Come votare in Italia: la guida

Come votare in Italia: la guida

Come votare in Italia? Quali sono le prossime elezioni? L’Italia è una democrazia e capire bene come e quando votare è fondamentale. Vediamolo insieme

Sapere come votare in Italia è importante per il funzionamento della democrazia: è un diritto sancito dalla Costituzione e il voto è un modo con cui cittadini possono contribuire attivamente al futuro del Paese. Se hai qualche dubbio, in questo articolo troverai tutte le informazioni necessarie per capire come e quando votare in Italia

Come votare in Italia: elezioni amministrative e referendum

Le elezioni amministrative e i referendum sono i primi due appuntamenti elettorali del 2025. Per quanto riguarda le amministrative, i cittadini dovranno recarsi alle urne il 25 e 26 Maggio per il primo turno, con un eventuale ballottaggio previsto per l’8 e il 9 Giugno. L’election day del referendum avrà invece luogo in un unico turno, l’8 e 9 Giugno, in concomitanza coi ballottaggi delle amministrative. In entrambi i casi, i seggi saranno aperti dalle 7 alle 23 di domenica e dalle 7 alle 15 di lunedì

Le elezioni amministrative, anche dette elezioni comunali, si tengono ogni cinque anni per eleggere i rappresentanti degli enti locali, come Sindaci e consiglieri comunali. In questa specifica tornata, andranno al voto 124 comuni. Naturalmente queste elezioni non riguardano tutti i cittadini italiani, ma solo quelli maggiorenni residenti nel comune oggetto di votazione. Non sono previsti voto all’estero né voto fuorisede.

I referendum invece sono cinque e, come anticipato, si terranno l’8 e il 9 Giugno. Quattro di questi si riferiscono a tematiche lavorative, mentre uno tratta il tema della cittadinanza. Se non ne conosci i contenuti, qui troverai i punti fondamentali. I primi quattro quesiti referendari sono stati promossi dalla CGIL e riguardano il mondo del lavoro: con questi si chiederà lo stop ai licenziamenti illegittimi o privi di una giusta causa, la riduzione del lavoro precario in favore di contratti a tempo determinato, maggiore tutela per chi lavora nel mondo delle piccole imprese e più sicurezza sul posto di lavoro. Il referendum sulla cittadinanza, promosso da +Europa, propone il dimezzamento dei tempi di residenza legale in Italia da 5 a 10 anni per la richiesta sulla concessione della cittadinanza italiana. Sono tutti referendum abrogativi – cioè si richiede la rimozione di una legge in vigore – e, in questo caso, il voto è aperto a tutti i cittadini italiani aventi diritto, residenti all’estero e fuorisede. 

Come votare  alle elezioni regionali

Le elezioni regionali sono delle elezioni locali in cui i cittadini residenti in una regione votano per eleggere i propri rappresentanti all’interno del governo regionale: alle urne, dichiarano la preferenza per i componenti del Consiglio regionale e, in alcuni casi, per il Presidente della Regione. Le elezioni regionali del 2025 riguardano sei regioni in totale: Valle d’Aosta, Veneto, Tocana, Marche, Campania e Puglia. La data non è ancora nota dal momento che nel 2020, a causa della pandemia, le elezioni hanno avuto luogo in autunno anziché in primavera. 

Come votare? Per esprimere la preferenza, l’elettore può tracciare il segno sul nome del candidato Presidente o sul candidato Presidente e su una lista a lui collegata o solo su una lista a lui collegata – il voto andrà automaticamente al candidato Presidente. È possibile anche avvalersi del voto disgiunto, votando un candidato Presidente e una lista non collegata. Inoltre è possibile esprimere fino a due preferenze nella stessa lista: se si dichiarano entrambe, queste devono indicare due candidati di sesso diverso. 

Votare alle elezioni politiche in Italia

Le elezioni politiche sono quelle che determinano la composizione del Parlamento italiano, vale a dire della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Le ultime elezioni politiche risalgono al 2022 e hanno visto la vittoria del centro-destra, alleanza di governo che ha portato Giorgia Meloni a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Le prossime sono previste nel 2027, a meno che non si verifichi lo scioglimento delle Camere prima della fine della legislatura – e dunque cada il Governo. Possono votare tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto 18 anni, tanto per eleggere i deputati (Camera) quanto i senatori (Senato). Si può votare per il candidato o per la lista collegata e non è previsto il voto disgiunto: pena l’annullamento della scheda elettorale. 

Come votare alle elezioni europee in Italia e all’estero

Con le elezioni europee, i cittadini europei votano per determinare la composizione del Parlamento europeo che ha sede a Strasburgo. L’Italia è rappresentata all’interno del Parlamento da 76 membri, che gli italiani eleggono in occasione delle europee. Le ultime hanno avuto luogo l’8 e il 9 Giugno 2024 mentre le prossime si svolgeranno fra cinque anni, nel 2029. 

Quindi come si vota alle elezioni europee? Possono esprimere il voto tutti i cittadini italiani maggiorenni residenti in Italia o all’estero e, anche in questo caso come nei precedenti, in Italia non è possibile votare online, per corrispondenza e per procura. Se sei un cittadino italiano residente all’estero, è necessario essere iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) e recarsi presso i seggi allestiti nelle sedi diplomatiche. Si può votare per il partito preferito e – come solo in Danimarca, Belgio e Paesi Bassi – esprimere fino a 3 preferenze, indicando nome e cognome dei candidati, purchè di sesso diverso. Anche qui, non è previsto il voto disgiunto. 

