungibili e l’utilizzo delle crypto potrebbe essere favorito dalla collaborazione con Binance, che ha partecipato economicamente all’acquisizione. Sulle questioni della monetizzazione dei contenuti, la proprietà dei dati e la governance non ci sono ancora delle indicazioni. Per questo molti sono scettici sulla possibilità che Twitter diventi un social network Web3

L’alternativa decentralizzata a Twitter: Mastodon

Alla notizia del cambio di proprietario, moltissimi utenti si sono spostati altrove, verso soluzioni “social” meno accentrate. Nei quattro giorni successivi all’acquisizione, 120.000 persone si sono registrate a Mastodon, un social network decentralizzato e open source (ma non su blockchain). Mastodon è nato nel 2016 dall’idea di Eugen Rochko che era rimasto deluso dalle politiche di gestione dei dati e di sicurezza di Facebook. 

Mastodon è organizzato a “liste” o “gruppi di interesse” a cui ci si può iscrivere e scrivere e leggere i “toot” (il corrispettivo dei “tweet”). Mastodon ha una forte politica sulla proprietà dei dati e afferma con orgoglio che “Non è in vendita”. Niente su Mastodon può essere deciso da aziende o inserzionisti, tutte le decisioni spettano agli utenti. Così come i contenuti non sono stabiliti da algoritmi o dalla pubblicità. Al momento Mastodon conta circa 4 milioni di utenti. Altre alternative social decentralizzate si stanno facendo strada, ma la più attesa è Bluesky. Il social su blockchain che sta pianificando Jack Dorsey, il fondatore di Twitter. 

Il turismo nel Metaverso: tappa in Italia con Monuverse

Il metaverso di Monuverse: turismo e patrimonio culturale con gli NFT

Il metaverso di Monuverse promette di valorizzare il patrimonio culturale tramite gli NFT. In che modo la blockchain può favorire il turismo?

È passato un anno da quando Facebook si è trasformato in Meta e ha portato alla ribalta la parola “metaverso”. Da allora hanno guadagnato popolarità tutti i progetti centralizzati, come Roblox, o decentralizzati (i più popolari sono Decentraland e The Sandbox) che connettono virtualmente persone da tutte le parti del mondo, aspetto particolarmente apprezzato alla luce di quanto sperimentato durante il periodo della pandemia di COVID-19. Ma cosa si può fare ad oggi nel Metaverso? Le diverse piattaforme offrono servizi ed esperienze di tutti i tipi, dai videogiochi play-to-earn ai concerti, passando per sfilate di moda e mostre d’arte. Molti progetti, come l’iniziativa italiana di Monuverse, hanno dimostrato che il Metaverso si presta a valorizzare il settore dell’arte e del turismo. 

Blockchain per il turismo e i beni culturali: casi d’uso

Il Metaverso crypto, con la sua tecnologia basata su blockchain, promette di migliorare tanti aspetti della nostra vita quotidiana. Se consideriamo turismo e il mondo dell’arte, NFT e Metaverso sono strumenti già utilizzati su vari livelli. I token non fungibili ad esempio vengono sfruttati come formato per vendere biglietti di eventi e mostre, e il Metaverso permette di visitare musei e siti archeologici direttamente da casa. I metaversi crypto nello stile di Decentraland ospitano ricostruzioni di monumenti ed esposizioni d’arte digitale come nel caso della Decentraland Art Week. In generale la blockchain viene impiegata dagli operatori del turismo per costruire piattaforme per prenotare vacanze con le crypto, tracciare dati e organizzare programmi di fedeltà. Le opere d’arte in formato NFT vengono utilizzate anche come strumento per finanziare la ricostruzione o la conservazione di monumenti storici, come nel caso dell’ucraino Meta History Museum of War o del metaverso di Monuverse

Nel Metaverso arte e monumenti sono senza confini

Dal punto di vista del pubblico, turisti, appassionati d’arte e collezionisti, il Metaverso è arrivato per migliorare la loro esperienza rendendola senza confini. I musei digitali sono davvero per tutti, ricostruire un monumento nel Metaverso significa rendere le opere d’arte più accessibili sia dal punto di vista economico che geografico, come dovrebbe sempre essere secondo il concetto di bene pubblico. L’esperienza nel Metaverso, senza sostituirla a quella di un viaggio nel mondo reale, può essere un’occasione per vivere un’opera d’arte da un punto di vista inconsueto. Oltre che essere gratuita, accessibile da casa e sostenibile a livello ambientale. Con la blockchain, il turismo diventa senza condizioni e limiti perché i siti d’interesse sono sempre disponibili in qualsiasi momento. I turisti digitali possono scoprire il mondo con i loro occhi, da qualsiasi luogo siano. L’esperienza digitale non può che completare quella del turismo offline.

Il metaverso di Monuverse: vicini alla cultura con gli NFT

In questo panorama si inserisce Monuverse, il progetto di crypto art sostenuto da Reasoned Art. Monuverse sta costruendo una realtà virtuale (accessibile con Oculus) per ospitare tutti i più importanti monumenti del mondo in formato NFT, rendendoli così visitabili da chiunque. Il metaverso di Monuverse diventerà un ambiente di riferimento per turisti digitali, artisti, creator e brand ospitando eventi di promozione culturale. I monumenti in questo metaverso verranno poi trasformati in NFT da collezione. Il primo monumento scelto da Monuverse è l’Arco della Pace di Milano, costruito nel 1807 sotto il dominio di Napoleone come ingresso alla via principale che connetteva il capoluogo lombardo con Parigi. In questo caso, Monuverse ha stretto un accordo per devolvere una percentuale delle vendite degli NFT alla Soprintendenza dei Beni Culturali di Milano per la conservazione e il restauro del monumento stesso. 

Gli NFT dell’Arco della Pace sono esempi dello stile dell’arte generativa e saranno mintati (in gergo crypto, creati e registrati su blockchain) l’11 Novembre in 7.777 copie con diverse rarità. I proprietari di questi NFT con il loro acquisto, contribuiranno direttamente alla conservazione dell’Arco della Pace e potranno decidere quale sarà la prossima opera nel Metaverso. 

I token del Signore degli Anelli e le novità NFT di Ottobre 

NFT: la collezione del Signore degli Anelli e le novità di Ottobre

Tutto Ottobre NFT in 5 notizie: Signore degli Anelli, Art Gobblers, Reddit, l’andamento delle collezioni blue chip e il dibattito sulle royalty! 

Cosa è successo nel mercato NFT nel mese di Ottobre? Tra le collezioni novità ci sono quella del Signore degli Anelli, attesissima dai fan, e quella di Art Gobblers, un progetto di crypto art sui generis. Le vendite NFT record sono delle collezioni blue chip ma non è tutto oro ciò che luccica… Gli NFT di Reddit continuano la conquista del settore, che nel frattempo è occupato a decidere: le royalty degli NFT vanno pagate agli artisti? 

Novità: gli NFT del Signore degli Anelli 

Tra le collezioni più interessanti dello scorso mese c’è sicuramente quella degli NFT del Signore degli Anelli. La Warner Bros il 21 Ottobre ha rilasciato 10.999 NFT basati sul primo capitolo della saga ispirata all’universo di J.R.R. Tolkien, La Compagnia dell’Anello. La collezione NFT fa parte del progetto più ampio “Warner Bros Movieverse” inaugurato dallo studio cinematografico per creare esperienze Web3 e oggetti da collezione digitali per i fan (alcuni esempi sono esclusivi contenuti dietro alle quinte o esplorazione dei set con la realtà aumentata). La collezione è stata realizzata sulla blockchain Eluvio, che si definisce una “chain per il content crypto”. Gli NFT del Signore degli Anelli sono usciti in due diverse opzioni di acquisto:

  1. “Mistery Edition”: al costo di 30$ (pagabili in monete fiat o crypto) viene mintato e assegnato casualmente un NFT che rappresenta il paesaggio della Contea (comune), con Gran Burrone (non comune) o le Miniere di Moria (raro). Con l’acquisto di uno di questi token si riceve l’accesso alla versione estesa 4K del film, a otto ore di contenuti speciali e commenti, immagini e collectibles a tema. Questi NFT sono stati coniati in 10.000 copie (al momento della scrittura ne sono disponibili ancora 5.230);
  2. “Epic edition”: al costo di 100$ è stato possibile acquistare un NFT raffigurante uno dei paesaggi della “Mistery Edition” o altri a sorpresa, con ulteriori contenuti speciali. I 999 NFT del Signore degli Anelli “Epic Edition” sono sold out. 

