Trading Bot e Smart Trades: cosa sono e quali sono le imposte da pagare nel 2025

trading bot imposte 2025

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere il funzionamento della tassazione sulle operazioni eseguite da Trading Bot e, nel caso specifico di Young Platform, tramite gli Smart Trades.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non è necessario effettuare calcoli manuali.

Tutte le transazioni vengono tracciate automaticamente, i valori e gli importi calcolati con precisione e inseriti nelle sezioni corrette della dichiarazione dei redditi (come il Quadro RT o il Quadro T).

Riceverai così un report fiscale precompilato, pronto da consultare e utilizzare come guida affidabile durante la dichiarazione.

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Che cos’è un Trading Bot

Un Trading Bot è un software automatizzato che esegue operazioni di acquisto e vendita di criptovalute al posto dell’utente, seguendo parametri preimpostati (strategie di prezzo, volumi, soglie, indicatori tecnici, ecc.).

Dal punto di vista fiscale, tutte le operazioni effettuate dal Bot sono imputabili all’investitore, come se fossero state eseguite manualmente.

Rilevanza fiscale delle operazioni del Bot

Le operazioni eseguite da un Trading Bot sono considerate fiscalmente rilevanti in due casi principali:

  1. Quando la criptovaluta viene venduta in cambio di euro o di un’altra valuta fiat
  2. Quando viene scambiata con una stablecoin classificata come EMT (Electronic Money Token)

Ma cosa significa “EMT”?

Secondo il regolamento europeo MiCAR, gli EMT sono token il cui valore è ancorato a una valuta fiat (come l’euro o il dollaro), e sono trattati come denaro elettronico.
Ai fini fiscali, vengono equiparati alla valuta tradizionale: scambiare una crypto per un EMT è come venderla per euro.

Quindi, se il Bot scambia ad esempio Bitcoin per 1.000 USDC, l’operazione è fiscalmente equiparabile alla vendita per 1.000 euro.

In questo caso, si può generare una plusvalenza (o minusvalenza), che deve essere dichiarata e tassata se rilevante.

NOTA – Classificazione degli EMT: uno scenario in evoluzione

Al momento non esiste una classificazione ufficiale, chiara e completa che indichi con certezza quali criptovalute rientrano nella categoria degli EMT (Electronic Money Tokens) secondo il regolamento MiCAR, e quali invece ricadano nelle altre categorie previste dalla normativa.

Di conseguenza, l’identificazione di una stablecoin come EMT è frutto di un’interpretazione della norma, basata sulle sue caratteristiche tecniche e funzionali. Questo porta inevitabilmente a categorizzazioni discordanti tra operatori del settore, fiscalisti e piattaforme.

In linea generale, si concorda sul fatto che Tether (USDT) – una delle stablecoin più utilizzate nel trading – può essere considerata un EMT, e quindi le operazioni in USDT sono fiscalmente rilevanti.

Diversamente, USD Coin (USDC) ha ricevuto ufficialmente la classificazione come EMT, avendo completato con successo il processo di due diligence richiesto dalla MiCAR e soddisfatto tutti i criteri normativi previsti.

Questo significa che, almeno per ora, le operazioni con USDC sono sicuramente rilevanti fiscalmente, mentre quelle con altre stablecoin – come USDT – lo sono in base a una lettura coerente e prudente della normativa vigente.

Esempio – Imposta sulle operazioni del Trading Bot

Un Bot vende 1 ETH a 2.000 USDC. Se quell’ETH era stato acquistato quando valeva 1.500€, hai una plusvalenza di 500€, su cui si applica il 26% di imposta, da versare l’anno successivo.

Smart Trades su Young Platform: Trading Bot e fiscalità

Su Young Platform, puoi utilizzare gli Smart Trades, strumenti di trading algoritmico che funzionano come veri e propri Bot automatici: eseguono operazioni di acquisto e vendita in base a strategie preimpostate, senza che tu debba intervenire manualmente.

Questi Bot possono operare anche contro stablecoin, come USDC o USDT, che rientrano nella categoria degli EMT (e-money tokens) secondo l’interpretazione del regolamento MiCAR.

Impatto fiscale delle operazioni automatiche

Quando un Smart Trade scambia una criptovaluta contro uno di questi EMT, l’operazione è fiscalmente rilevante, come se fosse una vendita per euro.
Se il valore della crypto al momento dello scambio è superiore a quello che aveva quando l’hai acquistata (o quando il Bot l’ha acquistata), si genera una plusvalenza soggetta all’imposta del 26%.

Non fa differenza se l’ordine è stato eseguito da un Bot o da te manualmente: ai fini fiscali conta l’effetto dell’operazione.

Tutto è già calcolato nel tuo Report Fiscale

La buona notizia?
Non devi fare nulla a mano. Su Young Platform, tutte le operazioni eseguite con Smart Trades vengono:

  • Tracciate automaticamente
  • Classificate in base alla loro rilevanza fiscale
  • Incluse nel report fiscale, con eventuali plusvalenze e imposte dovute già calcolate 

In pochi clic ottieni un documento completo e pronto da usare per la dichiarazione dei redditi, senza doverti preoccupare di nulla.

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Airdrop crypto: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

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Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere come funzionano le imposte sulle criptovalute ricevute tramite airdrop.

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, i valori vengono calcolati correttamente e inseriti nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Cos’è un airdrop crypto?

Un airdrop è una distribuzione gratuita di criptovalute.
Spesso i progetti crypto regalano i loro token a utenti selezionati per far conoscere il progetto, premiare chi ha già usato la piattaforma o incentivare l’adozione.

Esempio:
Nel 2020, Uniswap – uno dei più famosi exchange decentralizzati – ha regalato 400 token UNI a ogni utente che aveva interagito con la piattaforma prima di una certa data.

Un altro esempio più recente è Arbitrum, che nel 2023 ha distribuito token ARB agli utenti che avevano utilizzato la sua piattaforma.

Come viene trattato un airdrop crypto livello fiscale?

Ricevere token tramite airdrop è considerato un reddito anche se non hai speso nulla per ottenerli.

Per questo motivo, il valore ricevuto è soggetto a imposta.

Dove si dichiarano?

I token ricevuti tramite airdrop vanno indicati:

  • Nel Quadro RW del Modello Redditi (ex Unico) o Quadro W (del modello 730) per dichiararne il possesso di criptovalute. Serve anche per calcolare l’imposta di bollo dello 0,2% sul totale delle criptovalute possedute al 31 dicembre.
  • Nel Quadro RT del Modello Redditi (ex Unico), oppure nel Quadro T del modello 730 per un’eventuale vendita con guadagno.

Quando si pagano le imposte sugli airdrop crypto?

Nell’anno successivo a quello in cui hai ricevuto i token.

Esempio:
Se hai ricevuto delle criptovalute con un airdrop nel 2024, dovrai dichiararle e pagare le imposte nel 2025.

Quanto si paga?

L’imposta da pagare è del 26% sul valore delle criptovalute ricevute tramite airdrop al momento dell’accredito sul tuo portafoglio.

Si considera cioè il prezzo della criptovaluta nel giorno in cui è stata accreditata sul tuo portafoglio.

Per calcolare il valore su cui verrà applicata l’imposta, ti basta:

  • Moltiplicare la quantità di token ricevuti per
  • Il prezzo di 1 token nel giorno in cui li hai ricevuti.

Questo ti dà il valore complessivo delle criptovalute ricevute, su cui si applica l’aliquota del 26%. 

Esempio – Imposta sull’airdrop ricevuto

Hai ricevuto 400 UNI il 21 ottobre 2024, quando 1 UNI valeva 7€.

  • Calcolo del valore ricevuto:
    400 UNI × 7€ = 2.800€
  • Calcolo dell’imposta:
    2.800€ × 26% = 728€ da pagare nel 2025

Anche se non hai venduto i tuoi UNI e sono ancora nel wallet, l’imposta è comunque dovuta, perché si tratta di un reddito.

E se vendi le criptovalute?

Se poi vendi le criptovalute in cambio di euro o qualsiasi altra valuta fiat e il loro valore è aumentato, allora paghi anche un’imposta sulla plusvalenza (cioè sul guadagno).

Esempio – Imposta sulla vendita:

Hai venduto i tuoi 400 UNI a novembre 2024, quando valevano 10€ ciascuno.

  • Valore di vendita: 400 × 10€ = 4.000€
  • Valore al momento dell’airdrop: 2.800€
  • Plusvalenza = 4.000 – 2.800 = 1.200€
  • 26% su 1.200€ = 312€ di imposta da pagare nel 2025

Questa imposta si aggiunge a quella pagata sulla ricezione dell’airdrop e va anch’essa versata nel 2025. 

Quando si paga l’imposta sulla plusvalenza?

Il principio è semplice: le imposte si pagano l’anno successivo rispetto all’anno in cui hai venduto le criptovalute e, ovviamente, solo se hai realizzato un guadagno.

Quindi:

  • Se le vendi nel 2024, paghi nel 2025
  • Se le vendi nel 2025, paghi nel 2026
  • Se le vendi nel 2026, paghi nel 2027…e così via.
airdrop crypto imposte 2025

E se scambi le criptovalute ricevute con un airdrop per una stablecoin?

Con l’entrata in vigore del regolamento europeo MiCAR, anche lo scambio di criptovalute con alcune stablecoin (chiamate EMT – e-money tokens) è fiscalmente rilevante.