Votare è un diritto, ma anche un dovere

Ora che conosci i prossimi appuntamenti elettorali e sai come votare in Italia, non resta che recarti al seggio elettorale per esprimere il tuo voto. Nota Bene: per votare è necessario presentarsi al seggio con documento di identità e tessera elettorale validi, altrimenti non potrai esercitare il tuo diritto di voto!

Il consiglio finale è di informarti costantemente sulla politica – se non ti occupi della politica, la politica si occuperà di te! – per essere un cittadino attento a quello che succede. Qui vedrai molti contenuti a sfondo politico ed economico, inizia iscrivendoti a Young Platform!

Azioni Nintendo: Switch 2 traina il titolo

Azioni Nintendo: Switch 2 traina il titolo

Le azioni Nintendo, quotate al Tokyo Stock Exchange (TSE), hanno raddoppiato il loro valore in due anni, mettendo a segno un +93%. Il trend continuerà?

A quasi 8 anni dal lancio della Switch, Nintendo annuncia ufficialmente l’uscita della Switch 2, prevista per il 5 Giugno. Trainato dai rumor sull’arrivo della nuova console, il titolo ha messo a segno un +93% negli ultimi due anni, passando da circa 5.600 yen (38,6$) al prezzo attuale di 10.040 (70,5$). Quali sono le previsioni future?

Azioni Nintendo: il rally comincia con la Switch

Col lancio della prima Nintendo Switch nel 2017, il colosso giapponese ha scacciato gli spettri del fallimento che hanno colpito molte società iconiche del periodo 1990/2010, penalizzate dall’incapacità di adattamento ai cambiamenti – vedi Blockbuster. La Nintendo era sull’orlo del precipizio a causa dell’insuccesso di Wii-U e sembrava arrivata ad un vicolo cieco: il mondo del gaming stava attraversando un periodo di rivoluzione e il mercato non aveva più tanto spazio per le console “vecchio stile” simbolo dell’infanzia di intere generazioni. Ai vertici dell’azienda giapponese era chiaro che serviva un cambio netto, uno “switch”. Iniziano i lavori sul nuovo prodotto, circolano i primi rumor e a Luglio 2016 il titolo fa +74%. Meno di un anno dopo, a Marzo, arriva il momento del lancio e le azioni Nintendo passano dal valore di 2.300 yen ai circa 7.800 yen (+190%) di Giugno 2021, quando comincia il declino: in un mondo in cui l’innovazione viaggia alla velocità della luce, la Switch stava diventando obsoleta e la richiesta di un upgrade si faceva sempre più forte. 

Azioni Nintendo e Switch 2: la ripartenza del titolo

Le azioni Nintendo smettono di crescere e tra il 2021 e il 2023 arrivano a perdere fino al 25%, toccando il prezzo minimo di 5.000 yen (33,8$). La Switch stava andando molto bene, con più di 120 milioni di unità vendute alla fine del 2022 e l’ingresso nella top 3 delle console più vendute di tutti i tempi, dopo il Nintendo DS e la PlayStation 2. Tuttavia erano già passati sei anni dal lancio e la platea di gamer chiedeva qualcosa di nuovo. Iniziano a circolare voci sul prossimo prodotto e da Aprile a Luglio 2023 il titolo registra un +30%, assestandosi fra i 6.000 e i 6.500 yen (tra i 40$ e i 45$). Il rally prosegue alimentato dall’hype di alcune dichiarazioni, dai leaks e da notizie rilevanti, come la riduzione della partecipazione del fondo sovrano saudita (PIF), che migliora la percezione di stabilità finanziaria della Nintendo, considerata meno esposta a speculazioni. Il 21 Gennaio 2025 la Switch 2 viene finalmente rivelata su Youtube e le azioni Nintendo toccano l’ATH (All Time High) il 19 Febbraio, raggiungendo il valore massimo assoluto di 11.800 yen (78,7$). 

Azioni Nintendo e il futuro: i dazi potrebbero complicare la situazione

Dall’ATH del 19 Febbraio le azioni Nintendo hanno perso poco più del 12% del loro valore e, al momento in cui scriviamo, viaggiano intorno ai 10.000 yen. Ciò è dovuto a più fattori: da un lato, le notizie negative come il rinvio della data di vendita al 5 Giugno (era prevista a inizio primavera) e il prezzo di 469€/530$ considerato troppo alto; dall’altro, la politica economica trumpiana e i dazi, che potrebbero far lievitare ulteriormente il prezzo soprattutto in Cina, uno dei mercati del gaming più importanti e remunerativi al mondo. 

Per quanto riguarda il futuro prossimo, Tradingview ha chiesto a 23 analisti di dare una proiezioni a un anno sulla performance delle azioni Nintendo: il prezzo massimo stimato è 16.000 yen (+59%), mentre quello minimo 6.000 yen (-39%), con un prezzo medio di 11.530 yen (+14%). Nintendo riuscirà a battere le previsioni anche stavolta? Iscriviti per non perderti gli aggiornamenti!

BTCFi: cos’è e come funziona la Defi su Bitcoin

BTCFi: cos'è e come funziona la Defi su Bitcoin

Taproot ha permesso a Bitcoin di aumentare la sua competitività aprendo a nuove funzionalità: smart contract e DeFi. Nasce la BTCFi. Di cosa si tratta?

