Le azioni di MicroStrategy e il prezzo di Bitcoin

MicroStrategy azioni: come Bitcoin ne influenza il prezzo

Le azioni MicroStrategy (MSTR) sono diventate un caso unico nel mercato, strettamente legate all’andamento di Bitcoin. Ma quanto è sostenibile questa strategia?

Siamo nel pieno del bull market. Le candele verdi dominano sui grafici e il P&L degli investitori cresce costantemente. Ma mentre molti si godono questa fase euforica, altri iniziano a interrogarsi su quale potrebbe essere il prossimo black swan event o “cigno nero” del mondo crypto, l’evento capace di far tremare l’intero ecosistema. D’altronde, dopo i crolli causati dal collasso dell’ecosistema Terra (LUNA) e di FTX che hanno sancito la fine dello scorso bull market, la prudenza è d’obbligo.

Questa volta, secondo alcuni utenti su X (ex Twitter), “l’elefante nella stanza” sarebbe MicroStrategy, l’azienda fondata da Michael Saylor, nonché il più grande holder di Bitcoin al mondo. La domanda che molti crypto enthusiast si pongono oggi è semplice:  MicroStrategy e le sue azioni, strettamente legate al valore di BTC, possono causare un crollo senza precedenti?

Le azioni di MicroStrategy e il suo modello di Business

Michael Saylor ha trasformato MicroStrategy in una sorta di proxy di Bitcoin. Negli ultimi anni, l’azienda ha accumulato una quantità enorme di BTC (attualmente 402.000 per un controvalore monetario di 38,3 miliardi di dollari) finanziando gli acquisti attraverso un modello innovativo ma complesso: l’emissione di obbligazioni convertibili.

In breve, queste obbligazioni (dal rendimento praticamente nullo) permettono agli investitori di scegliere, alla scadenza, se convertire il loro credito in azioni MicroStrategy o recuperare il denaro che hanno prestato all’azienda. La conversione può avvenire se le azioni MSTR raggiungono un prezzo stabilito, ma sono gli investitori ad avere l’ultima parola. Se essi ritengono che le azioni abbiano ancora un margine di rialzo, possono tenerle. In caso contrario, le possono vendere.

Vi potreste star chiedendo: allora perché non comprano direttamente le azioni MSTR detenendole per cinque anni? Beh perché l’acquisto e la detenzione di azioni comporta comunque la possibilità di perdere denaro, nel caso in cui il loro prezzo scenda, mentre l’investimento in obbligazioni convertibili no, poiché si può scegliere di non riscattarle.

I risultati principali

Affrontando il funzionamento del modello di business dell’azienda si può facilmente comprendere che le obbligazioni convertibili in azioni di MicroStrategy hanno il principale scopo di raccogliere capitale da reinvestire in Bitcoin. Questa strategia, che è stata portata avanti dall’azienda da diversi anni, ha reso il prezzo delle azioni di MicroStrategy strettamente legato a quello di Bitcoin. Nell’ultimo anno, il titolo MSTR ha registrato una crescita da tre a cinque volte superiore rispetto a BTC.

Per questo motivo investire in questi titoli è diventato un po’ come aprire una posizione su Bitcoin utilizzando la leva finanziaria, dato che, almeno nell’ultimo periodo, quando BTC cresce del 10% MSTR può crescere dal 30% al 50%.

Ad oggi MicroStrategy possiede circa 36 miliardi di dollari in Bitcoin, ma il valore di mercato delle sue azioni è di ben 83 miliardi, oltre 2,3 volte superiore alle riserve detenute. Inoltre, l’azienda ha di recente approvato un piano di acquisti per un valore totale di 42 miliardi di dollari nei prossimi tre anni (12 dei quali sono già stati allocati su Bitcoin), sempre attraverso l’utilizzo delle obbligazioni convertibili.

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Perché questo modello potrebbe crollare?

Nonostante i risultati straordinari, il modello di MicroStrategy presenta alcune vulnerabilità soprattutto in scenari di mercato ribassisti. E non è, quindi, il caso di sottostimare il possibile pericolo ad esse connesso. Un atteggiamento simile ha portato, in passato, a gravissimi crolli che hanno minato per diverso tempo la salute del settore. Ecco quali sono gli avvenimenti che potrebbero causare in crollo del modello che MicroStrategy ha costruito attorno alle sue azioni.

  1. Aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse: un aumento dell’inflazione spingerebbe le banche centrali ad alzare i tassi di interesse, rendendo, in generale, il denaro più costoso. Per MicroStrategy, questo significherebbe maggiore difficoltà a reperire liquidità per onorare gli obblighi finanziari legati alle obbligazioni convertibili;
  2. Calo del prezzo di Bitcoin: essendo il valore delle azioni MicroStrategy strettamente legato a BTC, un crollo del prezzo della crypto si rifletterebbe su quello delle azioni. Ad esempio, una perdita del 10% di Bitcoin potrebbe comportare un crollo del 30%-50% per MSTR. Questo effetto potrebbe spaventare ulteriormente gli investitori, innescando una spirale di vendite.
  3. Obblighi finanziari insostenibili: se, magari a causa dei quanto anticipato nei punti precedenti, il prezzo delle azioni non raggiungesse i target fissati, MicroStrategy sarebbe costretta a rimborsare, in denaro, la maggior parte degli obbligazionisti. Si parla di un’esposizione potenziale di 45 miliardi di dollari, una cifra che l’azienda potrebbe recuperare soltanto vendendo parte dei Bitcoin che possiede.
  4. Vendita forzata di Bitcoin: se lo scenario presentato al punto 3 dovesse verificarsi, MicroStrategy potrebbe essere obbligata a liquidare le sue riserve di Bitcoin, anche in perdita. Questa mossa potrebbe avere ripercussioni devastanti sul mercato crypto, dato che farebbe crollare ulteriormente il prezzo di BTC, e quindi anche le azioni MSTR, alimentando un apocalittico circolo vizioso.
  5. Rischio sistemico per il mercato crypto: infine va precisato che MicroStrategy possiede circa l’1,84% di tutti i Bitcoin esistenti. Se l’azienda crollasse, il mercato crypto subirebbe un duro colpo, con conseguenze potenzialmente disastrose per il valore e la stabilità di Bitcoin.

Uno scenario apocalittico?

Se tutte queste condizioni si verificassero contemporaneamente, il crollo di MicroStrategy potrebbe scatenare un effetto domino sull’intero ecosistema crypto. Tuttavia, è importante ricordare che si tratta di uno scenario estremo e poco probabile. Più realistico è immaginare una situazione intermedia, in cui il prezzo delle azioni MicroStrategy subisce un forte calo senza che l’azienda sia costretta a vendere le sue riserve di Bitcoin.Inoltre, nonostante l’azienda capitanata da Michael Saylor sia, ormai, un colosso, Bitcoin è diventato una asset estremamente solido.

Guarda il grafico di Bitcoin

Perciò, sebbene un crollo di MicroStrategy abbia le carte in regola per minare per diverso tempo la stabilità e il valore di Bitcoin e dell’intero mercato crypto, non sembra essere in grado di provocare un crollo catastrofico. Insomma, MicroStrategy non è (e non sarà) il Single Point of Failure di Bitcoin. Il valore di Bitcoin, invece, nel caso in cui crolli drasticamente nel prossimo bear market, potrebbe essere il Single Point of Failure di MicroStrategy.


Le riserve auree degli Sati Uniti si trasformeranno in Bitcoin?

Bitcoin news: gli USA venderanno oro per comprare BTC?

Le ultime news su Bitcoin ci dicono che la senatrice Cynthia Lummis ha proposto di convertire parte dell’oro in possesso degli USA in BTC

Negli ultimi giorni, il panorama delle criptovalute è stato scosso, oltre che da un esplosivo aumento di prezzo da diverse news importanti riguardanti Bitcoin, provenienti principalmente dagli USA. La senatrice del Wyoming, Cynthia Lummis, ha presentato un disegno di legge che propone la conversione di una parte delle riserve auree statunitensi in Bitcoin

Se approvata, questa iniziativa potrebbe rappresentare una svolta epocale nella storia economico-finanziaria degli Stati Uniti e del mondo intero.