Gli EMT sono stablecoin il cui valore è ancorato a una valuta fiat (come il dollaro o l’euro), e sono trattati dal fisco come valuta a corso legale. Esempi: Tether (USDT), USD Coin (USDC).

Questo significa che scambiare criptovalute come UNI per USDC è come venderle per euro, e se hai un guadagno rispetto al momento in cui le hai ricevute, dovrai pagare l’imposta sulla plusvalenza.

Esempio – Imposta sullo scambio con stablecoin

Hai ricevuto 400 UNI il 21 ottobre 2024 con un airdrop, quando valevano 7€ ciascuno → valore iniziale: 2.800€

A novembre 2024, quando il prezzo di 1 UNI è salito a 10€, decidi decidi di scambiare i tuoi 400 UNI per USDC. 

  • Dallo scambio ricevi circa 4.000 USDC (equivalenti a 4.000€, dato che 1 USDC ≈ 1€).
  • Perciò il valore ricevuto al momento dello scambio: 4.000€
  • Valore al momento dell’airdrop: 2.800€
  • Plusvalenza: 4.000 – 2.800 = 1.200€
  •  Imposta da pagare: 26% di 1.200€ = 312€

Esattamente come avviene per la vendita in euro, anche lo scambio per EMT genera una plusvalenza imponibile.

NOTA – Classificazione degli EMT: uno scenario in evoluzione

Al momento non esiste una classificazione ufficiale, chiara e completa che indichi con certezza quali criptovalute rientrano nella categoria degli EMT (Electronic Money Tokens) secondo il regolamento MiCAR, e quali invece ricadano nelle altre categorie previste dalla normativa.

Di conseguenza, l’identificazione di una stablecoin come EMT è frutto di un’interpretazione della norma, basata sulle sue caratteristiche tecniche e funzionali. Questo porta inevitabilmente a categorizzazioni discordanti tra operatori del settore, fiscalisti e piattaforme.

In linea generale, si concorda sul fatto che Tether (USDT) – una delle stablecoin più utilizzate nel trading – può essere considerata un EMT, e quindi le operazioni in USDT sono fiscalmente rilevanti.

Diversamente, USD Coin (USDC) ha ricevuto ufficialmente la classificazione come EMT, avendo completato con successo il processo di due diligence richiesto dalla MiCAR e soddisfatto tutti i criteri normativi previsti.

Questo significa che, almeno per ora, le operazioni con USDC sono sicuramente rilevanti fiscalmente, mentre quelle con altre stablecoin – come USDT – lo sono in base a una lettura coerente e prudente della normativa vigente.

Tutti i calcoli sono automatici

Ricorda che non devi fare questi calcoli da solo o da sola.
Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, tutti questi passaggi sono gestiti automaticamente:

  • Il software traccia ogni operazione
  • Calcola eventuali imposte dovute
  • Ti dice esattamente quanto e se devi pagare 

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Gioco d’azzardo in Italia: storia, cultura e impatto economico

Gioco d’azzardo in Italia: il quadro attuale

Il gioco d’azzardo è un’attività vecchia quanto la storia dell’Uomo: da millenni le persone sfidano la sorte e scommettono. Qual è la situazione in Italia? 

Giocare d’azzardo su una quota alta e poter solo immaginare di vincere la cifra mostrata è una delle ragioni principali per cui le persone passano ore e ore tra casinò online e slot machine fisiche. Già ai tempi dell’Antica Roma c’erano le bische clandestine e i movimenti di condanna. Ad oggi, però, la situazione in Italia non è rosa e fiori: chi gioca d’azzardo più frequentemente e perché? Ma soprattutto, quanto spende?

La storia del gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo ha accompagnato – e accompagnerà – la razza umana durante tutto il suo cammino poiché da quando ha imparato a scrivere, intorno al 3000 a.C., l’uomo ha iniziato a scommettere. Il primo gioco da tavolo, il senet, è stato ritrovato nell’Antico Egitto e risale al terzo millennio a.C. Considerato uno degli antenati del Backgammon, il senet consisteva in pedine e scacchiera e legava la dimensione dell’azzardo a quella religiosa: si credeva che il defunto dovesse giocare la sua sorte contro il Destino in persona. Passano un paio di millenni e i dadi si impongono come gioco d’azzardo preferito soprattutto per i Romani, che li chiamano tesserae, seppur già proibiti (con scarso successo) con la Lex Alearia.

Nel Medioevo i dadi mantengono il primato, tanto che Dante nel Purgatorio parla della zara, gioco di origine bizantina che prevedeva due giocatori e tre dadi. Si diffondono anche le baratterie, luoghi appositamente dediti al gioco d’azzardo, che vengono legalizzati e tassati: la condanna morale e religiosa viene messa in secondo piano in favore delle entrate economiche. 

Con l’invenzione della carta nel II secondo secolo d.C, è il momento delle carte da gioco: si ritiene che la loro diffusione in Europa sia partita dalla Cina, passando per Medio Oriente ed Egitto, circa dieci secoli dopo, intorno al 1300. Successivamente arrivano anche le lotterie, con la prima in assoluto tenuta a Milano, in piazza Sant’Ambrogio, nel 1449. 

Finisce il Medioevo e con l’età moderna il gioco d’azzardo sale di livello: viene introdotto il poker, le scommesse sulle corse dei cavalli guadagnano popolarità e prende piede la roulette: una leggenda dice che il suo inventore fu il celebre Blaise Pascal, intento a studiare il moto perpetuo. Nel 1638 viene istituito a Venezia il Ridotto pubblico, la prima casa da gioco, un vero e proprio casinò

Nel 1891 a Brooklyn, New York, viene inventata la prima gambling machine, precursore della fortunata slot machine. Il XIX e il XX secolo vedono la proliferazione di casinò, seppur alternata da fasi di proibizionismo del gioco d’azzardo, fino ai giorni nostri, in cui il gambling online – nei relativi casinò online – è decisamente la forma di gioco più popolare. 

Chi gioca d’azzardo in Italia? Un fenomeno trasversale

Nulla di nuovo sotto il sole. Il gioco d’azzardo in Italia sembra essere diffuso in ogni fascia d’età, nonostante la legge vieti ai minorenni di scommettere. Analisi recenti suddividono le tipologie di scommettitori in tre gruppi: i giovani (dai 14 ai 19 anni), gli adulti (dai 20 ai 64) e gli over 65 (dai 65 anni in su). Il primo e il secondo gruppo si avvicinano al mondo delle scommesse perché hanno amici e/o parenti che giocano e rappresentano rispettivamente il 34% e il 60% della popolazione; l’ultimo gruppo, composto per lo più da pensionati e/o vedovi, invece gioca d’azzardo per impegnare il tempo e costituisce il 26% dei giocatori. 
La fascia d’età più accanita e che spende di più è quella che va dai 25 ai 36 anni

Un altro dato interessante è relativo al gender gap: non solo gli uomini giocano d’azzardo più frequentemente delle donne – rispettivamente il 51,1% e il 34,4% – ma spendono anche di più, con un importo medio della scommessa corrispondente a 31,6€ contro i 22,9€. 

Perchè si gioca d’azzardo? 

Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre

La prima è piuttosto ovvia, nonché connessa alla possibilità di ottenere grandi premi in denaro. Tuttavia, va aldilà dell’accezione puramente economica ma rientra nella sfera psicologica. Il prezzo del biglietto (o della puntata) è molto basso rispetto alla capacità di spesa mentre il premio potenziale è incredibilmente alto rispetto al reddito di chi scommette. La bilancia costi/benefici pende – in modo ingannevole – dalla parte dei benefici. 

La seconda invece riguarda l’eccitazione della sfida, che risulta essere la motivazione più comune fra giovani e adulti. Il gioco d’azzardo offre l’opportunità di mettere alla prova le proprie abilità ma anche di competere contro gli altri, in una sfida che viene premiata con denaro reale. È chiaro quindi come per molte persone questa sensazione di adrenalina possa risultare piacevole e gratificante, al punto da generare dipendenza

Infine l’evasione dallo stress quotidiano: è la ragione più preoccupante, poiché il gioco d’azzardo qui viene utilizzato come una forte distrazione da problemi più seri e importanti, permettendo ai giocatori di sperimentare sensazioni di temporanea tranquillità e soddisfazione. 

L’impatto economico: si spende sempre di più

Nel 2023, il volume totale del denaro speso nel gioco d’azzardo in Italia ammontava a 150 miliardi di euro – l’anno prima la cifra si aggirava intorno ai 136 miliardi – e le previsioni indicano una tendenza al rialzo, con 180 miliardi nel 2025. Numeri decisamente impressionanti. Per fare un paragone, se nel 2022 gli italiani hanno riversato 136 miliardi di euro in scommesse e casinò online, in quello stesso anno la spesa per la sanità ammontava a 128 miliardi, mentre quella per l’istruzione a 52 miliardi. 

Federconsumatori, nel suo report “Il Libro Nero dell’Azzardo”, ci comunica che nel 2022 la quota pro capite per gioco d’azzardo fisico e da remoto, calcolata sulla popolazione maggiorenne residente in Italia, era pari a 2.731,68€. La cifra però varia in base alle diverse aree del Paese: la regione con più alto volume di scommesse è infatti la Lombardia con 13 miliardi di euro raccolti. Seguono Campania, Lazio ed Emilia-Romagna, con una somma totale compresa fra i 7 e i 10 miliardi. Interessante notare come il comune con quota pro capite più alta non si trovi in nessuna di queste regioni. Si tratta di Anguillara Veneta che, con 4.161 abitanti, si aggiudica il record di 13.073 euro/persona.