Oltre ai diritti sul Signore degli Anelli, Warner Bros possiede quelli della saga di Harry Potter, degli eroi DC, di Scooby Doo e dei classici di Hanna-Barbera. Ma sembrerebbe che il prossimo universo letterario che entrerà nel Warner Bros Movieverse sarà quello del Trono di Spade, da poche ore infatti sono stati annunciati gli NFT di Game of Thrones in collaborazione con il marketplace Nifty’s. La collezione ribattezzata “Game of Thrones: costruisci il tuo regno” uscirà a Dicembre 2022

La collezione top del mese è del creatore di Rick e Morty

Anche se gli NFT del Signore degli Anelli ha riscosso un vero successo tra i fan, la collezione di token che è davvero esplosa ad Ottobre è Art Gobblers, realizzata dal Justin Roiland, il creatore di Rick e Morty, e da Paradigm, un noto fondo venture capital a tema crypto. Gli NFT di Art Gobblers sono stati lanciati il 31 Ottobre su Ethereum e in appena quattro giorni ha raccolto oltre 45 milioni di dollari (13 milioni solo nelle prime due ore dal lancio). Qual è la particolarità di questa collezione? 

Il progetto Art Gobblers è una “fabbrica d’arte decentralizzata” di proprietà degli alieni, ma questa è un’altra storia. Tramite un tool di disegno disponibile direttamente sul sito, chiunque può realizzare delle illustrazioni o dei pattern che poi in maniera casuale, verranno combinate per generare NFT unici. Gli Art Gobblers, ovvero “ghiottoni d’arte”, si chiamano così perché inglobano e mettono in mostra le opere degli artisti direttamente nel loro stomaco. Gli NFT vengono creati senza l’intervento umano, Art Gobblers è un progetto di generative art. Art Gobblers sarà composta da 10.000 pezzi, il 31 Ottobre sono stati mintati i primi 2.000 token non fungibili della collezione. I rimanenti 8.000 potranno essere creati direttamente dagli artisti pagano una commissione nel token GOO, proprietario del progetto. Uno degli Art Gobblers più rari, il numero #9949 è stato acquistato per 21,5 ETH (circa 33 mila dollari).

Gli NFT di Reddit portano nel mondo crypto 3 milioni di persone

I primi NFT di Reddit sono stati lanciati a Luglio come avatar da utilizzare nella piattaforma, il 21 Ottobre è uscita la “seconda generazione” di avatar in circa 40.000 copie tutte vendute in un solo giorno per una cifra compresa tra i 10 e i 100 dollari (anche se il più costoso è stato acquistato per 40.000 dollari). Il tweet di Mihailo Bjelic, co-fondatore di Polygon che è la blockchain su cui sono stati sviluppati gli NFT di Reddit, mostra l’impatto economico della collezione.

Ma non è solo per i dati sulle vendite che questi token hanno attirato l’attenzione, a quanto pare gli NFT di Reddit hanno portato nel mondo crypto 3 milioni di utenti senza aver mai usato le parole “NFT” o “criptovalute” (e “blockchain” solo una volta). Milioni di utenti estranei alle criptovalute ma incuriositi da un’iniziativa utile e curiosa per i frequentatori di Reddit. La campagna di comunicazione e di promozione di questi NFT si è svolta con i termini “digital collectibles”, infatti secondo il CEO di Reddit, Steve Huffman, i termini crypto avrebbero confuso le persone. 

Le collezioni blue chip sempre in classifica ma il loro valore non è più lo stesso 

Le collezioni con le vendite più alte nel mese di Ottobre sono ovviamente le blue chip che conosciamo molto bene, come i CryptoPunks e il Bored Ape Yacht Club. Le vendite più sostanziose sono state: 

  • CryptoPunks #924 per 737,16 mila dollari;
  • CryptoPunks #9476 per 487,83 mila dollari;
  • Fidenza #783 per 471,15 mila dollari. 

Tuttavia i maggiori vincitori nello spazio NFT sono anche i maggiori “perdenti”. Su DappRadar è possibile verificare che nonostante queste collezioni siano le più preziose, il loro valore è calato drasticamente nel giro di un anno. Ad esempio il CryptoPunks #5822 acquistato in passato per 23,58 milioni di dollari, ora ne vale “solo” 2,64. Oppure la Bored Ape #8817 venduta per 3,4 milioni di dollari dalla casa d’aste Sotheby’s e che ora ha un valore di mercato di 805.043 dollari. 

I marketplace e gli artisti NFT in lotta per le royalty

Il mondo NFT ad Ottobre è stato toccato anche dal dibattito sulle royalty dei token non fungibili. Con “royalty” si intende la percentuale di una vendita destinata all’artista o all’autore di un’opera. All’inizio del mese Magic Eden, il marketplace NFT su Solana ha deciso di non rendere obbligatorio il pagamento delle royalty da parte degli acquirenti, con lo scopo di attirare più collezionisti. Di recente questa strategia è stata adottata anche dal marketplace LooksRare. Per alcuni le royalty sono indispensabili per sostenere il lavoro degli artisti e sono la base della creator economy, secondo altri invece le royalty sono diventate solo un modo per arricchire i proprietari delle grandi collezioni

A confermare quest’ultima tesi c’è il report di Galaxi Digital che mostra che i creatori delle collezioni su Ethereum finora hanno guadagnato 1,8 miliardi di dollari dalle royalty delle vendite secondarie sui marketplace come Opensea. Di questa cifra il 20% è in mano solamente a dieci collezioni, il restante 80% è suddiviso in 482 progetti. In cima alla classifica per guadagni in royalty c’è Yuga Labs con un incasso di 147 milioni di dollari, tieni presente che si stanno considerando solo le royalty, questo esclude dunque il costo degli NFT in sé.

Magic Eden nonostante la polemica sulla sua decisione e la scontentezza degli artisti crypto, ad Ottobre ha registrato 300 mila trader.

Crypto.com: la storia del dominio internet che vale milioni di dollari

La storia della vendita milionaria del dominio crypto.com

La storia della vendita milionaria del dominio internet Crypto.com racconta l’importanza di avere un nome riconoscibile sul web!

A noi che usiamo internet quotidianamente, può sfuggire il ruolo determinante dei domini internet. Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del nuovo millennio, i domini furono oggetto di una vera e propria speculazione ma anche in tempi più recenti la vendita di certi indirizzi ha raggiunto cifre astronomiche. È il caso del domino Crypto.com, registrato negli anni ‘90 e rivenduto per milioni di dollari nel 2018. Dalla storia della vendita milionaria del dominio internet Crypto.com emergono numerosi spunti di riflessione sull’importanza dell’identità sul Web!

“Crypto.com” non è il vero nome dell’exchange 

Forse non sai che “Crypto.com” non è il nome originario del noto exchange centralizzato di criptovalute. L’azienda fondata ad Hong Kong nel 2016 da Bobby Bao, Gary Or, Kris Marszalek e Rafael Melo nasce con il nome “Monaco”. Solo qualche anno dopo, nel 2018, l’exchange viene ribattezzato “Crypto.com”, grazie all’acquisto dei diritti sull’omonimo dominio internet. L’azienda ha speso una cifra enorme per ottenere questo dominio, battendosi con il precedente proprietario che per moltissimi anni ha rifiutato qualsiasi offerta. Per quanto è stato comprato il dominio Crypto.com? La trattativa è rimasta sempre segreta ma la cifra stimata è compresa tra i 5 e i 10 milioni di dollari

Chi era il proprietario del dominio internet Crypto.com

Il primo proprietario del dominio Crypto.com è stato Matt Blaze, professore e ricercatore di crittografia dell’Università della Pennsylvania, che lo aveva registrato nel 1993 all’inizio della sua carriera accademica. Blaze all’epoca aveva depositato il dominio gratuitamente, perché solo a partire dal 1995 l’organizzazione che gestiva il Domain Name System (DNS) ha deciso di monetizzare la registrazione dei domini. Blaze utilizzava il dominio Crypto.com come indirizzo del suo blog personale a tema crittografia in cui condivideva risorse e cercava di sfatare il mito per cui la crittografia è un’attività da criminali. Già nel 2000 un’azienda chiamata “Crypto.Com, Inc” che si occupava di servizi di comunicazione criptati, ha fatto la prima proposta per acquistare il dominio di proprietà di Blaze. Ma è solo con il boom delle criptovalute, intorno al 2016, che Blaze è stato sommerso dalle offerte per Crypto.com. Il professore tuttavia non ha mai avuto intenzione di cedere il suo prezioso dominio, dichiarando più volte e pubblicamente che Crypto.com non era in vendita. 

