Supply chain e open finance: l’integrazione che potrebbe rivoluzionare il concetto di filiera

Supply chain e open finance: rivoluzione?

La supply chain potrebbe trasformarsi con l’integrazione dell’open finance. Lo scopo è rendere i flussi finanziari più efficienti e trasparenti. Come?

La supply chain è pronta a lavorare con l’open finance in una sinergia che promette sviluppi più che positivi: grazie alle API, le parti coinvolte nelle diverse fasi della filiera di approvvigionamento potrebbero efficientare notevolmente i flussi finanziari. In questo articolo vedremo insieme in che modo. Cominciamo!

Supply chain: significato e come funziona

Per supply chain, o filiera di approvvigionamento, si intende l’insieme di tutti gli elementi che partecipano al percorso che va dalla creazione del prodotto fino alla sua consegna al consumatore finale. Il termine chain non è casuale: serve a dare l’idea di catena, ovvero di flusso ordinato di fasi interconnesse in cui ogni blocco dipende dal corretto funzionamento di quello precedente e di quello successivo. 

Se la supply chain gestisce il flusso fisico di beni e servizi, la supply chain finance (SCF) ne coordina il flusso finanziario. La SCF, infatti, è definita come la totalità delle soluzioni che hanno l’obiettivo di ottimizzare le operazioni finanziarie fra le aziende fornitrici e acquirenti coinvolte nella filiera di approvvigionamento. Si tratta pertanto di una serie di strategie che mirano a rafforzare la collaborazione e la fiducia fra gli interlocutori, offrendo vantaggi reciproci e tangibili tanto a chi produce quanto a chi acquista. Questa logica collaborativa nasce dal fatto che la supply chain è potenzialmente esposta a numerosi pericoli. Gli esempi più comuni: l’acquirente paga ma il fornitore non spedisce o, al contrario, il fornitore spedisce ma l’acquirente non paga. Questi incidenti di percorso possono seriamente minare il funzionamento e la stabilità della catena e rallentare la velocità delle operazioni, con ricadute concrete a livello economico.

Senza essere precisi e noiosi, alcune delle principali funzionalità della supply chain finance sono il reverse factoring e il dynamic discounting. Il primo, traducibile in italiano (male) con anticipo inverso delle fatture, è la soluzione principale della SCF. In che senso “inverso”? Nel senso che se il factoring diretto prevede che il fornitore venda le sue fatture non ancora incassate a una società terza per ottenere liquidità immediata, pagando le commissioni a questo intermediario, il factoring inverso ribalta i ruoli: è l’acquirente – una grande azienda – che chiede l’anticipo alla società terza affinché il fornitore possa avere capitale a migliori condizioni per portare a termine l’ordine. Lo scopo è permettere al fornitore di accedere al denaro godendo dell’affidabilità creditizia della grande impresa acquirente. Sembra complesso, ma è come se l’impresa acquirente dicesse al fornitore “tranquillo, ci metto io la faccia, così ricevi i soldi prima e paghi di meno il prestito”. In seguito, effettuerà il rimborso e pagherà un tasso di interesse sensibilmente minore rispetto a quello che la società di finanziamento avrebbe applicato in caso di factoring diretto. L’impresa acquirente, alla fine dei giochi, paga un prezzo finale più basso. 

Il dynamic discounting, o sconto dinamico, si basa sulla stessa logica in quanto è sempre l’azienda acquirente ad anticipare la liquidità. In questo caso, però, non ci sono intermediari che concedono prestiti, ma la transazione avviene direttamente tra fornitore e acquirente: il primo emette una fattura con scadenza, il secondo la incassa e anticipa la liquidità. Cosa ci guadagna l’impresa acquirente? Uno sconto in fattura detto dinamico perché varia in modo proporzionale al tempo di anticipo del pagamento: prima paghi meno paghi e viceversa. 

Quindi, per riassumere in due righe, le soluzione di SCF hanno l’obiettivo di migliorare la gestione del capitale e ridurre i tempi di pagamento, offrendo alla parte fornitrice l’accesso anticipato alla liquidità. Inoltre, permettono alle piccole e medie imprese (PMI) fornitrici di ricevere finanziamenti a migliori condizioni godendo del rating creditizio degli acquirenti che, come abbiamo visto, “ci mettono la faccia”.

