Bitcoin può essere hackerato? I computer quantistici possono distruggerlo?

Bitcoin può essere hackerato?

È possibile che Bitcoin venga hackerato? I computer quantistici riusciranno a distruggere la blockchain? Scopri di più

La blockchain di Bitcoin è estremamente sicura a livello informatico, prevalentemente grazie ai modelli crittografici che utilizza. Nonostante questo, all’orizzonte c’è una minaccia che preoccupa alcuni crypto enthusiast: i computer quantistici. 

Queste macchine, incredibilmente potenti, sono in grado di svolgere calcoli ad una velocità esponenzialmente più elevata rispetto a quelle tradizionali e, per questo motivo, potrebbero mettere a rischio la blockchain di Bitcoin. La sicurezza dell’intera rete si basa, infatti, proprio sulla potenza di calcolo, messa a disposizione dai miner e costantemente in equilibrio.

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Visto che lo sviluppo di queste macchine sta avanzando velocemente negli ultimi anni, è necessario preoccuparsi? Bitcoin potrà, davvero, essere hackerato per colpa dei computer quantistici?

Bitcoin può essere hackerato? Cosa sono i computer quantistici

L’intuizione che sta alla base di questa tecnologia risale al 1981, quando Richard Feynman propose la sua teoria della computazione quantistica. L’idea era quella di creare elaboratori che simulassero la realtà proprio nel modo in cui si manifesta, e quindi attraverso artefatti quantistici, e non attraverso variabili binarie.

La differenza principale tra i computer quantistici e quelli tradizionali sta, dunque, nell’architettura delle più piccole unità che compongono il linguaggio macchina

Il linguaggio macchina di un elaboratore tradizionale è, infatti, basato su un’architettura binaria; l’unità di informazione che sta alla base di questa si chiama Bit e codifica uno stato che può essere o 0 o 1.

Al contrario, l’unità di informazione dei computer quantistici, il Qubit, o bit quantistico, si ispira alle particelle. Senza entrare troppo nel tecnico si può dire che i Qubit possono oltre ad assumere lo stato 0 o 1, possono restituirne uno qualsiasi di quelli compresi tra i due valori.

Il funzionamento di queste macchine è estremamente complesso, perciò non entreremo nel dettaglio. Anche perché il focus di questo articolo è comprendere se Bitcoin può essere o meno hackerato da queste macchine all’avanguardia.

Come funziona la crittografia di Bitcoin?

Per capire se i computer quantistici saranno in grado di hackerare Bitcoin dobbiamo comprendere come lavora la sua blockchain a livello crittografico. Il network di BTC utilizza, in questo senso, tre funzioni principali:

  1. La funzione di hash Secure Hash Algorithm (SHA) 256: è un algoritmo che viene utilizzato da Bitcoin per garantire l’integrità delle informazioni memorizzate in un blocco. La SHA-256 è unidirezionale, ovvero è possibile generare un hash (o impronta digitale) da qualsiasi contenuto ma, al contrario, non è possibile svolgere il procedimento inverso, ovvero non si può risalire al contenuto partendo dall’hash. Il risultato di questa funzione crittografica, che viene utilizzata principalmente nel processo di mining, in particolare per creare l’hash del blocco e garantire il funzionamento del meccanismo di consenso Proof-of-Work, è sempre un codice alfanumerico di 64 caratteri, codificato in 256 bit o 32 byte ed essa;
  1. RIPEMD-160: questa è un’altra funzione hash crittografica usata in Bitcoin, principalmente per ridurre la lunghezza degli hash SHA-256 da 256 bit a 160 bit. Questo ridimensionamento viene utilizzato nella creazione dell’indirizzo Bitcoin, che inizia con un hash SHA-256 della chiave pubblica seguito da un hash RIPEMD-160;
  1. Le Curve Ellittiche: Bitcoin usa l’Elliptic Curve Digital Signature Algorithm (ECDSA) per garantire che le monete possano essere spese solo dal legittimo proprietario. La curva specifica usata in Bitcoin è la secp256k1, che aiuta a generare la chiave pubblica dalla chiave privata e a firmare le transazioni.

Bisogna anche specificare che Bitcoin utilizza funzioni crittografiche che siano battle tested. Ciò significa che esse non sono funzionanti soltanto a livello matematico ma sono state già testate “sul campo” per diversi anni, o addirittura, decenni. 

Guarda il prezzo di BTC

Perché i computer quantistici sono una minaccia?

È arrivato il momento di rispondere alla domanda centrale di questo articolo: Bitcoin può essere hackerato?

Per farlo ci concentreremo sulla modalità teoricamente più possibile, ottenere il controllo di più del 50% della potenza computazionale della rete, e quindi effettuare un 51% attack. Se un hacker riuscisse in questa impresa potrebbe, potenzialmente, spendere due volte i Bitcoin, il che porterebbe al fallimento dell’intera blockchain

Scongiurare la minaccia della doppia spesa (double spending) è stato uno degli obiettivi principali del creatore di Bitcoin Satoshi Nakamoto. D’altronde, BTC non sarebbe andato lontano se qualcuno avesse potuto impiegare la stessa somma in più scambi economici. 

In questo senso i computer quantistici sono sempre stati considerarti una minaccia per Bitcoin e, più in generale, per la crittografia, dato che sono, teoricamente, in grado di effettuare complicatissimi calcoli ad una velocità esponenzialmente più alta rispetto a quelli tradizionali. Queste operazioni matematiche complesse, stanno alla base della sicurezza di Bitcoin, dato che vengono svolte dai miner per validare i blocchi e quindi rendere sicuro l’intero network.

Perché Bitcoin dovrebbe essere al sicuro?

Bitcoin può, davvero, essere hackerato? I quantum computer sono, all’atto pratico, una minaccia o, nel caso in cui la loro adozione dovrebbe crescere, non avranno comunque nessun impatto sul network di BTC? È impossibile dare una risposta certa a questa domanda. Tuttavia, possiamo analizzare alcuni dati e toerie per fare chiarezza sulla questione. 

Una delle più popolari sostiene che, una volta che questa tecnologia verrà adottata e i computer quantistici diventeranno davvero acquistabili, i miner di Bitcoin saranno tra i primi soggetti ad utilizzarli. In passato essi si sono aggiudicati le componentistiche hardware più avanzate, proprio perché la validazione dei blocchi della rete di BTC è un’attività fortemente competitiva e chi la svolge è fortemente incentivato ad aggiornare costantemente il proprio setup. Attualmente l’80% di questi soggetti possiede macchine estremamente costose, dotate dei chip più potenti in circolazione.

Secondo alcune stime, per replicare la potenza di calcolo in possesso dal 51% dei partecipanti alla rete, bisognerebbe spendere circa 3,7 miliardi di dollari in componenti hardware. Questa cifrà non tiene conto dell’aumento di prezzo che subirebbero i componenti, dato un tale incremento della domanda. Senza considerare poi che l’autore di un attacco di questo tipo non produrrebbe nessun beneficio economico per se stesso, dato che, nel caso in cui andasse a buon fine, ogni Bitcoin perderebbe, istantaneamente, il suo valore.

Insomma, non si trarrebbe alcun vantaggio tendando hackerare Bitcoin, nonostante sia teoricamente possibile, mentre il costo, approssimato per difetto a 3,7 miliardi di dollari, è incredibilmente elevato. Sarebbe più facile, e remunerativo, provare ad hackerare una banca centrale.

Elezioni USA: l’impatto sul prezzo di Bitcoin

La meme coin di Donald Trump su Solana

Che impatto avranno le elezioni USA sul prezzo di Bitcoin? Secondo Standard Chartered potrebbero far esplodere a rialzo la criptovaluta

In molti pensano che la vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni USA potrebbe favorire Bitcoin e, in generale, il settore delle criptovalute. Tra i sostenitori di questa tesi c’è Standard Chartered Bank, una delle società finanziarie più importanti del Regno Unito.

