L’impatto delle crisi geopolitiche ed economiche sul prezzo di Bitcoin

L'impatto delle crisi geopolitiche sul prezzo di Bitcoin

Scopri come Bitcoin ha risposto alle crisi geopolitiche e finanziarie negli ultimi anni. Analizziamo la volatilità a breve termine e il ruolo di Bitcoin come riserva di valore

Qual è, storicamente, l’impatto sul prezzo di Bitcoin delle crisi geopolitiche? Martedì scorso l’Iran ha scagliato un attacco missilistico contro Israele, che seppur inefficace, ha scosso i mercati globali. In merito a questo tema, le ultime notizie parlano di una probabile risposta di Israele in Libano. Nello specifico, sembra che nelle ultime ore altri raid aerei abbiano colpito lo stato, mentre Israele continua a consigliare ai cittadini libanesi di evacuare diversi villaggi a sud del paese.

Oggi, tuttavia, vogliamo concentrarci su come queste tensioni geopolitiche influenzino i principali asset finanziari, in particolare Bitcoin. Per capire meglio, analizzeremo la reazione di Bitcoin alle crisi degli ultimi anni.

Bitcoin come alternativa monetaria in tempi di crisi


Perché Bitcoin è diverso, come sono diverse le modalità attraverso cui risponde alle crisi globali, siano esse geopolitiche o economiche. Possiamo partire dicendo che Bitcoin è la prima alternativa monetaria decentralizzata e non sovrana ad aver raggiunto un buon livello di adozione. Non sovrana significa prevalentemente che, a differenza delle azioni o delle obbligazioni emesse da aziende o stati, Bitcoin non è soggetto al rischio di fallimento di una specifica entità (noto come rischio di controparte). 

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Se una società o uno stato va in bancarotta o in default, il valore delle sue obbligazioni o azioni può scendere a zero, mentre BTC, essendo completamente decentralizzato, è immune a questo tipo di rischio.

Queste caratteristiche fanno di Bitcoin un asset unico che non soffre, come altri, le crisi economiche, bancarie o geopolitiche. Quando, ad esempio, le banche americane sono crollate nel 2022, BTC ha mantenuto il suo valore. Inoltre, durante periodi di instabilità delle valute tradizionali, Bitcoin si è dimostrato utile come riserva di valore per molte persone.

La volatilità di Bitcoin e la risposta agli eventi globali


Tuttavia, anche Bitcoin non è immune alle crisi economiche e geopolitiche, soprattutto per quanto concerne il breve termine e quindi i giorni o le settimane immediatamente successive ad un evento. Lo abbiamo visto, ad esempio, dopo l’attacco iraniano a Israele di martedì scorso, in quel frangente Bitcoin ha perso circa il 6%. Questo accade principalmente per due motivi:

  1. Bitcoin è sempre scambiabile: Può essere comprato e venduto in qualsiasi momento, ventiquattro ore a giorno e sette giorni su sette. Inoltre, è anche istantaneamente convertibile in liquidità durante periodi di stress finanziario.
  2. Bitcoin è un asset giovane: Rispetto agli asset tradizionali, Bitcoin è ancora immaturo e, sempre nel breve termine, più vulnerabile agli eventi imprevisti. Tuttavia, con l’aumentare dell’orizzonte temporale, Bitcoin tende a stabilizzarsi e recuperare le perdite.

Come Bitcoin ha risposto alle crisi passate

Per comprendere meglio l’impatto delle crisi geopolitiche sul prezzo di Bitcoin e quindi come Bitcoin reagisce agli eventi globali, vediamo alcuni dati storici.

  • Escalation tra Stati Uniti e Iran: nei dieci giorni immediatamente successivi all’invio da parte degli  Sati Uniti in Iran di navi e aerei da guerra a gennaio del 2020 Bitcoin ha guadagnato 12%. L’S&P 500 il 2% e l’oro sono rimasti immobili. A sessanta giorni, poi, Bitcoin aveva registrato un +20%, l’oro un +6% e l’S&P 500 un -7%.
  • Pandemia di COVID-19: Nei primi dieci giorni del lockdown globale, BTC ha perso il 25%, mentre l’S&P 500 ha perso il 20% e l’oro il 9%. Dopo 60 giorni, però, Bitcoin aveva guadagnato il 21%, mentre oro e S&P si sono stabilizzati rispettivamente al 2% e 3%.
  • Invasione russa dell’Ucraina: Bitcoin ha subito una perdita del 6% nei primi dieci giorni, ma ha recuperato fino a un +15% dopo due mesi. L’oro e l’S&P 500 hanno avuto guadagni minori, rispettivamente del 3% e del 9%.
  • Crisi bancaria USA del 2022: in quel frangente BTC ha mostrato il suo enorme porenziale come riserva di valore, guadagnando il 25% nei primi dieci giorni e il 32% nei primi 60. In confronto, l’oro ha guadagnato il 10% nei primi dieci giorni e l’11% in totale, mentre l’S&P ha registrato un -2% nei primi giorni, recuperando un 4% nei 60 giorni successivi.

Questi dati suggeriscono un trend che abbiamo già anticipato prima in questo articolo: Bitcoin soffre gli shock a breve termine ma emerge come un asset resiliente e una valida riserva di valore nel medio-lungo periodo. Dopo la caduta del 6% di martedì scorso, sarà interessante vedere dove Bitcoin si troverà tra sessanta giorni.Insomma, le caratteristiche uniche di Bitcoin, come la decentralizzazione e l’assenza di rischio di controparte, lo rendono un asset alternativo molto apprezzato durante periodi di crisi.

Sebbene, per i motivi che abbiamo affrontato nel primo paragrafo di questo articolo, la sua volatilità sia maggiore ha dimostrato di essere un rifugio sicuro nel medio-lungo termine. Con le crisi geopolitiche che continuano a influenzare i mercati, resta da vedere come Bitcoin si comporterà in questo contesto sempre più instabile. Nei primi 3 giorni dall’evento ha registrato un -6% circa, cosa succederà a sessanta giorni?

Come andrà il mercato azionario nel quarto trimestre del 2024?

Mercato azionario: cosa succederà nel quarto trimestre

In che condizioni verte lo stock market e cosa succederà nel quarto trimestre del 2024? Un’analisi tratta dal report trimestrale di BlackRock

Il report di BlackRock sulle condizioni in cui verte il mercato azionario nel quarto trimestre del 2024 si apre con una frase ad effetto “the economy is not the stock market. And that’s a good news.” 

Interpretando questa citazione di Tony De Spirito, Global Chief Investment Officer del più grande fondo di investimenti al mondo, si comprende come ci tenga a specificare che, se l’economa reale rallenta, non debba accadere per forza lo stesso al mercato azionario.

Ecco cosa succederà all’interno del mercato azionario durante il quarto trimestre del 2024 secondo BlackRock.

Mercato azionario: alcune considerazioni generali

Il quarto trimestre del 2024 si preannuncia scoppiettante per il mercato azionario e quello delle crypto. In generale, tutti gli asset cosiddetti “a rischio” potrebbero sperimentare fasi di alta volatilità portata principalmente dalle elezioni americane e dal taglio dei tassi delle banche centrali, in particolare quelli della FED. In generale gli analisti di BlackRock si aspettano una reazione positiva delle azioni in relazione a quest’ultimo punto. Insomma, il taglio dei tassi potrebbe essere un’opportunità.

C’è da dire, però, che anche durante il terzo trimestre del 2024 non è mancata la volatilità, generata principalmente dalle preoccupazioni per il rallentamento dell’economia, il rischio recessione e dal “ ritardo” della FED nell’affrontare questi problemi. Tuttavia questo discorso, secondo gli analisti di BlackRock, non ha intaccato i “fondamentali” dello stock market.

I due lati della volatilità

Proseguendo con il report si affronta il tema della volatilità, quanto mai utile per comprendere “che cosa succederà nel quarto trimestre del 2024?” Inizialmente, gli analisti di BlackRock specificano una cosa abbastanza ovvia, ma che non fa mai male ripetere: il sentiment può muovere i mercati ma, nel lungo periodo, prevalgono sempre i fondamentali. Perciò seppur l’ultimo quarter sarà, probabilmente, caratterizzato da forti oscillazioni, queste non devono distrarre gli investitori da ciò che conta davvero, ovvero la creazione di valore.