Un ultimo punto è relativo alla criminalità organizzata: il report menzionato prima ha quantificato in una cifra compresa fra i 16 e i 18 miliardi l’importo attribuibile ad attività legate alla malavita. Il gioco d’azzardo online permette di recuperare circa 94 euro su 100 rispetto ai 70 del gioco fisico ed è quindi un mezzo importante per riciclare grandi quantità di denaro. 

Il gioco d’azzardo non vale la candela

Nonostante possa sembrare appetibile, il gioco d’azzardo si fonda su dinamiche subdole e ingannevoli: nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità ha realizzato la prima indagine epidemiologica in Italia per acquisire una comprensione più chiara della diffusione del fenomeno. I dati dicono che su 14,5 milioni di giocatori italiani, un milione e mezzo sono stati classificati come problematici. A perdere è sempre chi gioca.

Sì, sembra la classica frase fatta che direbbero i tuoi genitori. Ma indovina un po’? I tuoi genitori hanno ragione e la matematica fornisce prove a supporto: scommesse, slot machine, roulette e qualsiasi gioco d’azzardo è scientificamente progettato per garantire un vantaggio al casinò, secondo la regola del valore atteso. Se così non fosse, questo modello di business non sarebbe sostenibile

A questo punto, è quasi inutile sottolinearlo ma scommettere non è investire, a lungo termine il banco vince sempre

Casinò: il banco vince sempre, meglio puntare sugli investimenti

Casinò: il valore atteso e gli investimenti

Si dice che “il banco vince sempre”, in realtà non vince proprio sempre, ma sicuramente più spesso dei giocatori. Quali sono le probabilità di vincere giocando al casinò e perché è meglio investire?

Qual è il valore atteso di giocare al casinò e come si misura questa grandezza nel mondo degli investimenti? Cos’hanno in comune queste due attività, a parte le intrinseche leggi probabilistiche che le regolano?

La cosa interessante è che entrambe possono essere analizzate a livello statistico e confrontate. Sia i colorati e vibranti giochi del casinò, che i noiosi (non per noi) asset finanziari, hanno un valore atteso. Come si calcola e per quale attività è superiore?

Il banco vince sempre  spesso

Il richiamo sfavillante dei giochi da casinò è forte, tra luci e jackpot promessi – ma matematicamente è una battaglia persa in partenza. Si dice che il banco vince sempre per evocare il vantaggio ineluttabile a favore delle case da gioco (o dello Stato) e si sa, i detti popolari sono spesso efficaci per descrivere la realtà.

In ogni caso, il concetto statistico fondamentale che sta alla base di quanto affermato è noto come valore atteso. Questo è alquanto popolare anche nel mondo degli investimenti, dove viene spesso chiamato “rendimento atteso”, un mezzo indispensabile per gli investitori che intendono valutare i potenziali effetti delle loro decisioni.

Che cos’è il valore atteso?

Prima di affrontare la definizione formale, vediamo un esempio pratico: la via più utile e intuitiva per assimilare questo concetto. Facciamo finta di essere in un casinò e di star giocando a Craps, un gioco dove i giocatori scommettono sul lancio di un dado a sei facce; qual è la probabilità che esca il numero due

Comprensibilmente la risposta a questa domanda è ⅙, dato che le facce sono 6 e la probabilità che “esca” ogni numero è identica. In questo caso il valore atteso si ricava sommando i possibili valori di un evento (il numero sulla faccia del dado), ciascuno moltiplicato per la probabilità che esso si verifichi, che come abbiamo visto è ⅙.

Ecco il calcolo da svolgere: 

(1*⅙) + (2*⅙) + (3*⅙) + (4*⅙) + (5*⅙) + (6*⅙) = 3.5

La prossima volta che assisterai al lancio di un dado in un casinò saprai che il valore atteso sarà 3,5. Ciò significa che se lanci un dado a sei facce moltissime volte, la media dei numeri che otterrai tenderà a essere 3,5. Ma adesso concentriamoci sulla definizione più formale.

“In teoria della probabilità il valore atteso (chiamato anche media o speranza matematica) di una variabile casuale X è un numero indicato con E(X) formalizza l’idea euristica di valore medio di un fenomeno aleatorio.”

Ricapitolando, il valore atteso di un evento è dato dalla somma dei possibili valori, ciascuno moltiplicato per la probabilità che si verifichi. In altre parole è uguale alla media ponderata dei possibili risultati. Teniamo a mente quest’ultima frase che ci tornerà molto utile quando parleremo di investimenti.

Il banco vince sempre: perché non vale la pena giocare al casinò

Teletrasportiamoci in un casinò. Ora che abbiamo capito cos’è il valore atteso, tutto appare sotto una nuova luce: questo valore è sempre negativo per i giocatori, e sempre positivo per il banco.

Se questa frase vi è scivolata addosso senza troppa attenzione, forse vi è sfuggito un dettaglio non da poco: abbiamo appena messo in discussione un’industria che, solo in Europa, ha generato 131 miliardi di euro di ricavi (dati del 2023).

La ragione è semplice. I giochi d’azzardo sono progettati per garantire un margine di vantaggio al casinò — noto come house edge. È questo vantaggio che rende sostenibile il loro modello di business: se il valore atteso fosse positivo per i giocatori, gestire un casinò equivarrebbe a regalare denaro ai clienti nel lungo periodo.

Certo, non tutti i giochi sono uguali. Alcuni, come la roulette, hanno un valore atteso solo lievemente negativo. Altri, come il SuperEnalotto, presentano probabilità talmente sfavorevoli da rendere praticamente impossibile una vincita consistente. Ma andiamo a vedere nel dettaglio il valore atteso dei giochi da casinò più popolari.

Un esempio pratico: il valore atteso della Roulette

Uno dei giochi da casinò più generosi nei confronti dei giocatori è la roulette europea, ovvero quella con un solo zero. Per confermare quanto affermato calcoliamo le probabilità di una puntata semplice, ad esempio rosso o nero, pari o dispari, 1-18 o 19-36. In una roulette europea ci sono 37 numeri possibili (18 rossi, 18 neri, 1 zero verde). 

Scommettendo, ad esempio, sul rosso:

  • La probabilità di vincere è 18/37 (circa il 48.65%), perché 18 numeri su 37 sono rossi. 
  • La probabilità di perdere è 19/37 (circa il 51.35%), perché 18 sono neri più lo zero che fa perdere le puntate sul rosso.

Il payout per una puntata vincente sul rosso è 1:1. In altre parole, si raddoppia la posta: se puntiamo 1€ ne otteniamo 2€ in totale quando vinciamo, ovvero 1€ di profitto netto, mentre se perdiamo, perdiamo l’intera somma puntata

Il valore atteso totale sarà quindi il risultato della differenza tra il valore atteso dalla probabilità di vittoria (18/37) meno quello della sconfitta (19/37), il cui risultato è una perdita di 0,027€ per ogni euro puntato. Per semplificare il discorso non abbiamo riportato la formula, ma se vuoi verificare calcolando questa differenza dopo aver applicato lo stesso procedimento che abbiamo seguito per il dado.

Il Valore atteso negli investimenti finanziari

Ora che conosci, in linea generale, il concetto di valore atteso dei giochi da casinò, è il momento di parlare di investimenti; dato che per stimare il rendimento futuro di strumenti come azioni, obbligazioni, indici e anche criptovalute si utilizzano leggi probabilistiche simili.

Innanzitutto, bisogna specificare che cambiando sistema di riferimento cambia anche il tipo di approccio alla probabilità. Non possiamo analizzare il mondo finanziario in modo probabilisticamente oggettivo, dato che non è costituito da eventi perfettamente simmetrici e costruiti (come il lancio di un dato). In questo caso, si modellano le probabilità in base ai dati storici. 

Il valore atteso negli investimenti è detto rendimento atteso e non è altro che la media ponderata dei possibili rendimenti di un investimento, tenendo conto della probabilità di ciascun risultato. Se ci fate caso, questa definizione è praticamente identica a quella enunciata sopra parlando di giochi da casinò.

In questo articolo per comprendere il valore atteso in finanza utilizzeremo uno degli indici azionari più longevi del mercato: l’S&P 500. L’S&P 500 è uno degli indici azionari più importanti al mondo, che segue l’andamento delle 500 grandi aziende statunitensi più capitalizzate. Ha uno storico di dati di quasi un secolo, ed è quindi molto efficace e utilizzato per stimare i rendimenti azionari di lungo termine. Storicamente, l’S&P 500 ha offerto un rendimento medio annuo positivo.

Quello atteso è attualmente del +10% circa considerando i dati storici dal 1928 ad oggi, includendo i dividendi reinvestiti, su lunghi periodi. Sarebbe interessante fare lo stesso con Bitcoin, ma purtroppo quindici anni di storico sono decisamente pochi per valutare un fenomeno finanziario dal punto di vista statistico. Ad oggi il rendimento atteso sarebbe dell’85%, analizzando le sue performance dal 2011 ad oggi.