Crypto.com un dominio internet prezioso (per molte ragioni)

Nella sua storia Crypto.com si è rivelato un dominio prezioso perché unico e capace di comunicare un’identità precisa, quella del mondo delle criptovalute. Chiunque lo utilizzi, verrà immediatamente associato al settore che rappresenta. 

Il dominio Crypto.com era così ambito che un potenziale acquirente è arrivato a presentarsi nell’ufficio di Blaze all’Università, supplicando il professore di accettare la sua offerta. 

Ma perché Blaze si è opposto in maniera così decisa alla vendita del dominio Crypto.com? Anche in questo caso ritorna la questione dell’identità, in poche parole Blaze sosteneva che il dominio dovesse far riferimento a un progetto di crittografia e non a uno di criptovalute, dal momento che il significato originario di “crypto” è relativo alla prima area semantica. Blaze criticava l’uso del termine “crypto” per riferirsi alle criptovalute, “crypto” è nata come l’abbreviazione di “cryptography” e non di “cryptocurrency”. Il professore non voleva alimentare l’associazione della crittografia alle criptovalute che personalmente ha sempre guardato con sospetto e poco legate alla crittografia. 

A sostegno di questa tesi nel 2017 si è esposto anche Lorenzo Franceschi-Bicchierai, un giornalista esperto di hacking e cybersecurity. Franceschi-Bicchierai mostrava come su Google News o secondo i vocabolari, “crypto” facesse riferimento alla crittografia: “si pensi, ad esempio, al termine ‘guerre crittografiche’ (‘Crypto Wars’), che si riferisce agli sforzi del governo (originariamente quello statunitense) per minare e rallentare l’adozione di sistemi di comunicazione infrangibili“. Nel contributo del giornalista appare anche una dichiarazione di Emin Gün Sirer (che ancora non aveva fondato Avalanche) in cui spiegava che la crittografia nelle criptovalute è un elemento “ancillare” e che la vera innovazione è l’uso delle blockchain come meccanismi di consenso e sistemi distribuiti. 

Questo succedeva nel 2017, ora la situazione è decisamente ribaltata. La lingua si è evoluta e cercare “crypto” su Google significa imbattersi in contenuti e informazioni che riguardano esclusivamente il mondo Bitcoin&Co. Oggi nei dizionari il primo significato è “abbreviazione per criptovaluta”, solo il secondo è “relativo a crittografia”. 

La vendita milionaria del dominio Crypto.com

All’improvviso però nel 2018 Blaze scrive sul suo blog: “negli ultimi anni ho ricevuto una serie crescente di offerte, molte delle quali ovviamente non serie, ma alcune delle quali, francamente, attiravano l’attenzione, per il dominio Crypto.com. Ho ignorato la maggior parte di esse, ma è diventato sempre più chiaro che tenere il dominio aveva sempre meno senso per me. All’inizio di quest’anno ho avviato una discussione confidenziale con alcuni potenziali acquirenti seri. Il mese scorso ho raggiunto un accordo per la vendita del dominio”. 

Il crittografo Blaze aveva in effetti venduto il dominio Crypto.com all’exchange di criptovalute Monaco per qualche milione di dollari. Dopo l’acquisto l’ex azienda “Monaco” ha attuato l’operazione di rebranding per diventare “Crypto.com” come la conosciamo ora. Il caso di Crypto.com è solo uno dei tanti esempi di quanto un dominio possa essere importante nell’identità di un brand. Essere riconoscibili su internet, con il nome più appropriato, diventa una questione d’affari (da milioni di dollari). L’operazione dell’exchange di Hong Kong ha fatto in modo che il suo brand si identificasse in maniera diretta con il suo prodotto, per l’appunto le crypto.

Molti altri domini a tema crypto hanno avuto una storia simile a quella di Crypto.com e sono passati in mano ad aziende del settore. Tra questi domini internet ci sono Tokens.com venduto per 500.000$, Cryptoworld.com per 195.000$, Eth.com per 2 milioni di dollari e Bitcoinwallet.com per 250.000$. 

Tutto su Aptos, la nuova blockchain Layer 1 del momento

Aptos crypto: cos’è la nuova criptovaluta e blockchain Layer 1

Mercoledì 19 Ottobre 2022 è stata lanciata Aptos. Che cos’è e come funziona questa nuova blockchain Layer 1 che viene definita Solana Killer? 

Mercoledì 19 Ottobre è stata lanciata Aptos, una nuova blockchain Layer 1 sviluppata da ex dipendenti di Meta. Aptos a pochi giorni dal debutto nel mondo crypto, sta già facendo parlare di sé, sia in positivo che in negativo. Da un lato c’è chi presenta Aptos e la sua crypto APT come i possibili Solana Killer, per via della grande quantità di transazioni al secondo che promette di riuscire a processare. D’altro canto il lancio della crypto Aptos è stato criticato a causa di diversi fattori, come il listing “prematuro” su noti exchange crypto, anteriore al rilascio della tokenomics di APT. Scopri che cos’è la crypto Aptos e le principali polemiche relative al lancio!

La nascita della nuova criptovaluta Aptos

Aptos è una blockchain Layer 1 fondata da alcuni ex dipendenti di Meta (prima Facebook). Il gruppo di sviluppatori, ha fondato ad Agosto 2022 la Aptos Foundation, che si occupa di definire le linee guida del progetto. La nuova blockchain utilizza un algoritmo di consenso di tipo Proof-of-Stake per validare le transazioni sul suo network. La nuova criptovaluta Aptos è programmata in Move,  un linguaggio per la scrittura di smart contract, sviluppato da Facebook nel 2019. Move è stato creato per costruire la blockchain nativa di Facebook, Diem. Il progetto è stato tuttavia abbandonato a Gennaio 2022

Già prima del lancio, la blockchain Layer 1 di Aptos e la sua crypto APT hanno fatto parlare molto di sé. Il motivo? Il grande interesse da parte di importanti fondi di venture capital, che hanno deciso di investire nel progetto. Aptos ha raccolto 350 milioni in tre diversi round di finanziamenti tra Marzo e Settembre 2022. I fondi provengono da alcuni dei più importanti venture capital del mercato crypto come Andreessen Horowitz (a16z), Jump Crypto, FTX Ventures e Binance Labs.

Come funziona Aptos, la nuova blockchain Layer 1?

La nuova blockchain Layer 1 Aptos è stata sottoposta ad un intensivo programma di testing durante i mesi precedenti al lancio. Aptos che utilizza un algoritmo di consenso di tipo Proof-of-Stake, funziona grazie al lavoro di 102 validatori che si occupano della sicurezza del network. Aptos vuole distinguersi per la capacità di processare più di 160.000 transazioni al secondo, un numero ben superiore a quello della altre blockchain Layer 1. Ad oggi il competitor da battere è Solana, la blockchain Layer 1 che sulla carta può processare il numero maggiore di transazioni al secondo, arrivando ad un massimo di 65.000. Per questo motivo è stata definita, in occasione del suo lancio, un possibile Solana Killer. 

Aptos Foundation intende garantire ai suoi utenti un’elevata usabilità del network. Uno dei principali punti deboli che il Web3 sta affrontando è infatti la complessità di utilizzo. Aptos, grazie soprattutto al linguaggio di programmazione Move, vuole migliorare le cose! Move infatti è stato progettato per costruire smart contract e DApp più user friendly, che possano essere utilizzate anche da chi non conosce a fondo le tecnologie che le compongono.

In questa prima settimana di vita il network di Aptos è già molto attivo, soprattutto per quanto riguarda gli NFT, che hanno fatto registrare volumi notevoli. Per esempio la collezione Aptos Monkeys, lanciata sull’NFT marketplace Topaz, ha raccolto, nelle prime 24 ore dal suo lancio, quasi 300.000 APT, circa 2,7 milioni di dollari. Il portafoglio principale per conservare e utilizzare i propri token APT ed i propri NFT su Aptos è un’estensione Web che si chiama Petra ed ha già superato i 300.000 download sul chrome web store.

Aptos: un inizio poco trasparente? 