Tale discorso può essere esteso anche al mondo crypto, dove progetti che mettono in primo piano concetti come l’utilità dei loro token, l’innovazione, lo sviluppo di soluzioni all’avanguardia e la sicurezza vanno sempre preferiti a quelli che cercano di cavalcare l’hype del momento.

Nel report che stiamo raccontando, Tony De Spirito, va più nel dettaglio sul concetto di volatilità, enunciando quattro interessanti assunzioni:

  • La volatilità può essere salutare. Le correzioni del mercato offrono l’opportunità di aumentare l’esposizione ad un determinato asset del quale si è estremamente convinti. Soprattutto se queste avvengono in seguito a news o dinamiche collegate al trading e non intaccano i suoi fondamentali. Insomma se il prezzo degli asset non oscillasse non si potrebbe fare “buy the dip”.
  • La volatilità è normale. È proprio grazie alle forti oscillazioni del mercato che questo si è potuto risollevare dalla grande crisi finanziaria del 2007 e 2008 e ora gli analisti di BlackRock si aspettano uno scenario simile. Caratterizzato da un volatility index (VIX) che registra picchi pronunciati per via della decisioni della FED.
  • Le correzioni di mercato sono comuni. In venti degli ultimi trentacinque anni abbiamo assistito a venti correzioni superiori al 10% per quanto riguarda l’S&P 500. Nonostante questo il suo rendimento medio in questo intervallo di tempo è stato del +14%. La regola qui è sempre la stessa, pianificare gli investimenti con una prospettiva a lungo termine e non farsi condizionare dai movimenti di mercato.
  • Maggiore volatilità può voler dire ritorni più sostanziosi: da un’analisi correlata sempre svolta da BlackRock si nota come i periodi di maggiore volatilità producano ritorni migliori. Questa si basa sul Volatility Index (VIX), un indice predittivo creato dal Chicago Board Options Exchange (CBOE) che mostra la volatilità del S&P 500 nei trenta giorni successivi. Quando il VIX resta al di sotto dei 12 punti i ritorni semestrali dell’S&P 500 si attestano, in media, attorno al 5%. Al contrario, quando questo tocca quota 29 o più, questi schizzano al 16%. Insomma, per riassumere questo concetto in breve: i rendimenti a breve termine dipendono, anche, dalla volatilità.

Mercati azionari e elezioni americane

Il primo grande evento che questo trimestre potrà influenzare il mercato azionario sono le elezioni americane di novembre. La vittoria di un determinato candidato o partito, non ha quasi mai influenzato il movimento di prezzo delle azioni sul lungo periodo, ma ha praticamente sempre provocato rilevanti oscillazioni di breve termine.

BlackRock ha analizzato le performance degli undici mesi successivi alle elezioni, per poi confrontare con quelle di brevissimo termine, ovvero delle ore e dei giorni immediatamente successivi al verdetto. Dal report emerge che solo in due frangenti su sette (dal 1996 ad oggi), l’incremento della volatilità post elezioni si è protratta per più di undici mesi.

Insomma, il messaggio che intende trasmettere BlackRock riguardante questo tema è lo stesso dei paragrafi precedenti, ovvero orientato al lungo periodo. D’altronde il mercato è riuscito a superare tantissime crisi dal 1974 ad oggi, come le dimissioni di un presidente, il crollo dei “Nifty Fifty”, la stagflazione, lo stock market cash del 1987, la bolla delle dot com, la crisi del 2008 e il COVID-19. Così come nel mondo di tutti i giorni, così come in quello finanziario “la pazienza è la virtù dei forti”

L’impatto del taglio dei tassi della FED

Infine BlackRock ha analizzato anche la retorica e il possibile impatto dei tagli dei tassi di interesse della Federal Reserve. Come è noto, nel report del fondo di investimento si ribadisce che i mercati azionari tendono a performare quando i tassi vengono ridotti, specialmente se questo accade senza che si verifichi una recessione.

Ma c’è di più, i dati storici rivelano che le azioni delle aziende che hanno una capitalizzazione di mercato importante, tendenzialmente registrano ritorni migliori rispetto a quelle più piccole, schema che perdura fino a tre anni dopo il primo taglio.

Inoltre, se si affronta questo argomento adottando una suddivisione settoriale, emerge come le azioni di aziende del segmento healthcare e quelle che producono beni di consumo, solitamente crescono di più rispetto alla media nell’anno successivo al primo taglio dei tassi di interesse.

E il mercato crypto?

Se seguite il settore probabilmente lo saprete già, BlackRock e il suo CEO Larry Fink, sono diventati grandi fan del mondo crypto nell’ultimo anno. E ciò emerge molto bene da un recente report pubblicato dal fondo. Al suo interno si legge come, analizzando i dati storici, il prezzo di Bitcoin sia decorrelato da quello delle azioni, e come i suoi rally rialzisti siano più esplosivi. Questa condizione permette a BTC di essere un “diversificatore” di portafoglio, prevalentemente perché è unico nel suo genere a livello tecnologico. 


La blockchain di Bitcoin è, infatti, caratterizzata da una sicurezza elevatissima grazie al meccanismo di consenso Proof of Work, che coinvolge migliaia di nodi e miner per verificare e confermare le transazioni, rendendo impossibile manipolarla. La sua immutabilità, ossia l’impossibilità di alterare o cancellare le transazioni registrate, conferisce a Bitcoin un livello di fiducia che lo distingue da qualsiasi altro asset finanziario. Ogni blocco aggiunto alla blockchain è protetto da crittografia avanzata, creando una sequenza di informazioni che non può essere modificata senza il consenso della rete. Questa caratteristica lo rende immune a frodi e attacchi, rendendolo una riserva di valore sicura e a prova di manomissioni.

Dibattito USA: JD Vance contro Tim Walz per la vicepresidenza degli Stati Uniti

JD Vance contro Tim Walz: il dibattito per la vicepresidenza USA

La scorsa notte c’è stato il dibattito tra JD Vance e Tim Walz, i due candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Come è andata? Chi ha vinto e di cosa si è parlato?

Questa notte negli Stati Uniti si è tenuto il primo dibattito tra i candidati alla vicepresidenza, JD Vance, senatore repubblicano dell’Ohio e Tim Walz, governatore democratico del Minnesota. Si sono confrontati sul palcoscenico politico più importante al mondo, dopo che ad inizio settembre lo stesso è stato condiviso da Kamala Harris e Donald Trump. Nonostante il dibattito tra i vice di solito non influenzi particolarmente le sorti delle elezioni, questa volta la situazione sembra essere diversa.

Dibattito JD Vance vs Tim Walz: come è andata?

Il dibattito è stato trasmesso sulla CBS, moderato dalla conduttrice di CBS Evening News Norah O’Donnell e Margaret Brennan. Lo scontro dialettico, come quello tra Harris e Trump, è durato novanta minuti, e ha visto i due candidati affrontare tematiche cruciali, tra cui quelle familiari, come l’aborto e il sostegno alle famiglie, l’inflazione e il conflitto in Medio Oriente e la possibile escalation dopo l’attacco dell’Iran a Israele delle ultime ore.

JD Vance ha decisamente dominato la serata grazie al suo atteggiamento carismatico e alla capacità di coinvolgere il pubblico. Ha raccontato la sua storia personale, legata al “sogno americano” di rivalsa: proviene da una famiglia povera e segnata da problemi di alcolismo e dipendenza da oppiacei, è riuscito a riscattarsi prima arruolandosi nei Marines, poi laureandosi in legge Yale e diventando una figura di spicco della Silicon Valley e del panorama politico USA.

Tim Walz, al contrario, non è riuscito a convincere allo stesso modo. La sua storia, pur rispettabile, non ha avuto lo stesso impatto emotivo di quella del suo avversario. Durante il dibattito, Walz è apparso insicuro e meno incisivo rispetto al solito, perdendo punti anche in termini di chiarezza ed empatia. Non è riuscito a dare il meglio di sé: non è apparso spigliato, empatico e lucido come al solito, anzi, sembrava intimorito e quasi spaventato. Nonostante i quasi vent’anni che li separano, Vance ha quarantadue anni mentre Tim Walz sessanta, il primo è apparso molto più abile nei dibattiti, sempre a suo agio e brillante.