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Perché investire non è come giocare d’azzardo: conclusioni

Sebbene sia vero che sia l’investimento sia il gioco d’azzardo implicano il mettere a rischio del capitale con la speranza di aumento, la differenza fondamentale sta nel segno e nella natura del valore atteso.

Nel gioco d’azzardo il valore atteso è negativo per il giocatore, il sistema è chiuso e a somma negativa: il banco trattiene sempre una frazione delle puntate (il margine). Non importa quanto a lungo si giochi o quali strategie di puntata vengano adottate. Sistemi come la Martingala e simili possono modificare la distribuzione delle vincite nel breve termine, ma non possono agire sul valore atteso.

Alla lunga il giocatore perderà, in media, la percentuale corrispondente al vantaggio del banco. Insomma, “il banco vince sempre” non è solo un detto: è una legge matematicamente dimostrata dovuta alla struttura del gioco

Negli investimenti finanziari, soprattutto sul mercato azionario, il valore atteso per l’investitore è storicamente positivo. Questo perché l’economia genera costantemente nuova ricchezza: le aziende crescono, producono utili, innovazione, e ciò si riflette in un aumento di valore nel lungo termine. Investire in un indice di mercato diversificato significa partecipare alla crescita economica generale.

Certo, esiste il rischio di scegliere un investimento sbagliato o di subire flessioni nel breve periodo, ma questo può essere gestito con la diversificazione, impostando i propri obiettivi in un orizzonte temporale di lungo periodo e con la disciplina (accortezze impossibili da attuare nel gioco d’azzardo, dove ogni puntata è indipendente e sicuramente sfavorevole).

Volatilità e valore atteso: la relazione

L’ultimo punto da considerare in questo confronto tra giochi da casinò e mondo degli investimenti è la volatilità, messa in contrapposizione con la certezza di registrare una perdita. Nei giochi da casinò, ma anche nei gratta e vinci e nel Superenalotto il risultato è prevedibile nel lungo termine (perdita di una frazione fissa di quanto giocato), con una volatilità che tende a ridursi come percentuale sul volume giocato man mano che aumentano le puntate

Negli investimenti, invece, la volatilità non scompare per periodi di tempo più prolungati (anzi, inizialmente può far aumentare l’incertezza di risultato nell’orizzonte medio), ma poiché il valore atteso è positivo, col passare del tempo crescono le probabilità di registrare un rendimento positivo. 

Ad esempio, detenere un’azione per un singolo giorno è come lanciare una moneta (circa 50% di giorni positivi, 50% negativi); holdarla per un anno dà una buona probabilità di rendimento positivo, ma non garantita; conservarla per 10 o 20 anni storicamente ha quasi sempre garantito un rendimento significativo.​

Al contrario, giocare alla roulette ripetutamente per 10 o 20 anni darà sicuramente un risultato netto negativo vicino al valore atteso teorico, salvo il verificarsi di eventi eccezionali e irripetibili. Mentre se si punta sul rosso una sola volta le probabilità di vittoria sono incredibilmente più alte.

In conclusione, investire (saggiamente) è un’attività statisticamente vincente nel lungo termine, mentre chi gioca d’azzardo ha la certezza matematica di registrare perdite. L’investimento produce ricchezza nel sistema economico, mentre il gioco d’azzardo ridistribuisce semplicemente il valore e ne erode una parte, quella che finisce nelle casse del banco.

Naturalmente, ciò non significa che investire sia un’attività priva di rischio: ma che chi investe viene compensato da un premio per il rischio che si assume, cosa che non avviene nel gioco d’azzardo, dove il rischio si traduce solo in ulteriore svantaggio senza alcun premio atteso.

Scadenza dichiarazione redditi e pagamento delle imposte 2025: il calendario fiscale per le criptovalute

scandenza dichiarazione redditi criptovalute

Per evitare sanzioni e adempiere correttamente agli obblighi fiscali, è fondamentale conoscere le scadenze principali e le nuove regole applicabili. Scopriamo dunque il calendario fiscale 2025.

Di seguito, troverai una guida chiara ed esaustiva sulle date chiave per il pagamento delle imposte, la dichiarazione dei redditi e le principali modifiche normative introdotte per il 2025.

Tassazione delle criptovalute: cosa bisogna sapere

Chi investe in criptovalute deve rispettare due obblighi principali:

  1. Pagamento delle imposte → riguarda il versamento delle somme dovute allo Stato, come l’imposta sulle plusvalenze e l’imposta patrimoniale.
  2. Dichiarazione dei redditi → consiste nella presentazione del documento fiscale che riepiloga i redditi percepiti nell’anno, compresi redditi derivanti dalle criptovalute.

Non rispettare questi obblighi può comportare sanzioni, quindi è essenziale conoscere le date chiave per il 2025.

Scadenze per il pagamento delle imposte sulle criptovalute

Ecco le principali date da segnare in calendario:

30 giugno 2025

  • Pagamento dell’imposta sulle plusvalenze realizzate nel 2024 (26%).
  • Pagamento dell’IVACA (imposta di bollo dello 0,2%) sul valore delle criptovalute detenute al 31 dicembre 2024. Da pagarsi qualora le cripto attività non siano custodite presso un exchange che provveda autonomamente a trattenere e versare l’imposta di bollo.
  • Versamento del primo acconto sulle imposte per l’anno fiscale 2025.

30 novembre 2025

  • Versamento del secondo acconto sulle imposte per il 2025.

Se non si rispettano queste date, si rischiano sanzioni e interessi di mora. In caso di ritardo, è possibile regolarizzare i versamenti con il Ravvedimento Operoso, pagando una sanzione ridotta. Per pagare il minimo di sanzioni e interessi devi presentare il Ravvedimento Operoso entro 90 giorni dalla scadenza, quindi entro settembre 2025.

Scadenze per la Dichiarazione dei redditi nel 2025

Le dichiarazioni fiscali devono essere presentate nei seguenti termini:

30 settembre 2025 → Scadenza Invio telematico Modello 730

  • Utilizzato principalmente da lavoratori dipendenti e pensionati.
  • Contiene il Quadro W per il monitoraggio del possesso di cripto-attività e calcolo dell’imposta patrimoniale.
  • Include il Quadro T, dove si dichiarano le eventuali plusvalenze e minusvalenze per il calcolo delle imposte sul reddito.

31 ottobre 2025 → Scadenza Invio telematico Modello Redditi Persone Fisiche (PF)

  • Necessario per chi ha redditi diversi dal lavoro dipendente, come partite IVA e liberi professionisti.
  • Contiene il Quadro RW per il monitoraggio del possesso di cripto-attività e per il calcolo dell’imposta patrimoniale.
  • Include il Quadro RT, dove si dichiarano le plusvalenze e minusvalenze derivanti da criptovalute.

Novità fiscali 2025 sulle criptovalute: cosa cambia e cosa segnare in agenda

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto nuove regole fiscali per chi possiede criptovalute. Si tratta di cambiamenti significativi che influenzeranno la dichiarazione dei redditi. Vediamo in modo semplice cosa cambia, quali sono le scadenze da ricordare e su cosa riflettere per fare scelte consapevoli.

Fino al 2024: imposta solo sopra i 2.000 euro

Per tutto l’anno fiscale 2024 (cioè per le operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2024), le plusvalenze – cioè i guadagni ottenuti dalla vendita o conversione di criptovalute – non sono soggette a imposta se inferiori a 2.000 euro complessivi.

Questa regola resta valida nella dichiarazione dei redditi che si presenta nel 2025 per l’anno 2024. Fino a quel momento, quindi, non cambia nulla rispetto al passato.

Dal 2025: si paga l’imposta anche per piccoli guadagni

A partire dal 1° gennaio 2025, questa soglia di esenzione verrà abolita.
Significa che qualsiasi plusvalenza, anche di importo modesto, sarà soggetta a imposta.

Inoltre, è importante sapere che l’aliquota attualmente prevista del 26% potrebbe salire al 33%. Al momento non c’è nulla di definitivo, e verrà deciso nella prossima Legge di Bilancio. L’intero settore sta lavorando per far abrogare questa misura, considerata da molti ingiustificata e penalizzante per i piccoli investitori.

La possibilità di rivalutare le criptovalute

Per prepararsi a questo scenario, è possibile scegliere di rivalutare il valore delle proprie criptovalute. In pratica, si può fissare il loro valore fiscale al prezzo di mercato del 1° gennaio 2025, pagando un’imposta sostitutiva del 18% su questo importo.

30 novombre 2025

  • La scadenza per effettuare il pagamento è il 30 novembre 2025.
  • È possibile versare l’importo in tre rate annuali, con un interesse del 3% sulle rate successive alla prima.

Questa scelta consente, in futuro, di pagare l’imposta (oggi al 26%) solo sulla parte di guadagno che eccede il valore rivalutato.

Conviene davvero rivalutare?

La rivalutazione può sembrare una soluzione vantaggiosa, ma non è detto che sia sempre la scelta migliore. Se il valore delle criptovalute non dovesse crescere molto, o se non si ha in programma di vendere a breve termine, si rischia di pagare più imposte del necessario.