Su cosa si fonda la recente diffusione di questa convinzione? Dove potrebbe arrivare il prezzo di Bitcoin, se Donald Trump dovesse tornare alla Casa Bianca? Standard Chartered ha aggiornato, a rialzo, le sue previsioni sul prezzo di BTC: 150.000$ entro la fine del 2024.

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Elezioni USA: perché una vittoria di Trump potrebbe essere positiva?

Il primo aspetto da considerare per stimare l’impatto dell’insediamento di Donald Trump a Capitol Hill è quello normativo. Il tycoon ha, infatti, ribadito più volte di non avere intenzione di reprimere l’utilizzo di Bitcoin e, quindi, di non opporsi al settore delle criptovalute nel caso in cui dovesse vincere le elezioni USA. Una delle ultime dichiarazioni in merito risale a marzo, quando Trump disse, ai microfoni di CNBC, di conoscere il fenomeno e di accettarlo, anche se ribadì il suo totale e incondizionato sostegno nei confronti del dollaro.

Un’altra teoria che accompagna la convinzione di chi si aspetta un mercato crypto rialzista nel caso di una vittoria di Donald Trump è collegata agli esponenti in carica a capo delle principali istituzioni governative. Se il mandato di Joe Biden, e con esso l’attuale parentesi democratica, dovesse concludersi, alcune teste potrebbero “saltare”. 

Gli occhi del settore sono puntati principalmente su Gary Gensler, il presidente della Security and Exchange Commission (SEC), nonché il più grande antagonista del settore degli ultimi anni. Gensler è da sempre legato al partito democratico e quindi un’ascesa al potere della fazione repubblicana potrebbe mettere a rischio la sua poltrona.

A dimostrazione di ciò, in un video reso pubblico di recente su X (ex Twitter,) Trump afferma che “loro”, riferendosi ai democratici e a Gary Gensler, sono ostili alle crypto e ironizza sul fatto che, secondo lui, Joe Biden non sa neanche cosa siano. Insomma, le criptovalute potrebbe trovare terreno fertile all’interno delle istituzioni nel caso in cui Trump vincerà le elezioni USA del 5 novembre 2024.

Trump inietterà liquidità nei mercati?

Per stimare l’impatto sul prezzo di Bitcoin delle elezioni USA del 2024, può essere utile guardare al passato. Donald Trump è famoso, tra le altre cose, per aver preferito politiche monetarie fortemente espansive, caratterizzate da tassi di interesse vicini allo zero e dalla monetizzazione del debito. Con questo termine si intende la tendenza dei governi a utilizzare le banche centrali come acquirenti per il proprio debito. In altre parole, al verificarsi di questo scenario, la Federal Reserve (FED) emetterebbe nuova moneta per acquistare i titoli di stato americani. Tale scenario risulta particolarmente allettante nel caso in cui il debito pubblico del paese in questione sia particolarmente alto e, soprattutto, quando esiste il rischio che i mercati inizino a dubitare della sua sostenibilità.

Ma che impatto avrebbe questa forzatura dell’economia sul settore delle criptovalute? L’unico modo per stimarlo è analizzare i dati dell’ultimo mandato Trump, quando i tassi di interesse erano vicini allo zero, come la “fiducia” nel mercato delle treasury americane o Titoli di Stato USA. Basti pensare che durante il primo mandato la vendita netta media annua di debito pubblico statunitense ha toccato i 207 miliardi di dollari, contro i 55 miliardi della presidenza Biden. In quel frangente il mercato crypto, così come quello azionario, è stato interessato da una forte crescita, visto che forniva una copertura contro la dedollarizzazione. Uno degli effetti collaterali di questa pratica è, infatti, la svalutazione monetaria, che si genera dall’aumento della quantità di moneta che circola in un sistema economico.

Le previsioni sul prezzo di Bitcoin

Chiarita la situazione in merito al contesto economico e normativo, è il momento di affrontare la possibile influenza delle elezioni USA sul prezzo di Bitcoin. Ovviamente è impossibile sapere cosa succederà nel caso in cui Donald Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, ma questo non impedisce ai commentatori del settore di pubblicare le proprie previsioni.

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Ad aver avuto una maggiore risonanza mediatica sono state quelle di Standard Chartered, già anticipate nell’introduzione di questo articolo. Per la banca del Regno Unito il prezzo di Bitcoin raggiungerà i 150.000 dollari entro la fine del 2024 se Donald Trump dovesse diventare, per la seconda volta nella storia, il presidente degli Stati Uniti. Ma non è tutto! Secondo Geoff Kendrick, Head of Crypto Research della società finanziaria, il valore di un singolo Bitcoin potrebbe toccare i 200.000$ durante il 2025.

FOMC USA: nessun taglio dei tassi ad aprile. Come ha reagito il mercato?

Inflazione USA: il dato del CPI di oggi

La FED e il suo presidente Jerome Powell hanno deciso: i tassi di interesse rimangono, ancora, invariati. Quando assisteremo al primo taglio?

Rispetto al mese scorso la situazione sui tassi di interesse è fortemente mutata. La decisione della Federal Reserve (FED) del 1° maggio 2024, annunciata dal presidente Jerome Powell, ha escluso un rialzo dei tassi per i prossimi mesi

Questa dichiarazione denota un cambio di rotta da parte della banca centrale statunitense, visto che nelle riunioni passate il suo presidente aveva annunciato l’intenzione di effettuare almeno tre tagli dei tassi durante il 2024.

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La decisione della FED

La riunione del FOMC (Federal Open Market Committee) del primo maggio si è conclusa come le quattro precedenti, ovvero con un nulla di fatto. La Federal Reserve ha deciso di non modificare i tassi di interesse, che, dunque, restano fissati nell’intervallo compreso tra il 5,25% e il 5,5%. A pesare sulla decisione, presa attraverso il voto unanime di tutti i partecipanti alla riunione, è stata principalmente l’inflazione. Secondo gli ultimi dati del Consumer Price Index (CPI), pubblicati il 10 aprile 2024, l’inflazione negli Stati Uniti si attesta al 3,5%, ancora molto al di sopra dell’obiettivo del 2%.

Insomma, lo scenario attuale è molto diverso rispetto a quello ipotizzato ad inizio 2024. All’epoca, gli esperti si avevano previsto, in preda all’ondata di ottimismo che aveva investito il settore degli investimenti, sei o sette aggiustamenti al ribasso dei tassi di interesse. A marzo poi, dopo una revisione delle aspettative, Powell aveva annunciato l’intenzione di effettuare almeno tre tagli durante il 2024 a partire da giugno.

Il mercato del lavoro

Ad aprile anche il mercato del lavoro statunitense è stato meno pimpante rispetto ai mesi passati. È cresciuto, infatti, il tasso di disoccupazione e i nuovi posti di lavoro, secondo il report diffuso all’inizio di maggio, sono meno di quanto si aspettassero gli analisti.

Il dato dei “Nonfarm Payrolls”, ovvero le buste paga escluso il settore agricolo, restituisce un +175.000 invece che il +240.000 previsto, mentre il tasso di disoccupazione è passato da 3,8% a 3,9%. Questi dati sono particolarmente negativi se confrontati con quelli del mese di marzo (circa 300.000 nuovi posti di lavoro e tasso di disoccupazione al 3,8%) che, probabilmente, riflettevano l’ottimismo allora presente sul mercato.