Una nuova era per le riserve statali

La proposta della senatrice Lummis mira a creare una “riserva strategica di Bitcoin” per gli Stati Uniti, attraverso la conversione di una frazione delle ingenti riserve auree del paese in BTC. Attualmente, gli Stati Uniti sono il paese che detiene più oro al mondo, oltre 8.000 tonnellate. Al secondo posto di questa classifica c’è la Germania con 3.352 e poi l’Italia con 2.452.

Secondo l’ultimo rapporto finanziario pubblicato dal Bureau of The Fiscal Service, gli Stati Uniti detengono circa 5.400 miliardi di dollari in asset, mentre le passività ammontano a 42.000 miliardi di dollari, di cui 26.500 miliardi rappresentano il debito pubblico e i relativi interessi. La proposta della senatrice Lummis prevede l’accumulo di 1 milione di BTC, da detenere per 20 anni, con l’obiettivo di sostenere il dollaro dalla sua graduale e inevitabile svalutazione. 

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Il disegno di legge, ripreso da tutte le news su Bitcoin, è stato proposto mesi dopo che Donald Trump, il futuro presidente degli Stai Uniti, ha annuciato di voler costruite la “Strategic Bitcoin Reserve”, ovvero una riserva strategica in BTC per rafforzare la posizione finanziaria degli Stati Uniti. Durante la campagna elettorale, Trump ha accettato donazioni in criptovalute, ha partecipato a Bitcoin 2024, la più importante conferenza al mondo sulla crypto e ha dichiarato di voler rendere gli Stati Uniti la capitale mondiale di questa tecnologia.

Ma non solo! Ha anche annunciato di aver intenzione di licenziare Gary Gensler, l’attuale presidente della Security and Exchange Commission (SEC), da diversi anni uno dei principali antagonisti del settore, almeno per quanto riguarda l’aspetto regolamentativo.

Un precedente storico: Bretton Woods

Questa proposta ci riporta al 1971, quando gli Stati Uniti abolirono gli accordi di Bretton Woods abbandonando il gold standard. L’introduzione di una riserva strategica di Bitcoin potrebbe rappresentare una sorta di “terzo episodio” nella saga di questi accordi, stipulati nel 1944, e quindi segnare l’inizio di un nuovo capitolo della storia monetaria globale.

Per dovere di cronaca possiamo specificare che il dollaro dall’abolizione degli accordi di Bretton Woods del 1971 ha perso circa il 98% del suo valore. Per questo motivo trovare un asset, o una riserva di valore, che lo sostenga, potrebbe essere necessario.

Guarda il grafico di BTC

Le proposte statunitensi hanno già iniziato a influenzare altri paesi. In Polonia, Sławomir Mentzen, candidato alle elezioni presidenziali del 2025, ha promesso di creare una riserva strategica di Bitcoin nel caso in cui venisse eletto. Mentzen, noto sostenitore delle criptovalute, ha dichiarato di aver investito, nel 2013, tutti i suoi risparmi in Bitcoin, mettendo in evidenza la sua fiducia nel potenziale della criptovaluta. 

Le recenti iniziative politiche negli Stati Uniti e in Polonia indicano una crescente accettazione del Bitcoin come riserva di valore a livello statale. Se queste proposte verranno attuate, potrebbero segnare una svolta significativa nel panorama economico globale, ridefinendo il ruolo delle criptovalute nel sistema finanziario internazionale.


Il dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE) fa volare Dogecoin

Il dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE) fa volare Dogecoin

Il nuovo dipartimento governativo di Donald Trump prende il nome di DOGE. Di cosa si tratta e come ha influito la notizia sulla meme coin?

Donald Trump ha ufficialmente annunciato un nuovo dipartimento governativo per l’efficienza, chiamato DOGE, che sta per Department of Government Efficiency. Sì, la volontà del futuro presidente e del suo “braccio destro” di dare origine ad un meme dopo l’altro è qualcosa che, probabilmente, nessuno si aspettava; ma chi siamo noi per giudicare. 

In ogni caso, può essere utile analizzare come la politica e il mondo crypto si stiano intrecciando in modi sempre più surreali, e quindi esplorare le implicazioni di quanto accaduto sia dal punto di vista politico, che da quello strettamente relativo al mercato e alle performance di prezzo.

L’unione tra meme e politica

Prima di affrontare cos’è e come funziona il Department for Government Efficiency bisogna precisare che non è la prima volta che Trump e Musk utilizzano la cultura dei meme per ottenere consenso e attenzione mediatica. La creazione del “Department for Government Efficiency” (DOGE), molto probabilmente, si inserisce in un trend in cui la politica sfrutta riferimenti culturali e linguaggi tipici dei social per connettersi a pubblici più giovani. 

Non solo gli appassionati crypto, ma anche testate autorevoli come Harvard Business Review e Politico hanno, in questi mesi, esplorato il fenomeno della “politica-meme”, evidenziando come l’uso di simboli riconoscibili e umorismo attragga l’attenzione e, spesso, crei un senso di comunità intorno a leader pubblici controversi o anticonformisti


Sicuramente Donald Trump, Elon Musk e i loro rispettivi team, sono a conoscenza di queste ricerche e quindi non sembra proprio una coincidenza che l’acronimo del nuovo dipartimento governativo si riferisca proprio alla namecoin più popolare del mercato. Grazie alla sua popolarità e a una capitalizzazione di mercato di più di 50 miliardi di dollari (negli ultimi giorni ha superato l’azienda automobilistica FORD), Dogecoin (DOGE) incarna un simbolo della decentralizzazione e della “controcultura” del mondo crypto, che Trump e Musk riescono a cavalcare con un’efficacia unica.

Department for Government Efficiency, in arte DOGE

Il nuovo dipartimento per l’efficienza governativa di Trump e Elon Musk non si limita al nome provocatorio. Secondo alcune dichiarazioni pubbliche, riportate anche dal Washington Post, Trump e il suo team hanno l’intenzione di ridurre il peso burocratico degli Stati Uniti e abbattere costi pubblici e inefficienze. In questa missione, accanto a Trump c’è Elon Musk, che negli ultimi mesi ha spesso parlato di una “gestione governativa più agile”, come riportato anche da Bloomberg.

Vivek Ramaswamy, l’altro volto chiave del progetto, ha un background di successo nel settore farmaceutico con Roivant Sciences, una compagnia nota per l’approccio “lean” alla gestione delle risorse. La metafora del “progetto Manhattan” usata da Trump per presentare il dipartimento, sottolinea la portata radicale di questa ristrutturazione: il lavoro del DOGE dovrebbe annientare le inefficienze con la ferocia e l’esplosività di un ordigno nucleare.

Bisogna anche specificare che ogni intervento di Musk su Dogecoin ha avuto effetti significativi sul valore della criptovaluta. Questa volta non è stato diverso: l’annuncio del dipartimento DOGE ha visto il prezzo della meme coin raddoppiare in pochi giorni, passando da 0,2$ a più di 0,4$. Questo fenomeno è già avvenuto in passato in seguito al tweet di Musk o iniziative come la modifica temporanea del logo di X (ex Twitter) con quello di Dogecoin.

Insomma Dogecoin continua a beneficiare dell’attività del prossimo presidente degli Stati Uniti e del suo braccio destro Elon Musk. Attualmente occupa la sesta posizione nella classifica delle criptovalute per capitalizzazione di mercato. Dove può arrivare?


Bull market e altseason: come gestirli? Strategie e consigli

Bull market e altseason crypto: come gestirli

Una guida per navigare il bull market e l’altseason. Come sfruttare queste fasi di mercato?

I precedenti bull market e le passate altseason hanno offerto numerose opportunità agli investitori crypto, e probabilmente lo stesso accadrà nel ciclo rialzista attuale. Tuttavia, sfruttare al meglio questi momenti favorevoli del mercato non è affatto semplice, perché spesso entrano in gioco emozioni difficili da controllare.