Occorre poi precisare che le regole del dibattito hanno rispecchiato quelle del confronto tra Harris e Trump di inizio settembre, con una differenza: i microfoni sono stati sempre accesi. Di fatto questa decisione non ha cambiato l’esito dello scontro, perché nessuno dei due candidati aveva intenzione di provocare l’avversario mentre parlava. Vance ha spiazzato Walz con i suoi modi di fare educati e rispettosi che si distanziano molto rispetto ai soliti del suo “superiore”. A differenza di Trump, che spesso in queste occasioni si lascia andare a provocazioni personali, il candidato repubblicano alla vicepresidenza ha attaccato i democratici per le mosse, le scelte e le strategie adottate in questi ultimi quattro anni.

I temi principali del dibattito

I temi centrali del dibattito sono stati principalmente due: le questioni sociali e l’economia. Sull’aborto e le politiche familiari, JD Vance ha ribadito la sua posizione contraria, in linea con il Partito Repubblicano, mentre Tim Walz ha difeso la libertà di scelta delle donne e il diritto alla fecondazione assistita, che ha anche toccato personalmente essendo padre grazie a questo metodo.

Sul fronte economico, JD Vance ha attaccato la gestione dell’inflazione da parte dell’amministrazione Biden, criticando la politica monetaria democratica che ha aumentato il costo della vita per le famiglie americane. Ha sottolineato di sapere cosa significhi non arrivare a fine mese, un riferimento diretto alle sue origini umili. 

Walz, al contrario, ha difeso l’amministrazione, citando lo stato di salute del mercato del lavoro USA, il basso tasso di disoccupazione e la stabilità economica raggiunta negli ultimi mesi, ma le sue argomentazioni sono risultate meno efficaci e coinvolgenti. JD Vance ha dominato la discussione, non tanto per la forza degli argomenti ma più per la chiarezza espositiva e le risposte certe, comprensibili ed empatiche.

Infine si è parlato, inevitabilmente, di politica estera, a seguito delle notizie riguardanti l’attacco dell’Iran contro Israele, avvenuto poche ore prima del dibattito. Entrambi i candidati sono apparsi poco preparati su questo fronte, forse anche per via del grado di difficolta della domanda che gli è stata rivolta. Gli è stato chiesto, infatti, cosa dovrebbe fare Israele dopo l’attacco dell’Iran d ieri. 

Un esito inatteso

In conclusione, JD Vance è uscito vincitore dal dibattito di questa notte. Il suo atteggiamento sicuro, la capacità di mantenere sempre un tono educato, e il modo in cui ha dominato il confronto hanno sorpreso molti. Questo risultato ha ribaltato le aspettative della vigilia: mentre secondo Polymarket, il principale prediction market nel mondo crypto, Walz aveva il 73% di probabilità di vittoria, dopo il dibattito soltanto il 31% degli utenti ritiene che il candidato democratico abbia vinto.Il dibattito tra i candidati alla vicepresidenza potrebbe quindi avere un impatto significativo su queste elezioni, che si fanno sempre più incerte. Kamala Harris e Donald Trump, infatti, non si scontreranno più direttamente, lasciando questo l’evento di questa notte come uno degli ultimi punti di confronto tra i due schieramenti prima delle elezioni di novembre.

Bitcoin cresce grazie agli stimoli economici della Cina e ai flussi degli ETF

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Il prezzo di Bitcoin è tornato a crescere grazie agli stimoli economici della Cina e ai flussi di denaro verso gli ETF. Cosa succederà ad ottobre?

La scorsa settimana, il prezzo di Bitcoin è stato interessato da una ripresa significativa che gli ha permesso di chiudere settembre con un +8%. In realtà per essere sicuri di ciò dovremmo aspettare la mezzanotte di questa sera. Questo risultato, se verrà raggiunto, stupisce gli appassionati del settore, dato che il nono mese dell’anno è storicamente negativo per la crypto. Cosa ha generato questa crescita? Il principale catalizzatore, oltre agli inflow in crescita degli ETF spot, sembra essere connesso ad una mega iniezione di liquidità portata avanti dalla Cina.

La Cina inietta capitali e il taglia i tassi repo

Mercoledì scorso, la Banca Centrale Cinese ha annunciato un taglio dei tassi sui prestiti interbancari (repo) dall’1,95% all’1,85%, misura accompagnata da un’iniezione di oltre 10 miliardi di dollari di liquidità nel mercato e dalla riduzione di 50 punti base del tasso della riserva obbligatoria delle banche (RRR). Questo sembra essere solo un assaggio del cosiddetto “bazooka”, un pacchetto di interventi monetari che porterà l’ingresso di circa un trilione di Yuan (circa 150 miliardi di dollari) attraverso l’aumento della disponibilità creditizia delle banche.

Questo intervento aveva, e ha tutt’ora, lo scopo di stimolare un’economia che sta affrontando sfide significative, come la deflazione derivante da un grave crollo dei consumi, una crisi del settore immobiliare e un elevato debito pubblico. Gli effetti di questa mossa non si sono fatti attendere: gli indici di borsa asiatici, come l’HANG SENG di Hong Kong e l’SSE di Shanghai, hanno registrato una crescita rispettivamente del 14% e del 20% da giovedì scorso, con un effetto domino che ha influito positivamente sui mercati azionari statunitensi e su quello crypto. Tuttavia, Bitcoin e le principali criptovalute stanno rallentando nella giornata di oggi, con il prezzo di BTC in calo del 3% circa.

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L’iniezione di liquidità da parte della Cina non solo ha risollevato i mercati finanziari asiatici, ma sembra anche aver reso più ottimisti gli investitori. Il taglio dei tassi repo e le misure che abbiamo elencato nel paragrafo precedente, hanno aumentato la disponibilità globale di denaro, per questo motivo in molti pensano che una parte di questa liquidità  potrà dirigersi verso gli asset più rischiosi, come azioni e crypto, nelle prossime settimane. 

L’effetto sugli investitori e l’influenza sul prezzo di Bitcoin

Parlando del prezzo di Bitcoin non si può non citare l’aumento degli inflow verso  i suoi ETF che ha ulteriormente rafforzato il sentiment degli investitori, dato che nella giornata di venerdì questi si sono avvicinati ai 500 milioni di dollari. Era dal 22 luglio che gli strumenti finanziari sulla crypto non attraevano così tanti capitali, segno che sembra tornato l’ottimismo sul mercato dopo mesi di noia.

Inoltre, arrivano buone notizie anche dal fronte Ethereum, dato che gli strumenti finanziari sulla crypto, dopo due mesi profondamente negativi, stanno iniziando a registrare inflow importanti. Negli ultimi quattro giorni di trading gli afflussi su questi ETF spot ammontano a circa 150 milioni di dollari.

Insomma, nonostante i ribassi delle ultime ventiquattro ore, si respira dell’ottimismo sui mercati. Con l’inizio del mese di ottobre, uno di quelli storicamente più positivi per Bitcoin e per questo soprannominato Uptober, assisteremo ad una definitiva ripartenza dopo un movimento laterale che dura da più di sei mesi?


Gary Gensler sotto attacco: la battaglia contro le crypto e il Congresso

Gary Gensler è sotto attacco di un fuoco incrociato

Gary Gensler, presidente della SEC, è al centro di critiche bipartisan per la sua gestione, dal punto di vista regolamentare, del settore crypto negli ultimi anni

Gary Gensler, presidente della Security and Exchange Commission (SEC), si trova in una situazione sempre più difficile a causa della sua controversa gestione del settore crypto. Quello che è iniziato come una battaglia regolamentare si è trasformato in uno scontro politico che coinvolge membri del Congresso di entrambi gli schieramenti. Questo articolo approfondisce il contesto delle accuse rivolte a Gensler e le reazioni che ha suscitato tra i legislatori.

Le prime critiche: la causa contro DEBT Box

Durante l’udienza della Commissione Servizi Finanziari della Camera della scorsa settimana, Gary Gensler ha dovuto affrontare un duro attacco da parte di membri del Congresso, come il repubblicano Tom Emmer, che ha criticato la gestione della causa contro DEBT Box, una startup crypto accusata di frode per 49 milioni di dollari. La causa non solo non ha portato risultati concreti, ma è costata agli Stati Uniti 1,8 milioni di dollari in spese legali. Emmer ha sfidato apertamente Gensler, chiedendogli se fosse imbarazzato da questo fallimento. In risposta Gensler ha ammesso le sue colpe, dichiarando che il caso non è stato gestito correttamente.