Open Finance: cos’è e come funziona   

L’Open Finance è definito come un sistema di condivisione sicuro e consensuale dei dati finanziari dei clienti fra i vari attori, finalizzato allo sviluppo di prodotti o servizi innovativi. È consensuale perché necessita del consenso del proprietario dei dati. Si basa sul concetto di Open Innovation, che concepisce l’innovazione non come il frutto di dinamiche competitive basate sulla segretezza, ma come il risultato di collaborazione, condivisione e trasparenza. L’Open Finance è considerata l’upgrade dell’Open Banking perchè ne estende le logiche: anziché concentrarsi esclusivamente sui dati bancari, prende in considerazione l’intero settore finanziario. Ciò significa che se l’Open Banking si focalizza sui servizi bancari, l’Open Finance mira a creare un ecosistema finanziario interconnesso, includendo mutui, polizze assicurative, portafogli di investimento, fondi pensione e così via. 

L’Open Finance si basa sostanzialmente sull’interazione fra tre tipologie di attori: i clienti, le istituzioni finanziarie e i TPP – Third Party Providers, società terze che scambiano, elaborano e utilizzano i dati. In breve, i clienti decidono se garantire ai TPP l’accesso ai propri dati finanziari detenuti dalle varie istituzioni. Una volta concessa l’autorizzazione, le API (Application Programming Interfaces), che sono il motore tecnologico dell’Open Finance, fanno da “ponte” fra sistemi informatici diversi consentendo una comunicazione efficace e sicura delle informazioni finanziarie. In questo modo prende forma un ecosistema in cui varie realtà si scambiano le conoscenze acquisite e collaborano insieme per crearne di nuove, con l’obiettivo di produrre soluzioni innovative e migliorare la struttura finanziaria nel complesso. 

Per comprendere l’importanza di questo nuovo paradigma, potrebbe essere utile un esempio come l’organizzazione della Pasquetta. Vuoi mettere in piedi il tradizionale pranzo tra amici e scegli chi si occupa della brace, chi cucina le verdure, chi prende da bere e chi compra piatti e bicchieri. Sei l’organizzatore, ti arrivano mille messaggi: l’addetto al barbecue ti chiede se chi fa le verdure vuole grigliare, chi invece deve occuparsi delle bevande non sa se prendere anche i bicchieri, chi compra i piatti vuole sapere quante portate sono previste e così via. Un casino assoluto. Sei l’organizzatore mica il centralino. Quindi crei il gruppo su Whatsapp “Pasquetta 2025”. Grazie a questa splendida innovazione, i vari elementi dell’organizzazione possono interagire direttamente fra loro, senza passare da te. L’Open Finance, con le dovute proporzioni, è Pasquetta 2025. 

Abbiamo visto singolarmente cosa sono e come funzionano la supply chain e l’Open Finance. È il momento di vedere come potrebbero collaborare e che benefici può portare questa sinergia all’infrastruttura.

Se supply chain e Open Finance si integrano

Come anticipato, la supply chain è una filiera composta da unità interconnesse in comunicazione costante. Il problema principale è che questa comunicazione spesso è lineare, consequenziale e dunque frammentata: integrare l’Open Finance rende più fluidi i processi e potenzia l’infrastruttura della catena di approvvigionamento aumentando l’efficienza. Come? Attraverso le API, che consentono lo scambio continuo di dati e l’esecuzione di operazioni tra attori differenti come gli istituti bancari, le società terze (TPP), gli intermediari della SCF e i vari sistemi gestionali aziendali (ERP). Il prodotto finale è un ecosistema in grado di trasferire informazioni in modo sicuro e rapido, dove i processi sono automatizzati e ottimizzati. Più la comunicazione è veloce, trasparente e collaborativa, più i processi sono fluidi e stabili, più aumenta la produttività e, di conseguenza, il fatturato. 