L’aggiornamento Taproot del 2021 ha permesso a Bitcoin di aumentare la sua competitività migliorando efficienza e privacy e di aprire a nuove funzionalità storicamente estranee al protocollo: smart contract e DeFi. Da quel momento, sono stati fatti numerosi passi avanti tanto che oggi si parla di BTCFi (Bitcoin + DeFi). Di cosa si tratta?

DeFi: la finanza per tutti

La DeFi, sintesi fra Decentralized e Finance (Finanza Decentralizzata) è un universo di servizi finanziari che punta ad escludere gli intermediari tradizionali – propri della finanza centralizzata – e i relativi costi. Ciò è possibile perché la DeFi è costruita su blockchain e funziona grazie agli smart contract, accordi digitali auto-eseguibili, scritti in codice e registrati su una blockchain, che si attivano automaticamente al verificarsi di condizioni predefinite, senza bisogno di intermediari. 

Si parla di finanza decentralizzata dal 2015, quando Ethereum ha lanciato gli smart contract che, come abbiamo visto, sono fondamentali per il suo funzionamento. Se ti interessa approfondire l’argomento, in questo articolo trovi tutto ciò che ti serve.

Oggi il TVL (Total Value Locked, indicatore che misura il valore totale degli asset depositati in un protocollo di finanza decentralizzata) complessivo nella DeFi si aggira intorno ai 90 miliardi di dollari e più del 50% risulta bloccato proprio su Ethereum. Tuttavia negli ultimi mesi qualcosa è cambiato.

Taproot: che la DeFi su BTC abbia inizio!

L’aggiornamento Taproot è considerato un upgrade significativo per il network di Bitcoin, dal momento che ne aumenta l’efficienza, la privacy e soprattutto estende le capacità degli smart contract. Ciò è reso possibile da due funzioni principali, il MAST e le firme di Schnorr, e da Tapscript, l’aggiornamento del linguaggio di programmazione di Bitcoin: ne abbiamo parlato in modo approfondito qui.

Taproot ha abilitato nuove possibilità di programmabilità e privacy all’interno del protocollo e la conseguenza di queste novità riguarda naturalmente anche Bitcoin, che guadagna casi d’uso

Bitcoin domina il mercato, ma è poco sfruttato nella DeFi

Com’è noto, BTC rappresenta circa il 63% della Market Cap totale del mondo cripto, con un controvalore di circa 1.6 trilioni di dollari. Tuttavia, a causa dell’incompatibilità tra la sua blockchain e quella di Ethereum, risulta abbastanza complesso per gli holder trovare una soluzione sicura che permetta di far fruttare l’asset detenuto. Esistono ovviamente dei modi, come il wrapping e il bridging, processi che consentono di “trasferire” Bitcoin dalla blockchain nativa ad altre chain, come quella di Ethereum. 

Wrapping e bridging: soluzioni rischiose

Il problema principale risiede nella sicurezza delle operazioni, dal momento che ci si espone ai rischi legati alle entità che intervengono in questi processi: merchants, servizi di custody e bridge potrebbero subire attacchi ed exploit, a cui si aggiunge il rischio intrinseco delle singole piattaforme che operano nella DeFi. Ma forse il deterrente principale è uno solo e cioè il fatto che solitamente chi holda Bitcoin non vuole separarsene per nessun motivo al mondo, e queste operazioni passano per forza attraverso i wallet custodial

Da qui il bisogno di implementare qualcosa che soddisfi queste richieste: la DeFi su Bitcoin o BTCFi.

Cos’è la Bitcoin DeFi?

La BTCFi è un ecosistema di applicazioni decentralizzate (DApps) di natura finanziaria costruite su Bitcoin. Per quanto possa sembrare una definizione semplice, in realtà porta con sé conseguenze complesse, soprattutto se si fa il rapporto con le “vecchie” modalità d’uso di BTC nella DeFi. Le principali differenze:

  • Network: Se nell’ecosistema DeFi di Ethereum occorre utilizzare WBTC per operare, esponendosi ai rischi che abbiamo visto poco fa, sulla BTCFi le operazioni vengono processate direttamente con BTC.
  • Sicurezza: se nel wrappare BTC occorre fidarsi del custodian, del mechant, del bridge, delle piattaforme DeFi e dell’infrastruttura sottostante, la BTCFi si fonda sulla blockchain di Bitcoin, unica al mondo per sicurezza e decentralizzazione.
  • Uso: se WBTC su Ethereum (o su altre chain) viene usato principalmente come collaterale o mezzo di scambio nei DEX, la BTCFi apre potenzialmente a tutti i casi d’uso propri della DeFi tradizionale, come vedremo di seguito.
  • Custodia: se Bitcoin wrappato è detenuto da un custode come BitGo, che è un’entità centralizzata, la BTCFi è nativamente non custodiale poiché gestita esclusivamente da protocolli decentralizzati. 

I vantaggi di una DeFi nativa su Bitcoin sono evidenti e i bitcoiner sembrano averlo compreso bene, i grafici di Defillama parlano chiaro: da Aprile 2024, il TVL sulla chain di Bitcoin è aumentato da 490 milioni di dollari a 5 miliardi, equivalenti a 63.000 Bitcoin. 

Al momento, i protocolli che sono riusciti a catalizzare più BTC sono Babylon, Lombard e Solv Protocol, col primo dei tre a dominare la classifica con quasi 4 miliardi di dollari (su 5) di Bitcoin presenti sulla chain. Seguono Lombard e Solv Protocol.