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Anche i Democratici contro Gensler

Se da un lato le critiche di Emmer potrebbero sembrare prevedibili, data la sua appartenenza al Partito Repubblicano, sorprendente è stata la reazione del democratico Ritchie Torres. Torres ha interrogato Gensler su come la SEC definisce una “security” e ha portato all’attenzione una questione cruciale per il settore crypto e gli NFT. Nello specifico ha rivolto una domanda curiosa al presidente della Commissione, chiedendogli se un biglietto per una partita degli Yankees possa essere considerato una security.

Gensler ha risposto citando il test di Howey, un meccanismo che risale al 1946 utilizzato per stabilire se un asset è una security o meno. Tuttavia, Torres ha risposto che questo test è obsoleto per le nuove tipologie di asset come gli NFT, sottolineando che secondo questa logica, anche opere d’arte o vinili potrebbero essere considerate security.

Cosa potrebbe succedere ora?

Le crescenti critiche a Gensler da parte di entrambi i partiti suggeriscono che il suo futuro come presidente della SEC potrebbe essere in bilico. Dopo anni di scontri con il settore crypto, la pressione su di lui non è mai stata così forte. Le ripercussioni di questi scontri non riguardano solo Gensler, ma potrebbero anche portare a un cambiamento radicale nella regolamentazione delle criptovalute negli Stati Uniti. Resta da vedere se Gensler riuscirà a mantenere la sua posizione o se le critiche crescenti porteranno a una riforma della SEC e delle sue politiche verso il settore crypto.

Kamala Harris parla di criptovalute, le opzioni su BTC di BlackRock e Franklin Templeton lancia un fondo su Solana

Kamala Harris parla di crypto, BlackRock, Franklin Templeton e Solana

Kamala Harris si esprime per la prima volta sul tema delle criptovalute. La SEC approva le opzioni su ETF Bitcoin di BlackRock, mentre Franklin Templeton lancia un fondo monetario sulla blockchain di Solana

Le criptovalute sono, ormai da tempo, un tema centrale anche nel panorama politico statunitense. Kamala Harris, negli ultimi giorni, ha finalmente rotto il silenzio sul tema, affermando che le crypto sono un elemento chiave per l’economia USA. Nel frattempo, la SEC ha approvato le opzioni sugli ETF Bitcoin di BlackRock e Franklin Templeton ha annunciato il lancio di un fondo monetario sulla blockchain di Solana, a dimostrazione di come la tecnologia blockchain si stia insinuando in ogni aspetto riguardante gli strumenti finanziari più tradizionali.

Kamala Harris rompe il silenzio sulle criptovalute

È successo: finalmente Kamala Harris ha parlato di criptovalute! Dopo mesi in cui il suo avversario, Donald Trump, ha dominato il dibattito su questo tema, la candidata democratica ha rotto il silenzio durante un comizio a New York, organizzato in onore di alcuni donatori. L’evento era particolarmente significativo, non solo per il pubblico presente, ma per il messaggio politico che Harris ha voluto trasmettere. 

Dopo un lungo periodo in cui i Democratici si erano mantenuti piuttosto distanti e critici nei confronti dell’industria crypto, le dichiarazioni della Harris rappresentano un punto di svolta. Finora, esponenti di rilievo del partito, come Gary Gensler, presidente della SEC, si erano distinti per un atteggiamento restrittivo verso le criptovalute, ostacolando l’avanzamento di molte aziende del settore. Il contesto era comunque in evoluzione: con l’approvazione degli ETF spot su Bitcoin a gennaio e su Ethereum a maggio, si iniziavano a vedere i primi segnali di cambiamento.

Il panorama politico USA ha subito una svolta quando Donald Trump ha cominciato a cavalcare il tema delle criptovalute, cercando di attrarre gli investitori di questo mercato verso la sua campagna. In un video di maggio, Trump ha ironizzato sul fatto che Joe Biden non sapesse neanche cosa fossero le criptovalute, segnalando la chiara volontà dell’ex presidente di differenziarsi dalla narrativa democratica.

Le parole della Harris invece, seppur caute, dimostrano che il settore è ormai un tema centrale anche nella corsa dei democratici verso Capitol Hill. Durante il discorso, Harris ha dichiarato che riunirà lavoratori, piccole imprese, innovatori e grandi aziende per investire nelle tecnologie del futuro, tra cui le criptovalute e l’intelligenza artificiale, senza dimenticare la necessità di proteggere consumatori e investitori. Nonostante non sia stata troppo esplicita nel suo supporto, il semplice fatto che abbia menzionato le criptovalute è un segnale importante per il futuro politico degli Stati Uniti e potrebbe influenzare la decisione di molti degli oltre 50 milioni di americani che investono in questo mercato.

BlackRock ottiene l’approvazione della SEC per le opzioni sugli ETF su Bitcoin

Il secondo sviluppo significativo di questa settimana riguarda sempre la SEC, che ha approvato le opzioni sugli ETF di Bitcoin del gigante degli investimenti BlackRock. Questo evento segna un passo in avanti per l’integrazione delle criptovalute nei mercati finanziari tradizionali.

Le opzioni sono uno strumento finanziario che concede agli investitori il diritto, ma non l’obbligo, di comprare (Call) o vendere (Put) un asset, come gli ETF su Bitcoin, a un prezzo prestabilito entro una data di scadenza. In questo caso specifico, le opzioni approvate dalla SEC si basano su Bitcoin spot, il che significa che ogni volta che viene stipulato un contratto, questo si riflette direttamente sul portafoglio fisico di Bitcoin detenuto da BlackRock. 

Questo passaggio apre nuove possibilità agli investitori istituzionali, permettendo loro di gestire meglio il rischio e aumentare la loro esposizione al mercato delle criptovalute. Inoltre, le opzioni sono spesso utilizzate come strumenti di leva finanziaria, per scommettere sulla crescita o proteggersi da eventuali cali dei prezzi, rendendo il mercato più dinamico e flessibile. Per il mondo finanziario, l’approvazione di questi strumenti rappresenta un ulteriore passo verso l’integrazione delle criptovalute nei circuiti economici tradizionali, consolidando il loro ruolo all’interno del sistema.

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Franklin Templeton lancia un fondo monetario sulla blockchain di Solana

In un altro sviluppo di rilievo per l’ecosistema crypto, Franklin Templeton ha annunciato il lancio di un nuovo money market fund sulla blockchain di Solana. Questo segna un cambiamento significativo per un fondo di investimento che gestisce circa 1,5 trilioni di dollari di asset, e spiana la strada all’utilizzo della tecnologia blockchain per migliorare l’efficienza operativa sui mercati. 

Ma cosa sono esattamente i money market fund? Si tratta di fondi comuni d’investimento che puntano alla conservazione del capitale e alla liquidità, investendo in strumenti finanziari a basso rischio come obbligazioni governative o certificati di deposito. Tradizionalmente considerati strumenti “noiosi” per investitori avversi al rischio, questi fondi hanno un volume di transazioni molto alto, specialmente per operazioni come l’emissione di assegni o carte di debito. La scelta di Franklin Templeton di utilizzare la blockchain di Solana per questo tipo di prodotto si basa sui vantaggi offerti dalla tecnologia, come l’economicità e la velocità delle transazioni. Il responsabile dello sviluppo delle partnership, Mike Reed, ha spiegato che dopo aver valutato possibili collaborazioni esterne, il fondo ha deciso di costruire internamente il proprio team di sviluppo per gestire l’integrazione della blockchain nel processo.Anche se Franklin Templeton aveva già tentato in passato di lanciare un fondo simile su blockchain, l’interesse allora era scarso, principalmente a causa dei tassi di interesse bassi.

Tuttavia, le circostanze sono cambiate: i tassi di interesse più elevati e un rinnovato interesse da parte di fondi di venture capital e aziende web3 per migliorare la gestione delle loro tesorerie potrebbero far decollare questa nuova iniziativa. La scelta di una blockchain veloce e scalabile come Solana potrebbe rappresentare una svolta per il settore finanziario tradizionale, dimostrando come anche strumenti apparentemente “datati” come le obbligazioni possano trovare nuova vita grazie alla tecnologia decentralizzata. Con sempre più fondi di investimento che esplorano il potenziale della blockchain, questo potrebbe essere solo l’inizio di una più ampia integrazione tra finanza tradizionale e tecnologia decentralizzata.

Le Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di 50 punti base: cosa aspettarsi ora?