In questa guida troverai alcuni suggerimenti pratici per gestire nel migliore dei modi i bull market e le altseason, che ti potranno essere utili per cercare di evitare gli errori più comuni, spesso dettati dall’avarizia o dall’eccessivo ottimismo. Prima, però, una precisazione: questo articolo è stato redatto analizzando i dati storici, ma non è detto che quanto è accaduto in passato si ripeta.

Bull market e altseason: quando cominciano?

La domanda presente nel sottotitolo ci può guidare in questo viaggio verso la comprensione dei bull market e delle altseason è, all’apparenza, semplice. Tuttavia, è piuttosto complesso dare una risposta, che arriverà più avanti dopo una serie di considerazioni generali. 

Ad ogni ciclo di mercato, quando Bitcoin rincomincia a muoversi verso l’alto, veniamo inondati da previsioni di prezzo e target di ogni tipo, che sicuramente lasciano il tempo che trovano. Al contrario, è più utile concentrarsi sulla variabile principale in un mercato ciclico come quello crypto: il tempo. Questo perché quanto successo, almeno fino ad oggi, si è sempre ripetuto, con alcune piccole differenze.

Non bisogna tralasciare alcuni indicatori molto importanti da tenere sempre d’occhio quando si analizza un ciclo di mercato. La Bitcoin dominance per esempio, che misura il “peso” di BTC nel mercato delle criptovalute e quindi la quota allocata sull’oro digitale della capitalizzazione totale. Ma anche il grafico ETH/BTC, che mette a confronto il prezzo delle due crypto principali del mercato, e il tempo trascorso dall’ultimo halving.

I cicli del mercato crypto sono scanditi dall’halving

Bull market e altseason sono due concetti distinti. Il primo contiene quasi sempre il secondo, anche se è capitato che le criptovalute alternative a Bitcoin registrassero ottime performance in momenti di mercato non propriamente positivi per BTC. 

Ciò che importante comprendere è che i cicli di mercato sono scanditi dall’halving, che ogni quattro anni dimezza le ricompense per i miner e quindi le emissioni di nuovi BTC. Le fasi di mercato di Bitcoin hanno avuto, generalmente, una durata di mille giorni, e il punto di minimo di ogni fase è stato toccato circa un anno dopo l’ultimo massimo storico (ATH) registrato precedentemente.

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Le fasi principali di un bull market

Che ci troviamo in bull market è ormai chiaro e lampante a tutti. Il prezzo di BTC ha appena superato i 90.000$ e sembra propenso a continuare a crescere. Vediamo però, sempre basandoci sui dati storici, quali sono state le fasi principali dei cicli rialzisti del passato.

Fase 1: Bitcoin domina il mercato

L’inizio della fase più esplosiva del mercato, quella in cui probabilmente ci troviamo attualmente. La maggior parte della la liquidità in ingresso nel mercato crypto confluisce su Bitcoin. Dall’altro lato Ethereum e la maggioranza delle altcoin faticano a tenere il passo del Re.

Fase 2: Ethereum recupera il terreno perso

Ad un certo punto Bitcoin rallenta e parte della liquidità che ha attirato inizia a ruotare su Ethereum. Almeno questo è quello che è successo da quando il “blockchain computer” esiste. 

Questo fenomeno ha sempre dato inizio ad una fase in cui le performance di ETH hanno superano quelle di BTC, caratterizzato anche dalle prime accelerazioni delle altcoin più promettenti. 

Fase 3: Inizio altseason

La liquidità in ingresso e le relative ottime performance di Ethereum hanno, in passato, istillato fiducia nelle crypto alternative più capitalizzate. Queste, soprattutto se prendiamo in esame gli ultimi due cicli, sono cresciute rapidamente, data la loro capitalizzazione di mercato decisamente inferiore rispetto a quella di BTC e ETH.

Durante l’ultimo bull market le indiscusse protagoniste sono state Solana (SOL), +1.200% da maggio a novembre 2021, e Avalanche (AVAX), +1.500% da giugno a dicembre 2021.

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Fase 4: Fine altsesason

L’ultima fase dell’altseason è sicuramente la più pericolosa. Le cosiddette mid e small cap, ovvero criptovalute spesso nuove e poco capitalizzate, hanno registrato esplosivi movimenti di prezzo in questa fase durante i cicli passati. 

Tuttavia, quando vivremo questo periodo, sarà molto importante non farsi prendere dalla FOMO. In particolare perché probabilmente ci troveremo agli sgoccioli del bull market e perciò potrebbe non valere la pena rimanere esposti in asset altamente rischiosi quando i prezzi tornano a scendere.

Insomma, la fine dell’altseason può essere paragonata ai fuochi d’artificio che chiudono uno spettacolo. Sono esplosivi e entusiasmanti ma durano molto poco e dopo finisce tutto. Alcuni utenti con poca esperienza, animati dal desiderio che il ciclo di mercato rialzista non finisca mai, che purtroppo può trasformarsi in una radicata convinzione, potrebbero registrare ingenti perdite se non seguono una strategia strutturata.

Perché Ethereum tende a rimanere indietro all’inizio di un ciclo?

Da due anni a questa parte chi segue con continuità il mercato avrà notato che Ethereum è molto indietro rispetto a Bitcoin. Questa disparità tra rendimenti è diventata ancor più visibile dopo l’ultimo movimento rialzista di BTC, che non è stato replicato dalla seconda criptovaluta più capitalizzata del mercato

Ciò accade perché il primo è, giustamente, percepito come l’asset più sicuro e consolidato nel mercato delle criptovalute. Perciò, quando inizia un nuovo ciclo rialzista, gli investitori tendono a concentrarsi su di lui, poiché è visto come un investimento meno rischioso rispetto alle altcoin. Questa tendenza si è addirittura amplificata dopo il lancio degli ETF spot su Bitcoin da parte dei più importanti fondi di investimento al mondo.

Nel mercato delle criptovalute esiste, poi, un fenomeno chiamato “rotazione del capitale”. Come detto nel paragrafo precedente, tipicamente la liquidità confluisce prima in BTC e gradualmente nelle altcoin, incluso Ethereum, quando il prezzo di BTC si stabilizza o raggiunge un picco locale. Insomma, ETH è sempre stato considerato il secondo asset del mercato crypto e quindi tende a performare meglio in una fase leggermente successiva del ciclo rialzista.

Proprio per questo è fondamentale tenere d’occhio i due indicatori che abbiamo già menzionato nel primo paragrafo di questo articolo: la dominance di Bitcoin e il ratio ETH/BTC. La prima raggiunge il suo picco immediatamente prima dell’inizio di una allseason, mentre la seconda il bottom, o punto di minimo.

La timeline dei cicli di mercato passati

Come abbiamo anticipato all’inizio di questo articolo, per gestire al meglio un bull market e un’altseason è fondamentale tenere d’occhio la variabile “tempo”. Perciò vediamo quanti giorni sono durati i cicli rialzisti passati, utilizzando come punto di partenza l’halving di riferimento.

Bull market del 2017

  • L’halving è avvenuto l’11 luglio, in quel momento il prezzo di Bitcoin era di 650$;
  • 225 giorni dopo, il 21 febbraio 2017, Bitcoin raggiungeva un nuovo massimo storico a quota 1.115$;
  • 297 giorni dopo, il 15 dicembre del 2017, registrava l’ultimo ATH di quel ciclo a quota 19.000$;
  • Rendimento tra i due ATH: +2.800% circa.

Bull market del 2020

  • L’halving del 2020 è avvenuto l’11 maggio, il prezzo di Bitcoin era di 9.000$;
  • 216 giorni dopo, il 13 dicembre 2020, BTC registrava un nuovo massimo storico a 19.200$;
  • 330 giorni dopo, l’8 novembre 2021, registrava l’ultimo ATH di quel ciclo a quota 69.000$;
  • Rendimento tra i due ATH: +259%.