Inoltre, con l’incertezza sull’aliquota futura, è ancora più importante fare valutazioni accurate.Per questo motivo, è consigliabile approfondire bene l’argomento prima di decidere, leggendo l’approfondimento dedicato alla convenienza della rivalutazione.
Evitare di prendere decisioni affrettate può fare la differenza tra risparmiare o pagare imposte non dovute.

scadenza dichiarazione redditi 2025

Consigli pratici per gestire le imposte sulle criptovalute

Gestire correttamente le criptovalute dal punto di vista fiscale può sembrare complicato, ma con un po’ di organizzazione è possibile evitare errori e brutte sorprese. Ecco tre consigli utili:

1. Tieni tutto sotto controllo

  • Registra ogni operazione: comprare, vendere, scambiare o trasferire criptovalute sono tutte operazioni che vanno tracciate. Quasi tutte le piattaforme ti permettono di scaricare un file (di solito in formato CSV) con lo storico completo delle tue attività. Conserva questi file con cura: sono la prova di quanto hai fatto, nel caso l’Agenzia delle Entrate voglia controllare.
  • Scarica la ricevuta dell’imposta di bollo: se usi piattaforme che anticipano il pagamento per conto tuo (come Young Platform), puoi scaricare la ricevuta e tenerla agli atti.
  • Usa un report fiscale: per compilare la dichiarazione dei redditi in modo più semplice, puoi acquistare un report già pronto. Questi report, offerti da consulenti o da alcune piattaforme crypto come Young Platform, ti forniscono un documento precompilato da consegnare al commercialista o utilizzare tu stesso.

2. Chiedi aiuto a un esperto

Le regole fiscali sulle criptovalute cambiano spesso e possono essere complicate, soprattutto se hai molti wallet, usi protocolli decentralizzati (DeFi) o hai movimentato cifre importanti. In questi casi, affidarsi a un commercialista che conosce il settore può farti risparmiare tempo, denaro e stress. Young Plartform offre un servizio di consulenza con un commercialista esperto che puoi richiedere direttamente in app cliccando sul banner.

3. Prepara in anticipo i pagamenti

Non aspettare l’ultimo giorno per versare le imposte.
Un consiglio utile è quello di mettere da parte una parte dei guadagni ogni volta che realizzi un profitto. In questo modo, quando arriverà il momento di pagare, avrai già le risorse pronte.

Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per compensare l’imposizione fiscale nel 2025

minusvalenze criptovalute young platform

Le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente divulgativo: servono ad aiutare l’investitore a comprendere cosa sono le minusvalenze e come usarle per la compensazione delle imposte. 

Se utilizzi un servizio di reportistica fiscale per criptovalute, come quello offerto da Young Platform, non devi effettuare alcun calcolo manuale.

Ogni transazione viene tracciata in automatico, minusvalenze e plusvalenze vengono calcolate correttamente e inserite nelle caselle appropriate dei quadri della dichiarazione (come il Quadro RT o il Quadro T).

Il risultato è un report fiscale precompilato, che puoi usare come guida chiara e sicura durante la compilazione della dichiarazione dei redditi.

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Minusvalenze: definizione e utilizzo per la compensazione fiscale

Una minusvalenza si verifica quando si vende una criptovaluta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto, generando una perdita finanziaria. Dal punto di vista fiscale, in Italia, queste minusvalenze possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze (guadagni) ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo così l’imposta dovuta.​

Periodo di compensazione delle minusvalenze

A partire dal 2023, la normativa italiana stabilisce che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso l’anno in cui sono state realizzate.

Non c’è una distinzione tra minusvalenze realizzate nel 2023 o nel 2024: il periodo è sempre di cinque anni, ma è importante considerare che il primo anno utile è quello stesso in cui la minusvalenza è stata generata

Ad esempio, una perdita registrata nel 2024 può essere compensata fino al 2028, considerando come primo anno il 2024 stesso.

È importante notare che  le minusvalenze realizzate prima del 2023 non possono essere usate per compensare le plusvalenze future.

Perché? Prima del 2023 le criptovalute erano considerate “valute estere”, e non esisteva una normativa chiara che permettesse la compensazione delle perdite.

Come compensare le minusvalenze 

Esempio pratico di compensazione minusvalenze

Immagina questa situazione:

  • Nel 2024 hai una perdita complessiva di 10.000 euro: quindi 10.000 euro di minusvalenza
  • Sempre nel 2024, realizzi anche un guadagno complessivo di 5.000 euro 

Cosa succede?

  • Compensi i 5.000 euro di guadagno con parte della perdita.
  • Non paghi nessuna imposta.
  • E ti rimangono altri 5.000 euro di minusvalenza da usare negli anni successivi.

Andiamo avanti.

Nel 2025:

  • Realizzi un nuovo guadagno, una plusvalenza da 3.000 euro
  • Hai ancora 5.000 euro di minusvalenze “salvate” dall’anno precedente.
  • Quindi puoi compensare anche questi 3.000 euro: non paghi nulla nemmeno stavolta.

Ti restano ancora 2.000 euro di minus disponibili.

Nel 2026, guadagni 15.000 euro.

  • Ora puoi usare i 2.000 euro di minusvalenze che ti restavano.
  • Quindi pagherai l’imposta solo su 13.000 euro, non su 15.000.

Risultato finale? Hai pagato imposte solo su una parte dei tuoi guadagni, risparmiando grazie alle perdite degli anni precedenti.

Quali minusvalenze si possono compensare?

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

  • Si possono riportare negli esercizi successivi solo minusvalenze nette, ovvero dopo aver compensato eventuali plusvalenze dello stesso anno.
  • Sono compensabili solo le perdite da vendita di criptovalute rispetto al prezzo di acquisto.
  • Non si possono compensare le perdite derivanti da scambi tra criptovalute (es. Bitcoin → Ethereum), tranne nei casi in cui si tratti di conversioni in stablecoin (Tether USDT, USD Coin USDC).

Procedura per la compensazione

Per utilizzare le minusvalenze nella compensazione fiscale:​

  1. Dichiarazione: Indicare le minusvalenze nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.​
  2. Documentazione: Conservare tutta la documentazione relativa alle operazioni che hanno generato le minusvalenze, inclusi i dettagli delle transazioni e le evidenze dei prezzi di acquisto e vendita.​
  3. Monitoraggio delle scadenze: Tenere traccia del periodo di cinque anni per assicurarsi che le minusvalenze siano compensate entro i termini previsti.​

Strategie per l’ottimizzazione fiscale

Una gestione attenta delle minusvalenze consente di ottimizzare l’imposizione fiscale sulle criptovalute. Ad esempio, se si prevede di realizzare plusvalenze significative in futuro, potrebbe essere vantaggioso conservare le minusvalenze per compensarle con quei guadagni, riducendo così l’imposta complessiva dovuta.​

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Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Rivalutazione delle criptovalute: come ridurre le tasse

La rivalutazione permette di ridurre le tasse sulle plusvalenze future, pagando subito un’imposta sostitutiva del 18%. Vediamo come si applica

Una delle novità più rilevanti della Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) riguarda l’introduzione di un meccanismo di rivalutazione delle criptovalute, che offre agli investitori la possibilità di ridurre legalmente il carico fiscale sulle future plusvalenze.

Cos’è la rivalutazione delle criptovalute?

Questa opzione consente di rivalutare il valore fiscale delle criptovalute al 1° gennaio 2025, pagando un’imposta sostitutiva agevolata, invece di calcolare le plusvalenze in base al prezzo di acquisto originale.

Dal 2026, l’imposizione sulle plusvalenze potrebbe aumentare dal 26% al 33% (non vi è ancora certezza in merito in quanto la norma lo prevede ma si sta lavorando su più tavoli affinché tale aumento venga deprecato). Inoltre, la rivalutazione può essere presa in considerazione anche da coloro che non conoscono il prezzo di acquisto delle loro criptovalute, che in fase di compilazione della dichiarazione va inserito.

Come funziona la rivalutazione?

Gli investitori possono rideterminare il valore fiscale delle criptovalute possedute al 1° gennaio 2025, portandolo al valore di mercato di quella data.

In questo modo, il prezzo di acquisto originale non verrà più considerato, riducendo l’importo delle imposte in caso di futura vendita.

Per accedere alla rivalutazione, è necessario versare subito un’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato.

Aliquote e tempistiche

  • L’imposta sostitutiva per la rivalutazione è fissata al 18% sul valore rivalutato.
  • Il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure in tre rate annuali.
  • L’opzione per la rivalutazione deve essere esercitata entro il 30 giugno 2025, con il primo versamento dell’imposta sostitutiva.

Perché può convenire o meno?

Se dal prossimo anno le imposte sulle plusvalenze dovesse essere confermata al 33%, la rivalutazione potrebbe ridurre le imposte da pagare. Tuttavia, questa misura non è definitiva e potrebbe subire modifiche in base alle disposizioni della futura Legge di Bilancio. Se l’aliquota dovesse mantenersi al 26% o ridursi, la rivalutazione risulterebbe un costo aggiuntivo non strategico, rendendo meno conveniente l’opzione, 

Vediamo un esempio pratico con un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel caso in cui l’aliquota sul 2026 verrà confermata al 33%.