La reazione dei mercati

Nonostante, almeno in teoria, il rinvio del taglio dei tassi di interesse dovrebbe essere una notizia non esattamente positiva per i mercati, i principali indici statunitensi hanno reagito bene alla decisione del FOMC.

Il giorno stesso l’S&P 500, l’indice che traccia l’andamento delle cinquecento aziende americane più capitalizzate, ha perso circa l’1,5%, per poi recuperare nei giorni seguenti. Attualmente si trova nella zona dei 5.185, grazie ad un movimento rialzista iniziato il giorno dopo la riunione del +3,5% circa. Anche il NASDAQ e il Dow Jones hanno registrato ottime performance nell’ultima settimana. Sono saliti rispettivamente del 4,7% e del 3%

Negli ultimi mesi l’andamento del mercato azionario americano sembra sempre più decorrelato dalla politica monetaria del paese. I principali indici sono molto vicini ai massimi storici e non sembrano soffrire il periodico rinvio del taglio dei tassi di interesse.

Cosa deciderà la Federal Reserve nei prossimi mesi? Il principali obiettivi della banca centrale restano gli stessi di marzo: controllare l’inflazione e promuovere l’occupazione, anche se la situazione è peggiorata rispetto a due mesi fa. L’inflazione tornerà a scendere e ciò permetterà alla banca centrale americane di procedere con il primo, attesissimo, taglio dei tassi di interesse? Oppure il FOMC e Jerome Powell cambieranno nuovamente idea e il costo del denaro resterà invariato per tutto il 2024?

Se dovessimo assistere al primo scenario potrebbe crescere l’interessa anche nel settore crypto, dato che diminuirebbero i rendimenti garantiti dalle obbligazioni governative. Puoi prepararti a questo possibile scenario acquistando Bitcoin sulla nostra app!

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Cosa succederà quando tutti i 21 milioni di Bitcoin saranno minati?

Cosa succederà dopo che tutti i 21 milioni di Bitcoin saranno minati?

Anche i Bitcoin, come tutte le cose preziose, sono limitati e scarsi e perciò non verranno emessi per sempre. La distribuzione della criptovaluta cesserà a 21 milioni, più o meno intorno al 2140. Questo avvenimento, seppur molto lontano, influenzerà i miner del futuro che non riceveranno più come ricompensa nuovi BTC. Cosa succederà dopo che tutti i 21 milioni di Bitcoin saranno minati? I miner smetteranno di rendere sicura la sua blockchain?

Perché i Bitcoin non sono infiniti?

La quantità massima di Bitcoin che potranno essere emessi è limitata a 21 milioni. Questo numero viene chiamato anche “max supply” o disponibilità massima. Questo limite è stato introdotto da Satoshi Nakamoto fin dalla creazione della criptovaluta per contenere l’inflazione e rendere la crypto scarsa e quindi preziosa. Se la disponibilità di Bitcoin fosse illimitata e i BTC venissero estratti all’infinito ad un certo punto ognuna di queste crypto non varrebbe più nulla. Attualmente sono stati emessi 19,7 milioni di Bitcoin e perciò ne mancano soltanto 2 per raggiungere la total supply

Le ricompense dei miner si dimezzano per l’halving

Un altro meccanismo di Bitcoin, collegato al mining, è l’halving. Questo regola la progressiva diminuzione delle ricompense elargite ai miner che validano i blocchi, che si dimezzano circa ogni quattro anni. Anche questo serve a ridurre le crypto in circolazione, per mantenere la scarsità. Ad oggi, dopo che l’halving di aprile 2024 è avvenuto con successo, i miner ottengono 3,125 BTC per ogni blocco che validano. Il processo di validazione di un blocco dura, in media, 10 minuti.

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Cosa succederà ai miner quando verranno emessi tutti i Bitcoin?

La sicurezza della blockchain di Bitcoin è garantita dai miner, quindi è legittimo chiedersi se nel momento in cui non verranno emessi più BTC il network smetterà di funzionare, perché nessuno sarà più incentivato a controllare la validità delle transazioni. 

Per fortuna Satoshi Nakamoto ha pensato anche a questo. I miner infatti non solo ricevono come ricompensa una parte dei nuovi BTC minati, ma anche le commissioni delle transazioni. Quando tutti i 21 milioni di Bitcoin saranno stati emessi le commissioni diventeranno l’unica fonte di reddito per i miner.

La fine delle emissioni di Bitcoin avrà un impatto imprevedibile. Certamente i miner potranno risentirne, e, per alcuni di loro, minare Bitcoin potrebbe smettere di essere un’attività profittevole. Ma ciò dipende molto da all’evoluzione di Bitcoin come criptovaluta. Ad esempio, se tra circa 120 anni BTC diventerà a tutti gli effetti una riserva di valore, probabilmente le commissioni delle transazioni (che saranno molto più costose di adesso), saranno sufficienti a ricompensare i miner. In alternativa  potrebbero migrare su altre blockchain, come è successo ad Ethereum quando la sua rete è passata dal meccanismo di consenso Proof-of-Work a quello Proof-of-Stake.

Nell’ultimo anno, grazie ad una nuova tecnologia chiamata inscription, la blockchain di Bitcoin si sta evolvendo. Il network di BTC non è più una rete “pura” che gestisce solamente trasferimenti di criptovalute ma può ospitare anche gli NFT, applicazioni decentralizzate (Dapp), protocolli DeFi e, addirittura, blockchain Layer 2. Insomma, l’attività sul network di Bitcoin è in aumento, ciò contribuisce ad alzare anche le commissioni che gli utenti devono pagare, in media, per effettuare una transazione. Con l’aumento del volume delle commissioni, i miner avranno un guadagno maggiore.


Purtroppo non esiste una risposta certa alla domanda: cosa succederà dopo che tutti i 21 milioni di Bitcoin saranno minati. In ogni caso, dato che mancano circa 120 anni, i miner hanno ancora un po’ di tempo per prepararsi.

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L’andamento dell’inflazione in Italia: uno storico dal 1945 ad oggi

Inflazione Italia: andamento storico dal 1945 ad oggi

L’andamento storico dell’inflazione in Italia. Quali sono gli eventi che hanno causato un incremento dei prezzi ed eroso il potere d’acquisto dal 1945 ad oggi?

L’andamento dell’inflazione in Italia dal 1945 ad oggi ha mostrato oscillazioni significative. In alcuni periodi storici è stata molto alta, mentre in altri è stata efficacemente limitata dalle politiche monetarie

L’inflazione è un fenomeno che provoca un aumento generale dei prezzi di beni e servizi e perciò comporta una diminuzione del potere d’acquisto di una determinata valuta. 
Un’inflazione contenuta è considerata, dalle banche centrali e da diversi economisti, salutare per un sistema economico, o per uno stato, tuttavia, se diventa troppo alta, rallenta la crescita e contribuisce ad alimentare l’incertezza e la sfiducia sui mercati.

Negli ultimi anni Bitcoin si è dimostrato uno degli asset migliori pero restare al riparo da questo fenomeno, che influisce negativamente sul potere d’acquisto dei cittadini.

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Le cause dell’inflazione possono essere diverse, tra le più frequenti troviamo: l’aumento dei costi di produzione, le politiche monetarie espansive e un eccessivo disequilibrio tra domanda e offerta. Analizzando lo storico andamento dell’inflazione in Italia, si può comprendere appieno il fenomeno e individuare ciò che ha contribuito ad intensificarlo e le mosse che lo hanno attenuato.

I primi anni dopo la seconda guerra mondiale (anni ‘50)

Il secondo dopoguerra è uno dei periodi in cui l’inflazione in Italia è stata più alta. I bombardamenti distrussero gran parte delle infrastrutture e delle risorse del Belpaese e limitarono fortemente la produzione industriale causando un disequilibrio tra domanda e offerta. 