Il lancio della nuova criptovaluta Aptos, ha senza dubbio spezzato la monotonia di questo bear market, generando molte polemiche ma anche qualche apprezzamento. Ma andiamo con ordine. Le prime critiche sono sorte nelle ore precedenti al lancio, quando, gli utenti che avevano utilizzato la testnet (una copia quasi identica della blockchain principale che viene utilizzata per la sperimentazione) di Aptos, hanno ricevuto un airdrop davvero sostanzioso. Le ricompense distribuite tramite l’airdrop sono state o di 150 o 300 unità della nuova criptovaluta Aptos a seconda delle task che gli utenti hanno compiuto sulla testnet. Aptos Foundation ha infatti distribuito 20,1 milioni di crypto APT che rappresentano circa il 2% della fornitura totale. Questa quantità di APT aveva, al momento della distribuzione, un valore compreso tra i 200 e i 260 milioni di dollari ed è stato diviso tra 110.235 crypto wallet.

Le critiche, in questo caso, vertevano sul fatto che l’airdrop fosse eccessivo e andasse a vantaggio dei cosiddetti “airdrop hunters”. Gli airdrop hunters sono coloro che completano le task richieste dai protocolli blockchain utilizzando diversi portafogli e una volta ricevuto l’airdrop vendono istantaneamente le crypto ricevute.

La seconda ondata di critiche riguarda la scelta della crypto Aptos e di alcuni Exchange tra cui Binance e FTX di rendere disponibile il trading prima che fosse rilasciata ufficialmente la tokenomics. Questa scelta della Aptos Foundation ha messo i potenziali investitori in una posizione scomoda. Da un lato non avrebbero voluto perdersi il lancio di Aptos ma dall’altro non si sentivano sicuri data la poca trasparenza dimostrata dal progetto.

La tokenomics di APT, la crypto di Aptos

La tokenomics, che è arrivata solo dopo i listing in alcuni degli exchange più noti, prevede una fornitura totale di APT di un miliardo di token, 510 milioni detenuti da società di venture capital e 410 milioni, detenuti dalla Aptos Foundation. Questi 410 milioni di token sono, ad oggi, bloccati e verranno sbloccati progressivamente nel corso dei prossimi 10 anni. La restante parte della supply della crypto Aptos, in totale 80 milioni di APT, sono in parte stati distribuiti attraverso l’airdrop e in parte saranno messi a disposizione dei progetti che nasceranno sulla blockchain. 

Se il ritardo nella pubblicazione della tokenomics ha generato polemiche, la struttura della tokenomics in sé non ha fatto che aumentarle. E il prezzo di APT ne ha risentito. Ciò che ha creato malcontento è la quantità di APT posseduta dalle società di venture capital e dalla Aptos Foundation. Secondo gli utenti infatti, i token posseduti dagli investitori istituzionali e dalla Aptos Foundation sarebbero troppi. Aspetto che potrebbe generare una forte pressione di vendita in futuro sul token APT. 

L’influenza sul prezzo si è potuta notare immediatamente dopo il lancio. Il prezzo di partenza della crypto Aptos era attorno attorno ai 14 dollari, ma nelle prime ore dopo il lancio ha segnato un movimento ribassista superiore al 40%. Nei giorni successivi al lancio il prezzo della crypto APT si è “stabilizzato” attorno ai 9 dollari.

PancakeSwap è la prima DeFi DApp a sbarcare su Aptos

Lunedì 24 Ottobre 2022 PancakeSwap, l’ exchange decentralizzato (DEX) costruito sulla Binance Smart Chain, ha annunciato che la sua piattaforma sarà disponibile anche su Aptos. La decisione è stata presa in seguito a una votazione all’interno della DAO di PancakeSwap. L’ecosistema di PancakeSwap su Aptos sarà simile a quello già presente sulla Binance Smart Chain. 

Sarà quindi presente lo Swap, meccanismo attraverso il quale scambiare i token costruiti sulla blockchain di Aptos, le Farm e le Pool, dove è possibile mettere in staking i propri token in cambio di ricompense e la sezione IFO. La sigla IFO sta per Initial Farm Offering ed è una sorta di ICOInitial Coin Offering”. Le IFO hanno il duplice obiettivo di consentire di raccogliere fondi per lo sviluppo ai progetti emergenti e di incentivare gli utenti a detenere le crypto dell’ecosistema. Per partecipare ad un IFO però è necessario bloccare in una pool di liquidità un token LP (liquidity pool) composto per metà dalla crypto CAKE e per l’altra metà dalla crypto Aptos. 


L’integrazione di PancakeSwap, che è l’ottavo ecosistema DeFi per TVL è sicuramente un buon risultato. In particolare durante la prima settimana di vita. Vedremo se la nuova blockchain Layer 1 Aptos continuerà ad integrare nuove funzionalità a questo ritmo, e sarà un giorno in grado di competere con Solana nella sfida per il network più scalabile.

Come capire se un NFT è raro? Guida ai rarity tool

NFT rarity tool: come usarli e capire se un NFT è raro

Cosa si intende per rarità e come posso trovare gli NFT più rari di una collezione? Scopri come utilizzare gli NFT rarity tool!

Quando si sta per acquistare un NFT uno dei fattori da valutare è la rarità del token che ci è capitato sotto mano. Questo perché la rarità influenza il valore delle opere digitali, solitamente più un NFT è raro e più è costoso. Di conseguenza se hai intenzione di comprare un NFT, conoscerne la rarità, potrebbe rivelarsi un grande vantaggio. La rarità di un NFT può essere misurata in vari modi, sulla base della tipologia di token non fungibili. Per le collezioni PFP e gli NFT creati da sistemi di generative art, è possibile farlo attraverso degli strumenti. Sono i cosiddetti NFT rarity tool, scopri come usarli per capire se un NFT è raro! 

Da dove iniziare per valutare la rarità di un NFT

Per capire se un NFT è raro, bisogna iniziare considerando la tipologia del token non fungibile. Per semplificare la questione possiamo dividerli in due principali categorie: le opere d’arte digitali prodotte dagli artisti NFT più innovativi e prestigiosi e gli NFT PFP generati automaticamente. Gli NFT “artistici” prodotti da artisti famosi, come quelli di Beeple o quelli dell’artista NFT italiano Giuseppe Lo Schiavo, sono solitamente copie uniche. In quanto esemplari unici e la rarità di NFT del genere viene determinata innanzitutto dalla scarsità dell’opera digitale. Valutare la rarità di queste opere è complesso perché non esistono dei parametri oggettivi, sarebbe come chiedersi quanto sono rare “La Gioconda” di Leonardo da Vinci o “La nascita di Venere” di Botticelli. In questo caso la rarità è data anche dal prestigio dell’artista, dalla bellezza e dal significato dell’opera. 

Come scoprire quanto è raro un NFT PFP

Per gli NFT che appartengono a collezioni PFP o che sono generati tramite algoritmi casuali, la rarità viene calcolata in maniera diversa ovvero statisticamente. All’interno di una collezione PFP ci sono NFT più rari di altri e questa rarità non è determinata esclusivamente dall’unicità, come nelle opere menzionate sopra. In altre parole, tutti gli NFT PFP sono unici, ma non tutti sono rari. In questo caso la rarità di un NFT coincide con quella degli attributi di cui è composto. 

Questi NFT sono composti da una serie di tratti, o caratteristiche, combinate in modo casuale. Ogni NFT possiede una specie di “codice genetico” che descrive questi attributi, inscritto nei metadati del token. I metadati infatti contengono tutte le informazioni di un NFT, dallo storico delle transazioni ai suoi attributi. Ognuno di questi tratti possiede una propria percentuale di rarità. 

La percentuale di rarità esprime la quantità di token non fungibili che possiedono tale caratteristica rispetto al numero totale degli NFT della collezione. Prendiamo come esempio la collezione dell Bored Apes Yacht Club, che ad oggi contiene gli NFT più costosi di tutto il mercato. Tra i vari tratti della collezione, che sono in totale 168, rientrano tutte le caratteristiche estetiche che le scimmie possiedono. Per esempio gli occhi chiusi o spalancati, la camicia hawaiana o la giacca da marinaio, la dentiera di diamante o dorata. Le scimmie che possiedono il tratto blue beams eyes (dei raggi laser di colore blu che escono dagli occhi delle scimmie) sono solamente 49. Dato che il numero totale di NFT del Bored Ape Yacht Club è 10.000, la rarità di questo tratto sarà del 0.49%.