Bull market del 2024

  • L’halving è avvenuto il 22 aprile, in quel momento il prezzo di Bitcoin era di circa 65.000$;
  • 195 giorni dopo, il 5 novembre 2024, BTC ha registrato un nuovo ATH a quota: 80.000$. In realtà, durante questo ciclo, è successa una cosa mai accaduta prima. È stato registrato un nuovo ATH prima dell’halving, l’11 marzo 2024. Tuttavia, per i fini della nostra analisi, quel movimento di mercato provocato anche dal lancio degli ETF spot può essere trascurato.
  • Se la storia dovesse ripetersi Bitcoin registrerà l’ultimo ATH di questo ciclo tra circa 300 giorni, e quindi a Settembre 2025.

Ethereum

E Ethereum? Essendo stato lanciato nel 2015 abbiamo meno dati storici da analizzare. Possiamo dire, però, che durante l’ultimo bull market ha rotto il precedente all-time high (ATH) il 19 gennaio 2021. E che ci ha impiegato circa 1100 giorni dal raggiungimento di quello precedente. Quindi, se la storia dovesse ripetersi dovrebbe superare il suo massimo storico a breve, il 17 novembre 2024. 

Ovviamente, nonostante la ciclicità del mercato crypto, il numero di giorni trascorsi tra un ATH e quello successivo non sarà mai lo stesso, e quindi è da intepretare come un dato puramente indicativo. Tuttavia, il fatto che Bitcoin abbia già iniziato a muoversi a rialzo in modo esplosivo sostiene, almeno in parte, la tesi presentata. Verrà presto il momento di Ether?

Cos’è la de-dollarizzazione? L’ascesa dei Brics minaccia la supremazia del dollaro?

Che cos’è la de-dollarizzazione? É in arrivo?

Che cos’è la de-dollarizzazione? Questo processo economico è già iniziato o gli USA riusciranno a mantenere la loro supremazia a livello globale?

Per rispondere alla domanda che cos’è la de-dollarizzazione si può dire che è un processo che implica una riduzione significativa dell’utilizzo della moneta fiat degli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda le transazioni commerciali e finanziarie globali. Nella storia, in particolare dalla prima guerra mondiale in poi, il dollaro è stato il Re delle valute, un pilastro dell’equilibrio finanziario globale.

Oggi però, dopo un lungo processo di globalizzazione e, soprattutto, con l’ascesa di economie una volta emergenti ma oggi sempre più importanti nel bilancio del Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale, la situazione potrebbe cambiare. Che cos’è davvero la de-dollarizzazione e come, questo processo, potrebbe cambiare la situazione economica globale?

Che cos’è la de-dollarizzazione?

Joyce Chang, presidente del Global Research di J.P. Morgan, afferma che: “l’idea che il dollaro stia perdendo il suo status di valuta di riserva si è rafforzata, soprattutto da quando il mondo si è diviso in blocchi commerciali dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la crescente competizione strategica tra Stati Uniti e Cina.” 

Inoltre, all’interno della campagna elettorale statunitense si è parlato apertamente della possibilità di svalutare il dollaro per mantenere competitiva l’economia americana. Quindi cerchiamo di capire se il dollaro sta davvero perdendo terreno?

Prima di provare a rispondere a questa domanda urge specificare che cosa si intende per de-dollarizzazione. Come già anticipato, questo termine si riferisce alla progressiva decrescita dell’utilizzo della moneta statunitense, un processo che potrebbe minare, in un’ottica di lungo termine, il dominio del dollaro sui mercati finanziari globali, dove prestiti e finanziamenti vengono denominati in dollari.

Attualmente emergono due principali scenari capaci di erodere lo status del dollaro. Il primo, che possiamo definire interno, ha a che fare con la sicurezza e la stabilita del dollaro e quindi la posizione che occuperanno gli Stati Uniti d’America nei prossimi anni a livello economico. Rispondendo, principalmente, ad una domanda: gli USA resteranno la prima potenza economica, politica e militare del mondo?  Difficile dirlo ora, anche se questo è sicuramente uno degli obiettivi principali del neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Tuttavia non è per niente scontato che riuscirà a raggiungerlo.

Passiamo, poi, al principale dei fattori esterni che potrebbero contribuire ad accelerare il processo di de-dollarizzazione. In questo senso i paesi da tenere d’occhio sono quelli appartenenti ai BRICs, in particolare Cina, India e Russia. Per esempio, se la Cina attuerà riforme politiche ed economiche che renderanno lo Yuan più sicuro e stabile e la liquidità sufficiente a gestire la crescente domanda globale.

Il possibile impatto della de-dollarizzazione

Sapere che cos’è la de-dollarizzazione significa anche conoscere il possibile impatto che questo fenomeno potrebbe avere sull’economia mondiale e sui paesi interessati, in particolare gli Stati Uniti. 

In primis, questo processo modificherebbe irreversibilmente l’equilibrio di potere tra i Paesi tra i paesi più potenti al mondo, rimodellando l’economia e i mercati globali, causando un rallentamento della crescita per gli asset finanziari statunitensi, rispetto al resto del mondo. Al contrario potrebbero crescere i rendimenti dei titoli a reddito fisso, come i titoli di stato (bond), a fronte di una decrescita della domanda.

La crescente debolezza del dollaro potrebbe, poi, rendere le esportazioni USA più competitive a livello globale, ma anche ridurre gli investimenti esteri nel paese e provocare una crescita dell’inflazione, dato che il costo dei beni importati sarebbe più alto. 

Quanto anticipato è già visibile sul mercato delle materie prime, dove alcuni Paesi hanno iniziato a usare valute alternative al dollaro, specialmente per acquistare il petrolio. Per esempio la Russia ha da tempo iniziato ad utilizzare il Rublo e le valute dui alcuni paesi “amici” come lo Yuan cinese, il Dirham degli Emirati Arabi Uniti e le Rupie indiane, per la compravendita di petrolio.

Infine, il processo di de-dollarizzazione potrebbe avere, come effetto collaterale, un aumento del prezzo dell’oro, dato che molte banche centrali potrebbero preferirlo come riserva di valore. In effetti gli asset scarsi per definizione, come l’oro o Bitcoin, sono storicamente molto più efficaci per raggiungere il sopracitato scopo.

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La de-dollarizzazione è imminente?

Dopo aver compreso che cos’è la de-dollarizzazione e il suo possibile impatto sul mercato globale possiamo tirare le somme; nello specifico cercando di capire questo processo è destinato ad accelerare nei prossimi mesi. È lampante come gli Stati Uniti abbiano dovuto affrontare una riduzione della loro quota di mercato all’interno del commercio globale. Tuttavia, ciò non implica necessariamente che il processo di de-dollarizzazione sia irreversibile.

Il calo della quota di dollari tra le banche centrali, soprattutto quelle dei mercati emergenti, non è sufficientemente ingente per giustificare questa preoccupazione. Altri fattori, come i depositi bancari, i fondi sovrani e gli investimenti esteri, continuano a sostenere il dominio della valuta statunitense. Inoltre, nonostante la crescente diversificazione nelle riserve valutarie, il dollaro rimane centrale nella finanza globale grazie a solide fondamenta strutturali come la profondità dei mercati di capitale e la trasparenza finanziaria.

Donald Trump ha vinto le elezioni, sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti!

La meme coin di Donald Trump su Solana

Donald Trump sarà il nuovo presidente americano, dopo la vittoria alle elezioni del 2024! Ecco cosa prevede il suo programma elettorale.

Donald Trump sarà il nuovo presidente americano, dopo la schiacciante vittoria di questa notte. Il suo programma, che prevede un duro contrasto all’immigrazione, politiche monetarie espansive e un’atteggiamento isolazionista per quanto riguarda la situazione geopolitica, ha conquistato i cittadini americani.

Come, e di quanto, ha vinto il nuovo presidente americano (che insedierà la Casa Bianca da gennaio 2025) e cosa prevede il suo programma politico?

Come è stato eletto il nuovo presidente americano?