I proprietari dei mezzi di produzione non riuscendo a produrre tutto ciò di cui i cittadini avevano bisogno (incremento della domanda che l’offerta non riuscì a soddisfare), furono obbligati ad alzare i prezzi. Di conseguenza la maggioranza della popolazione, fortemente impoverita dal conflitto, smise di acquistare beni e servizi causando un drastico calo della domanda che contribuì ad acutizzare ancor di più il fenomeno. L’andamento dell’inflazione in Italia dal 1945 al 1960 oscillò dal 25% al 40%.

Gli anni ‘60 e ‘70 in Italia: l’inflazione strutturale

A partire dagli anni ‘60 l’inflazione in Italia divenne un problema strutturale dell’economia. In altre parole tale fenomeno non fu più imputabile ad una situazione temporanea o di emergenza. Le cause furono principalmente due: la disoccupazione e la crisi petrolifera. Nel 1975 il tasso di inflazione in Italia superò il 20% e nel 1977 toccò il 27%.

Gli anni ‘80 e ‘90: la risposta della Banca d’Italia

Nel 1980 attenuare l’inflazione in Italia divenne una priorità del governo. Il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, adottò una politica caratterizzata dall’aumento dei tassi di interesse per contenere il fenomeno. Le politiche monetarie restrittive della Banca d’Italia puntarono a ridurre la quantità di denaro in circolazione attraverso l’emissione di titoli di Stato o altri asset finanziari. L’inflazione, grazie a questo intervento scese dal 21% nel 1980 al 5% nel 1987

Negli anni novanta essa, in Italia, venne frenata dagli effetti del Sistema Monetario Europeo (SME), istituito a partire dal 1979, che introdusse i tassi di cambio stabili tra le valute dei paesi dell’UE. In questo decennio l’inflazione in Italia passò dal 6,5% nel 1990 all’1,7% nel 1999.

Il primo passo per combattere l’inflazione – la croce dell’economia italiana da oltre cento anni – è mettere in moto i propri risparmi e non lasciarli a svalutarsi sotto il materasso. Se vuoi farlo con le criptovalute, la soluzione dell’acquisto ricorrente è la più facile e immediata.

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I primi anni 2000: la crisi del 2008

L’inflazione in Italia rimase stabile fino al 2008, anno in cui la crisi economica generata dall’esplosione della bolla dei mutui subprime (qui un elenco dei peggiori bear market della storia) la fece salire dal 1,8% al 3,3%. Tuttavia, nonostante l’impatto devastante sull’economia globale, la crisi non fece crescere particolarmente l’inflazione nei Paesi sviluppati. La recessione economica che si scatenò in seguito portò ad una diminuzione della domanda di beni e servizi ma non ad un incremento dei prezzi.

Dal 2020 al 2023: Il COVID-19 e conflitto russo-ucraino

Negli ultimi tempi l’andamento dell’inflazione in Italia è tornato a far preoccupare: essa si sta riavvicinando a dei livelli che non toccava dagli anni ‘80. Il primo evento scatenante è stata la pandemia di COVID 19, i cui effetti sono visibili sull’economia ancora oggi. L’emergenza sanitaria e le misure di lockdown hanno causato la riduzione dell’offerta di beni e servizi e di conseguenza un aumento dei prezzi. 

La pandemia ha anche causato un significativo decremento della domanda a causa dell’aumento della disoccupazione e della conseguente riduzione del reddito per molte famiglie. Infine, le politiche monetarie e fiscali espansive attuate dal governo e dalla Banca d’Italia per sostenere l’economia durante la pandemia hanno aumentato la spesa pubblica e i prezzi. Dal 2019 al 2022 l’inflazione in Italia è passata dallo 0,6% all’8,1%.

Anche il conflitto russo-ucraino, scoppiato a febbraio del 2022 e la conseguente crisi energetica, hanno contribuito ad accrescere il prezzo delle materie prime alimentando l’inflazione ed erodendo il potere d’acquisto dei cittadini.

L’inflazione in Italia oggi

A marzo l’inflazione in Italia si è attestata intorno al 7,7%. Questo dato si basa sull’indice nazione dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC). Un indicatore che traccia le variazioni dei prezzi di un paniere di beni e servizi rappresentativo del consumo domestico medio. Il dato, dopo il picco del 10% toccato a gennaio, sembra in calo probabilmente grazie alle politiche monetarie restrittive della Banca Centrale Europea e alla discesa dei prezzi dei beni energetici. 


Cosa ci aspetta il futuro? L’andamento dell’inflazione in Italia è destinato ad essere ancora protagonista: i prezzi torneranno a livelli accettabili durante il 2023 o questa flessione è soltanto temporanea? Puoi prepararti a quest’ultimo scenario attraverso l’acquisto periodico di Bitcoin, così facendo medi il prezzo di ingresso in un asset che si è dimostrato, in passato, molto efficace in questo senso.

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Quanto valgono le vecchie lire? Focus sui tagli da 10, 100, 500 e 1000

Lire monete e carta

Una guida al valore delle vecchie lire: fino a quanto possono essere valutate?

Il valore delle 10 lire, delle 100, delle 500 e delle 1000 viene spesso ricercato non soltanto dagli esperti del campo, ma anche da quanti possono ritrovarsi in casa esemplari più o meno particolari del vecchio conio. Non di rado accade infatti di rimettere le mani sulle vecchie lire nascoste nei cassetti o nelle case dei nonni. Ma qual è il loro valore? Possono essere considerate oggi delle rarità? 

Quest’ultima, tra l’altro, è una caratteristica tipica delle criptovalute e soprattutto del Bitcoin il cui limite di emissione è fissato a 21 milioni di BTC. Il che, ovviamente, contribuisce alla preziosità della crypto e ad incrementare la sua forza anti-inflazionistica.

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10 Lire: valore di Pegaso e Spiga

Negli anni della Repubblica sono state coniate ben due monete da 10 lire con valore oggi differente. La prima, coniata dal 1946 al 1950, è la 10 Lire Pegaso (anche nota come 10 Lire Ulivo). Per conoscere esattamente il valore dei pezzi, però, bisogna fare delle distinzioni fra i diversi anni di produzione: 

  • 1946: in Fior di Conio (ossia senza segni di circolazione) il valore di questa 10 lire può superare i 750€. Un pezzo in condizioni Splendide (pochissima circolazione e con rilievi intatti) arriva sopra i 470€. Un pezzo in buone condizioni invece può toccare i 200€.
  • 1947: essendo la più rara, il valore di questa 10 Lire Pegaso si aggira in Fior di Conio anche sopra i 4.300€, in buone condizioni intorno ai 1.500€ e nello stato di Splendido poco sotto i 3.300€.
  • 1948: non rara come la precedente, essa può valere intorno alle 150€ in Fior di Conio, e intorno alle 40€ in condizioni Splendide.
  • 1949: in Fior di Conio può valere intorno ai 55€, in condizioni Splendide 15€.
  • 1950: con un numero leggermente più ampio di tirature rispetto alla versione del 1949, in Fior di Conio la sua valutazione è di 50€.

Diverso il discorso per la 10 Lire Spiga (o Spighe), coniata dal 1951 al 1956 e poi ancora dal 1965 al 2001:

  • 1951: valore in Fior di Conio (FDC) di 30€. 
  • 1952: 30€ in FDC. 
  • 1953: 25€ in FDC.
  • 1954: 110€ in FDC.
  • 1955: 15€ in FDC.
  • 1956: 35€ in FDC.
  • 1965: 35€ in FDC
  • 1991 rovescio capovolto: 150€

Per le annate 1966, 1967, 1983 e 1984 il valore di questa 10 Lire si aggira intorno ai 5€ mentre per le restanti si parla di cifre di circa 1 o 2 euro. 