Senza rivalutazione

  • Hai acquistato 1 Bitcoin nel 2018 a 10.000 euro
  • Valore al 1° gennaio 2025: 90.000 euro
  • Vendi nel 2026 a 150.000 euro
  • Senza rivalutazione, la plusvalenza sarà calcolata così: 150.000 – 10.000 = 140.000 euro
  • Imposta al 26% = 36.400 euro
  • Se dovesse aumentare al 33% = 46.200 euro

Con rivalutazione

  • Se rivaluti, paghi subito il 18% su 90.000 euro: 12.600 euro
  • Se poi vendi a 150.000 euro, la plusvalenza tassabile sarà: 150.000 – 90.000 = 60.000 euro
  • Imposta al 26% =  15.600 euro 
  • Se dovesse aumentare al 33% = 19.800 euro

Risparmio considerando il 26% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 15.600 = 28.200 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 36.400 euro
  • Risparmio fiscale: 8.200 euro 

Risparmio considerando il 33% di aliquota:

  • Totale imposte pagate con rivalutazione: 12.600 + 19.800 = 32.400 euro
  • Totale imposte senza rivalutazione: 46.200 euro
  • Risparmio fiscale: 13.800 euro 

Aderendo alla rivalutazione, il risparmio fiscale sarebbe di 8.200 euro (con aliquota al 26%) o di 13.800 euro (con aliquota al 33%) rispetto a non rivalutare. Tuttavia, il pagamento del 18% di imposta è immediato, mentre l’imposta sulle plusvalenze si pagherà solo al momento della vendita. Questo significa che la convenienza della rivalutazione dipende anche dalla liquidità disponibile e dalla strategia di vendita a lungo termine.

Conviene aderire alla rivalutazione?

Conviene se:

  • Si possiedono criptovalute con un prezzo di acquisto molto basso.
  • Non riesci a ricostruire i tuoi prezzi di acquisto. 
  • Si prevede di vendere nel breve-medio termine, e si ritiene che le aliquote aumenteranno ulteriormente.
  • Si vuole ridurre la plusvalenza imponibile in futuro.

Non conviene se:

  • Non si ha intenzione di vendere nel breve periodo, perché il pagamento del 18% avviene subito, indipendentemente dalla vendita.
  • Si pensa che le aliquote possano scendere nei prossimi anni o venga riconfermata al 26%.
  • Si preferisce mantenere liquidità anziché pagare subito un’imposta elevata.
rivalutazione delle criptovalute dichiarazione dei redditi 2025

Se hai dubbi se possa convenirti o meno, puoi fare un calcolo degli interessi e della rivalutazione per capire meglio il risparmio fiscale nel tuo caso specifico.

Come fare staking: tutti i modi per ottenere ricompense con le tue crypto

Come fare staking: ottenere ricompense con le crypto

La guida per imparare come fare staking di criptovalute: a cosa serve lo staking, che servizio utilizzare e quali token si possono bloccare!

Lo staking è un meccanismo tipico del settore crypto che permette il funzionamento delle blockchain Proof-of-Stake. Queste particolari chain per raggiungere il consenso della rete (necessario per validare le transazioni) non utilizzano una risorsa esterna come l’energia elettrica e il potere computazionale, ma si servono di risorse interne ovvero le garanzie degli utenti. Insomma prima di tutto lo staking è la base del meccanismo di validazione di una blockchain. Ma con staking si intende anche il semplice blocco di crypto per ottenere ricompense, senza necessariamente diventare validatori di un network. In questo articolo vedremo come fare staking e tutte le opzioni disponibili per ottenere ricompense con le crypto!

A cosa serve lo staking? 

Chi sceglie di fare staking può avere diversi obiettivi. C’è chi fa staking per diventare un validatore e chi invece blocca le sue crypto solamente per ottenere reward, delegando ad altri il compito di validare le transazioni. Vediamo tutte le tipologie di staking: 

1. Fare staking per diventare validatori di una blockchain

I nodi validatori di una blockchain si occupano di finalizzare le transazioni della loro rete. Al contrario di quello che accade nelle chain Proof-of-Work, in quelle Proof-of-Stake non è necessaria una particolare attrezzatura tecnica per validare le transazioni, è sufficiente mettere in staking delle crypto. Nella maggior parte dei casi diventano validatori persone (o enti) che hanno una certa esperienza nel campo blockchain. Dopo aver messo in staking una certa somma di criptovalute, dovrai aprire un nodo. I requisiti per fare questo tipo di staking sono: scaricare il wallet che preveda la possibilità di fare staking nella chain di cui vuoi diventare nodo, e rimanere online 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Alcune blockchain prevedono anche una quota minima di crypto da mettere in staking, ad esempio su Tezos è 8.000 XTZ, su Ethereum 2.0 sarà 32 ETH

2. Delegare il proprio stake

Se non vuoi gestire un nodo validatore in prima persona, puoi optare per delegare il tuo stake a un nodo già esistente. La delega è un’alternativa conveniente per chi vuole partecipare al meccanismo di consenso di una blockchain con un minor investimento di tempo e risorse economiche. Quando deleghi un nodo, la quantità di criptovalute che hai messo in staking si unisce allo stake del nodo stesso. In questo modo il nodo validatore utilizzerà anche le tue criptovalute per contribuire al funzionamento della rete. Le ricompense ottenute per il lavoro di validazione vengono poi distribuite in maniera proporzionale tra il nodo e coloro che hanno delegato. Puoi delegare un nodo attraverso le piattaforme (decentralizzate o meno) che offrono questo servizio. 

3. Fare staking per partecipare alla governance di una chain 

In alcuni casi la funzione dello staking è quella di far partecipare gli utenti alla governance di una blockchain. Chi mette in staking una certa quantità di crypto, si guadagna il diritto a votare aggiornamenti, miglioramenti e la direzione della roadmap della blockchain. Così lo staking aumenta la decentralizzazione delle decisioni di un progetto.

4. Bloccare crypto per ottenere ricompense

Fare staking di criptovalute significa anche semplicemente bloccare per un periodo di tempo le proprie criptovalute per ottenere delle ricompense, calcolate su base annua e espresse in APY. Questi premi sono il corrispettivo di quello che nella finanza tradizionale si chiama rendimento percentuale annuo. Le criptovalute bloccate non possono essere scambiate o vendute, fino allo scadere del periodo di staking scelto all’inizio. Come fare questo tipo di staking? Questa opzione è particolarmente adatta a chi non ha una particolare dimestichezza nel settore perché non richiede nessuna competenza tecnica, basta solamente informarsi sul servizio terzo che si sceglie e assicurarsi di aver seguito le 5 cose da fare prima di fare staking. Ora vediamo dove è possibile fare staking! 

Dove fare staking?

Per fare staking di criptovalute puoi scegliere diversi servizi terzi, ci sono piattaforme decentralizzate, dapp, exchange (centralizzati e non) ma anche opzioni offline come hardware esterni.    

1. Staking via hardware 

Lo staking eseguito offline si chiama cold staking, in questa tipologia di staking le criptovalute vengono bloccate e conservate in cold wallet, ovvero dei wallet non connessi a internet. I cold wallet possono essere hardware, paper wallet o applicazioni offline. Il cold staking viene spesso utilizzato quando si decide di bloccare grandi quantità di crypto e per evitare il potenziale rischio di attacchi informatici. Il livello di sicurezza di questo sistema è alto, tuttavia in questo caso lo staking va gestito in autonomia, senza parti terze che mediano e per questo bisogna conoscere bene i meccanismi. Anche se sono offline, le criptovalute nei cold wallet sono sempre connesse alla blockchain e si guadagnano ricompense come nello staking online. 

2. Staking/Earning via CEX o DEX

Uno dei servizi più utilizzati per fare staking online è quello degli exchange. Che siano centralizzati o decentralizzati, gli exchange forniscono spesso guide passo passo su come utilizzare gli strumenti di Staking. Ogni exchange ha le sue peculiarità e si distingue per la tipologia di soluzione, le crypto supportate e l’APY offerto. Puoi scegliere quello che più si addice alle tue esigenze.

Su Young Platform, hai la possibilità di accedere a una soluzione di Staking semplice e intuitiva, direttamente dalla piattaforma. Attualmente, puoi vincolare diverse criptovalute compatibili con questa funzione e ottenere ricompense calcolate in base all’APY, proporzionate all’importo che decidi di mettere in staking.

Young Platform offre due modalità di Staking:

  • Liquid Staking, che permette di mantenere una maggiore flessibilità sulle crypto messe in staking, senza doverle bloccare per lunghi periodi.
  • Proof of Stake, che consente di partecipare attivamente alla sicurezza della rete e ottenere ricompense più elevate rispetto ad altre soluzioni.

Per saperne di più: Introduzione allo staking: un modo innovativo per mettere al lavoro le tue crypto

3. Staking Pools: protocolli decentralizzati e dapp

Esistono anche numerosi protocolli decentralizzati e dapp che offrono diverse possibilità di fare staking. Ad esempio è possibile bloccare criptovalute in Staking Pool, ovvero degli smart contract o funzionalità che aggregano stake di diversi utenti. Solitamente le Staking Pool vengono utilizzate dai nodi delle blockchain per aumentare la grandezza del loro stake e di conseguenza la probabilità di essere scelti come validatori. Inoltre i protocolli e le piattaforme DeFi, propongono anche opzioni per Staking Derivative e per il Liquid Staking, in cui si guadagnano ricompense tramite prodotti derivati. 