Prima di affrontare le misure che il nuovo presidente degli Stati Uniti introdurrà, può essere utile riassumere il funzionamento del meccanismo che gestisce le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Per comprendere una volta per tutte come Donald Trump è diventato il nuovo inquilino della Casa Bianca. 

Innanzitutto, è bene precisare che il sistema elettorale americano è indiretto; ciò significa che sono stati i grandi elettori ad eleggere il presidente e non i cittadini. Andando più nel dettaglio, si può dire che ogni Stato possiede un dato numero di grandi elettori pari a quello di deputati e senatori che esprime al congresso, in totale 538

Questi, al termine dello spoglio elettorale, si riuniranno in ciascuno Stato per esprimere le loro preferenze, che vengono poi sommate a livello nazionale e determinano l’elezione del candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta. C’è da dire, poi, che all’interno della maggior parte degli Stati (fatta eccezione per Nebraska e Main) vige un sistema di tipo maggioritario puro. Ciò significa che il candidato – e quindi il partito – che ottiene la maggioranza relativa, anche di un solo voto, guadagna tutti i seggi e quindi tutti i grandi elettori in palio. 

Per comprendere il funzionamento delle elezioni americane del nuovo presidente non si possono non citare gli Swing States. Quelli stati in bilico che Donald Trump ha conquistato questa notte, ma che storicamente non hanno una posizione politica ben definita. È proprio in questi distretti, nello specifico Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin, storicamente in bilico fino al verdetto, che si sono decise le elezioni del nuovo presidente americano. 

Sondaggi elezioni USA: le ultime notizie

Ma come ha fatto Donald Trump a vincere le elezioni del 2024? Fino a ieri la situazione sembrava a dir poco incerta, con i due candidati affiancati in un testa a testa che non lasciava spazio a pronostici. Poi però, nella notte, tutto è cambiato. Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America prevalentemente perché è riuscito a dominare negli Swing State, gli stati in bilico di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente. 

Un ruolo centrale lo ha avuto la Pennsylvania, uno degli Swing State più importanti dato che possiede 19 seggi, dove Trump ha vinto di circa 2 punti percentuali, a cui sono seguiti poi il North Carolina (51% dei consensi) e la Georgia (50,7%). 

Attualmente, dato che lo spoglio elettorale è ancora in corso, mancano ancora gli esiti di altri quattro Swing State: Arizona, Michigan, Nevada e Wisconsin, ma Trump è vantaggio in tutti questi territori. In ogni caso, anche se il fatidico numero dei 270 grandi elettori non è stato ancora raggiunto si può dire che Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti dato che è a quota 266, contro i 219 di Kamala Harris.

Se si analizza, poi, la situazione dal punto di vista nazionale il risultato resta lo stesso. Al contrario di quanto avevano previsto i sondaggi, Donald Trump ha conquistato più voti della candidata democratica anche in termini assoluti, 69 milioni rispetto ai 63 di Kamala Harris.

Donald Trump: immigrazione, economia e politica internazionale

Ora che sappiamo che Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti possiamo analizzare il suo programma e quanto ha promesso in campagna elettorale. In modo tale da cercare di  prevedere quali misure deciderà di attuare. I cittadini americani, attraverso le elezioni presidenziali 2024, hanno espresso il loro desiderio di cambiare rotta, ma cosa significa, davvero, ciò? Bisogna specificare che la vittoria di Donald Trump si colloca all’interno di un contesto particolarmente favorevole dal punto di vista attuativo

Alle elezioni presidenziali del 2024 si è votato per l’intera Camera e un terzo del Senato, entrambi ora a maggioranza repubblicana. Ciò significa, dato che il Congresso potrà rafforzare il mandato dell’esecutivo e quindi la libertà di manovra del presidente. Insomma, Trump approda alla Casa Bianca con l’opportunità di influire fortemente sul futuro del paese, sia a livello economico dato che ogni legge che comporti nuove tasse o spese, deve ottenere l’approvazione delle Camere, ma anche a livello sociale e geopolitico.

Immigrazione

I primi interventi del nuovo presidente degli Stati Uniti saranno, probabilmente, rivolti al tema dell’immigraizone, considerato cruciale per il 61% degli americani. 

In questo senso la questione è piuttosto preoccupante, visto che Trump ha spesso dipinto gli immigrati come criminali. Ovviamente tra il dire e il fare c’è una bella differenza, e la narrazione portata avanti dal presidente in questi mesi ha un chiaro scopo: conquistare i cittadini americani più conservatori. Tuttavia, come ha più volte ribadito il vice presidente J.D. Vance potrebbe, ora, essere attivato il più grande piano di deportazione della storia, il cui slogan potrebbe essere riassunto da un “rispediamoli a casa loro”. 

Attenzione però, la parola deportazione in inglese “deportation” non ha lo stesso pesante significato che gli attribuiamo noi italiani, ma è più simile al termine “espulsione”. In breve, la situazione che preoccupa un po’ tutti ma è da capire ciò che, effettivamente, il partito repubblicano può fare senza violare i diritti dell’uomo previsti dalla costituzione. Anche se ora, ora che è chiaro che Donald Trump controllerà sia la Camera che il Senato, e ha quindi tutti gli strumenti per farlo.

Economia e criptovalute

È, ormai, noto che Trump voglia puntare sui dazi, sulle tariffe, e quindi su politiche protezioniste. Se rispetterà quanto promesso in campagna elettorale, diventa quantomeno probabile l’ipotesi “guerra commerciale” con il resto del mondo (in particolare la Cina). Questo assetto potrebbe avere delle ripercussioni sulle economie di paesi, come il nostro, che dipendono molto dalle esportazioni negli States, oltre che causare un aumento dei prezzi – e quindi un riacutizzarsi del “problema inflazione”.

Tuttavia, Trump probabilmente procederà in ogni caso, soprattutto ora che ha i favori del Congresso e dato che il denaro ricavato dai dazi potrebbe essere necessario per procedere con il serrato piano di taglio dei tassi di interesse e monetizzazione del debito che ha più volte promesso. 

Parlando di economia non si possono non citare le criptovalute, diventate inaspettatamente un tema centrale all’interno della campagna elettorale. Bitcoin e le altre crypto potrebbero beneficiare della vittoria di Donald Trump. Anzi questo è, almeno in parte, già successo. Bitcoin questa notte è esploso a rialzo raggiungendo lo storico livello dei 75.000$, cosa succederà nelle prossime settimane?

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Difficile dirlo, ma se il tycoon rispetterà quanto promesso potrebbe mettersi piuttosto bene per il mondo crypto. Il nuovo presidente americano sembra voler utilizzare i Bitcoin in possesso del governo come riserva per rendere più solide le finanze del paese, oltre a volerne promuovere l’adozione rendendo gli USA un polo centrale per il mining di BTC e licenziando l’attuale presidente della SEC, da sempre rigido nei confronti del settore.

Quest’apertura nei confronti del settore è già visibile in alcuni stati, come la Florida, dove la scorsa settimana il CFO ha proposto di investire una parte dei fondi pensionistici dello stato all’interno di fondi pensione. Mentre il Wisconsin, il Michigan e la città di Jersey City hanno già iniziato ad investire parte delle loro riserve negli ETF spot su Bitcoin.

Politica Internazionale

Sul fronte geopolitico, Trump ha manifestato l’intenzione di ridurre il supporto economico all’Ucraina e di lasciare maggiore autonomia a Israele in Medio Oriente. Questa strategia, che enfatizza la difesa degli interessi americani, potrebbe però destabilizzare le relazioni internazionali, soprattutto con gli alleati europei. 

Fino ad oggi l’america di Biden ha fornito circa 174 miliardi di dollari all’Ucraina, denaro che è servito a difendersi dagli attacchi di una più attrezzata Russia. Cosa succederà ora che Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti? L’atteggiamente isolazionista da lui e dal suo vice J.D. Vance prevede anche un’allontanamento dalla NATO, almeno per quando riguarda il sopracitato conflitto.