BTCFi: come si usa?

Come abbiamo detto poco fa, con Taproot Bitcoin guadagna casi d’uso simili a quelli della DeFi tradizionale, con la differenza che è tutto costruito e sviluppato sulla blockchain nativa, senza necessità di wrapping o bridging. Vediamo alcuni casi d’uso pratici introdotti da protocolli nativi della blockchain di BTC.

Restaking con Babylon

Babylon, per esempio, permette di mettere bloccare i BTC sulla rete Bitcoin per garantire e partecipare attivamente alla sicurezza di altre reti Proof-of-Stake. Questo meccanismo, da tempo popolare sulla mainnet di Ethereum, prende il nome di restaking e, in questo caso, sfrutta la potenza di calcolo dedicata al mining di BTC trasferendola, in modo indiretto, su network proof of stake. Tutto questo accade senza che l’utente se ne accorge, dato che è come se ricevesse ricompense mettendo in staking i suoi BTC, mentre sul fronte opposto le blockchain Proof-of-Stake possono sfruttare i Bitcoin bloccatiper migliorare la loro sicurezza sistemica. 

Liquid staking con Lombard e LBTC

Anche Lombard offre un servizio simile, ma con una caratteristica in più, il liquid staking. Una volta bloccati i propri BTC si potrà mintare LBTC, un asset collateralizzato 1:1 con Bitcoin, per generare un’ulteriore rendita. Grazie alla sua natura cross-chain è possibile usare LBTC “in giro” per la DeFi, come collaterale per lending and borrowing o anche per fornire liquidità ai DEX. Insomma LBTC è l’equivalente di stETH per la BTCFi.

Solv Protocol: verso una liquidità unificata

Infine Solv Protocol, che allo stesso modo offre servizi di restaking, emette una versione di BTC chiamata SolvBTC. Questa rappresenta un tentativo interessante di wrapping di BTC, perchè vuole risolvere il problema della liquidità frammentata di Bitcoin: le varie versioni wrappate di BTC – WBTC, BTCB, BTC.b, ecc. – sono proprie di chain specifiche e presentano scarsa interoperabilità cross-chain, risultando di fatto “siloed”, isolate. 

SolvBTC punta ad unificare la liquidità di Bitcoin su più chain in qualità di riserva universale di BTC per gli user della DeFi, in modo da consentire un utilizzo più agile dell’asset su protocolli diversi. 

Liquid staking avanzato: SolvBTC.LSTs

Inoltre Solv Protocol, come Lombard, presenta anche la funzionalità del liquid staking, poiché bloccando SolvBTC si ottengono in cambio i SolvBTC.LSTs (SolvBTC Liquid Staking Tokens). Questi, a loro volta si dividono in Pegged LSTs, ancorati 1:1 al valore di Bitcoin, e Yield-Bearing LSTs, che invece crescono di valore nel tempo perchè le revenues ottenute con lo stake vengono automaticamente reinvestite nel token.

Siamo solo all’inizio della BTCFi

Come avrai capito, si tratta di un mondo di recente sviluppo con un numero potenzialmente infinito di opportunità di rendimento: utilizzare i propri Bitcoin nella DeFi mantenendo la custodia, senza dover necessariamente utilizzare WBTC, era una possibilità attesa da tempo. Se vuoi essere partecipe del cambiamento che investirà BTC e la DeFi su BTC, clicca qui sotto!

Crollo in Borsa: cosa sta succedendo?

Crollo in Borsa: cosa sta succedendo?

Panico nella finanza mondiale: Trump annuncia i dazi, Wall Street perde 5.000 miliardi di dollari. Cosa succede? Ecco una panoramica dei principali listini

Mercoledi 2 Aprile il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato i temuti dazi reciproci: oggi il rosso domina i grafici dei principali (e non solo) indici e listini mondiali. Il sentiment è fortemente negativo e il panic selling sta generando una cascata di vendite che sembra decisa a non arrestarsi.

Scopri le performance dei principali titoli e l’impatto di questa crisi sulle principali crypto. 

Wall Street: tempesta improvvisa senza scialuppe di salvataggio

Situazione tesa dalle parti di New York. Dal fatidico “Liberation Day”, la Borsa più famosa del mondo ha registrato perdite comparabili ai PIL di Italia e Francia sommati: dal 2 Aprile sono andati in fumo almeno 5.000 miliardi di dollari, con l’S&P500 che perde più del 10%, così come il Nasdaq (-10,3%) e il Dow Jones il 9,6%. Situazione ancora più critica se si prendono in esame le singole azioni: Apple perde il 19%, Meta l’11,5% e Nvidia il 12,6%. Trend fortemente ribassista che sembra confermarsi anche per questa settimana, dal momento che lunedì mattina i futures sull’S&P500 cedevano il 3,39%, quelli sul Nasdaq il 3,41% e quelli sul Dow Jones il 3,09%. Domenica notte il Presidente Trump ha minimizzato il panico sui mercati azionari: “A volte è necessario prendere dei farmaci per curarsi”, ha dichiarato. Intanto Goldman Sachs aumenta la probabilità di recessione, alzandola al 45%. Oggi però il sentiment sembra differente: sempre lato futures, S&P500, Nasdaq e Dow Jones guadagnano rispettivamente l’1,5%, l’1,3% e il 2%.