Staking di NFT 

Lo staking non si fa solo con coin o token, l’ultima frontiera della finanza decentralizzata prevede anche lo staking di NFT. Il funzionamento è analogo al classico staking: bloccando in piattaforme apposite i propri token non fungibili è possibile ricevere ricompense in crypto. Non tutti gli NFT sono adatti a questa pratica, una collezione che ha implementato questa funzione è Moonbirds della startup Proof. Lo staking di NFT permette di far fruttare al massimo le proprie opere d’arte digitali e in alcuni casi di partecipare alla governance dei loro progetti. 

Ora che hai visto tutte le cose da considerare su come fare staking di criptovalute, scopri queste 5 curiosità sullo staking e il Proof-of-Stake!

Young Platform: da exchange crypto a conto di pagamento 

young platform conto di pagamento

Scarica la nuova versione dell’app. Oltre la sezione Crypto, stiamo sviluppando le sezioni Save e Cash che cambieranno il modo di gestire le tue finanze grazie al nuovo conto di pagamento.

Negli ultimi anni, Young Platform si è affermata come una delle principali realtà europee nel settore delle cryptovalute. Fondata nel 2018 come exchange, la piattaforma ha sempre puntato a rendere il mondo crypto accessibile a tutti. Oggi, Young Platform compie un passo decisivo nella sua evoluzione: da exchange a conto di pagamento crypto-nativo. Questo cambiamento segna l’inizio di una nuova era per la piattaforma e per gli utenti, che ora possono accedere a strumenti finanziari più completi e integrati.

Scarica l’app Young Platform

La nuova interfaccia

La nuova interfaccia di Young Platform introduce tre sezioni principali: Crypto, Save e Cash. Questa suddivisione permette agli utenti di gestire il proprio denaro in modo più strutturato e intuitivo:

  • Crypto: il cuore pulsante della piattaforma, dedicato alla compravendita e alla gestione degli asset digitali. Qui gli utenti possono acquistare, vendere e scambiare cryptovalute con estrema facilità, sfruttando strumenti avanzati per ottimizzare le operazioni di trading come Smart Trades e Staking.
  • Save (coming soon): una nuova sezione che permette di gestire i propri risparmi, creare obiettivi e piani di accumulo automatici.  
  • Cash (coming soon): uno spazio pensato per la gestione della liquidità in euro, con strumenti di pagamento avanzati. Gli utenti potranno ricevere lo stipendio, effettuare bonifici e utilizzare la carta Young per le spese quotidiane.

Questa trasformazione rappresenta una vera e propria rivoluzione per il settore, colmando il divario tra finanza tradizionale e criptovalute.

Un’esperienza utente rivoluzionata

Oltre alle nuove sezioni, la piattaforma è stata ripensata per offrire un’esperienza utente ancora più fluida e intuitiva. L’interfaccia è stata ridisegnata per garantire una navigazione semplice e accessibile anche ai meno esperti. Gli utenti potranno personalizzare la propria home, impostando widget e preferenze specifiche per monitorare i portafogli, profitti, perdite e andamento del mercato.  

Inoltre, Young Platform ha introdotto un sistema di notifiche che aiuta gli utenti a rimanere sempre aggiornati sulle performance del proprio portafoglio e su nuove opportunità, nonché l’uscita di nuove funzionalità. Ricordati di attivarle dalla sezione profilo insieme alle newsletter!

L’accesso all’educazione finanziaria è un altro pilastro fondamentale della piattaforma. Con una sezione dedicata a guide e approfondimenti, Young Platform mira a fornire agli utenti le competenze necessarie per prendere decisioni informate sulle proprie finanze.

Il Concorso “The Box”: vinci la Carta Young!

Per celebrare questo importante cambiamento, Young Platform lancia il concorso “The Box”, offrendo premi esclusivi ai partecipanti. Tra i premi più ambiti c’è la carta Young con cashback fino al 3,6%*, una novità che permette di ottenere vantaggi concreti sugli acquisti quotidiani.

Il concorso non è solo un’occasione per premiare gli utenti più fedeli, ma anche un incentivo per esplorare le nuove funzionalità della piattaforma e abbracciare il cambiamento in corso. Partecipare è semplice: basta seguire le indicazioni sulla piattaforma per accumulare gemme e avere la possibilità di vincere premi esclusivi, tra cui dispositivi Apple, Sony, buoni Amazon e molto altro! 

Scopri The Box

Sicurezza e innovazione 

Con il passaggio a un conto di pagamento crypto-nativo, la sicurezza è diventata una priorità ancora maggiore per Young Platform. La piattaforma utilizza protocolli avanzati per proteggere i fondi e i dati degli utenti. Inoltre, sono stati implementati nuovi sistemi di autenticazione per garantire un accesso ancora più sicuro.

Un’altra grande innovazione riguarda la possibilità di ottenere un IBAN personale, che consentirà agli utenti di ricevere pagamenti direttamente sul proprio conto Young. Questa funzionalità rende la piattaforma ancora più versatile e adatta a un pubblico ampio, dai trader esperti agli utenti che vogliono semplicemente gestire la propria liquidità in modo smart.

Verso il futuro: l’integrazione di asset tradizionali

L’evoluzione di Young Platform non si ferma qui. Entro la fine del 2025, la piattaforma prevede di integrare investimenti in asset tradizionali, offrendo un’esperienza sempre più completa. Questo posizionerà Young Platform come un punto di riferimento non solo nel mondo crypto, ma anche nella gestione finanziaria a 360°.

L’integrazione di ETF e altri strumenti finanziari tradizionali darà agli utenti la possibilità di diversificare i propri investimenti senza dover passare da più piattaforme. L’obiettivo è offrire un ecosistema finanziario completo, in cui ogni investitore, indipendentemente dal livello di esperienza, possa trovare gli strumenti giusti per far crescere il proprio capitale.

Questa espansione rappresenta un passo fondamentale nell’inclusione di un pubblico più ampio, che fino a oggi ha guardato alle criptovalute con diffidenza. Portare asset tradizionali in una piattaforma nativa crypto significa abbattere le barriere tra due mondi e offrire una soluzione concreta per la gestione del patrimonio.

L’impatto della regolamentazione e la visione di Young Platform

Con il nuovo status di conto di pagamento, Young Platform si allinea sempre più alle normative europee, garantendo ai suoi utenti un ambiente regolamentato e sicuro. Il rispetto delle normative MiCA (Markets in Crypto-Assets) e l’ottenimento delle licenze necessarie rappresentano un ulteriore passo avanti nella legittimazione della piattaforma come attore di primo piano nel panorama finanziario.

La regolamentazione offre maggiore protezione ai consumatori e consente di operare in un ambiente più stabile e trasparente. Young Platform vuole essere un esempio di compliance e trasparenza, distinguendosi da molte piattaforme internazionali che operano in contesti poco regolamentati.

Un altro aspetto chiave è la decentralizzazione della gestione finanziaria. Young Platform eredita dall’ecosistema blockchain il concetto di autonomia finanziaria, consentendo agli utenti di mantenere il controllo sui propri fondi e decisioni d’investimento.

Un nuovo modo di vivere la finanza digitale

Il futuro della finanza digitale non riguarda solo la tecnologia, ma anche la mentalità con cui le persone gestiscono il proprio capitale. Young Platform sta ridefinendo il concetto di gestione patrimoniale, offrendo strumenti che permettono a chiunque di investire con consapevolezza e sicurezza.

In un mondo in cui l’accesso ai servizi finanziari è spesso limitato da barriere burocratiche e da istituzioni poco flessibili, Young Platform offre una soluzione innovativa e inclusiva. Il suo obiettivo è creare un ecosistema in cui la tecnologia blockchain possa convivere con gli strumenti tradizionali, senza compromessi in termini di sicurezza, affidabilità e accessibilità.

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Young Platform non sarà più solo un exchange, ma un ecosistema completo che integra finanza tradizionale e crypto in un’unica interfaccia. Con il lancio del conto di pagamento e la nuova organizzazione delle sezioni Crypto, Save e Cash, gli utenti potranno accedere a strumenti di investimento più avanzati e strutturati.

Il concorso “The Box” è solo l’inizio di questa nuova fase: Young Platform continua a innovare per offrire una soluzione sempre più competitiva e all’avanguardia, un vero e proprio hub finanziario dove ogni utente può costruire la propria strategia di crescita patrimoniale, combinando tradizione e innovazione in un’unica soluzione.

*Il cashback dipende dall’appartenenza a un Club e dal suo livello: più alto è il livello, maggiore è la percentuale. I membri del Club Platinum arrivano fino al 3,6%.

Investire è semplice ma non è facile: 5 paradossi della finanza personale e del mondo crypto

La pigrizia è una virtù nel mondo degli investimenti! Scopri altre 5 assunzioni paradossali e controintuitive (ma vere) del mondo della finanza personale.

La pigrizia è una virtù nel mondo degli investimenti! Scopri altre 5 assunzioni paradossali e controintuitive (ma vere) del mondo della finanza personale.

Quali sono i principali paradossi della finanza personale? Sul nostro blog ci occupiamo principalmente di criptovalute, ma ogni tanto ci piace approdare su altre sponde dell’esteso letto del fiume degli investimenti. 