Due principi che ogni investitore dovrebbe conoscere, secondo J.P. Morgan

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In che condizioni vertono i mercati finanziari oggi? Quali sono i principi che l’investitore intelligente rispetta? Ecco cosa è emerso dall’ultimo report di J.P. Morgan

Cosa dovrebbe sapere un investitore per essere definito “intelligente” oggi? La scorsa settimana l’S&P 500, il più importante indice borsistico al mondo che racchiude le 500 aziende più capitalizzate d’america, ha raggiunto un nuovo massimo storico, il quarantaseiesimo di quest’anno.

Tuttavia, nonostante il prezzo dei principali asset sia tendenzialmente rialzista nel lungo periodo, governare i mercati è comunque un’attività complicata. Ecco due principi che un investitore intelligente dovrebbe conoscere oggi.

Lo stato del mercato

Prima, però, può essere utile analizzare lo stato in cui verte il mercato azionario. I risultati nel 2024 sono stati decisamente positivi, anche perché la maggior parte delle società quotate hanno superato le aspettative di crescita. Più di tre quarti delle aziende ha, in aggregato, superato le aspettative del 6,8%. Tuttavia, le poche eccezioni provengono dal settore, secondo molti, più promettente per il prossimo futuro, quello dell’intelligenza artificiale. Ad esempio ASML, un’azienda olandese leader nella catena di fornitura dei semiconduttori, ha messo sotto pressione i titoli del settore dei chip martedì, dopo aver mancato gli utili e rivisto al ribasso le previsioni di vendita per il 2025.

Per quanto riguarda, invece, il fonte obbligazionario i rendimenti dei titoli di stato USA hanno oscillato per tutta la scorsa settimana, per poi stabilizzarsi dopo l’uscita di due importanti dati macroeconomici: su tutti le vendite al dettaglio e le richieste dei sussidi di disoccupazione. Di conseguenza, l’attuale situazione ci rende cautamente ottimisti a riguardo della riunione del FOMC del 7 novembre del 2024, dopo che ad ottobre il comitato non si è riunito. La FED, e il suo presidente Jerome Powell, ridurranno nuovamente i tassi di interesse come successo a settembre? 

Come non citare poi le elezioni americane, in programma per martedì 5 novembre. È sicuramente importante seguire quello che accadrà, ma non fondamentale; come vedremo analizzando due principi cardine dell’investitore intelligente che abbiamo estrapolato dall’ultimo report di J.P Morgan.

Investitore intelligente: l’igiene del proprio portafoglio

Il primo principio cruciale per J.P. Morgan per investire in modo intelligente ha a che fare con l’igiene del proprio portafoglio. Questo termine indica l’identificazione di obiettivi chiari e la creazione e il mantenimento di un piano a lungo termine, il tutto accompagnato da “check up” regolari. Cosa significa quanto appena scritto dal punto di vista pratico? 

Per comprenderlo possiamo estrapolare un esempio dall’attuale situazione di mercato. La scorsa settimana abbiamo festeggiato il secondo compleanno dell’attuale Bull Market, almeno per quanto riguarda il mercato azionario. Il 12 ottobre 2022, infatti, l’S&P 500 toccava il minimo a 3.577 e da quel momento in poi ha registrato un +60%. Questo movimento a rialzo, sebbene molto positivo per gli investitori, ha sicuramente sbilanciato le allocazioni di chi diversifica tra distinte tipologie di asset, per esempio azioni e obbligazioni. Perciò, se la propria strategia lo prevede, potrebbe essere il momento di effettuare un ribilanciamento, in modo da riequilibrare la situazione e tenere fede al proprio piano.

Per esempio, se prendiamo in esame un portafoglio di tipo 60/40 (60% investito in azioni dell’S&P 500 e 40% in obbligazioni statunitensi), notiamo che nell’ultimo anno ha registrato un rendimento totale del 27% circa. Senza un ribilanciamento, lo stesso portafoglio sarebbe ora sovrappesato nelle azioni al 64% e sotto-pesato nelle obbligazioni al 36%, data la differenza di rendimento tra le due asset class. Questo per dire che, secondo J.P. Morgan, un investitore intelligente dedica periodicamente del tempo per analizzare la sua situazione finanziaria e effettuare aggiustamenti previsti dalla propria strategia. 

Quanto anticipato non è, comunque, obbligatorio. Se la tua strategia prevede investimenti periodici, magari attraverso acquisti ricorrenti, ma non prevede ribilanciamenti periodi, puoi tranquillamente procedere evitare di modificare le allocazioni. Anzi, potresti valutare di estendere l’attuale approccio anche ad un altro innovativo e promettente mercato: quello delle criptovalute. 

Attiva un acquisto ricorrente

Comprendere i rischi, ma prepararsi alle opportunità

Il secondo principio dell’investitore “intelligente” identificato da J.P. Morgan si lega a quanto specificato alla fine del precedente paragrafo. In un mercato spesso influenzato, nel breve termine, da notizie e eventi macroeconomici e politici, è importante guardare al lungo termine e alla solidità dei fondamentali

Alcuni temi che abbiamo trattato spesso sul nostro blog, come le imminenti elezioni presidenziali statunitensi, le turbolenze geopolitiche in Medio Oriente e le decisioni di politica monetaria delle banche centrali, possono provocare disagio o suscitate timore. Tuttavia, è importante che non condizionino in alcun modo la propria strategia a lungo termine. Nel mondo degli investimenti e quando si opera sui mercati è cruciale concentrarsi sulle conoscenze, sui dati, su variabili tangibili e concrete rispetto che sulle incognite.

A supporto di questa tesi J.P. Morgan presenta alcuni dati storici, che dimostrano come i mercati tendano a crescere a prescindere dal vincitore (o vincitrice) delle elezioni presidenziali. Lo stesso discorso può essere applicato anche i conflitti e alle decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse. Dal 1950, ci sono state 18 elezioni negli Stati Uniti e 10 cambi di testimone alla Casa Bianca tra democratici e repubblicani. In questi 74 anni, la crescita del PIL statunitense è stata, in media, del 3,2% all’anno, mentre quella dell’S&P 500 del 9,4%. Insomma un investitore, se intelligente, quando inizia a dubitare della sua strategia di investimento a causa di news o eventi inattesi dovrebbe prendere la palla al balzo, e sfruttare il momento per riesaminare i suoi obiettivi, il suo piano e l’orizzonte temporale dei suoi investimenti.

In conclusione, secondo J.P. Morgan, un investitore intelligente, non cambia la sua strategia a seconda delle news o degli eventi che incombono. Al contrario, monitora costantemente la situazione ma agisce solo in relazione al suo piano e ai suoi obiettivi.

AVAX: riacquisto di token in arrivo

AVAX: riacquisto di $100 milioni di token

Avalanche (AVAX) riacquisterà i token AVAX venduti a Luna Foundation Guard (LFG). Si tratta di 1,97 milioni di token che ad aprile 2022 valevano 100 milioni di dollari

La Avalanche Foundation riacquisterà gli 1,97 milioni di AVAX venduti alla Luna Foundation Guard (LFG) nell’aprile 2022. Anche se manca ancora l’approvazione del tribunale fallimentare che si è occupato di gestire il fallimento dell’ecosistema Terra – Luna.

Cosa è successo, ma soprattutto, cosa accadrà nei prossimi mesi? Il riacquisto dei token da parte di Avalanche potrebbe avere un impatto sul prezzo di AVAX? 

Tra due giorni, mercoledì 16 ottobre, inizierà la conferenza principale per l’ecosistema Avalanche a Buenos Aires, e noi di Young Platform saremo lì per raccontarvela. Seguiteci su Instagram per non perdere le novità che verranno annunciate! 

Il riacquisto di token da parte di Avalanche

Per comprendere a pieno a cosa è connesso il riacquisto di token da parte di Avalanche è necessario ricordare quanto è successo nel 2022, in occasione del crollo di Terra – Luna. Per farlo può essere utile chiarire qual era il ruolo della Luna Foundation Guard (LFG), un’organizzazione senza scopo di lucro che aveva il compito di accumulare e mantenere le riserve per la stablecoin algoritmica TerraUSD (UST).