Nello specifico, le API Open Finance abilitano l’accesso alle informazioni sui conti (AIS) e l’iniziazione dei pagamenti (PIS), intesi rispettivamente come l’accesso ai saldi e ai movimenti sui conti correnti bancari e l’autorizzazione dei pagamenti in modo automatico, al verificarsi delle condizioni. In questo modo, è possibile ottenere una panoramica aggiornata e completa dello stato finanziario di un’azienda, valutare la liquidità e la capacità di spesa e automatizzare e accelerare le transazioni nel contesto della filiera. Vediamo un esempio pratico. 

Sei il titolare di un’azienda che fabbrica nani da giardino, la GiardiNani S.r.l., e ricevi un mega ordine dal Regno Unito. È la prima volta che ti trovi a dover produrre un numero così alto di statuine da giardino e non hai i soldi necessari per iniziare a lavorare. Nessun problema, l’impresa acquirente ti parla del reverse factoring e ti convince. Si comincia. La GiardiNani emette la fattura con scadenza a 60 giorni all’impresa acquirente, che la riceve e la approva tramite il suo sistema gestionale ERP. Con le API, l’ERP invia in modo automatico i dati della fattura alla società terza di reverse factoring, che ora deve decidere se sbloccare il finanziamento. Questa società può accedere alle informazioni finanziarie (AIS) dell’impresa acquirente e della GiardiNani per esaminare la situazione e stabilire le condizioni di erogazione del prestito: l’alto rating creditizio dell’impresa acquirente si traduce nella proposta di un finanziamento ad ottime condizioni, che la GiardiNani accetta. A questo punto la società di reverse factoring emette il pagamento in modo automatico (PIS), la GiardiNani riceve la liquidità e la tua fabbrica può iniziare a produrre nani da giardino. Ora l’impresa acquirente, alla scadenza dei 60 giorni, deve rimborsare il prestito alla società terza. Tramite API, i sistemi gestionali delle due società comunicano e realizzano la transazione. 

Cos’è successo? In modo quasi del tutto automatico:

  • la GiardiNani ha avuto accesso alla liquidità a costi e condizioni decisamente migliori rispetto a quanto avrebbe ottenuto con un finanziamento tradizionale. L’Open Finance facilita e velocizza l’operazione con l’accesso ai dati finanziari (AIS) e il pagamento automatico (PIS).
  • Lo scambio di informazioni e comunicazioni tra sistemi gestionali riduce l’errore umano e accelera l’intero processo.
  • La trasparenza dei dati consente una valutazione del rischio di credito più accurata, tempestiva ed efficiente.

La filiera di approvvigionamento, nel complesso, ringrazia perché i processi si sono realizzati in modo fluido, senza perdite di tempo. E il tempo è denaro

Una considerazione sul futuro 

L’integrazione tra supply chain e Open Finance, per ora, è finalizzata principalmente alla reattività del sistema e all’efficientamento dei processi. Il prossimo step comprende l’implementazione dell’intelligenza artificiale e il machine learning per lo sviluppo di sistemi capaci di prevedere le crisi di liquidità e i rischi di insolvenza, ottimizzare in modo dinamico i servizi in base al mercato, creare dei modelli di bilanciamento del rischio e altro ancora. 

Molto probabilmente, dato che un pilastro dell’Open Finance è la trasparenza, la blockchain è destinata ad avere un ruolo di primo piano all’interno di questo nuovo paradigma di gestione e ottimizzazione dei flussi finanziari. Nel mondo crypto possiamo già osservare qualche realtà che vuole migliorare i processi della supply chain, tra cui VeChain. Siamo ancora alle prime fasi, noi continueremo ad osservare attentamente questo trend, quindi se non vuoi perderti gli aggiornamenti iscriviti qui sotto!

Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito fisica vs virtuale: quale conviene?

Carta di credito: fisica o virtuale? Come orientarsi con la digitalizzazione che guida l’evoluzione del mondo dei pagamenti? Qui la sintesi    

Meglio la carta di credito fisica o quella virtuale? Quali sono le differenze principali? E i vantaggi? In un mondo in cui la digitalizzazione è una delle forze motrici principali per l’innovazione, avere una panoramica chiara delle soluzioni di pagamento più adatte potrebbe facilitarti la vita. In questo articolo metteremo a confronto le due tipologie di carte di credito e cercheremo di capire quale è più conveniente in base ai profili. Buona lettura!