Ogni tratto o caratteristica contribuisce a determinare la rarità totale dell’NFT, sommando infatti la percentuale di rarità di ogni attributo si può a grandi linee determinare la rarità totale del token non fungibile. Ecco che a questo punto può essere utile imparare a scovare l’NFT più raro di una collezione. Tutti i principali NFT marketplace, come OpenSea o Magic Eden, concedono agli utenti la possibilità di effettuare una ricerca filtrata per caratteristica, ma non consentono, ad oggi, di visualizzare una collezione in ordine di rarità. Per rispondere a questa esigenza sono stati sviluppati gli NFT rarity tool. Vediamo come usare gli NFT rarity tool per capire qual è l’NFT più raro della tua collezione preferita.

Come funziona un rarity tool?

I Rarity Tools sono programmi software che calcolano e classificano gli NFT in base alla loro rarità. A livello informatico si tratta di semplici database in cui gli utenti possono cercare NFT specifici e vedere quanto sono rari all’interno della loro collezione, e le caratteristiche che contribuiscono al loro punteggio di rarità. Grazie a queste informazioni, i collezionisti possono facilmente confrontare la rarità e il valore dei singoli NFT per continuare gli acquisti in maniera consapevole. Allo stesso modo chi è in cerca di una “occasione” può trovaregli NFT più rari che sono messi in vendita ad un prezzo inferiore rispetto a quelli che possiedono un punteggio simile.

È importante notare che ogni piattaforma ha un proprio sistema di punteggio, pertanto anche se le classifiche di rarità effettive sono le stesse tra le varie piattaforme, il punteggio di rarità stesso probabilmente differirà. Vediamo i 4 rarity tool più utilizzati e come usarli per capire se e quanto un NFT è raro.

I principali NFT rarity tools

Alcuni di questi rarity tool sono gratuiti e servono principalmente a classificare gli NFT in ordine di rarità, altri invece sono a pagamento e sono costruiti per i “professionisti” della compravendita di NFT. Ognuno ha le sue particolarità ed è pensato per diverse esigenze.

1. Rarity Tools

Rarity Tools è il rarity tool gratuito più utilizzato per trovare gli NFT più rari e costosi sul mercato. 

I punteggi variano a seconda del numero di caratteristiche differenti che ogni collezione possiede, per esempio alla Bored Apes più rara è stato assegnato un punteggio di 333,86 mentre, all’NFT più raro della collezione degli anime-NFT Azuki, il punteggio di 11.096.

Su Rarity Tools è inoltre possibile filtrare gli NFT anche per altre caratteristiche oltre alla rarità, come il prezzo medio, il volume totale delle vendite e il numero di possessori. Rarity Tools è insomma uno strumento completo per approfondire quale NFT potresti acquistare. 

Su Rarity Tools inoltre è possibile ricercare un NFT specifico di una collezione digitando all’interno della barra di ricerca il suo ID, ovvero il numero identificativo dell’NFT che solitamente è preceduto da un cancelletto. Per trovare l’ID del tuo NFT ti basta accedere ad uno dei marketplace su cui è possibile acquistarlo oppure consultare il blockchain explorer della rete su cui è stato creato l’NFT. Per esempio etherscan.io per Ethereum e solscan.io per Solana.

Rarity Tools, nella sezione upcoming project presenta alcuni dei progetti che stanno per essere lanciati. Ad oggi, Rarity Tools analizza solamente gli NFT di Ethereum e Solana, il prezzo degli NFT e i volumi sono calcolati in ETH per tutte le collezioni. Le collezioni NFT che intendono essere inserite nella sezione upcoming project della piattaforma devono pagare una tassa di 2 ETH. Rarity Tools inoltre, tiene conto del valore che le community NFT danno a specifici tratti. Questi tratti speciali vengono definiti da Rarity Tools, derived traits, è garantiscono agli NFT che li possiedono un punteggio più alto.

2. Rarity Sniper

Il funzionamento di Rarity Sniper è molto simile a quello di Rarity Tools. Il tool è nato inizialmente come un semplice server Discord, gratuito, in cui gli utenti potevano entrare. Una volta entrati bisognava digitare l’ID del proprio NFT, preceduto da un comando creato ad hoc, all’interno della chat. Una volta inviato il messaggio, il bot, messo in funzione dal comando, restituiva all’utente il punteggio di rarità dell’NFT. A Gennaio 2022 il team che gestiva il server di Rarity Sniper ha deciso di sviluppare il proprio sito Web che è diventato subito un istituzione del mondo NFT raggiungendo in meno di un mese un milione di visitatori.   

3. Rarity Sniffer

Un altro famoso NFT rarity tool gratuito è Rarity Sniffer. Rispetto a Rarity Tools, questo strumento consente di visualizzare la rarità di ogni NFT di una collezione in pochissimo tempo dopo la creazione. Se a Rarity Tools serve qualche giorno per inserire i progetti all’interno della sua piattaforma, Rarity Sniper infatti riesce a calcolare la rarità di un NFT in pochi minuti dal momento in cui i metadati vengono rivelati, ovvero nel momento in cui viene creato (o “mintato” in gergo Web3). A differenza di Rarity Tools non è possibile filtrare le collezioni per volumi o per prezzo. Su Rarity Sniffer non è necessario pagare una quota per inserire le collezioni NFT da analizzare. 

4. Freshdrop

Il terzo rarity tool è Freshdrop. Questo rarity tool a pagamento permette di capire se un NFT è raro in maniera istantanea, battendo sul tempo tutti gli altri rarity tool. Su Freshdrop infatti puoi ispezionare la rarità di un NFT nell’esatto momento in cui vengono rivelati i metadati. Il rarity tool si occupa di inviare, a chi lo utilizza, una notifica nel momento in cui vengono rivelati i metadati e quindi viene stilata la classifica degli NFT più rari di una collezione. Per poter utilizzare il servizio è necessario acquistare lAll Access Pass. L’All Access Pass è anch’esso un NFT ed è disponibile su OpenSea ad un prezzo circa 0,07 ETH.

NFT rari: non solo questione di numeri

Dopo aver visto cosa si intende per rarità di un NFT e come fare a capire se un NFT è raro attraverso i rarity tool, è necessario specificare che non è solamente la rarità statistica dei tratti a determinare quanto gli NFT sono costosi. Alcuni tratti che possiedono particolari caratteristiche estetiche e simboliche diventano i preferiti delle community Web3 e di conseguenza mettono in campo un valore che va oltre alle semplici statistiche. Per esempio le Bored Apes con la pelliccia dorata, le numero #8817 e #3749, che non sono statisticamente le più rare, sono state le due vendite più costose della storia della collezione: rispettivamente 3,4 e 2,9 milioni di dollari


Per altre collezioni non è sufficiente utilizzare gli NFT rarity tool. Per esempio, la collezione CryptoKitties dei Dapper Labs, non è presente in nessuno dei rarity tool che abbiamo visto in precedenza. Sarà forse perché i rarity tools non sopportano i gattini? Non proprio, il motivo è connesso al complesso sistema di attributi, chiamati “Cattributes”, e di combinazioni genetiche attraverso le quali la collezione si evolve continuamente. I CryptoKitties non sono composti da un numero fisso di token non fungibili, i gattini NFT si riproducono e di conseguenza la collezione di Dapper Labs cresce sempre di più. Combinando i cattributes, a volte si verificano delle mutazioni genetiche che si manifestano con tratti mai visti prima. Gli NFT con queste mutazioni sono considerati tra i più rari dei CryptoKitties.

Do Kwon è latitante? Che fine ha fatto il fondatore di Terra (LUNA)?

Do Kwon: che fine ha fatto il fondatore di Terra (LUNA)?

Do Kwon sostiene che le accuse contro di lui non sono valide e che la crypto LUNA non è mai stata una truffa ma solo un fallimento

AGGIORNAMENTO 23 Marzo 2023: Do Kwon è stato arrestato nel Montenegro. Qui le ultime notizie.

In seguito al crollo della blockchain Terra, della sua crypto LUNA e della stablecoin algoritmica UST, Do Kwon il fondatore dell’intero ecosistema è stato accusato dal governo della Corea del Sud per aver violato la legge sui mercati finanziari (Capital Markets Act della Financial Services Commission). A questo proposito è stato emanato un mandato d’arresto internazionale e al momento la posizione di Do Kwon rimane sconosciuta. Che fine ha fatto il fondatore di Terra dopo queste accuse? Kwon lamentandosi della disinformazione e dell’eccessiva politicizzazione del caso, il 18 Ottobre 2022 ha rilasciato alla giornalista crypto Laura Shin, un’intervista in cui racconta la sua difesa contro le accuse e spiega le sue ragioni. 