In quel frangente, anzi in realtà un mese prima che UST perse il peg (l’ancoraggio) con il dollaro statunitense, e quindi poco prima del collasso della crypto LUNA, la Avalanche Foundation aveva venduto alla LFG 1,97 milioni di AVAX per un controvalore, in dollari, di 100 milioni. Se l’accordo di riacquisto, depositato il 9 ottobre presso il tribunale fallimentare del Delaware, dovesse essere approvato la Avalanche Foundation riacquisterà i token che, ad oggi, valgono circa 54,7 milioni di dollari. La differenza tra il valore di quegli AVAX nel 2022 e quello odierno è del 42% circa. Il suo prezzo, il giorno dell’acquisto degli AVAX da parte della LFG, era di circa 80$.

Cosa succederà al prezzo di AVAX?

Che impatto avrà il riacquisto da parte della Avalanche Foundation dei suoi token su l prezzo di AVAX? Innanzitutto è necessario specificare che se il suo prezzo rimarrà stabile a 29$ la Foundation riacquisterà circa 55 milioni di dollari in controvalore.

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Come è intuibile il principale obiettivo della fondazione è evitare che la quantità di AVAX ancora in possesso della LFG non venga venduto in modo forzato. Insomma, il team di Avalanche non vuole che la possibile crescita futura del prezzo del suo token non venga ostacolata da questo fattore esogeno.

Nelle ultime ore il prezzo di Avalanche ha reagito bene alla notizia, complice anche il pump che sta investendo il mercato da qualche giorno. Da venerdì 11 ottobre AVAX ha registrato un +14% circa, passando da 25,7$ a 29$. Cosa può accadere nei prossimi giorni?
Difficile dirlo, anche e farà fondamentale il comportamento della crypto nei confronti dell’attuale resistenza principale, collocata intorno al livello dei 30$. Se dovesse romperà a rialzo potrebbe raggiungere i 34$.


L’impatto delle crisi geopolitiche ed economiche sul prezzo di Bitcoin

L'impatto delle crisi geopolitiche sul prezzo di Bitcoin

Scopri come Bitcoin ha risposto alle crisi geopolitiche e finanziarie negli ultimi anni. Analizziamo la volatilità a breve termine e il ruolo di Bitcoin come riserva di valore

Qual è, storicamente, l’impatto sul prezzo di Bitcoin delle crisi geopolitiche? Martedì scorso l’Iran ha scagliato un attacco missilistico contro Israele, che seppur inefficace, ha scosso i mercati globali. In merito a questo tema, le ultime notizie parlano di una probabile risposta di Israele in Libano. Nello specifico, sembra che nelle ultime ore altri raid aerei abbiano colpito lo stato, mentre Israele continua a consigliare ai cittadini libanesi di evacuare diversi villaggi a sud del paese.

Oggi, tuttavia, vogliamo concentrarci su come queste tensioni geopolitiche influenzino i principali asset finanziari, in particolare Bitcoin. Per capire meglio, analizzeremo la reazione di Bitcoin alle crisi degli ultimi anni.

Bitcoin come alternativa monetaria in tempi di crisi


Perché Bitcoin è diverso, come sono diverse le modalità attraverso cui risponde alle crisi globali, siano esse geopolitiche o economiche. Possiamo partire dicendo che Bitcoin è la prima alternativa monetaria decentralizzata e non sovrana ad aver raggiunto un buon livello di adozione. Non sovrana significa prevalentemente che, a differenza delle azioni o delle obbligazioni emesse da aziende o stati, Bitcoin non è soggetto al rischio di fallimento di una specifica entità (noto come rischio di controparte). 

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Se una società o uno stato va in bancarotta o in default, il valore delle sue obbligazioni o azioni può scendere a zero, mentre BTC, essendo completamente decentralizzato, è immune a questo tipo di rischio.

Queste caratteristiche fanno di Bitcoin un asset unico che non soffre, come altri, le crisi economiche, bancarie o geopolitiche. Quando, ad esempio, le banche americane sono crollate nel 2022, BTC ha mantenuto il suo valore. Inoltre, durante periodi di instabilità delle valute tradizionali, Bitcoin si è dimostrato utile come riserva di valore per molte persone.

La volatilità di Bitcoin e la risposta agli eventi globali


Tuttavia, anche Bitcoin non è immune alle crisi economiche e geopolitiche, soprattutto per quanto concerne il breve termine e quindi i giorni o le settimane immediatamente successive ad un evento. Lo abbiamo visto, ad esempio, dopo l’attacco iraniano a Israele di martedì scorso, in quel frangente Bitcoin ha perso circa il 6%. Questo accade principalmente per due motivi:

  1. Bitcoin è sempre scambiabile: Può essere comprato e venduto in qualsiasi momento, ventiquattro ore a giorno e sette giorni su sette. Inoltre, è anche istantaneamente convertibile in liquidità durante periodi di stress finanziario.
  2. Bitcoin è un asset giovane: Rispetto agli asset tradizionali, Bitcoin è ancora immaturo e, sempre nel breve termine, più vulnerabile agli eventi imprevisti. Tuttavia, con l’aumentare dell’orizzonte temporale, Bitcoin tende a stabilizzarsi e recuperare le perdite.

Come Bitcoin ha risposto alle crisi passate

Per comprendere meglio l’impatto delle crisi geopolitiche sul prezzo di Bitcoin e quindi come Bitcoin reagisce agli eventi globali, vediamo alcuni dati storici.

  • Escalation tra Stati Uniti e Iran: nei dieci giorni immediatamente successivi all’invio da parte degli  Sati Uniti in Iran di navi e aerei da guerra a gennaio del 2020 Bitcoin ha guadagnato 12%. L’S&P 500 il 2% e l’oro sono rimasti immobili. A sessanta giorni, poi, Bitcoin aveva registrato un +20%, l’oro un +6% e l’S&P 500 un -7%.
  • Pandemia di COVID-19: Nei primi dieci giorni del lockdown globale, BTC ha perso il 25%, mentre l’S&P 500 ha perso il 20% e l’oro il 9%. Dopo 60 giorni, però, Bitcoin aveva guadagnato il 21%, mentre oro e S&P si sono stabilizzati rispettivamente al 2% e 3%.
  • Invasione russa dell’Ucraina: Bitcoin ha subito una perdita del 6% nei primi dieci giorni, ma ha recuperato fino a un +15% dopo due mesi. L’oro e l’S&P 500 hanno avuto guadagni minori, rispettivamente del 3% e del 9%.
  • Crisi bancaria USA del 2022: in quel frangente BTC ha mostrato il suo enorme porenziale come riserva di valore, guadagnando il 25% nei primi dieci giorni e il 32% nei primi 60. In confronto, l’oro ha guadagnato il 10% nei primi dieci giorni e l’11% in totale, mentre l’S&P ha registrato un -2% nei primi giorni, recuperando un 4% nei 60 giorni successivi.

Questi dati suggeriscono un trend che abbiamo già anticipato prima in questo articolo: Bitcoin soffre gli shock a breve termine ma emerge come un asset resiliente e una valida riserva di valore nel medio-lungo periodo. Dopo la caduta del 6% di martedì scorso, sarà interessante vedere dove Bitcoin si troverà tra sessanta giorni.Insomma, le caratteristiche uniche di Bitcoin, come la decentralizzazione e l’assenza di rischio di controparte, lo rendono un asset alternativo molto apprezzato durante periodi di crisi.

Sebbene, per i motivi che abbiamo affrontato nel primo paragrafo di questo articolo, la sua volatilità sia maggiore ha dimostrato di essere un rifugio sicuro nel medio-lungo termine. Con le crisi geopolitiche che continuano a influenzare i mercati, resta da vedere come Bitcoin si comporterà in questo contesto sempre più instabile. Nei primi 3 giorni dall’evento ha registrato un -6% circa, cosa succederà a sessanta giorni?