Per concludere, la FED ha indetto una riunione a porte chiuse per la “Revisione e determinazione da parte del Consiglio dei Governatori dei tassi di anticipo e di sconto da applicare dalle Banche della Riserva Federale” lunedì 7 Aprile alle 17:30 ora italiana. Per ora sappiamo che nella giornata di venerdì scorso il presidente Jerome Powell ha affermato che “non sembra ci sia bisogno di avere fretta” e che occorre osservare “come si evolve la situazione prima di iniziare ad apportare modifiche“. Riguardo il taglio dei tassi, l’idea condivisa fra i trader vede maggiori possibilità nel meeting di Giugno (al 70%) piuttosto che a Maggio (al 30%). Dall’altro lato Donald Trump, in un tweet di ieri sera, consiglia alla “slow moving” FED di tagliare i tassi, dal momento che non ci sarebbe inflazione. Quale sarà la prossima mossa?

Asia ed Europa: follow the leader

Sul fronte orientale la situazione è molto simile, esacerbata dalla risposta della Cina che ha imposto dei controdazi speculari al 34% sui prodotti USA: gli indici di Shanghai e Shenzhen cedono rispettivamente il 7,17% e il 10,79%, l’indice Hang Seng di Hong Kong mette a segno la peggiore seduta dalla crisi finanziaria del 1997 perdendo il 13,22%, mentre la Borsa di Taiwan aggiorna il record assoluto in negativo, arrivando a registrare cali per il 9,7%

Stesso identico discorso per i listini europei che seguono la scia le chiusure dei mercati asiatici. Le variazioni a una settimana vedono il DAX di Francoforte è giù del 10,8%, il CAC 40 di Parigi del 11,1% così come il FTSE 100 di Londra, che registra perdite per il 10,3%. In casa nostra, il FTSE MIB di Milano attualmente è in negativo del 13,7%,: a pesare, le forti perdite – fino al 12% – che hanno investito il comparto bancario. Discorso leggermente diverso per la seduta odierna, che vede i principali indici europei recuperare mediamente tra l’1% e il 2%

Il mercato crypto si allinea: liquidazioni per 1.4 miliardi

La pioggia di vendite ha investito anche il mercato delle criptovalute, che vede la Market Cap totale scendere del 6,7%, recuperando la soglia dei 2,4 trilioni di dollari, persa durante la giornata di lunedì. L’alta incertezza dettata da questa situazione è riscontrabile nel Fear and Greed Index, in Extreme Fear, oltre che dal crollo notturno di Bitcoin: nella notte fra domenica e oggi, la regina delle criptovalute sta perdendo circa il 5,2% e – al momento in cui scriviamo – viaggia intorno ai 79.000$. Come si legge su NY Times, “the man nicknamed the first Bitcoin president is presiding over a Bitcoin crash”.

Lasciando da parte le emozioni, dal punto di vista dell’analisi tecnica BTC scende per la prima volta sotto la soglia dei 75.000$ da Novembre e va a “sbattere” contro supporti che non si vedevano dal 2021: il principale, la linea dei 69.000$. A proposito, un interessante tweet da parte dell’analista noto su X (ex Twitter) con l’handle @KevinSvenson_ ribalta completamente la narrazione: secondo lui, stiamo assistendo a un retest dei massimi del 2024, localizzati appunto nella zona dei 75.000$. Il tweet continua con uno statement lapidario che recita “questa è l’ultima occasione per $BTC di mantenere la sua macrostruttura rialzista”. 

Per quanto riguarda il fronte Altcoin, Ethereum è arrivato al minimo di 1.415$ nei pressi dello storico supporto dei 1.400$, toccato l’ultima volta nel Marzo 2023. Stesso discorso per Solana, arrivata a toccare il supporto del range 85$-95$ dopo circa un anno. Reazioni decise per entrambe le coin, che per ora si aggirano rispettivamente intorno ai 1550$ e ai 105$.

Però c’è un però, anzi due. Oltre la classica scuola di pensiero che vede le opportunità migliori durante i momenti di crisi, molti analisti offrono uno spunto interessante: il comportamento di Bitcoin potrebbe essere diverso dal solito, forse più maturo. BTC infatti sembra dare segnali di autonomia contro QQQ, l’ETF che replica le 100 aziende dell’NDX, a cui nel breve termine è solitamente correlato. Questa decorrelazione, se confermata, potrebbe indicare forte indipendenza dagli eventi che generalmente turbano il mercato azionario e permettere a Bitcoin di fare un salto di qualità, come asset “diverso”. Tenere d’occhio i grafici in questo periodo può essere una mossa azzeccata e il mercato in questi giorni può regalare emozioni.
Inizia da qui! 

Gioco d’azzardo in Italia: storia, cultura e impatto economico

Gioco d’azzardo in Italia: il quadro attuale

Il gioco d’azzardo è un’attività vecchia quanto la storia dell’Uomo: da millenni le persone sfidano la sorte e scommettono. Qual è la situazione in Italia? 

Giocare d’azzardo su una quota alta e poter solo immaginare di vincere la cifra mostrata è una delle ragioni principali per cui le persone passano ore e ore tra casinò online e slot machine fisiche. Già ai tempi dell’Antica Roma c’erano le bische clandestine e i movimenti di condanna. Ad oggi, però, la situazione in Italia non è rosa e fiori: chi gioca d’azzardo più frequentemente e perché? Ma soprattutto, quanto spende?