100 lire: valore

In FDC, la moneta del 1955 potrebbe valere sui 900€, mentre in condizioni Splendide 150€. Quella dell’anno successivo, invece, potrebbe aggirarsi fra i 250€ in FDC e intorno ai 45€ in status Splendido.

Anche il valore delle 100 Lire coniate dal 1957 al 1961 è abbastanza buono: un pezzo in condizioni ottimali può oscillare tra i 300€ ed i 600€. Le 100 lire del 1962 e del 1963 sono le ultime ad avere un buon peso, compreso tra i 95€ ed i 230€ in FDC. 

Un esemplare molto raro è la moneta da 100 lire Minerva “prova” del 1954: è classificata come moneta rara R3 e in FDC può arrivare a 3000€ di valore.

Per quel che riguarda il valore delle 100 Lire piccole, coniate all’inizio degli anni ‘90, questo è di circa 1,5€ in condizioni perfette. Le 100 Lire Guglielmo Marconi invece si aggirano intorno ai 350€ in FDC se in argento e con la scritta “prova”, e intorno ai 250€ se in Acmonital sempre con la scritta.

Le 100 Lire FAO e le 100 Lire Livorno hanno un valore di circa 2€.

Valore 500 lire

Anche in questo caso vanno fatte diverse distinzioni. 

  • 500 Lire Caravelle: quella rara con le bandierine delle caravelle controvento, sale fino a 12.000€ in FDC. Quella classica, invece, può valere fino a €45. 
  • 500 Lire 100° Unità d’Italia: 15€ in FDC.
  • 500 Lire Dante Alighieri: il valore dei pezzi di prova (con la relativa scritta) arriva a 4000€, mentre quello dei pezzi classici fino a 12€.
  • 500 Lire Bimetalliche: quella più nota, che in FDC può arrivare a 4€, con l’eccezione di quelle coniate nel 1987 con la testa media e la firma piccola, intorno ai 40€.
  • 500 Lire Banca d’Italia: parliamo di circa 2-3€ di valore.
  • 500 Lire Luca Pacioli (religioso, matematico ed economista): 5€ in FDC.
  • 500 Lire ISTAT: circa 3€ in FDC.
  • 500 Lire Polizia Stradale: circa 3€ in FDC.
  • 500 Lire IFAD: circa 3€ in FDC.
  • 500 Lire Elezioni Del Parlamento Europeo: 4€.

Valore 1000 Lire

Discorso vasto anche per le famose 1000 Lire. Quelle Roma Capitale 1970 Argento arrivano a 1000€ in ottime condizioni con la scritta “prova”, senza la quale scendono invece a 10/20€. Le 1000 Lire Sbagliate con Errore (riguardante i confini della cartina disegnata) hanno un valore massimo di 3€ mentre quelle con la cartina corretta del ‘97 e ‘98 arrivano a 4€. I pezzi del 1999 e 2000 invece possono arrivare fino a 15€. Sul fronte banconote, invece, quelle della prima serie che iniziano per AA e terminano con la lettera A, valgono circa 35€.

Le leggendarie

Discorso a parte per tutta una serie di pezzi introvabili, considerati vere e proprie opere storico-artistiche. Si tratta di vecchie lire rarissime e perfettamente conservate risalenti soprattutto al periodo delle guerre d’indipendenza italiane. Alcuni esempi:

  • 80 lire di Carlo Felice del 1831, vendute a 61.000€
  • 100 lire Aratrice della Zecca di Roma del 1926, battute all’asta per 85.400€
  • 50 lire del 1864 di Vittorio Emanuele II, aggiudicate al prezzo di 146.400€
  • 20 lire del 1860 emesse a Bologna, valutate 170.800€
  • 50 lire del 1864 di Vittorio Emanuele (di un’altra collezione rispetto alla moneta precedente), assegnate alla cifra record di 225.700€

Ovviamente il mondo numismatico è così ampio che esistono numerose altre monete non citate in questo articolo. Molti pezzi possono avere minime caratteristiche che li differenziano gli uni dagli altri, quindi affidarsi ad un esperto per ottenere una valutazione corretta sul valore delle lire che si posseggono è sicuramente la strada più sicura.

 

Cos’è l’OAM, Organismo degli Agenti e dei Mediatori?

Cos’è l’OAM, l'Organismo degli Agenti e dei Mediatori

Che cos’è l’OAM, Organismo degli Agenti e dei Mediatori e cosa bisogna fare per iscriversi?

In questo articolo scopriamo che cos’è l’OAM, Organismo degli Agenti e dei Mediatori, un punto di riferimento essenziale per i professionisti che operano nel settore finanziario. Il principale compito di questa associazione consiste nel gestire gli elenchi degli agenti e i mediatori in attività.

Scopri che cos’è l’OAM, di cosa si occupa e quali sono i passaggi per iscriversi.

Cos’è l’OAM?

L’Organismo degli Agenti e dei Mediatori esiste dal 2010 ed è stato integrato dal Decreto Legislativo emesso dal governo il 13 agosto di quell’anno. È un’associazione privata, dotata di personalità giuridica e senza scopo di lucro. 

L’OAM può esercita il diritto di applicare delle sanzioni, nel caso in cui identifichi comportamenti scorretti da parte dei suoi iscritti. Questa struttura si occupa principalmente di redigere e iscrivere negli appositi elenchi gli agenti finanziari e i mediatori creditizi in attività.

Le funzioni dell’OAM

Comprendere che cos’è l’OAM vuol dire, soprattutto, capire quali sono le funzioni di questo organismo. La principale ha a che fare con la gestione degli elenchi degli agenti in attività, ma l’Organismo degli Agenti e Mediatori si occupa anche di altro. È suo compito verificare l’onorabilità e la professionalità degli agenti e si assicura che le normative vigenti vengano applicate in modo corretto e non ci siano conflitti di interesse.

Insomma, la maggioranza delle attività portate avanti dall’OAM puntano a mantenere l’integrità del settore e proteggere gli interessi dei consumatori.

Come iscriversi all’OAM e il processo di registrazione

Innanzitutto, potrebbe essere utile comprendere il motivo per il quale è importante iscriversi all’OAM. Essere iscritti a questo registro è la condizione necessaria per poter fornire legalmente servizi finanziari in Italia

Questo non vale soltanto per gli agenti e i mediatori che operano nel settore finanziario tradizionale, ma anche chi esercita servizi relativi all’utilizzo di criptovalute e alla fornitura di portafogli digitali (wallet). Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha infatti, attraverso il decreto del 13 gennaio 2022, emanato l’obbligo di registrazione anche per gli operatori in valuta virtuale.

Per diventare parte dell’OAM, i candidati devono superare un test che valuta la loro conoscenza in ambito economico, finanziario e giuridico. Il test si compone di 20 domande a scelta multipla, estratte da un database consultabile sul sito ufficiale dell’OAM. A partire dal 1° settembre 2015, l’ammissione agli elenchi può avvenire solo superando il test.

Dopo il superamento del test, i candidati possono accedere alla propria area riservata sul sito per confermare l’esito positivo e procedere con l’iscrizione all’elenco di competenza. Le fasi di registrazione sono ben dettagliate e guidate tramite indicazioni ricevute via email sulla casella di posta certificata del candidato. Questo sistema assicura che solo i professionisti qualificati e meritevoli possano essere inclusi negli elenchi, rafforzando così la fiducia pubblica nel settore.