Cos’è una carta di credito

La carta di credito è una tessera, fisica o virtuale, che contiene i dati del proprietario, il numero della carta, la scadenza, i codici sicurezza – detti codici di controllo CVV2 o CVC2 – e lo spazio per la firma del titolare. Nonostante disponga di funzionalità specifiche, viene spesso confusa con la carta di debito. 

La vera particolarità della carta di credito, infatti, risiede nelle modalità di pagamento: se con la carta di debito le operazioni vengono scalata dal conto corrente ogni singola volta, con la carta di credito l’addebito avviene in un momento successivo, solitamente entro 30 giorni, o a rate. 

Questo perchè se con la carta di debito è possibile spendere o ritirare solo i soldi presenti sul conto, con la carta di credito si parla di plafond, cioè di tetto massimo di spesa concesso a credito dalla banca al titolare. Quindi le spese possono superare la disponibilità effettiva di denaro sul conto dato che verranno rimborsate dal proprietario della carta entro un termine di tempo prefissato. Il plafond, naturalmente, viene stabilito in funzione al profilo del cliente che intende attivare la carta. Nello specifico, si valuta la sua solvibilità (o capacità di rimborso) sulla base del reddito e dell’affidabilità creditizia. 

Carta di credito fisica: il classico intramontabile (per alcuni)

La prima carta di credito nacque negli Stati Uniti nel 1950 quando un signore, Frank McNamara, si rese conto di non poter pagare la cena al ristorante perché si era scordato i soldi contanti a casa. In quel momento, Mcnamara realizzò che il mondo aveva bisogno di un sistema di pagamento universale cashless e fondò il Diners Club International – dall’inglese diner, ristorante.

La carta di credito fisica, nonostante siano passati 75 anni dalla prima transazione, è un oggetto ancora molto utilizzato specialmente dai meno avvezzi alla tecnologia. Questa solida base di utenti, infatti, continua a preferire la tessera fisica, tangibile, all’alternativa virtuale soprattutto per motivi di natura psicologica: l’idea di toccare la carta di credito con mano, di controllarla fisicamente, potrebbe infondere maggiore sicurezza rispetto alla “carta nel telefono”, considerata meno infallibile – e se ti hackerano il telefono che fai?

A parte questo luogo comune, la carta di credito fisica presenta alcuni vantaggi oggettivi rispetto alla cugina virtuale, primo fra tutti l’indipendenza dai dispositivi elettronici come i telefoni. Se ci pensi, questo effettivamente è un bel punto a favore: hai appena fatto serata, è ora di rientrare a casa, la fame bussa alla porta e il pensiero va immediatamente verso lo spuntino notturno. Ti dirigi contento verso il tuo posto di fiducia con l’acquolina in bocca, arrivi lì davanti e… il telefono è scarico. Non puoi pagare. Torni a casa in lacrime. Si, è un bel punto a favore. 

La carta di credito fisica presenta anche un altro vantaggio considerevole, il prelievo di contante facilitato. Calma, anche quella virtuale permette di ritirare i soldi allo sportello, a patto che questo sia contactless. Il problema è che il prelievo contactless, generalmente, è consentito solo ai clienti della banca che possiede quello sportello. Quindi, tornando all’Odissea del Post-Serata, il telefono è carico ma il ristorante ha il POS “rotto”. Cerchi l’ATM più vicino per ritirare qualche bella vecchia banconota. L’unico nei dintorni è Intesa San Paolo, tu sei cliente Unicredit. Non puoi prelevare. E anche qui torni a casa in lacrime.   

Un altro vantaggio, in breve, è relativo al fatto che la carta fisica è statisticamente meno rifiutata negli esercizi commerciali, perché meno soggetta a problemi di natura tecnologica che possono riguardare app, smartphone o POS.