La storia del gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo ha accompagnato – e accompagnerà – la razza umana durante tutto il suo cammino poiché da quando ha imparato a scrivere, intorno al 3000 a.C., l’uomo ha iniziato a scommettere. Il primo gioco da tavolo, il senet, è stato ritrovato nell’Antico Egitto e risale al terzo millennio a.C. Considerato uno degli antenati del Backgammon, il senet consisteva in pedine e scacchiera e legava la dimensione dell’azzardo a quella religiosa: si credeva che il defunto dovesse giocare la sua sorte contro il Destino in persona. Passano un paio di millenni e i dadi si impongono come gioco d’azzardo preferito soprattutto per i Romani, che li chiamano tesserae, seppur già proibiti (con scarso successo) con la Lex Alearia.

Nel Medioevo i dadi mantengono il primato, tanto che Dante nel Purgatorio parla della zara, gioco di origine bizantina che prevedeva due giocatori e tre dadi. Si diffondono anche le baratterie, luoghi appositamente dediti al gioco d’azzardo, che vengono legalizzati e tassati: la condanna morale e religiosa viene messa in secondo piano in favore delle entrate economiche. 

Con l’invenzione della carta nel II secondo secolo d.C, è il momento delle carte da gioco: si ritiene che la loro diffusione in Europa sia partita dalla Cina, passando per Medio Oriente ed Egitto, circa dieci secoli dopo, intorno al 1300. Successivamente arrivano anche le lotterie, con la prima in assoluto tenuta a Milano, in piazza Sant’Ambrogio, nel 1449. 

Finisce il Medioevo e con l’età moderna il gioco d’azzardo sale di livello: viene introdotto il poker, le scommesse sulle corse dei cavalli guadagnano popolarità e prende piede la roulette: una leggenda dice che il suo inventore fu il celebre Blaise Pascal, intento a studiare il moto perpetuo. Nel 1638 viene istituito a Venezia il Ridotto pubblico, la prima casa da gioco, un vero e proprio casinò

Nel 1891 a Brooklyn, New York, viene inventata la prima gambling machine, precursore della fortunata slot machine. Il XIX e il XX secolo vedono la proliferazione di casinò, seppur alternata da fasi di proibizionismo del gioco d’azzardo, fino ai giorni nostri, in cui il gambling online – nei relativi casinò online – è decisamente la forma di gioco più popolare. 

Chi gioca d’azzardo in Italia? Un fenomeno trasversale

Nulla di nuovo sotto il sole. Il gioco d’azzardo in Italia sembra essere diffuso in ogni fascia d’età, nonostante la legge vieti ai minorenni di scommettere. Analisi recenti suddividono le tipologie di scommettitori in tre gruppi: i giovani (dai 14 ai 19 anni), gli adulti (dai 20 ai 64) e gli over 65 (dai 65 anni in su). Il primo e il secondo gruppo si avvicinano al mondo delle scommesse perché hanno amici e/o parenti che giocano e rappresentano rispettivamente il 34% e il 60% della popolazione; l’ultimo gruppo, composto per lo più da pensionati e/o vedovi, invece gioca d’azzardo per impegnare il tempo e costituisce il 26% dei giocatori. 
La fascia d’età più accanita e che spende di più è quella che va dai 25 ai 36 anni

Un altro dato interessante è relativo al gender gap: non solo gli uomini giocano d’azzardo più frequentemente delle donne – rispettivamente il 51,1% e il 34,4% – ma spendono anche di più, con un importo medio della scommessa corrispondente a 31,6€ contro i 22,9€. 

Perchè si gioca d’azzardo? 

Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre

La prima è piuttosto ovvia, nonché connessa alla possibilità di ottenere grandi premi in denaro. Tuttavia, va aldilà dell’accezione puramente economica ma rientra nella sfera psicologica. Il prezzo del biglietto (o della puntata) è molto basso rispetto alla capacità di spesa mentre il premio potenziale è incredibilmente alto rispetto al reddito di chi scommette. La bilancia costi/benefici pende – in modo ingannevole – dalla parte dei benefici. 

La seconda invece riguarda l’eccitazione della sfida, che risulta essere la motivazione più comune fra giovani e adulti. Il gioco d’azzardo offre l’opportunità di mettere alla prova le proprie abilità ma anche di competere contro gli altri, in una sfida che viene premiata con denaro reale. È chiaro quindi come per molte persone questa sensazione di adrenalina possa risultare piacevole e gratificante, al punto da generare dipendenza

Infine l’evasione dallo stress quotidiano: è la ragione più preoccupante, poiché il gioco d’azzardo qui viene utilizzato come una forte distrazione da problemi più seri e importanti, permettendo ai giocatori di sperimentare sensazioni di temporanea tranquillità e soddisfazione. 

L’impatto economico: si spende sempre di più

Nel 2023, il volume totale del denaro speso nel gioco d’azzardo in Italia ammontava a 150 miliardi di euro – l’anno prima la cifra si aggirava intorno ai 136 miliardi – e le previsioni indicano una tendenza al rialzo, con 180 miliardi nel 2025. Numeri decisamente impressionanti. Per fare un paragone, se nel 2022 gli italiani hanno riversato 136 miliardi di euro in scommesse e casinò online, in quello stesso anno la spesa per la sanità ammontava a 128 miliardi, mentre quella per l’istruzione a 52 miliardi. 