Insomma, ponendosi la domanda che cos’è e come funziona l’OAM si comprende l’importanza di questo organo per gli agenti e i mediatori che operano, in Italia, nel settore finanziario. Come già anticipato, l’iscrizione è obbligatoria anche per i soggetti operano nel settore delle criptovalute, per questo motivo Young Platform è iscritta da maggio del 2022.

Sei sul blog di Young Platform, la piattaforma italiana per comprare criptovalute. Qui puoi trovare le ultime novità su blockchain, Bitcoin e Web3. Raccontiamo da vicino questa economia emergente con un occhio alla finanza tradizionale, così hai tutto quello che ti serve per entrare nella nuova era del denaro. 

L’Halving di Bitcoin 2024 è avvenuto. Perché impostare un acquisto ricorrente ora

Halving di Bitcoin in arrivo: cosa fare?

L’halving di Bitcoin è avvenuto con successo. Cosa fare? I dati storici prevedono rialzi nei mesi successivi all’evento, ecco perché impostare un acquisto ricorrente ora

Cosa fare ora che l’halving di Bitcoin è avvenuto? Dopo che le ricompense per i miner si sono dimezzate, in molti si chiedono cosa succederà al prezzo della criptovaluta.

Storicamente questo evento ha stabilito un ciclo di mercato che sembra ripetersi in maniera simile a intervalli regolari. A che punto ci troviamo ora? Il recente ritracciamento della crypto può essere un’opportunità per acquistare Bitcoin ad un prezzo più basso?

Compra Bitcoin

Halving Bitcoin, cosa fare: analisi sul prezzo del BTC nel 2024

Per il prezzo di Bitcoin, il 2024 è stata un’annata interessante finora. A inizio anno BTC si trovava sulla fascia di prezzo dei 40.000$, mentre oggi orbita intorno ai 56.000$, dopo che a marzo la crypto ha registrato un nuovo massimo storico a 73.000$. Proprio il confronto dei dati storici potrebbe essere il modo giusto per farsi un’idea sui target futuri del suo prezzo.

Nei giorni successivi all’halving del 2020, avvenuto l’11 maggio di quell’anno, il prezzo di Bitcoin si trovava nella zona degli 8.000$. A gennaio del 2021 rompeva all’attuale all-time high a quota 20.000$, mentre meno di meno di 12 mesi dopo l’evento ne registra uno nuovo a quota 64.000$.

La differenza principale rispetto a quel ciclo di mercato riguarda proprio il nuovo all-time high. Bitcoin ha registrato un nuovo massimo storico circa un mese prima dell’importante evento.Se sei con noi nel mercato crypto da qualche anno, forse ti ricorderai che anche nel bear market del 2018-2019 BTC era salito con un movimento simile. Allora il rialzo era stato del 100% ma poi si era subito riassorbito. In ogni caso, per colpa dello scossone che ha investito il mercato nelle ultime settimane, ci troviamo di nuovo al di sotto dell’ATH, ma date le performance di Bitcoin durante il 2024, potremmo raggiungerlo nuovamente a breve!

Controlla il prezzo di Bitcoin ora

Quanto manca ai prossimi rialzi? 

Guardando l’andamento degli scorsi bear market di Bitcoin, possiamo notare che dopo il bottom la crypto ha impiegato un po’ di tempo per recuperare. E, in effetti, ne è passata “di acqua sotto i ponti” da novembre 2022, mese in cui Bitcoin ha toccato il punto di minimo a quota 15.000$. Se dovesse muoversi come in passato, quella zona del grafico non verrà mai più raggiunta.

Sempre facendo riferimento ai movimenti passati, acquistare in maniera ricorrente Bitcoin per i prossimi mesi potrebbe dare grandi soddisfazioni. Infatti si potrebbe mettere da parte la crypto a prezzi convenienti, in attesa dell’esplosione che solitamente avviene qualche mese dopo l’halving.

Ovviamente non si può guardare il passato per prevedere il futuro,  ma conoscere i dati storici è indispensabile per prendere decisioni.

Cosa fare? Focus sull’acquisto ricorrente

Quale potrebbe essere l’evento che incentiva il rialzo dei prezzi? In passato è stato l’halving di Bitcoin a far ripartire la crypto. Il dimezzamento delle ricompense è, infatti, sempre stato il punto di partenza di un nuovo ciclo rialzista. 

Questi movimenti di prezzo, e il conseguente raggiungimento di nuovi massimi storici, al contrario di quanto si possa pensare, non si sono mai verificati all’improvviso. Soprattutto le fasi iniziali sono, solitamente, molto lente e graduali e diventano poi più esplosive dopo il raggiungimento di nuovi massimi. 

C’è da dire poi che le previsioni degli esperti per BTC per la fine del 2024 sono decisamente ottimistiche: secondo Geoff Kendrick analista di Standard Chartered il prezzo di Bitcoin post halving toccherà facilmente i 100.000 dollari. Per TechDev l’outlook è a 160.000$.
Per impostare un acquisto ricorrente in Bitcoin pre-halving ti bastano pochi minuti. Vai alla sezione Salvadanai dell’app Young Platform, scegli l’importo e la frequenza che desideri e inizia a mettere da parte le tue crypto sfruttando il bear market!

Scopri il Salvadanaio!

*Le informazioni in questo articolo hanno scopo educativo e non costituiscono un incentivo all’investimento. Si basano su dati storici e oggettivi del mercato di Bitcoin. La performance di ogni portafoglio di criptovalute è sempre soggetta a condizioni di mercato e volatilità. 

Chi sono i 10 uomini più ricchi del mondo?

Uomini più ricchi del mondo: la classifica aggiornata al 2023

Chi sono gli uomini più ricchi del mondo nel 2024? Elon Musk ha mantenuto il suo primato o è stato scalzato da qualche altro miliardario? 

Qual è la classifica degli uomini più ricchi del mondo nel 2024? Questa graduatoria è calcolata in base al patrimonio netto. Ovvero alla differenza tra il valore totale dei beni o degli asset posseduti, ad esempio contanti, investimenti, immobili e aziende, e l’ammontare delle passività, in particolare debiti e mutui.

La classifica degli uomini più ricchi del mondo più conosciuta è quella stilata annualmente da Forbes. Quella redatta dalla rivista statunitense non è però l’unica, esiste anche il Bloomberg Billionaires Index che restituisce il valore dei possedimenti dei miliardari più facoltosi del mondo in tempo reale e per questo motivo potrebbe variare nei prossimi mesi.

Queste due graduatorie nonostante mostrino valori leggermente diversi per quanto riguarda i patrimoni, anche una classifica degli uomini più ricchi del mondo diversa. Per questo articolo ci siamo basati sui dati di Forbes, anche se la prima posizione è condivisa da entrambe le graduatorie. 

10. Larry Page

Larry Page è uno dei due fondatori di Google, nonche ex CEO dell’azienda e di Alphabet, la holding che la possiede. Attualmente Google, e quindi Alphabet, è la quarta azienda al mondo per capitalizzazione di mercato, preceduta soltanto da Microsoft, Apple e NVIDIA, grazie a un market cap di circa 2 triliardi di dollari. Il patrimonio di Larry Page è, invece, di 114 miliardi di dollari secondo Forbes.

9. Mukesh Ambani

Mukesh Ambani è il presidente della Reliance Industries Limited (RIL), una delle più grandi aziende indiane. La RIL realizza prodotti petroliferi e petrolchimici, fibre e materiali per il settore tessile. Il suo patrimonio è di 116 miliardi di dollari.

8. Steve Ballmer

Al decimo posto della classifica degli uomini più ricchi del mondo c’è l’ex CEO di Microsoft, Steve Ballmer. Ballmer è stato uno dei primi dipendenti dell’azienda tech; è entrato a far parte della compagnia fondata da Bill Gates nel 1980. 