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La Federal Reserve tagliato i tassi di interesse durante l’incontro del Federal Open Market Committee (FOMC) del 18 settembre. Attualmente, i tassi sui fondi federali sono al 5%, dopo il taglio di 50 punti base. Ma quali fattori hanno guidando questa attesa decisione, cos’ha detto Jerome Powell, il presidente della FED, durante la conferenza stampa e cosa succederà sui mercati nelle prossime settimane?

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Gli indicatori economici che influenzano le decisioni della Fed

Le decisioni sui tassi di interesse non sono mai semplici: la Federal Reserve ha dovuto tenere conto di diversi indicatori economici per valutare se era il momento giusto per ridurre i tassi. Alcuni degli indicatori chiave che la Fed osserva includono:

  • Inflazione (CPI e Core CPI): l’inflazione è uno dei principali obiettivi della politica monetaria della Fed. Quando i prezzi crescono troppo velocemente, la Fed tende ad aumentare i tassi per frenare la domanda e stabilizzare i prezzi. A settembre, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha rallentato di ben 40 punti base, con un tasso annuale del 2,6%, in calo rispetto al 2,9%. Questo calo dell’inflazione avvicina l’economia agli obiettivi della Fed, ed è sicuramente uno dei motivi che ha portato al taglio dei tassi.
  • Mercato del lavoro: anche l’occupazione gioca un ruolo importante nelle decisioni della Fed. Quando il mercato del lavoro è forte, con bassi livelli di disoccupazione, c’è meno pressione per tagliare i tassi. Tuttavia, i recenti rapporti mostrano un raffreddamento del mercato del lavoro. Gli Stati Uniti hanno aggiunto solo 142.000 nuovi posti di lavoro ad agosto, un numero inferiore alle aspettative degli economisti, segnalando un rallentamento.
  • Crescita economica: il Prodotto Interno Lordo (PIL) è un altro indicatore da tenere d’occhio. Se l’economia cresce troppo rapidamente, potrebbe esserci un rischio di inflazione, mentre una crescita debole potrebbe suggerire la necessità di stimoli economici come i tagli ai tassi. Attualmente, la crescita economica negli Stati Uniti sta rallentando, il che rende più probabile un intervento della Fed per evitare una recessione.

Chi viene influenzato dai cambiamenti dei tassi di interesse?

Le decisioni della Fed sui tassi di interesse hanno un impatto diretto su molti settori dell’economia, e gli effetti possono essere percepiti dai consumatori, dagli investitori e dalle imprese. Ecco alcuni esempi:

  • Mutui e prestiti: uno dei primi effetti tangibili dei cambiamenti nei tassi di interesse riguarda i mutui. Chi ha un mutuo a tasso variabile, ora che la FED ha tagliato i tassi, potrebbe vedere una diminuzione delle rate mensili, mentre i nuovi acquirenti di case potrebbero ottenere prestiti a condizioni più favorevoli.
  • Investimenti e mercati finanziari: quando la Fed taglia i tassi, i costi di finanziamento per le imprese diminuiscono, rendendo più conveniente investire e prendere prestiti. Tuttavia, il mercato azionario può reagire in modo misto: mentre i tagli ai tassi stimolano alcune aziende, altri settori, come la tecnologia, potrebbero essere più cauti. Recentemente, il Nasdaq ha subito un calo del 2,6%, a causa delle preoccupazioni sull’economia e sul rallentamento del boom dell’intelligenza artificiale.
  • Risparmio: un aspetto importante per i risparmiatori riguarda i Certificati di Deposito (CD), che offrono tassi di interesse vantaggiosi. Ora che la Fed ha tagliato i tassi, anche i rendimenti dei CD potrebbero ridursi.

L’attuale contesto economico e il primo taglio dei tassi dal 2007

Il quadro generale mostra un’inflazione in calo e un mercato del lavoro in raffreddamento, ma ancora forte. Con l’inflazione che si avvicina all’obiettivo del 2%, la Federal Reserve ha considerato sufficiente lo “spazio” per tagliare di 50 punti base. 

Gli effetti a lungo termine dei tagli ai tassi di interesse

Sebbene i tagli ai tassi di interesse abbiano effetti immediati sui mutui, prestiti e mercati finanziari, i veri impatti a lungo termine possono essere più complessi. Quando i tassi di interesse sono più bassi, il credito diventa più accessibile, stimolando consumi e investimenti. Questo può favorire la crescita economica a breve termine, ma se i tassi rimangono bassi troppo a lungo, ci sono alcuni rischi da considerare:

  • Rischio di inflazione futura: se il taglio dei tassi della FED si rivelerà troppo massiccio, l’economia potrebbe surriscaldarsi, portando a un nuovo ciclo di inflazione. Anche se oggi l’inflazione è sotto controllo, un periodo prolungato di stimoli potrebbe alimentare una nuova crescita dei prezzi, specialmente se l’economia si riprende rapidamente.
  • Crescita del debito: tassi di interesse bassi rendono il debito meno costoso, sia per i consumatori che per le imprese. Questo può incoraggiare maggiori livelli di indebitamento. Tuttavia, debiti eccessivi potrebbero diventare insostenibili in caso di crisi future o di un aumento improvviso dei tassi di interesse.
  • Impatto sui risparmiatori: a lungo termine, i tassi bassi penalizzano i risparmiatori, che vedono diminuire i rendimenti sui loro investimenti a basso rischio come i conti di risparmio e i certificati di deposito. Per i pensionati o chi vive di rendite da risparmio, questo può rappresentare un problema. Al contrario, per gli investitori più predisposti al rischio, questo diventa uno scenario più favorevole, spingendoli a cercare investimenti più rischiosi per ottenere rendimenti maggiori.
  • Bollette più alte per il debito pubblico: un’altra conseguenza a lungo termine dei tassi bassi è il potenziale aumento del debito pubblico. Se il governo si indebita più facilmente per finanziare progetti, potrebbe accumulare debito che sarà difficile da gestire nel futuro, specialmente se i tassi dovessero risalire.

Come dovrebbero muoversi gli investitori in un contesto di taglio dei tassi?

Ora che la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse, gli investitori possono rivedere la loro strategia per adattarsi alle nuove condizioni economiche. In generale, tassi di interesse più bassi significano che il costo del denaro diminuisce, rendendo più conveniente per le aziende prendere in prestito e investire, ma riducendo i rendimenti su investimenti sicuri come i conti di risparmio e i certificati di deposito. Ecco alcune strategie che gli investitori possono considerare:

  • Diversificare il portafoglio: con tassi di interesse in calo, gli investimenti sicuri come obbligazioni e conti di risparmio tendono a offrire rendimenti più bassi. Questo può spingere gli investitori a cercare rendimenti maggiori in asset più rischiosi, come le azioni, le criptovalute o i fondi comuni. In particolare, settori come la tecnologia o le energie rinnovabili potrebbero beneficiare di un contesto di tassi bassi, in quanto le aziende possono investire più facilmente in progetti di crescita.
  • Considerare investimenti a lungo termine: anche se i tassi sono bassi, ci possono essere opportunità per bloccare rendimenti vantaggiosi a lungo termine. Questo può proteggere il capitale dall’erosione dei rendimenti nel tempo.
  • Valutare le azioni di aziende che beneficiano di tassi bassi: settori come il real estate e le utility, che tipicamente richiedono grandi finanziamenti, possono trarre vantaggio da tassi più bassi, poiché il costo del debito diminuisce. Gli investitori potrebbero considerare l’acquisto di azioni in questi settori, che potrebbero avere una crescita sostenuta nel nuovo contesto economico.
  • Monitorare l’inflazione: sebbene i tassi bassi stimolino l’economia, gli investitori devono stare attenti a possibili segnali di inflazione futura. Se l’inflazione dovesse riprendere, gli investimenti più conservativi come obbligazioni e titoli di Stato a tasso fisso potrebbero perdere valore. Gli investitori dovrebbero quindi tenere d’occhio le politiche future della Fed per comprendere se ci sarà un ritorno a tassi più alti nel medio termine.

Taglio di 50 punti base: un bene o un male?

La FED ha tagliato i tassi di interesse di 50 punti base, superiore alle previsioni degli esperti che si aspettavano una riduzione del costo del denaro dello 0,25%. Per qualcuno questo taglio implicherebbe una crescita del rischio di una recessione, e quindi sarebbe un tentativo in extremis da parte della banca centrale americana di sventare questo rischio. 