Federconsumatori, nel suo report “Il Libro Nero dell’Azzardo”, ci comunica che nel 2022 la quota pro capite per gioco d’azzardo fisico e da remoto, calcolata sulla popolazione maggiorenne residente in Italia, era pari a 2.731,68€. La cifra però varia in base alle diverse aree del Paese: la regione con più alto volume di scommesse è infatti la Lombardia con 13 miliardi di euro raccolti. Seguono Campania, Lazio ed Emilia-Romagna, con una somma totale compresa fra i 7 e i 10 miliardi. Interessante notare come il comune con quota pro capite più alta non si trovi in nessuna di queste regioni. Si tratta di Anguillara Veneta che, con 4.161 abitanti, si aggiudica il record di 13.073 euro/persona.

Un ultimo punto è relativo alla criminalità organizzata: il report menzionato prima ha quantificato in una cifra compresa fra i 16 e i 18 miliardi l’importo attribuibile ad attività legate alla malavita. Il gioco d’azzardo online permette di recuperare circa 94 euro su 100 rispetto ai 70 del gioco fisico ed è quindi un mezzo importante per riciclare grandi quantità di denaro. 

Il gioco d’azzardo non vale la candela

Nonostante possa sembrare appetibile, il gioco d’azzardo si fonda su dinamiche subdole e ingannevoli: nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità ha realizzato la prima indagine epidemiologica in Italia per acquisire una comprensione più chiara della diffusione del fenomeno. I dati dicono che su 14,5 milioni di giocatori italiani, un milione e mezzo sono stati classificati come problematici. A perdere è sempre chi gioca.

Sì, sembra la classica frase fatta che direbbero i tuoi genitori. Ma indovina un po’? I tuoi genitori hanno ragione e la matematica fornisce prove a supporto: scommesse, slot machine, roulette e qualsiasi gioco d’azzardo è scientificamente progettato per garantire un vantaggio al casinò, secondo la regola del valore atteso. Se così non fosse, questo modello di business non sarebbe sostenibile

A questo punto, è quasi inutile sottolinearlo ma scommettere non è investire, a lungo termine il banco vince sempre

Young Platform, “The Box” e le 3C: conto, carta e cashback

Con The Box arrivano le 3C: conto, carta e cashback

L’ecosistema di Young Platform è sempre più completo: con “The Box” arrivano il conto di pagamento e la carta di debito (con cashback fino al 3,6%)

Torino, 26 marzo 2025. Young Platform, fintech italiana con più di 2 milioni di iscritti, è sempre più un ecosistema finanziario completo e autosufficiente: oltre alle funzionalità legate al core business, le criptovalute, sarà possibile disporre di un conto di pagamento con la relativa carta di debito. Una mossa ambiziosa finalizzata all’abbattimento delle barriere e degli stereotipi che da sempre allontanano la finanza tradizionale dal mondo delle criptovalute.

Una storia ispirata da tre parole chiave: conoscenza, accessibilità e inclusione

Fondata nel 2018 con l’intento di divulgare e rendere il mondo crypto accessibile a tutti, Young Platform ha deciso di alzare l’asticella ampliando la sua mission, includendo la finanza personale, di tutti i giorni: “Oggi la gestione del denaro sta cambiando. Le persone vogliono più controllo, più opportunità e più libertà finanziaria” –  dichiara Andrea Ferrero, Co-CEO e Co-Founder della piattaforma – “Young Platform risponde a questa esigenza con il primo conto di pagamento crypto-nativo in Italia e in Europa, che unisce la praticità della finanza tradizionale con le potenzialità rivoluzionarie delle criptovalute”.

La novità principale riguarda l’integrazione all’interno dell’ecosistema di due funzionalità che, secondo un report della Banca Mondiale del 2021, sono essenziali per 8 persone su 10: il conto di pagamento e la relativa carta di debito, la quale ha il suo elemento distintivo nella possibilità di ottenere fino al 3,6% di cashback su qualsiasi tipo di acquisto

Abbattere le barriere e superare gli stereotipi attraverso conoscenza e inclusione

Come anticipato, l’obiettivo è avvicinare il maggior numero di persone alle potenzialità offerte dal mondo delle criptovalute e della finanza decentralizzata. La strategia mette insieme la diffusione della conoscenza, con Blog e Academy, e l’inclusione degli utenti mediante un approccio più soft, di cui conto e carta segnano le prime fasi. Il risultato atteso? Superare gli stereotipi tipicamente associati all’universo che ruota intorno alla blockchain e ai relativi token.

“The Box” e il Mito della Caverna

In questo senso “The Box”, la campagna lanciata in occasione dell’annuncio, racchiude tanto le sfide che Young Platform si ripromette di affrontare quanto i traguardi che intende raggiungere. The Box è una scatola virtuale ma tangibile, che non si vede ma che influenza le nostre azioni quotidiane con barriere, limiti e stereotipi, ormai dati per scontati. Questo perché la società contemporanea, ponendo tabù e divieti indiscutibili e socialmente accettati, condiziona la nostra percezione della finanza e del suo utilizzo, proprio come nel platonico Mito della Caverna gli uomini incatenati sono convinti che la proiezione delle loro ombre sia invece la realtà. L’obiettivo? Liberarsi dalle catene, uscire dalla caverna e, in ultima istanza, dalla Box per ripensare e riprendere in mano il rapporto col denaro e gli investimenti

Inoltre la campagna, regolata dal MIMIT, permetterà agli utenti di vincere premi esclusivi tra cui dispositivi Apple e Sony, buoni Amazon e, dulcis in fundo, la carta Young fosforescente con cashback fino al 3,6%. 