Di recente ci è capitato tra le mani un interessantissimo articolo di Dedalo Invest, in cui l’autore Andrea Gonzali presenta le 10 contriunitività (o paradossi) del mondo della finanza personale. Abbiamo deciso di riprenderlo e riaddattarlo, dato che molti dei punti presentati, almeno secondo noi, si adattano molto bene anche al mondo crypto

Il mondo degli investimenti è controintuitivo

L’affermazione presente nel titolo di questo sottocapitolo può certamente essere confutata. L’obiettivo di chi esplora i mercati è totalmente razionale e condiviso da chiunque conosca le logiche di base: massimizzare i rendimenti e minimizzare le perdite. Tuttavia, seppur gli obiettivi siano intuitivi e logici, non lo sono molte delle azioni che gli investitori compiono, almeno senza l’inottenibile beneficio del senno di poi. Insomma la meta è logica, intuitiva e razionale ma non lo è il percorso.

Qual è il motivo principale? Beh, difficile identificarne soltanto uno. Per esempio fin dalla sua comparsa l’umanità ha sviluppato l’intuito per perseguire due obiettivi fondamentali: garantire la sopravvivenza della specie e assicurarne la continuità attraverso la procreazione, non sicuramente per accrescere il capitale in suo possesso. In altre parole si può dire che, citando l’autore della versione originale di questo articolo: “i principi fondamentali sono intuitivi: risparmia con regolarità, investi con prudenza, diversifica il portafoglio e mantienilo nel lungo termine. È la gestione del denaro che è complessa.”

1. La pigrizia è una virtù

Iniziamo con quello che è probabilmente lo statement più paradossale: la pigrizia solitamente massimizza le performance; al contrario, l’iperattività le penalizza. Ovviamente non abbiamo redatto questo contenuto per generalizzare, ed esisteranno sicuramente delle eccezioni. Per esempio l’infallibile e attivissimo trader di meme coin e cugino del nostro amico. In ogni caso, se analizziamo i grandi numeri nel mondo degli investimenti e della finanza personale viene ribaltato tutto ciò che la società ci ha insegnato sul valore dell’impegno e del lavoro.

Attenzione! La pigrizia, in questo caso, si riferisce al mero lato operativo, ad esempio il numero di acquisti e vendite o ribilanciamenti, e non al tempo impiegato per studiare i concetti o le principali teorie. Questa assunzione può essere applicata anche al mondo crypto. Più cresce il numero di operazioni effettuate in un dato orizzonte temporale e più cresce il rischio di commettere errori che, soprattutto se si sceglie una determinata tipologia di crypto, possono portare a grosse perdite.

Per quanto riguarda la finanza tradizionale “i cosiddetti lazy portfolios, portafogli che contengono un semplice diversificazione tra poche asset class replicate da strumenti finanziari economici che richiedono interventi minimi, hanno storicamente performato meglio di numerose strategie più sofisticate e gestite attivamente.” E si può dire lo stesso per i portafogli composti prevalentemente da Bitcoin (e al massimo poche altcoin), anche se l’orizzonte temporale di riferimento è molto più breve.

Ciò accade per una serie di motivi. In primis: ogni singola operazione, non importa se effettuata su un broker o su un exchange crypto, comporta dei costi, oltre che accrescere notevolmente la probabilità di commettere errori. Per via dell’imprevedibilità neanche i professionisti puntano a fare timing del mercato, ovvero vendere quando gli asset che detengono raggiungono un punto di massimo o comprare su un minimo. Infine, non si può non specificare che le plusvalenze registrate sono soggette a tassazione.

2. “Bisogna seguire l’intuito”

L’intuito ci salva la vita, per esempio facendoci avvertire un pericolo prima che si manifesti, ma è molto pericoloso quando si parla di investimenti. Gli esseri umani soltanto di recente hanno iniziato ad impegnarsi per far fruttare il loro denaro, mentre hanno sviluppato l’intuito e i bias cognitivi ad esso connessi in centinaia di migliaia di anni. In parole ancora più semplici: il nostro intuito si è sviluppato per metterci al sicuro da belve feroci o da piante velenose, non dal crollo dei mercati successivo al Trump Trade.

Ecco i bias cognitivi, degli automatismi mentali dai quali si generano credenze e da cui si traggono decisioni veloci, che più frequentemente influiscono sul modo in cui investiamo:

  • L’ancoraggio: attribuiamo un valore eccessivo e irrazionale ad alcune soglie di prezzo. Un esempio lampante sono i 100.000$ per Bitcoin, che hanno portato tantissimi investitori a commettere errori durante il bull market del 2021 perché convinti che BTC avesse raggiunto tale soglia.
  • L’overconfidence bias: siamo soggetti a questo bias quando sovrastimiamo le nostre conoscenze e capacità decisionali o la precisione delle nostre previsioni;
  • Il bias di conferma: quando ricerchiamo selettivamente soltanto i dati che avvalorano le nostre opinioni;

Per questo motivo gli approcci rigidi caratterizzati da un set di regole chiare e che non devono essere infrante, ad esempio l’acquisto ricorrente o il buy and hold, tendono a garantire risultati migliori rispetto a strategie che si affidano all’istinto o alla percezione soggettiva di un investitore.

3. I saldi non attirano compratori

Al contrario di quanto accade normalmente, nella finanza, e ancor di più nel mondo crypto, la discesa dei prezzi allontana gli acquirenti. Supponiamo di essere interessati ad un paio di scarpe e che il loro prezzo, ad un certo punto, si riduca del 50%. Molto probabilmente accogliamo questa riduzione con gioia e molto probabilmente le acquistiamo. È paradossale ma sui mercati accade l’opposto. Il celebre meme che rappresenta una coda lunghissima quando il prezzo di BTC è pari a 100.000$ e una coda vuota quando questo è pari a 6.000$ funziona, perché riflette la verità.

finanza personale paradossi bitcoin

Quanto anticipato può essere spiegato con un fenomeno noto come effetto gregge: quando tutti vendono, il nostro istinto ci spinge a fare lo stesso, anche se razionalmente sappiamo che potrebbe essere semmai il momento migliore per comprare. Sui mercati gli sconti spaventano perché i movimenti ribassisti di prezzo sono associati a notizie o comportamenti negativi, e modificano la percezione degli investitori che si aspettano ribassi ulteriori.

4. Investire vicino ai massimi è la norma, non l’eccezione

Per quando riguarda questo punto ci distacchiamo per un momento dal settore crypto per concentrarci sui mercati finanziari tradizionali, in particolare quello azionario. Non perché tale paradosso o controintuitività sia esclusiva per questo tipo di mercato, ma a causa della giovane età degli asset crypto in confronto agli indici azionari, che non ci forniscono sufficienti dati storici per avvalorare la nostra tesi.

Tra chi si approccia per la prima volta al mondo degli investimenti aleggia la paura di comprare ai massimi, o “troppo tardi”. Questa risulta totalmente infondata se analizziamo la storia dell’S&P 500, il principale indice azionario che racchiude le performance delle 500 aziende più capitalizzate degli Stati Uniti e, in un certo senso, descrive l’andamento generale del mercato. Guardando il suo grafico, che inizia nel 1957, notiamo come “il mercato trascorra gran parte del tempo in prossimità dei suoi massimi storici”. 

L’S&P 500 ha realizzato 1.242 nuovi massimi tra il suo anno di nascita (1957) e marzo 2025. Inoltre, generalmente periodi molto brevi di tempo separano un massimo storico dal successivo, anche se ci sono state alcune eccezioni (circa 7 anni tra il 2000 e il 2007 e tra il 1973 e il 1980). Tutto questo per dire che, almeno per quanto riguarda la finanza tradizionale, i nuovi all-time high non sono eventi eccezionali ma rappresentano la normalità

Inoltre, l’idea che sia più facile investire durante una fase ribassista è spesso illusoria: quando i mercati crollano, la paura e l’incertezza prendono il sopravvento, rendendo paradossalmente più difficile investire, anche quando i prezzi sono notevolmente più bassi.

E per quanto riguarda il mondo crypto? Beh, a oggi nemmeno Bitcoin può essere paragonato all’S&P 500 dati i 50 anni che li separano; caratteristica che rende il valore di BTC più ciclico e soggetto alla volatilità. Tuttavia, di recente Bitcoin ha ridotto il tempo che è intercorso tra due massimi storici, probabilmente a causa del crescente interesse negli asset da parte degli investitori istituzionali. È probabile che con il tempo, anche se non possiamo avere la certezza, i movimenti di Bitcoin assomiglieranno sempre di più a quelli di asset tradizionali, il principale indiziato ad essere preso in esempio è l’oro dato che questi due condividono la scarsità.

5. Il paradosso dei paradossi

E arriviamo, dunque, al quinto e ultimo punto, descritto efficacemente da Dedalo Invest attraverso il seguente paradosso:

  • È fondamentale iniziare a investire il prima possibile per sfruttare l’interesse composto.
  • Non si può agire alla cieca, ma è necessario comprendere bene cosa si sta facendo, e quindi educarsi, prima di iniziare ad investire.

La prima assunzione è molto semplice se si conosce il funzionamento dell’interesse composto, ovvero il rendimento percentuale che si riceve su un importo il quale è frutto di un interesse guadagnato in precedenza. Insomma, è una sorta di interesse sugli interessi. Tuttavia buttarsi a capofitto senza essere in possesso delle conoscenze di base può portare a errori, più o meno costosi e traumatici che possono portare l’individuo ad abbandonare il mondo degli investimenti.

Come ovviare a questo problema? Puoi partire dai migliaia di contenuti che trovi sul nostro sulla nostra Academy e sul nostro Blog!