Come andrà il mercato azionario nel quarto trimestre del 2024?

Mercato azionario: cosa succederà nel quarto trimestre

In che condizioni verte lo stock market e cosa succederà nel quarto trimestre del 2024? Un’analisi tratta dal report trimestrale di BlackRock

Il report di BlackRock sulle condizioni in cui verte il mercato azionario nel quarto trimestre del 2024 si apre con una frase ad effetto “the economy is not the stock market. And that’s a good news.” 

Interpretando questa citazione di Tony De Spirito, Global Chief Investment Officer del più grande fondo di investimenti al mondo, si comprende come ci tenga a specificare che, se l’economa reale rallenta, non debba accadere per forza lo stesso al mercato azionario.

Ecco cosa succederà all’interno del mercato azionario durante il quarto trimestre del 2024 secondo BlackRock.

Mercato azionario: alcune considerazioni generali

Il quarto trimestre del 2024 si preannuncia scoppiettante per il mercato azionario e quello delle crypto. In generale, tutti gli asset cosiddetti “a rischio” potrebbero sperimentare fasi di alta volatilità portata principalmente dalle elezioni americane e dal taglio dei tassi delle banche centrali, in particolare quelli della FED. In generale gli analisti di BlackRock si aspettano una reazione positiva delle azioni in relazione a quest’ultimo punto. Insomma, il taglio dei tassi potrebbe essere un’opportunità.

C’è da dire, però, che anche durante il terzo trimestre del 2024 non è mancata la volatilità, generata principalmente dalle preoccupazioni per il rallentamento dell’economia, il rischio recessione e dal “ ritardo” della FED nell’affrontare questi problemi. Tuttavia questo discorso, secondo gli analisti di BlackRock, non ha intaccato i “fondamentali” dello stock market.

I due lati della volatilità

Proseguendo con il report si affronta il tema della volatilità, quanto mai utile per comprendere “che cosa succederà nel quarto trimestre del 2024?” Inizialmente, gli analisti di BlackRock specificano una cosa abbastanza ovvia, ma che non fa mai male ripetere: il sentiment può muovere i mercati ma, nel lungo periodo, prevalgono sempre i fondamentali. Perciò seppur l’ultimo quarter sarà, probabilmente, caratterizzato da forti oscillazioni, queste non devono distrarre gli investitori da ciò che conta davvero, ovvero la creazione di valore.

Tale discorso può essere esteso anche al mondo crypto, dove progetti che mettono in primo piano concetti come l’utilità dei loro token, l’innovazione, lo sviluppo di soluzioni all’avanguardia e la sicurezza vanno sempre preferiti a quelli che cercano di cavalcare l’hype del momento.

Nel report che stiamo raccontando, Tony De Spirito, va più nel dettaglio sul concetto di volatilità, enunciando quattro interessanti assunzioni:

  • La volatilità può essere salutare. Le correzioni del mercato offrono l’opportunità di aumentare l’esposizione ad un determinato asset del quale si è estremamente convinti. Soprattutto se queste avvengono in seguito a news o dinamiche collegate al trading e non intaccano i suoi fondamentali. Insomma se il prezzo degli asset non oscillasse non si potrebbe fare “buy the dip”.
  • La volatilità è normale. È proprio grazie alle forti oscillazioni del mercato che questo si è potuto risollevare dalla grande crisi finanziaria del 2007 e 2008 e ora gli analisti di BlackRock si aspettano uno scenario simile. Caratterizzato da un volatility index (VIX) che registra picchi pronunciati per via della decisioni della FED.
  • Le correzioni di mercato sono comuni. In venti degli ultimi trentacinque anni abbiamo assistito a venti correzioni superiori al 10% per quanto riguarda l’S&P 500. Nonostante questo il suo rendimento medio in questo intervallo di tempo è stato del +14%. La regola qui è sempre la stessa, pianificare gli investimenti con una prospettiva a lungo termine e non farsi condizionare dai movimenti di mercato.
  • Maggiore volatilità può voler dire ritorni più sostanziosi: da un’analisi correlata sempre svolta da BlackRock si nota come i periodi di maggiore volatilità producano ritorni migliori. Questa si basa sul Volatility Index (VIX), un indice predittivo creato dal Chicago Board Options Exchange (CBOE) che mostra la volatilità del S&P 500 nei trenta giorni successivi. Quando il VIX resta al di sotto dei 12 punti i ritorni semestrali dell’S&P 500 si attestano, in media, attorno al 5%. Al contrario, quando questo tocca quota 29 o più, questi schizzano al 16%. Insomma, per riassumere questo concetto in breve: i rendimenti a breve termine dipendono, anche, dalla volatilità.

Mercati azionari e elezioni americane

Il primo grande evento che questo trimestre potrà influenzare il mercato azionario sono le elezioni americane di novembre. La vittoria di un determinato candidato o partito, non ha quasi mai influenzato il movimento di prezzo delle azioni sul lungo periodo, ma ha praticamente sempre provocato rilevanti oscillazioni di breve termine.

BlackRock ha analizzato le performance degli undici mesi successivi alle elezioni, per poi confrontare con quelle di brevissimo termine, ovvero delle ore e dei giorni immediatamente successivi al verdetto. Dal report emerge che solo in due frangenti su sette (dal 1996 ad oggi), l’incremento della volatilità post elezioni si è protratta per più di undici mesi.

Insomma, il messaggio che intende trasmettere BlackRock riguardante questo tema è lo stesso dei paragrafi precedenti, ovvero orientato al lungo periodo. D’altronde il mercato è riuscito a superare tantissime crisi dal 1974 ad oggi, come le dimissioni di un presidente, il crollo dei “Nifty Fifty”, la stagflazione, lo stock market cash del 1987, la bolla delle dot com, la crisi del 2008 e il COVID-19. Così come nel mondo di tutti i giorni, così come in quello finanziario “la pazienza è la virtù dei forti”

L’impatto del taglio dei tassi della FED

Infine BlackRock ha analizzato anche la retorica e il possibile impatto dei tagli dei tassi di interesse della Federal Reserve. Come è noto, nel report del fondo di investimento si ribadisce che i mercati azionari tendono a performare quando i tassi vengono ridotti, specialmente se questo accade senza che si verifichi una recessione.

Ma c’è di più, i dati storici rivelano che le azioni delle aziende che hanno una capitalizzazione di mercato importante, tendenzialmente registrano ritorni migliori rispetto a quelle più piccole, schema che perdura fino a tre anni dopo il primo taglio.

Inoltre, se si affronta questo argomento adottando una suddivisione settoriale, emerge come le azioni di aziende del segmento healthcare e quelle che producono beni di consumo, solitamente crescono di più rispetto alla media nell’anno successivo al primo taglio dei tassi di interesse.

E il mercato crypto?

Se seguite il settore probabilmente lo saprete già, BlackRock e il suo CEO Larry Fink, sono diventati grandi fan del mondo crypto nell’ultimo anno. E ciò emerge molto bene da un recente report pubblicato dal fondo. Al suo interno si legge come, analizzando i dati storici, il prezzo di Bitcoin sia decorrelato da quello delle azioni, e come i suoi rally rialzisti siano più esplosivi. Questa condizione permette a BTC di essere un “diversificatore” di portafoglio, prevalentemente perché è unico nel suo genere a livello tecnologico. 


La blockchain di Bitcoin è, infatti, caratterizzata da una sicurezza elevatissima grazie al meccanismo di consenso Proof of Work, che coinvolge migliaia di nodi e miner per verificare e confermare le transazioni, rendendo impossibile manipolarla. La sua immutabilità, ossia l’impossibilità di alterare o cancellare le transazioni registrate, conferisce a Bitcoin un livello di fiducia che lo distingue da qualsiasi altro asset finanziario. Ogni blocco aggiunto alla blockchain è protetto da crittografia avanzata, creando una sequenza di informazioni che non può essere modificata senza il consenso della rete. Questa caratteristica lo rende immune a frodi e attacchi, rendendolo una riserva di valore sicura e a prova di manomissioni.