Nonostante questo, però, Jerome Powell non è apparso preoccupato, ma anzi ottimista. Secondo Powell l’economia degli Stati Uniti è forte, e il mercato del lavoro, il principale elemento di preoccupazione per chi segue la vicenda, è solido. Per quanto riguarda le decisione future, invece, il presidente della FED ha dichiarato che “verranno prese in modo graduale analizzando i dati”. Il taglio dei tassi e l’ottimismo di Jerome Powell ha avuto anche un impatto, seppur leggero, sul mercato crypto. Il prezzo di Bitcoin è in crescita del 3% circa rispetto a ieri, mentre Ethereum quasi del 5%.

Crollo criptovalute: cosa fare quando succede?

Crollo criptovalute: cosa fare?

Crollo delle criptovalute: perché succede e come mettersi al riparo. Scopri tutti i consigli utili e le contromisure da adottare. 

Se hai mai affrontato un crollo delle criptovalute sai cosa significa provare paura e sconforto. Quando tutti i prezzi scendono rapidamente, scenario che si verifica più frequentemente nel nostro settore rispetto ad altri mercati più longevi e solidi, è difficile non farsi prendere dall’emozione. Quando le crypto crollano, se non sei preparato, ci si sente un po’ Wendy in Shining: ogni movimento di mercato diventa un colpo d’ascia che ti rincorre lungo i corridoi dell’Overlook Hotel, con Jack Torrance (Jack Nicholson) alle calcagna, pronto a terrorizzarti ad ogni angolo.

Tuttavia, se si lasciano da parte le emozioni e affronti la situazione in modo razionale, il crollo delle criptovalute può trasformarsi in  un’opportunità. Non serve avere la “luccicanza”, quella capacità quasi magica di prevedere il futuro come nel film di Kubrick. Quello che ti serve davvero è un piano solido e una strategia ben strutturata, che ti permettano di navigare con sicurezza anche nei momenti più turbolenti.

Perché le crypto sono volatili?

La prima volta che si assiste ad un crollo delle criptovalute (e forse anche la seconda e la terza) è normale farsi prendere dal panico. Al contrario, dopo che si acquisisce un po’ di esperienza nel settore, ci si abitua ai saliscendi del mercato o addirittura si attende con fermento e impazienza la volatilità, perché rende il mercato crypto più avvincente rispetto ad altri periodi spesso statici

Ma come mai i crolli sono più frequenti nel mondo crypto? Principalmente perché le criptovalute sono “giovani” e meno capitalizzate dei rivali della finanza tradizionale. Basti pensare che Wall Street, cuore pulsante del mercato azionario americano (sicuramente il più famoso e frequentato dagli investitori) è nato l’8 marzo del 1817. Il New York Stock Exchange è stato fondato più di duecento anni fa, mentre il mercato crypto circa dieci, se si considera come punto d’origine la nascita dei primi exchange.

Se il paragone sulla longevità dei due settori è efficace, quello che riguarda la capitalizzazione dei rispettivi mercati non lascia scampo ad equivoci. La capitalizzazione totale del mercato crypto, ovvero il valore monetario complessivo degli asset che lo compongono, è di 2,13 trilioni di dollari, 2.130 miliardi. Quello di Apple, invece, che è l’azienda più capitalizzata al mondo è, al momento della scrittura, di 3,2 trilioni, il 66% in più. Una sola azienda, anche se è la più grande in questo momento, vale di più (in termini monetari) dell’intero mercato delle criptovalute.

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Focus sulla capitalizzazione di mercato

Per spiegare in termini semplici qual è la relazione tra la capitalizzazione di mercato e la volatilità di un asset possiamo paragonare la prima ad una folla di persone. Quando questa è contenuta e succede qualcosa di insolito l’intero gruppo reagisce spesso in modo drastico. Immaginate cosa succederebbe se urlaste a squarciagola in un bar poco affollato. Al contrario, non susciterebbe nessuna reazione lo stesso comportamento durante una manifestazione con migliaia di persone.

Allo stesso modo, in un mercato altamente capitalizzato, partecipato da molti investitori e caratterizzato da scambi che muovono enormi quantità di denaro, influenzare il prezzo degli asset è molto difficile e dispendioso in termini di volumi. Mentre sono sufficienti somme più contenute per influenzare la capitalizzazione di un mercato più piccolo, dove le news o i grossi speculatori possono definirne il l’andamento di breve termine.

Crollo delle criptovalute correlato a una notizia economica

Alcune notizie economiche hanno la capacità di influenzare l’andamento del mercato azionario e quindi possono anche causare indirettamente il crollo delle criptovalute. Per esempio, eventi come la decisione della Federal Reserve in merito ai tassi di interessi, o la pubblicazione dei dati sull’inflazione e di quelli del mercato del lavoro, condizionano fortemente gli investitori, sia istituzionali che retail. Questi fattori influenzano le azioni sui mercati e, di conseguenza, i prezzi degli asset. 

Se hai assistito a un sell the news collegato ad uno degli eventi sopracitati, o ad un crollo preventivo derivante dalla preoccupazione di dati poco favorevoli per l’economia, non è il caso di preoccuparsi. Solitamente si tratta di movimento di prezzo passeggeri, che si concludono in un breve lasso di tempo.

Eventi di mercato gravi

Il discorso cambia quando si analizza il crollo delle criptovalute derivante da un evento grave e interno a questo specifico settore, come il fallimento di un player molto importante. In passato abbiamo assistito a crollo dell’ecosistema Terra-Luna, che ha causato un buco di 60 miliardi di dollari, ma anche alla bancarotta di FTX, che ha sollevato dubbi sulla legittimità delle aziende centralizzate che operano nel settore.

Quando eventi del genere colpiscono il mercato anche gli investitori più esperti provano paura e sgomento. Tuttavia, con il passare del tempo e con la crescita della capitalizzazione delle principali crypto, l’impatto sull’intero mercato di eventuali eventi di questo tipo dovrebbe gradualmente decrescere. In ogni caso, farsi prendere dal panico e agire d’impulso, come sempre quando si parla di investimenti, potrebbe peggiorare ulteriormente la nostra posizione. Al contrario, se si sta agendo seguendo un piano strutturato, è fondamentale continuare sulla propria strada e non applicare ad esso modifiche che derivano dal disagio emotivo che si sta provando. Questo, se consideriamo il “caso studio” crollo dell’ecosistema Terra Luna, avrebbe potuto voler dire allocare al progetto una percentuale del portafoglio crypto molto limitata accompagnata da un ribilanciamento costante in modo da ridurre progressivamente l’esposizione.

Come ci si può proteggere dal crollo delle crypto?

La prima risposta a questa domanda può essere estrapolata dal paragrafo precedente. Perché la realtà è, almeno in questo caso, molto semplice: chi non ha una strategia si troverà sempre a fare i conti con la paura o la rabbia durante un crollo delle criptovalute. Tuttavia, ci sono alcuni passaggi preliminari che possono aiutare chi è alle prime armi a prescindere dalla tipologia di piano che sta seguendo:

  • Svolgere un’analisi dei fondamentali: con questo termine ci si riferisce alla tecnologia che sostiene il token o la crypto in cui si vorrebbe investire. Prima di aggiungere un nuovo asset al nostro portafoglio è importante conoscerlo, comprendere se ha un’utilità, quali benefici garantisce a chi lo detiene e gli obiettivi di medio e lungo termine di chi lo emette. Conoscere tutto delle criptovalute che possediamo ci può aiutare ad affrontare con tranquillità e ottimismo i crolli di mercato. Insomma, nel lungo termine sono i fondamentali a fare la differenza e l’approccio cambia a seconda della solidità del progetto che si prende in considerazione. La strategia che seguirà l’acquisto di Polygon (POL), un progetto con tantissimi sviluppatori nel mondo che ha raccolto quasi 500 milioni di dollari, sarà diversa da quella da adottare nel caso in cui si compra una meme coin.