Uno sguardo al futuro: verso l’integrazione di ETF e asset tradizionali

Conto di pagamento e carta di debito non costituiscono la fase finale della missione, non è il momento di sedersi sugli allori. Al contrario, testimoniano l’inizio di un nuovo capitolo della vita di Young Platform, che mira a posizionarsi nel mercato come un ecosistema finanziario completo e accessibile: entro la fine del 2025 è infatti prevista l’integrazione degli investimenti in asset tradizionali come azioni, ETF e materie prime e dei servizi DeFi come Lend & Borrow. Il tutto permetterà agli utenti di diversificare il proprio portafoglio riducendo l’operatività ad un’unica piattaforma

Per concludere, con questa evoluzione Young Platform si conferma una realtà all’avanguardia nel settore fintech italiano ed europeo, impegnata giorno dopo giorno nel costruire un nuovo paradigma finanziario basato su inclusione, innovazione e autonomia finanziaria.

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Magyar sorpassa Orbàn: l’Ungheria verso un cambio di rotta?

Magyar sorpassa Orbàn: l’Ungheria verso un cambio di rotta

Péter Magyar, leader del partito di opposizione Tisza, sorpassa il capo del governo Viktor Orbàn nei sondaggi: sfida aperta per la guida dell’Ungheria?

Secondo un recente sondaggio, Péter Magyar, a capo del principale partito di opposizione ungherese, avrebbe ricevuto circa il 9% delle preferenze in più rispetto a Viktor Orbàn, leader di Fidesz, partito che governa l’Ungheria dal 2010. La notizia è clamorosa perché erano quasi vent’anni che Orbàn dominava incontrastato le classifiche. Cosa è successo? Si apre la sfida per la conquista della leadership?

Viktor Orbàn e Fidesz: quindici anni di dominio politico

Laureato in giurisprudenza, Viktor Orbàn si affaccia al mondo della politica da giovane, nel contesto storico delle rivoluzioni del 1989. Entra in parlamento nel 1990 e nel 1998 vince le elezioni col suo partito Fidesz, diventando primo ministro del governo ungherese fino al 2004. Dopo sei anni all’opposizione, Orbàn vince nuovamente le elezioni e dal 2010 è il dominus incontrastato della politica ungherese.

Definito spesso come un leader autoritario, populista e filoputiniano, Viktor Orbàn è un uomo politico di estrema destra: è stato spesso criticato per aver limitato notevolmente i diritti universali dell’uomo, tra cui le libertà individuali – come il recente ban al gay pride di Budapest, la libertà di espressione e di stampa, e per aver portato l’Ungheria verso una forma di stato autoritario.  

Le prime fratture interne

Febbraio 2024, si dimette Katalin Novàk, Presidente della Repubblica ungherese in quota Fidesz, il partito di Orbàn. Il motivo? Aver concesso la grazia ad uomo condannato per complicità in un caso di abusi sessuali su minori. Con lei anche Judit Varga, Ministra della Giustizia eletta sempre con Fidesz, colpevole di aver firmato la grazia concessa. Qualche settimana dopo, il marito della Ministra Varga rilascia delle registrazioni in cui la stessa confessa che alcuni membri del governo Orbàn avevano falsificato delle prove giudiziarie per insabbiare il loro coinvolgimento in un grosso giro di corruzione. E chi è il marito della Ministra Varga? Proprio lui, Péter Magyar.

Péter Magyar: per distruggere il sistema, devi conoscerlo dall’interno

Le registrazioni, secondo Magyar, sono la prova che dimostra che il regime di Orbán è profondamente corrotto. “Non permetteremo che il più grande scandalo politico e giudiziario degli ultimi trent’anni venga insabbiato” – ha dichiarato. Da quel Febbraio, Péter Magyar ha un solo obiettivo in testa: fare opposizione al governo del “capo di stato mafioso Viktor Orbán”. La cosa più curiosa? Magyar è stato membro di Fidesz, il partito di Orbàn, dal 2002 al 2024.

Magyar prende seriamente a cuore la causa: fa attivismo, convoca manifestazioni per denunciare la “mafia” che controlla il potere ungherese e finalmente si candida per le elezioni europee del 2024 col partito di opposizione Tisza.

Le elezioni europee e la svolta 

In soli quattro mesi, l’ingresso di Magyar in Tisza permette al partito di conquistare più del 30% dei voti. Il dato politico è chiaro: dopo quasi vent’anni, la ferrea e incontrastata leadership di Viktor Orbàn è seriamente in difficoltà, un nuovo player è entrato nella scena e non sembra disposto a mollare. Nell’arco dell’ultimo anno, Péter Magyar ha continuato a lottare al grido di “Non abbiamo paura!” e “Orbàn dimettiti!”, perchè “la stragrande maggioranza del popolo ungherese è stanca dell’élite al potere, dell’odio, della propaganda e delle divisioni”.

Ma la breaking news proviene da un recente sondaggio dove si evince che Tisza è al 46% delle preferenze contro il 37% di Fidesz, ma soprattutto che il 56% degli ungheresi vorrebbe un cambio di governo

Purtroppo nessuno ha la sfera di cristallo: i dati dei sondaggi sono sempre indicativi ma non garantiscono alcuna certezza, soprattutto a causa del fatto che le prossime elezioni sono programmate per il 2026. Nel frattempo non resta altro che osservare da lontano e sperare che il popolo ungherese riesca ad esprimere democraticamente la propria scelta politica.