Nel corso degli anni ha ricoperto diversi ruoli chiave all’interno di Microsoft, incluso quello di presidente dal 1998 al 2000. Dopo aver lasciato l’azienda nel 2014 è diventato il proprietario della squadra della National Basketball Association (NBA) dei Los Angeles Clippers. Il suo patrimonio è di circa 121 miliardi di dollari.

7. Bill Gates

Il sesto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo non ha bisogno di presentazioni. Il fondatore di Microsoft ha guidato questa classifica per diversi anni: ininterrottamente dal 1995 al 2009 e poi anche nel 2014 e nel 2015. Il suo patrimonio dal 2009 in poi è cresciuto ogni anno. Ad oggi, secondo Forbes, si aggira intorno ai 128 miliardi di dollari.

6. Warren Buffett

Anche alla quinta posizione della classifica degli uomini più ricchi del mondo troviamo un personaggio molto noto, che è stato in due occasioni il leader di questa graduatoria. Warren Buffet viene considerato da molti l’investitore migliore di sempre. La sua società, la Berkshire Hathaway, è la sesta azienda più grande del pianeta grazie ad una capitalizzazione di mercato di 713 miliardi di dollari. Il valore totale dei beni in possesso di Buffet è invece di 133 miliardi di dollari.

5. Larry Ellison

Larry Ellison è uno dei co-fondatori nonché l’ex CEO di Oracle, una delle più grandi aziende di software al mondo. Il suo patrimonio secondo Forbes è di circa 141 miliardi di dollari.

4. Mark Zuckemberg

Il quarto uomo più ricco del mondo non ha, di certo, bisogno di presentazioni. Il co-fondatore di Facebook, nonché CEO dell’azienda che ora prende il nome di Meta ha un patrimonio di 177 miliardi di dollari. Chissà se quando fondò il suo social media per connetere studenti universitari avrebbe immaginato di poter raggiungere questo traguardo.

3. Jeff Bezos

Il gradino più basso del podio della classifica degli uomini più ricchi del mondo è occupato dal fondatore ed ex CEO di Amazon, Jeff Bezos. Nel 2021 ha lasciato la quinta azienda più grande al mondo per dedicarsi alla filantropia e ad altri progetti, come il suo fondo di beneficenza per combattere il cambiamento climatico e promuovere la sostenibilità ambientale. Bezos è stato l’uomo più ricco del mondo in quattro occasioni: nel 2017, 2018, 2019 e nel 2020 e il suo patrimonio nel 2023 è di 194 miliardi di dollari.

2. Elon Musk

Medaglia d’argento per il tycoon sudafricano Elon Musk. Che è stato di recente scalzato dal gradino più alto del podio. Il nuovo presidente di Twitter, nonché CEO di Tesla e SpaceX e co-fondatore di Open AI, l’azienda che si occupa dello sviluppo di Chat GPT

È stato l’uomo più ricco del mondo nel 2021 e nel 2022 ed ora si gioca il primato con il proprietario del gruppo LVMH. Il patrimonio di Elon Musk, che si aggira intorno ai 188 miliardi di dollari sta subendo significative oscillazioni soprattutto a causa del discusso affare per l’acquisto di Twitter.

1. Bernard Arnault

Chi è dunque l’individuo più facoltoso del pianeta? Le classifiche degli uomini più ricchi del mondo di Forbes e il Bloomberg Billionaires Index sono d’accordo, la risposta è: Bernard Arnault

Il francese è presidente e amministratore delegato di LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE, il più grande agglomerato di aziende di beni di lusso al mondo del quale fanno parte Louis Vuitton, Christian Dior, Fendi, Moët & Chandon e Dom Pèrignon. Il patrimonio di Bernard Arnault è di circa 233 miliardi di dollari.

E in Italia?

Chi è l’uomo più ricco d’Italia? Nel nostro paese la classifica è rimasta invariata rispetto all’anno scorso. Al primo posto c’è sempre Giovanni Ferrero, presidente e amministratore delegato del gruppo di proprietà dell’azienda piemontese, il quale occupa anche la ventisettesima posizione della classifica degli uomini più ricchi al mondo. Al secondo e al terzo posto invece troviamo Leonardo Del Vecchio di Luxottica e lo stilista Giorgio Armani.

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Finanza tradizionale, CeFi e DeFi: un confronto

DeFi, finanza centralizzata e tradizionale a confronto

Progetti su blockchain tra finanza tradizionale, CeFi e DeFi: cosa indicano questi termini e quali sono le differenze principali?

La finanza tradizionale, per antonomasia centralizzata, ha iniziato negli ultimi anni ad esplorare e sviluppare progetti basati sulle tecnologie a registro distribuito (DLT). Parallelamente, il mercato delle criptovalute ha adottato e adattato alcuni modelli della finanza tradizionale per sviluppare ciò che possiamo definire una Finanza a Registro Distribuito con intermediario, conosciuta come CeFi (Centralized Finance), e una Finanza a Registro Distribuito senza intermediario, o Decentralized Finance (DeFi).

Questi sviluppi rappresentano un interessante incrocio tra le pratiche della finanza tradizionale e l’innovazione tecnologica, portando alla creazione di nuovi modelli finanziari. Per analizzare concretamente questo fenomeno, possiamo considerare alcuni casi reali, unici e innovativi, emersi nel contesto nazionale. Questi esempi offrono uno spaccato vivido di come le tecnologie DLT vengano applicate in modo pratico e innovativo nel settore finanziario, combinando elementi sia della finanza centralizzata sia di quella decentralizzata.

Il caso Azimut e banca Valsabbina

A novembre 2023, Fleap Holding ha introdotto un’iniziativa pionieristica in Italia: la creazione della prima struttura di investimento basata su blockchain, finalizzata a stimolare lo sviluppo di progetti innovativi. Questa iniziativa vede la partecipazione del Gruppo Azimut attraverso Azimut Capital Management SGR, di Banca Valsabbina e di Integrae SIM, che collaborano come intermediari aderenti.

La struttura di investimento, gestita da Fleap Holding, opera tramite la piattaforma Fleap Digital Company. Il suo ruolo è quello di individuare società innovative con un elevato potenziale di crescita, acquisire partecipazioni in esse ed emettere Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP), utilizzando la tecnologia blockchain per la digitalizzazione delle scritture relative a tali partecipazioni. Un aspetto peculiare di questo modello è che la gestione degli SFP emessi e le azioni della holding sono interamente gestite tramite blockchain, eliminando la necessità di certificati fisici o altri documenti cartacei.  

Questa iniziativa segna la prima volta in Europa che viene creata una struttura così articolata e interamente basata su blockchain per investimenti in progetti innovativi. Rappresenta un significativo passo avanti nell’innovazione dei mercati finanziari, soprattutto considerando l’interazione e la collaborazione tra gli intermediari coinvolti in questa sperimentazione.  

Il caso Sella

A gennaio 2024, dpixel, il Venture Incubator appartenente al gruppo Sella, ha segnato un momento storico nel panorama italiano del venture capital, realizzando la prima iniziativa di investimento in startup tramite blockchain. Questo innovativo investimento è stato effettuato in Lendit, una piattaforma di credit-sharing B2B, con il supporto della piattaforma di Seed Venture, che ha reso possibile la gestione dei contratti di investimento attraverso l’emissione di token.

La piattaforma utilizzata per questo progetto, sviluppata da Seed Venture – società parte del portafoglio dpixel e inclusa nel programma di accelerazione Metaverse 4 Finance – ha permesso la creazione di token per gestire gli accordi di investimento.