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  • Conoscere le basi dell’analisi tecnica: non per prevedere o anticipare i movimenti di mercato, ma per comprendere il contesto di un crollo dei prezzi. Se, ad esempio, la crypto in esame proviene da un periodo estremamente positivo, il ribasso dei prezzi potrebbe essere fisiologico. Oppure, se tale movimento è stato repentino e, almeno in parte, riassorbito, potrebbe trattarsi di un flash crash che la crypto non farà fatica a recuperare.
  • Possedere un portafoglio bilanciato: la differenza tra la capitalizzazione di mercato delle crypto e quella del mercato azionario è, ad oggi, ancora abissale. Ma lo stesso discorso vale anche per il divario tra BTC e la maggior parte delle altcoin. Come si evince dal grafico della dominance, il 58% del “peso” del mercato delle criptovalute è attribuibile a Bitcoin, che è la crypto su cui puntare se si vuole massimizzare la stabilità del proprio portafoglio. Al contrario, andrebbe al più possibile limitata l’esposizione alle meme coin o le “gemme” semisconosciute, che possono perdere gran parte del loro valore in pochissimo tempo. Inoltre può essere utile possedere un “piano b” strutturato, che implichi decisioni ben definite al verificarsi di alcune condizioni. I più esperti potrebbero servirsi dell’analisi tecnica, per pianificare una strategia d’uscita nel caso in cui una crypto scenda al di sotto di un determinato livello di prezzo (stop loss).

Questi sono solo tre metodi per proteggersi, almeno in parte, dal possibile crollo delle criptovalute. Tuttavia, non è possibile identificare strategie evergreen che funzionino a prescindere, ma vanno sempre adattate alla propensione al rischio di ogni individuo. In ogni caso, se intendi conoscere le cinque più popolari del 2024, puoi leggere questo articolo!

Energia nucleare: è in arrivo la svolta per gli States?

L’energia nucleare negli Stati Uniti: un approfondimento

È in arrivo una svolta per l’energia nucleare negli Stati Uniti, dato che si ipotizza la riapertura di impianti chiusi in passato? Scopri il progetto sulla fusione finanziato da Bill Gates

L’energia nucleare sta vivendo un momento di rinascita, in particolare negli Stati Uniti, dove si sta puntando a riaprire centrali dismesse e a sviluppare nuove tecnologie. Questo interesse rinnovato nasce dalla sempre più crescente consapevolezza della necessità di ridurre le emissioni di carbonio e dalla crescente domanda di energia pulita per sostenere settori come i data center, l’intelligenza artificiale e la mobilità elettrica. 

Due esempi significativi di questo trend sono la riapertura della centrale nucleare di Palisades, chiusa nel 2022, e lo sviluppo di reattori nucleari avanzati come quello della start-up TerraPower, finanziata dal miliardario Bill Gates. Scopri le ultime news relative all’energia nucleare negli Stati Uniti in questo articolo.

Riaprire vecchie centrali: il caso della centrale nucleare di Palisades

La centrale nucleare di Palisades, situata a Covert, nel Michigan, è stata chiusa a maggio 2022, dopo 40 anni di attività per via della competizione con un’altra fonte di energia pulita, il gas naturale, più economico da estrarre. Tuttavia, la crescente pressione per decarbonizzare l’economia ha spinto il governo statunitense a riconsiderare il ruolo del nucleare nel mix energetico del Paese.

Negli ultimi anni, diversi impianti nucleari negli Stati Uniti sono stati chiusi. Poi però il governo ha cambiato rotta, principalmente grazie al Inflation Reduction Act (IRA), una misura del 2022 che tra le altre cose promuove lla produzione di energia pulita. Il risultato? Un piano per la riapertura di alcune di queste strutture. 

Il caso di Palisades è emblematico in questo senso. Grazie a circa 1,5 miliardi di dollari di finanziamenti emessi dal Dipartimento dell’Energia e un contributo di 300 milioni di dollari del governo federale del Michigan, la centrale potrebbe essere riaperta entro il 2025.

Perché riaprire una centrale chiusa?

La riapertura della centrale di Palisades potrebbe essere una mossa strategica per aumentare rapidamente la capacità di produzione di energia nucleare negli Stati Uniti senza dover costruire nuovi impianti da zero. Insomma, è un modo per ottenere, lo stesso, un risultato senza affrontate un processo che richiede anni e ingenti investimenti. L’energia nucleare ha contribuito a circa il 20% della produzione di elettricità negli Stati Uniti negli ultimi trent’anni, quota che è gradualmente diminuita, principalmente a causa dell’elevato costo di gestione delle centrali e del timore generale che suscitano le centrali.

Un’eccessiva preoccupazione che possano verificarsi incidenti è, almeno dal punto di vista statistico, sbagliato. Oggi il nucleare negli Stati Uniti è una delle fonti di energia più sicure, pulite e affidabili, soprattutto alla luce degli avanzamenti tecnologici che permettono uno smaltimento più efficace dei rifiuti. Sebbene la percezione pubblica del nucleare sia ancora influenzata da disastri passati come Chernobyl e Fukushima, diversi sondaggi indicano un graduale cambiamento dell’opinione pubblica a favore del nucleare, visto come un alleato fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

La centrale di Palisades potrebbe non essere l’unico impianto a riaprire. Se l’operazione avrà successo, altre centrali chiuse potrebbero seguire lo stesso percorso, come Three Mile Island in Pennsylvania, contribuendo così a ridurre la dipendenza del paese dai combustibili fossili.

L’innovazione nel nucleare: TerraPower e il nuovo reattore di Bill Gates

Mentre alcuni progetti si concentrano sul recupero di vecchie centrali, altri guardano al futuro, con la creazione di reattori nucleari più piccoli, economici e sicuri. Uno dei progetti più ambiziosi in questo campo è quello di TerraPower, una start-up sostenuta da Bill Gates, che sta costruendo un nuovo tipo di reattore nucleare nella città di Kemmerer, nel Wyoming. TerraPower sta sviluppando un reattore raffreddato a sodio liquido, una grande novità rispetto a quelli tradizionali, che utilizzano acqua pressurizzata per raffreddare il nucleo.

La scelta del sodio liquido permette di operare a pressioni più basse, riducendo così la necessità di costose misure di sicurezza. Questo rende il reattore più semplice da costruire e più economico rispetto ai modelli tradizionali. Il primo reattore di TerraPower sarà di dimensioni più ridotte rispetto ai tradizionali reattori nucleari: produrrà 345 megawatt, un terzo della potenza dei reattori convenzionali, e sarà pronto non prima del 2030.

Una delle caratteristiche innovative del reattore di TerraPower è la capacità di immagazzinare energia in una batteria a sali fusi, che permette al reattore di modulare la sua produzione di energia a seconda delle necessità. Questo è particolarmente utile quando si integra l’energia nucleare con fonti rinnovabili, come l’energia solare e quella eolica, che sono caratterizzate da una produzione intermittente.

Energia nucleare negli Stati Uniti: le sfide per il futuro

Nonostante i progressi tecnologici e il sostegno politico, le sfide che l’energia nucleare deve affrontare sono ancora tantissime. Il costo per costruire nuovi impianti è elevato, e spesso i progetti sono soggetti a ritardi e hanno bisogno di fondi aggiuntivi per essere ultimati. Un esempio è rappresentato dai reattori 3 e 4 dell’impianto di Vogtle, in Georgia, che sono stati costruiti con sette anni di ritardo e sono costati più del doppio delle stime iniziali.

Anche il progetto di TerraPower non è immune a queste difficoltà. Ad esempio, la società ha dovuto ritardare di due anni l’inizio dei lavori a causa della crisi globale delle forniture di uranio arricchito, causata dallo scoppio del conflitto Russo-Ucraino.

Infine, per concludere questa panoramica sull’energia nucleare negli stati uniti, non si può non analizzare la fusione, da sempre interpretata come possibile soluzione a lungo termine per ottenere energia pulita e illimitata. Per intenderci, la fusione nucleare è il processo che alimenta il sole: gli isotopi dell’idrogeno si fondono, rilasciando enormi quantità di energia senza produrre scorie. Tuttavia, la tecnologia per contenere l’enorme quantità di energia scaturita da questo processo è ancora in fase di sviluppo e non ci sono certezze su quando e se potrà essere commercializzata.

Una start-up cinese, Energy Singularity, sta lavorando su un reattore a fusione e spera di commercializzare questa tecnologia entro il 2035. L’azienda sta sviluppando un dispositivo chiamato tokamak, che utilizza potenti magneti per contenere un plasma riscaldato a temperature estremamente elevate.

Sebbene la fusione nucleare offra enormi promesse, gli esperti avvertono che ci sono ancora numerose sfide tecniche da superare.Il nucleare, sia nella sua forma tradizionale che nelle sue versioni più avanzate, rappresenta una delle opzioni più promettenti per risolvere il problema della transizione energetica. La riapertura di centrali dismesse come Palisades potrebbe aiutare a colmare il divario energetico nel breve termine, mentre progetti come quello di TerraPower e lo sviluppo della fusione nucleare potrebbero rivoluzionare il settore nei prossimi decenni.