Cosa è successo dopo il crollo di LUNA: accuse e mandati d’arresto

Dopo che Terraform Labs e Do Kwon sono stati accusati di aver violato la legge sui mercati finanziari della Corea del Sud, a Settembre 2022 la procura del distretto meridionale di Seoul ha ottenuto un mandato di arresto per Kwon, che da dopo il crollo di LUNA e UST viveva Singapore. Pochi giorni dopo, la polizia di Singapore ha dichiarato che l’imprenditore crypto non si trovava più nella città-stato e da allora la sua posizione non è più stata rintracciabile. Proprio per questo è stata diffusa la notizia che Do Kwon fosse latitante. Successivamente Kwon ha ricevuto anche un “red notice” dall’Interpol ovvero un mandato d’arresto internazionale che chiede alle forze dell’ordine locali di individuare e fermare in maniera provvisoria una persona e renderla disponibile all’autorità giudiziaria che ha richiesto in origine l’arresto. 

La difesa di Do Kwon sostiene che la legge sui mercati finanziari può essere applicata solo ai titoli (security) e LUNA in quanto criptovaluta non è legalmente un titolo. L’accusa quindi sarebbe infondata, perché Kwon e la sua azienda non avrebbero fatto nulla di illegale. Un portavoce di Terraform Labs ha spiegato al Wall Street Journal, come i procuratori sudcoreani avrebbero ampliato la definizione di “titolo” in risposta alle pressioni dell’opinione pubblica sul fallimento di UST e LUNA, che nel frattempo è stata ribattezzata “LUNA Classic“: “crediamo, come la maggior parte degli operatori del settore, che LUNA Classic non sia, e non sia mai stata, un titolo, nonostante i cambiamenti di interpretazione che i funzionari finanziari coreani potrebbero aver adottato di recente”.

Che fine ha fatto Do Kwon, il fondatore di Terra? 

Per riassumere, dopo le accuse e i vari mandati d’arresto, Do Kwon: 

  1. Sostiene che le accuse contro di lui avanzate dalla Corea del Sud non siano valide dal momento che nel paese non esiste una vera e propria regolamentazione crypto;
  2. Non ha risposto al mandato d’arresto dell’Interpol perché dice di non averlo mai ricevuto di persona;
  3. Conferma di non essere latitante;
  4. Ribadisce che non ha architettato nessuna truffa e che LUNA e UST sono state un esperimento di mercato fallito; 
  5. Si è preso tutta la responsabilità della faccenda e si scusa con gli holder e i sostenitori del progetto. 

Vediamo questi punti nello specifico. 

Dov’è Do Kwon?

Do Kwon in questa situazione delicata il 18 Ottobre ha rilasciato inaspettatamente un’intervista con lo scopo di fare chiarezza sugli eventi e contestare alcune false informazioni. Si tratta della seconda volta in cui Do Kwon si è esposto pubblicamente dopo il collasso da oltre 40 miliardi di dollari. L’intervistatrice è Laura Shin, giornalista crypto che cura il podcast Unchained e di recente ha pubblicato il libro The Cryptopians, da cui dovrebbe essere tratta una serie tv dai produttori Playground Entertainment.

L’intervista può essere suddivisa in due parti, la prima si concentra sugli avvenimenti politici e giudiziari in cui è coinvolto il fondatore di Terra, mentre la seconda sugli aspetti tecnici del crollo di UST. 

Durante l’intervista Kwon ha ribadito la questione dei “titoli”, suggerendo che le accuse della Financial Services Commission della Corea del Sud non siano lecite e nemmeno di loro competenza. Secondo il punto di vista di Kwon il caso della crypto LUNA è solo un pretesto per regolamentare il mercato sfruttando un momento di crisi, del resto, ha fatto notare, tra i governi di tutto il mondo non c’è chiarezza sulla questione: le crypto sono titoli?

Alla domanda di Shin sul perché non avesse risposto al mandato di arresto, Kwon ha spiegato di non aver mai visto personalmente questo documento e che la notizia del suo mandato d’arresto gli è arrivata solo tramite media, e con notizie contraddittorie. Sulla questione “latitanza” Kwon ha ripetuto ciò che aveva già espresso con un tweet ovvero che non si sta nascondendo ma che non vuole rivelare la sua posizione per questioni di sicurezza. Già da Maggio 2022 infatti Do Kwon ha ricevuto “visite” e tentativi di effrazione sia al suo domicilio di Singapore che quello a Seul da parte di persone amareggiate dal crollo di Terra, così la sua posizione rimane un mistero anche per proteggere la sua famiglia e i suoi collaboratori. Per questo Kwon non ha confermato né negato di essere a Singapore in questo momento, pur assicurando di non essere un latitante e di non star facendo sforzi per scappare. Kwon tra le altre cose non è preoccupato per aver perso il passaporto di Singapore.

Do Kwon ha smentito anche la notizia secondo cui alcuni suoi fondi sarebbero stati bloccati (67 milioni di dollari), sostenendo che i report non sono veritieri. 

Do Kwon spiega le cause del fallimento di UST

Shin ha condotto il discorso sui motivi del fallimento della stablecoin algoritmica UST, chiedendo se l’algoritmo fosse in effetti insufficiente a mantenere l’ancoraggio al dollaro. Do Kwon ha risposto che l’algoritmo fosse perfettamente funzionante e che nel progettare UST, la Luna Foundation Guard non aveva mai assunto il ruolo di “market maker” per difendere il peg della stablecoin ma che il suo intervento è stato necessario solo in alcune occasioni. Ad un certo punto infatti sono state usate le riserve di Bitcoin per colmare la volatilità di UST. Kwon ha precisato che gli acquisti di Bitcoin (e di Avalanche) precendenti al crollo avevano il solo scopo di rendere UST sostenuta da tutte le grandi e promettenti criptovalute. 

Per Kwon la stablecoin algoritmica non è fallita a causa dell’algoritmo ma perché il sistema economico che la sosteneva non era sufficientemente robusto. 

Tra il 7 e l’8 Maggio 2022 quando UST ha cominciato piano piano a perdere l’ancoraggio, Kwon non pensava fosse un grosso problema perché la stablecoin si sviluppa attraverso dei cicli e il tempo avrebbe risolto il problema. Nei giorni successivi è stato deciso di utilizzare i fondi della LFG per comprare UST (buy-back) ma nel frattempo il prezzo di LUNA scendeva drasticamente perché le persone hanno cominciato a vendere in preda al panico. 

Kwon ha spiegato che al momento la distribuzione dei token LUNA 2.0 non sta procedendo come previsto perché la LFG non è in grado di disporre dei suoi asset digitali a causa del processo in atto. Non ha idea di quando la situazione si possa sbloccare, Kwon ci tiene a sottolineare che non si tratta di un “rimborso”. Il progetto di Terra non è mai stato come un negozio che forniva beni in cambio di denaro e all’eventualità pronto a rimborsare se non dovesse funzionare. Shin ha chiesto se i fondi personali di Kwon potrebbero aiutare a compensare le perdite e lui ha risposto che non sarebbero abbastanza per fare la differenza. 

I propositi e i rimpianti del fondatore di Terra

Do Kwon, esortato dalla sua intervistatrice, ha colto l’occasione per presentare le sue scuse alle persone che hanno perso denaro credendo in LUNA affermando che non è per niente facile convivere con questa responsabilità. Tuttavia Kwon precisa che la crypto LUNA non è mai stata una truffa ma solo un esperimento di mercato andato male, che lui è stato il primo a credere nel progetto e che ha sempre cercato di costruire nei valori della trasparenza e dell’integrità. Insomma fallimento non significa scam. Secondo Kwon è doveroso fornire una corretta rappresentazione dei fatti per mettere sotto la luce giusta chi continua a lavorare nell’ecosistema Terra (lui comunque nega di essere ancora coinvolto ancora nel progetto). 

Do Kwon ha concluso l’intervista dicendo che attualmente la sua vita è in una fase di riflessione e che avrà bisogno di un paio di anni per elaborare con umiltà e interiorizzare ciò che è successo: Terra, LUNA e UST “non sono mai state faccende di denaro, fama, successo”. Kwon continua a credere nel bisogno di una stablecoin algoritmica e decentralizzata e ha ancora voglia di contribuire essendo molto giovane. Qualche rimpianto? Kwon avrebbe voluto dedicarsi di più allo sviluppo tecnologico di Terra nelle fasi di espansione piuttosto che alla parte di relazioni pubbliche. Inoltre avrebbe voluto costruire un dialogo con le persone sui social invece di sembrare un po’ arrogante. 