Gli smart contract trasformano gli investimenti in token che possono essere scambiati in ogni momento, offrendo immediata disponibilità e liquidità agli interessati a operazioni di venture capital. Questo rappresenta un grande passo avanti, poiché apre la possibilità di un mercato secondario per l’equity, rendendo liquidi investimenti che tradizionalmente sono considerati di lungo periodo.

L’utilizzo della blockchain ha dunque facilitato l’investimento di dpixel in Lendit, una piattaforma B2B di credit-sharing che consente a imprese e professionisti di prestarsi denaro in modo semplice, rapido e sicuro.  

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Le crypto nella CeFi

Se la finanza tradizionale sta importando modelli decentralizzati per innovarsi, il mercato delle criptovalute ha ricalcato modelli esistenti per rendere più accessibili servizi decentralizzati spesso complessi e rischiosi per chi è alle prime armi. 

La CeFi è un sistema in cui gli individui possono accedere a servizi legati alle criptovalute tramite piattaforme centralizzate. Nella CeFi, le banche e le istituzioni finanziarie tradizionali svolgono un ruolo chiave. Questi intermediari centrali gestiscono depositi, prestiti, investimenti e altre attività finanziarie per conto dei loro clienti.

La natura centralizzata fornisce dei vantaggi soprattutto a livello tecnico. Grazie a tradizionali accordi commerciali, un servizio CeFi permette facilmente di utilizzare valute fiat, connettendosi a qualunque banca o servizio di pagamento. Inoltre, può fornire la custodia e gli scambi per qualunque criptovaluta: il fatto che molte criptovalute siano basate su network diversi non costituisce un problema o un ostacolo. Dunque la custodia dei fondi è del tutto in carico al servizio, o a intermediari specializzati. Questo per l’utente principiante significa comodità e facilità di accesso.

In ultimo, ma non per importanza, l’assetto CeFi rende disponibile al cliente un servizio di supporto diretto che nella DeFi non sarebbe possibile. 

È così che la CeFi combina gli asset e le opportunità della DeFi con la semplicità e l’affidabilità dei tradizionali servizi centralizzati. La CeFi permette di ricevere ricompense custodendo le proprie crypto, ottenere liquidità, prestiti, utilizzare fiat per acquistare crypto e molto altro ancora. 

I CEX, o exchange centralizzati di criptovalute, sono esempi di servizio CeFi. Sono piattaforme online che fungono da intermediari tra acquirenti e venditori di criptovalute, facilitando lo scambio di valute fiat (come dollari, euro) con criptovalute (come Bitcoin, Ethereum) e viceversa, oltre al trading tra diverse criptovalute. A differenza degli exchange decentralizzati (DEX), i CEX sono gestiti da un’entità centrale che controlla la piattaforma, garantendo un ambiente di trading regolato, sicuro e spesso più intuitivo per gli utenti. Questo centralismo consente l’implementazione di misure di sicurezza avanzate, servizio clienti dedicato e procedure di compliance normativo, rendendo i CEX particolarmente attraenti per i trader neofiti e quelli che cercano tranquillità e affidabilità.

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Tra i CEX più famosi ed estesamente utilizzati spiccano Binance, con il suo vasto assortimento di criptovalute e prodotti finanziari innovativi; Coinbase, quotato in borsa e noto per la sua piattaforma user-friendly e l’accento sulla sicurezza; e Kraken, che offre robuste funzionalità di trading oltre a servizi di custodia. Questi giganti del trading di criptovalute hanno giocato un ruolo cruciale nell’adozione mainstream delle criptovalute.

La DeFi: è il futuro della finanza?

Tradizionalmente, la maggior parte delle transazioni finanziarie richiede la presenza di un intermediario. Ad esempio, quando si effettua un pagamento con carta di credito, diverse entità sono coinvolte e, in diverse fasi, hanno il controllo completo sui dettagli della transazione, con la facoltà di interromperla o rifiutarla.

Il movimento della Finanza Decentralizzata (DeFi) si fonda sull’idea che il sistema finanziario non dovrebbe essere nelle mani di intermediari monopolistici, ma dovrebbe essere decentralizzato. Alcuni sostengono questo approccio per ragioni politiche o filosofiche, mentre altri ritengono che porterà a una maggiore efficienza e velocità nelle transazioni.

La DeFi si basa su una varietà di tecnologie sviluppate nell’ecosistema blockchain, che è una sottocategoria delle tecnologie a registro distribuito (DLT). Nel mondo della DeFi, vi è una varietà sempre più ampia di attori. La maggior parte delle applicazioni principali è basata sulla blockchain di Ethereum, che facilita lo sviluppo di software decentralizzato. Queste applicazioni utilizzano la tecnologia degli smart contract per minimizzare o eliminare la necessità di intermediari umani o aziendali.

I fornitori di servizi legati alla DeFi stanno creando alternative ai servizi finanziari tradizionali e introducendo prodotti completamente nuovi. Tra le applicazioni DeFi più importanti troviamo i DEX, o scambi decentralizzati di criptovalute. Rappresentano l’evoluzione blockchain dell’intermediazione finanziaria, eliminando la necessità di un ente centrale che supervisioni le transazioni. In questo ecosistema, le operazioni di scambio avvengono direttamente tra gli utenti (peer-to-peer) attraverso l’uso di smart contracts sulla blockchain, garantendo trasparenza, sicurezza e anonimato. Questa struttura decentralizzata non solo riduce il rischio di attacchi informatici centralizzati e di frodi ma promuove anche una maggiore libertà e controllo da parte degli utenti sulle proprie risorse finanziarie. 

Tra i vantaggi dei DEX vi sono la custodia personale dei fondi, minori restrizioni geografiche e un accesso più democratico al trading di criptovalute. UniSwap è uno dei DEX più noti e utilizzati, famoso per il suo modello di formazione dei prezzi basato sulla liquidità fornita dagli utenti stessi. Altri esempi includono SushiSwap e PancakeSwap, che, oltre allo scambio di token, offrono una varietà di servizi finanziari decentralizzati (DeFi) come yield farming, lending e staking. 

  • Yield Farming: lo yield farming è una strategia di investimento nel settore DeFi che permette agli utenti di guadagnare rendimenti mettendo a disposizione le proprie criptovalute in pool di liquidità, sfruttando le ricompense derivanti dalle commissioni di transazione o da altri incentivi.
  • Staking: Lo staking è il processo attraverso il quale gli utenti bloccano le proprie criptovalute in una blockchain per partecipare alla validazione delle transazioni in reti Proof of Stake (PoS), ricevendo in cambio ricompense sotto forma di nuove criptovalute.
  • Lending: Il lending nel contesto DeFi consente agli utenti di prestare le proprie criptovalute ad altri partecipanti attraverso piattaforme decentralizzate, guadagnando interessi sulle criptovalute prestate senza l’intermediazione di enti finanziari tradizionali.

Si può affermare che la finanza decentralizzata impiega un’architettura a strati multipli, con ogni livello che ha uno scopo specifico e si costruisce sull’altro per creare un’infrastruttura aperta e altamente componibile. Questo permette a chiunque di implementare, modificare o utilizzare parti di questa infrastruttura, seguendo la logica dell’open source.

I vari strati della DeFi sono gerarchicamente organizzati e, come in ogni costruzione, la solidità complessiva dipende dalla robustezza delle sue fondamenta. La fragilità di un livello può quindi amplificarsi e influenzare i livelli successivi. La stabilità e l’efficacia di ciascun livello sono pertanto fondamentali per garantire la resilienza e l’efficienza dell’intero sistema DeFi.

Molti esperti ritengono che la DeFi rappresenti il futuro dei servizi finanziari, e si stanno vedendo investimenti considerevoli in startup DeFi. Tuttavia, il settore ha assistito a diversi fallimenti di alto profilo e si trova ancora in una fase di sviluppo iniziale.