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Crisi economica cinese: l’impatto sui paesi legati alla Cina

Crisi economica cinese e i paesi colpiti

La crisi economica cinese è arrivata? Quale sarà l’influenza sui Paesi che hanno legato il loro futuro alla Cina?

Dopo due decenni di crescita economica senza precedenti e prosperità, la Cina sta ora mostrando segni di rallentamento che suscitano preoccupazione a livello globale. Come si è giunti a questo punto? Il miracolo economico cinese, che per anni ha alimentato la crescita mondiale, era forse un’illusione? I segnali di difficoltà sono molteplici: il crollo delle esportazioni di Paesi come il Venezuela, che aveva puntato gran parte del suo futuro economico sui prestiti cinesi in cambio di petrolio, e il fallimento di grandi progetti infrastrutturali finanziati da Pechino, come la linea ferroviaria ad alta velocità Cina-Laos, rivelatasi insostenibile.

Il rallentamento della domanda cinese di materie prime ha messo in crisi economie emergenti e consolidate, con effetti devastanti anche su partner economici di lunga data come la Germania. Di fronte a una Cina che ha progressivamente tagliato i prestiti all’estero e imposto una concorrenza sleale sui mercati globali, molte economie si trovano oggi in difficoltà, sollevando interrogativi sulla sostenibilità del modello di crescita cinese.

L’accordo economico tra Cina e Venezuela

Negli anni 2000, il Venezuela, guidato dal presidente Hugo Chávez, ha puntato tutto sulla Cina, in quanto rappresentava la soluzione ideale per i problemi venezuelani. In che modo? Offrendo miliardi di dollari in investimenti e prestiti in cambio di una preziosissima merce: l’oro nero, il petrolio. A prima vista, la scommessa di Chavez può sembrare vincente. La Cina, in piena espansione economica, era affamata di risorse energetiche e utilizzava il petrolio venezuelano per alimentare la sua crescita, mentre finanziava ambiziosi progetti infrastrutturali in Venezuela.

Tuttavia, durante il decennio scorso, la situazione è peggiorata, principalmente a causa del calo della domanda di petrolio e quindi del suo prezzo. I ricavi delle esportazioni venezuelane sono scesi vertiginosamente, mettendo in crisi un’economia già afflitta da malgoverno e problemi interni, che nel 2014 è definitivamente rollata. Le conseguenze di ciò le conosciamo tutti: scarsità di cibo, ospedali privi di medicine e tasso di criminalità al limite del surreale. Per questi motivi milioni di venezuelani sono stati costretti a emigrare, e la Cina ha progressivamente ridotto i finanziamenti al Paese. Insomma, la scommessa del Venezuela sulla Cina si è rivelata un disastro economico.

Questa crisi rappresenta solo uno dei primi segnali di allarme ignorati dalla comunità internazionale. Decine di altri Paesi, che hanno legato il proprio destino economico alla crescita cinese, oggi si trovano in una situazione di grave difficoltà finanziaria. Questa situazione è dovuta principalmente al rallentamento dell’economia cinese.

Il “miracolo” economico cinese: un’illusione?

Dopo la crisi finanziaria del 2008, innnescata dal crollo del mercato immobiliare statunitense, la Cina ha sostenuto l’economia globale iniettando ingenti quantità di denaro nel sistema economico, stimolando la domanda interna e investendo. In meno di un decennio, ha speso circa 29.000 miliardi di dollari, un importo equivalente a un terzo del Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale. Gli effetti benefici di questa politica espansiva si sono fatti sentire in tutto il mondo, tanto che si pensa che l’economia cinese abbia contribuito a circa il 40% della crescita globale dal 2008 al 2021.

Per molti Paesi in via di sviluppo, la Cina era il migliore degli alleati. Il suo boom economico, avvenuto un secolo dopo rispetto all’occidente, apriva all’improvviso nuovi mercati per le esportazioni di materie prime, mentre il governo cinese offriva prestiti generosi per progetti infrastrutturali attraverso la Belt and Road Initiative (BRI). Tuttavia, dietro questo apparente miracolo economico, si nascondevano profondi squilibri e problemi strutturali.

Il boom cinese, alimentato da investimenti inefficienti e politiche di stimolo a breve termine, apare oggi insostenibile. E la situazione risulta ancora più grave se si analizzano le mosse del presidente Xi Jinping, al potere dal 2012, ha inasprito il controllo statale sull’economia e resistito a importanti riforme economiche. Il risultato? La crescita economica sta rallentando drammaticamente, tanto che alcuni esperti sono convinti che questa oggi sia praticamente nulla.

L’impatto globale del rallentamento cinese

Il rallentamento della crescita cinese sta avendo ripercussioni significative a livello globale, in particolare nei Paesi che hanno scelto la Cina come principale partner commerciale. La diminuzione della domanda cinese di materie prime ha portato a un crollo delle esportazioni per molte economie emergenti. Situazione che continua a peggiorare dato che il governo cinese continua a sovvenzionare le proprie imprese e a inondare i mercati globali di prodotti a basso costo, mettendo in difficoltà i produttori locali in altre parti del mondo.

In particolare, i prestiti esteri della Cina si sono ridotti drasticamente negli ultimi anni. Se nel 2016 la Cina prestava annualmente circa 90 miliardi di dollari all’estero, oggi questa cifra è scesa a soli 4 miliardi. Questa riduzione dei finanziamenti sta mettendo sotto pressione numerosi Paesi che dipendono dai prestiti cinesi per i propri progetti infrastrutturali. Molte nazioni, infatti, si trovano a dover affrontare il pagamento di enormi debiti senza poter contare su nuovi prestiti.

Le crisi di Zambia, Sri Lanka e Pakistan

Per comprendere la portata del problema basta analizzare la situazione in cui vertono, ad esempio, lo Zambia e lo Sri Lanka. Entrambi hanno dichiarato default per via di miliardi di dollari di debiti nei confronti della Cina, che non riescono a ripagare. Oppure il Pakistan, dove le fabbriche chiudono e il sistema energetico fatica a funzionare.

Anche le economie più sviluppate non sono immuni. La Germania ha visto le sue esportazioni verso la Cina diminuire del 9% nel 2023, il calo più significativo da quando la Cina è entrata nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001. Altri Paesi ricchi di materie prime, come l’Australia, il Brasile e l’Arabia Saudita, stanno vedendo diminuire la domanda di energia e risorse naturali.

L’ombra della crisi del debito degli anni ‘80

La situazione attuale presenta inquietanti parallelismi con la crisi del debito che colpì numerosi Paesi in via di sviluppo negli anni ‘80. All’epoca, molte nazioni, in particolare in America Latina e in Africa, furono travolte da debiti enormi contratti con banche commerciali occidentali e istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale. Di fronte all’impennata dei tassi di interesse e al crollo dei prezzi delle materie prime, molti Paesi, tra cui Messico, Brasile e Argentina, finirono in default, innescando anni di stagnazione economica e crisi politiche.

Oggi, la Cina ha assunto il ruolo che un tempo era delle banche occidentali. La sua crescente influenza economica ha portato numerosi Paesi in via di sviluppo a contrarre debiti enormi per finanziare progetti infrastrutturali e industriali. Tuttavia, come dimostrano i casi del Venezuela, dello Zambia e dello Sri Lanka, il prezzo di questa dipendenza dalla Cina può essere devastante.

Un futuro incerto

La crisi economica cinese non riguarda solo la Cina, ma ha implicazioni globali. Decine di Paesi si trovano a rischio di insolvenza, e le prospettive economiche globali sono incerte. Se la Cina non adotterà misure per ristrutturare il proprio debito estero e modificare le sue pratiche commerciali protezionistiche, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. Anche perché, la Cina deve anche fare in conti con una grave crisi del mercato immobiliare, caratterizzata ad esempio dal crollo di Evergrande, una delle più grandi aziende al mondo in questo settore.

La comunità internazionale dovrà affrontare una sfida complessa: trovare un equilibrio tra la necessità di coinvolgere la Cina nella risoluzione della crisi e l’esigenza di proteggere le proprie economie dalle conseguenze del rallentamento cinese. L’esempio del Venezuela ci mostra quanto possa essere alto il costo di una scommessa economica mal calibrata.

Il mondo ha bisogno di una soluzione collettiva per affrontare le conseguenze del rallentamento economico cinese, ma trovare un accordo globale non sarà facile.

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