Parafrasando Kwon ha detto “credo che la cosa più difficile della situazione attuale sia dover fare i conti con una perdita astronomica. È difficile da esprimere a parole, ma l’entità dei danni finanziari, emotivi ed economici che si sono verificati non è facile da sopportare”.

La storia di Ruja Ignatova e OneCoin, la crypto truffa da 4 miliardi di dollari 

OneCoin: tutta la storia della truffa crypto di Ruja Ignatova

Tutta la storia di OneCoin, la truffa crypto architettata da Ruja Ignatova. Come è riuscita la “Crypto Queen” a ingannare 3 milioni di persone?

OneCoin è una delle truffe crypto più grandi della storia architettata dalla ricercata n°1 al mondo, Ruja Ignatova. Si trattava di una criptovaluta fittizia sponsorizzata come progetto su blockchain pur non essendolo. Un vero e proprio schema piramidale che ha truffato per miliardi di dollari 3 milioni di persone nel giro di tre anni. Ma come funzionava questa truffa? Perché si è diffusa così profondamente? Scoprilo nel nuovo episodio di Young Pills!

Ruja Ignatova, la persona più ricercata al mondo

Come è nata una delle crypto truffe più grandi della storia? Dalla mente di Ruja Ignatova, una donna bulgara che attualmente è una delle persone più ricercate al mondo. Di Ruja Ignatova, che all’epoca di OneCoin, è stata battezzata “Crypto Queen”, si hanno poche informazioni verificate. Ignatova infatti si è costruita un’immagine pubblica di successo e prestigio ma poco di quello che appariva era reale. Ciò che sappiamo di certo è che è nata a Sofia nel 1980 e nel 2005 ha conseguito un Dottorato in Diritto Privato Europeo all’Università di Costanza. Sul suo conto girano leggende e fonti inattendibili come una finta copertina di Forbes con la sua fotografia. 

Come è nata e in cosa consisteva la truffa di OneCoin?

Nel 2014 sfruttando la frenesia e l’interesse nel mercato crypto, la “Crypto Queen” ha fondato il progetto OneCoin presentandolo come la criptovaluta che avrebbe superato Bitcoin. In realtà non aveva nessun valore intrinseco perché non era una criptovaluta reale e non è mai stata legata a blockchain. Come funzionava la truffa nel concreto? In sostanza Ruja Ignatova proponeva in vendita dei pacchetti di corsi per imparare tutto sul mercato crypto (per un costo compreso tra i 100 e i 118.000 Euro) e di acquistare la presunta crypto OneCoin, il cui prezzo sarebbe esploso. Dal momento che si trattava di uno schema piramidale,  cercava di attrarre più investitori possibili con la promessa di guadagni sempre più grandi una volta reclutate altre persone. Alla fine dei conti, chi restava ammaliato dalla “Crypto Queen” e decideva di partecipare a OneCoin non aveva niente in mano. Mentre Ignatova ha sottratto una cifra compresa tra i 4 e i 15 miliardi di dollari

Perché la truffa crypto di Ignatova ha avuto successo?

La truffa crypto di Ruja Ignatova ha preso piede principalmente grazie al carisma della sua persona. Durante le sue conferenze la truffatrice prometteva guadagni incredibili attraverso OneCoin, guadagni a “rischio contenuto” e che avrebbero concesso la possibilità di “lasciare il proprio lavoro”. Queste promesse venivano alimentate dallo stile di vita lussuoso (e fittizio) che Ignatova ostentava

Come è stata scoperta la truffa e che fine ha fatto OneCoin

Già nel 2015 la Commissione di Supervisione Finanziaria della Bulgaria aveva messo in guardia contro i rischi di OneCoin, e nel 2016 le autorità finanziarie del Regno Unito l’avevano definita un’attività a “forte rischio”. Tuttavia è solo nel 2017 che la truffa è stata scoperta e sono stati rilasciati diciotto mandati d’arresto contro Ruja Ignatova che nel frattempo è sparita nel nulla. L’FBI, ha messo una ricompensa di 100.000 dollari per chi decidesse di offrire informazioni che possano portare al suo arresto. La “Crypto Queen” attualmente è l’unica donna nella lista dei 10 criminali più ricercati al mondo. Che fine ha fatto OneCoin? Non essendo una criptovaluta reale, una volta che Ignatova è sparita dalla circolazione, non valeva più nulla. La storia di OneCoin, la truffa crypto di Ruja Ignatova non ha ancora un finale.

L’ultima notizia che si ha della “Crypto Queen” risale a Gennaio 2023 quando il suo nome è apparso in occasione della vendita di un appartamento a Londra per conto di una società a suo nome. Nel caso in cui dovesse essere venduto, Ruja Ignatova dovrà presentarsi alle autorità. Questa è la prima prova dal 2017 che la truffatrice sia ancora viva. Nel frattempo il co-fondatore di OneCoin, Karl Sebastion Greenwood si è dichiarato colpevole delle accuse di frode telematica e riciclaggio di denaro.

Al momento non è ancora stata fatta giustizia, cosa succederà quando Ruja Ignatova non sarà più a piede libero?

Polkadot: nuove parachain a bordo, siamo all’asta n°30!

Title: Aste parachain Polkadot: 4 nuovi progetti a Ottobre 2022

Quali sono gli ultimi progetti che hanno vinto l’asta per le parachain di Polkadot? Sono 4 e saranno attivi nella Relay Chain da Ottobre 2022. Scopri di cosa si occupano! 

A quasi un anno dal lancio delle prime aste per le parachain su Polkadot, l’ecosistema Dotsama (Polkadot + Kusama) sta vivendo l’apice del suo sviluppo tecnologico. Secondo i dati di GitHub, nel mese di Settembre 2022 hanno lavorato all’infrastruttura di Polkadot più di 500 programmatori al giorno. Gli sviluppatori di Polkadot, insieme a quelli di Ethereum e Cosmos, sono i più attivi del settore. A fine Settembre il team di Polkadot ha rilasciato la roadmap aggiornata che presenta le funzionalità in arrivo, tra cui il lancio dei paratherad ovvero di quelle blockchain che pagano l’utilizzo della Relay Chain di Polkadot, senza parteciapre alle aste. In totale sono state già effettuate 30 aste e le parachain attive su Polkadot sono 27 (quelle su Kusama 41). Vediamo i 4 progetti che hanno vinto le aste per le parachain di Polkadot tra fine Agosto e inizio Ottobre 2022. 

Cosa sono le aste per le parachain su Polkadot?

Le aste per le parachain su Polkadot sono delle “vendite” di slot sulla Relay Chain. Polkadot è un ecosistema multichain che offre la sua infrastruttura per costruire delle blockchain con casi d’uso specifici, i progetti che vincono uno degli slot possono sviluppare la propria idea di blockchain usando il network principale per il meccanismo di consenso e la sicurezza. Diventando a tutti gli effetti parachain. Queste sono aste  “a candela”, ovvero aste che terminano in un momento casuale durante un arco temporale di circa una settimana, allo scadere dell’asta vince il progetto che ha raccolto più DOT, la coin di Polkadot. Per partecipare alle aste, i vari progetti infatti fanno offerte bloccando DOT (bonding) raccolti internamente al progetto o attraverso crowdloan tra la community. Gli slot su Polkadot durano un massimo di 2 anni (96 settimane), dopo la fine del periodo i DOT in bonding vengono svincolati e sono di nuovo disponibili per il progetto che li aveva inizialmente bloccati.  

1. Aventus Network

Aventus Network ha vinto la 26° asta per le parachain di Polkadot raccogliendo 200.000 DOT (circa 1,2 milioni di dollari). Si tratta di una blockchain fondata nel 2016 con lo scopo di rendere accessibili servizi decentralizzati su Polkadot e Ethereum alle aziende che vogliono inserirli nelle loro offerte per i clienti. Aventus Network propone quindi lo sviluppo di NFT, videogiochi, programmi di fidelizzazione, biglietti per eventi, gestione di supply chain. Uno dei progetti che utilizzano già Aventus Network per gestire la sua tokenomics e le transazioni su blockchain, è FruitLabs, il social network per i gamer. Su FruitLabs i gamer ottengono delle ricompense nel token PIP quando condividono i loro gameplay. 

2. Watr

A vincere la 27° asta per le parachain di Polkadot è stata Watr, una blockchain che vuole proporre un metodo per commercializzare una “nuova classe di ethical commodities”. Per definizione una “commodity” è una materia prima ad esempio il petrolio, il carbone, lo zucchero. Watr nasce per rendere il commercio delle materie prime etico e tracciato tramite blockchain. I servizi che vuole offrire questa nuova parachain sono la tokenizzazione di asset non digitali (real world) e gestione delle filiere di produzione. Quello di Watr è un progetto ancora agli inizi, il whitepaper è in lavorazione proprio in questi giorni così come la tokenomics del loro token WATR. Il lancio della mainnet è previsto per Gennaio 2023. Per vincere il suo slot, Watr ha raccolto all’asta 125.224 DOT (778.893$).

3. OAK Network

OAK Network, dove OAK sta per On-chain Autonomous Kernel, è la parachain vincitrice della 28° asta con 149.998 DOT in bonding (932.990$). Il settore di riferimento di OAK Network è la DeFi, nello specifico il progetto vuole costruire degli strumenti per pagamenti e trading automatizzato “event driven”: “una delle grandi opportunità della blockchain è il concetto di “denaro programmabile”. La possibilità per gli imprenditori di creare, scambiare e utilizzare beni digitali a livello globale avrà probabilmente lo stesso impatto di quando le persone sono state in grado di creare e consumare informazioni a livello globale attraverso il web”. Secondo il team di OAK questa opportunità non è adeguatamente sfruttata perché “oggi la maggior parte delle transazioni su blockchain sono semplici eventi una tantum”, quello a cui ambisce OAK è realizzare un hub DeFi per abilitare transazioni di acquisto e vendita a determinati prezzi o eventi così come operazioni ricorrenti. In poche parole, si parla di realizzare strumenti per il trading automatizzato. OAK Network prima di proporsi come parachain su Polkadot ha testato la sua chain con il progetto Turing Network, una parachain su Kusama

4. Bitgreen

Il quarto nuovo progetto che sarà operativo su Polkadot a partire da Ottobre è Bitgreen. Già a partire dal suo nome, si può intuire la spiccata vocazione ambientale di questa parachain. Bitgreen vuole proporsi a ONG e progetti Web3 per sostenere importanti iniziative di sostenibilità su temi come l’energia rinnovabile, la conservazione delle foreste e lo sviluppo e sostegno delle comunità locali. Ad esempio Bitgreen permette di creare e commerciare dei crediti carbone. 

Insieme a Sequester, un altro progetto che vuole fornire strumenti per minimizzare l’impatto ambientale dell’ecosositema Dotsama, Bitgreen ha proposto di trasformare le micro-fee delle parachain in crediti carbonio. Questa iniziativa ha lo scopo non solo di rendere l’ecosistema di Polkadot neutrale ma anche positivo dal punto di vista dell’impronta ambientale

Le offerte per l’asta per le parachain di Polkadot n°30 sono attive dal 18 Ottobre (17:53 UTC) per cinque giorni approssimativamente. Il progetto vincente vincerà uno slot sulla Relay Chain utilizzabile dal 20 Novembre 2022 al 25 Settembre 2024.

Il dilemma del marketplace NFT Magic Eden: avvantaggiare i collezionisti o gli artisti?

Magic Eden: nel marketplace NFT su Solana non si pagano le royalty

Il marketplace NFT su Solana ha preso un’importante decisione: non si pagano più le royalty agli artisti. Cosa ne pensano le community Web3?

Lunedì 17 Ottobre, il marketplace NFT Magic Eden, nato sulla blockchain di Solana, ha implementato un aggiornamento grazie al quale non sarà più obbligatorio pagare le royalty ai creatori di NFT. Questo aggiornamento è stato attuato per rispondere a un’esigenza specifica: analizzando il mercato NFT si può notare che i collezionisti e i trader preferiscono acquistare token non fungibili senza royalty (e quindi NFT a un prezzo minore). Le royalty tuttavia sono essenziali per finanziare gli artisti e il loro lavoro, per questo la scelta di Magic Eden potrebbe sembrare in contrasto con gli ideali del Web3. 

Le royalty sono espresse in percentuale e oscillano solitamente dal 2.5% fino a massimo il 15% del prezzo dell’NFT. Per esempio la famosa collezione NFT delle Bored Ape Yacht Club applica una creator fee del 2.5% mentre gli anime-NFT Azuki una tassa del 5%. La decisione di Magic Eden ha generato molte polemiche all’interno del mondo Web3, in particolare su Twitter. Quali conseguenze avrà nel settore la scelta di Magic Eden, il marketplace NFT su Solana, di togliere le royalty per gli artisti NFT? 

Perché dovrei pagare le royalty agli artisti NFT?

Le cosiddette creator fee non saranno eliminate completamente dal marketplace NFT su Solana ed Ethereum, Magic Eden, ma saranno gli utenti che intendono acquistare un NFT a scegliere se pagarle o meno. Da Lunedì 17 Ottobre 2022, quando un utente procede ad un acquisto, può decidere se pagare totalmente (full), solo in parte (half) o se non pagare per niente (none) le royalty. 

Ma perché qualcuno dovrebbe scegliere di pagare tutte le royalty di una collezione NFT anche se non è obbligato a farlo? Il pagamento delle royalty garantirà agli utenti che acquistano l’NFT la possibilità di accedere ai benefit che i progetti NFT mettono a disposizione dei cosiddetti holder. I vari vantaggi  che l’utente può acquisire attraverso il pagamento della totalità delle royalty possono essere, ad esempio, l’accesso ad uno più canali Discord privati, la possibilità di mettere in staking gli NFT per ricevere in cambio ricompense, o la partecipazione alla governance delle collezioni che consente agli utenti di votare proposte all’interno delle DAO. Pagare le royalty inoltre è un modo per supportare direttamente gli artisti che, nell’ottica della creator economy, con gli NFT hanno l’opportunità di monetizzare le loro opere in maniera più vantaggiosa rispetto agli strumenti offerti dall’internet off chain. 

Perché Magic Eden ha scelto di non far pagare le royalty

Magic Eden, all’interno del comunicato ufficiale rilasciato, Sabato 15 Ottobre 2022, ha dichiarato di essere consapevole dell’impatto che la decisione avrà sui creator e sugli artisti digitali. Le polemiche sorte in relazione alla scelta di Magic Eden di non far pagare le royalty per gli artisti NFT, hanno sottolineato l’opinabilità della decisione, che avvantaggia i trader rispetto ai creatori. Secondo tantissimi utenti, che si sono espressi in particolar modo su Twitter, le royalty contribuiscono a dare valore ai progetti e permettono ai team di sviluppo di continuare a lavorare e a investire in features indispensabili al fine di realizzare gli step delle roadmap. Ma perché Magic Eden ha scelto di proseguire in questa direzione? Come anticipato, il motivo principale è la volontà del marketplace di adattarsi alle dinamiche di mercato. 

Il grafico presente in questo tweet mostra la tendenza degli utenti a preferire i marketplace o le collezioni su cui è possibile non pagare le royalty ai creatori. Questo modello, detto optional creator royalties è utilizzato dalle collezioni NFT di Dust Lab, i DeGods e gli y00ts e dai CryptoPunks e da alcuni marketplace NFT come X2Y2 e SolanArt. Magic Eden, il marketplace NFT su Solana ed Ethereum all’interno del post in cui ha annunciato l’iniziativa ha cercato di rassicurare i creatori. Ha descritto infatti la modifica come un qualcosa di temporaneo, volto più che altro a conservare le quote di mercato acquisite nell’ultimo periodo, in attesa di una soluzione che metta d’accordo sia i trader che gli artisti NFT. 

L’iniziativa di redenzione di Magic Eden

Magic Eden, a pochi giorni dall’annuncio, sta cercando di escogitare alcune “contromisure” per tutelare i creator. 

Il marketplace ha istituito il Creator Monetization Hackathon, un evento al quale partecipano sia gli sviluppatori che i creator. L’evento, come si può facilmente intuire dal nome, ha l’obiettivo di trovare soluzioni sostenibili per risolvere il problema della monetizzazione dei creator e quindi trovare modelli di business alternativi che consentano agli artisti di guadagnare dalle proprie collezioni. Il montepremi per gli sviluppatori e i creatori che riusciranno nell’impresa è di 1 milione di dollari. Vedremo se Magic Eden riuscirà a ripristinare lo status quo che vigeva prima della decisione di non far pagare le royalty, consentendo ai creatori di continuare a guadagnare dalle vendite dei propri prodotti o se si uniformerà alle esigenze di mercato per sopravvivere.