Carta di credito virtuale: il digitale che avanza

La carta di credito virtuale, per definizione, esiste esclusivamente in formato digitale e solitamente è localizzata all’interno del wallet integrato nel telefono. Proprio perché presuppone un certo livello di skill tecnologiche, questo tipo di carta è di gran lunga più popolare fra le nuove generazioni

Le carte di credito virtuali non sono tutte uguali ma si distinguono principalmente per durata e modalità d’uso. Esistono, infatti, le carte di credito monouso e quelle permanenti. Le carte monouso sono utilizzate per singole transazioni o per periodi di tempo molto limitati: una volta effettuato l’acquisto o raggiunta la scadenza prefissata, la carta diventa inutilizzabile. Le carte permanenti, dette anche multiuso, hanno una scadenza più lunga e sono l’equivalente digitalizzato delle carte di credito fisiche. 

Le carte di credito virtuali, rispetto a quelle fisiche, presentano molti vantaggi specialmente per gli aspetti legati alla sicurezza e all’accessibilità. Per quanto riguarda la sicurezza, le carte virtuali monouso riducono nettamente il rischio di furto dei dati sensibili, proprio perché dopo la transazione perdono la loro utilità. Inoltre, il formato digitale consente soluzioni di protezione innovative come il CVV dinamico, generato al momento dell’acquisto e valido per un breve arco di tempo. Poi, nel caso in cui si possedesse anche la carta di credito fisica, è possibile creare un clone virtuale permanente che abbia dati differenti e utilizzarlo per le transazioni online: in questo modo, se si verificasse una violazione sul sito dove hai acquistato, nessuno sarebbe in grado di risalire alla carta originale

Il tema dell’accessibilità fa riferimento alla possibilità di avere a disposizione uno strumento per effettuare pagamenti online in modo quasi istantaneo, senza aspettare la spedizione a casa o doversi recare in filiale. Può sembrare una cosa da nulla, ma solo in Italia quasi 5 milioni di persone risiedono in comuni che non registrano la presenza di alcuna banca: un problema reale che anche Young Platform ha a cuore

Le carte di credito virtuali, poi, hanno vantaggi secondari che le carte di credito fisiche non possono avere per costituzione. Uno di questi è il controllo delle spese, più facilmente tracciabili e gestibili, grazie alla creazione di carte digitali ad hoc, a seconda delle esigenze. Per esempio, se hai mai organizzato una vacanza con un gruppo di amici saprai quanto è noioso gestire la “cassa comune” affinché tutti paghino in modo equo: una carta dedicata esclusivamente alle spese del gruppo potrebbe risolvere questa seccatura. Oppure potresti utilizzarne una per pagare i vari abbonamenti, così da tenerli sotto controllo ed evitare sprechi di denaro. Se ti interessa l’argomento della gestione del budget, troverai le migliori app del settore in questo articolo

Il secondo vantaggio collaterale è connesso alla sostenibilità ambientale: non dovendo produrre tessere di plastica, le tessere virtuali rappresentano una scelta di gran lunga più ecologica. 

Quindi, è meglio il fisico o il virtuale? 

La scelta fra carta fisica o carta virtuale dipende molto dalle abitudini di vita e di spesa. Per esempio, se sei una persona che viaggia spesso, la scelta dovrebbe ricadere sulla carta fisica tradizionale, principalmente per la vasta accettazione e la facilità con cui puoi prelevare cash. Va considerata anche l’eventualità di ritrovarsi col telefono scarico o perderlo durante gli spostamenti. Se invece fai molti acquisti online, allora dovresti prediligere quella virtuale per via della sicurezza offerta dalle carte monouso o dai cloni, come abbiamo visto prima. Il consiglio finale, in realtà, è quello di possederle entrambe per combinare i vantaggi e ridurre gli imprevisti. 

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Fondo di emergenza: cos’è e perché è fondamentale

Fondo di emergenza: cos’è e perchè è fondamentale

Il fondo di emergenza è un tesoretto personale liquido per gli imprevisti e potrebbe salvarti la vita. Come si costruisce? E perché è utile?

Il fondo di emergenza è la classica cosa di cui tutti conoscono l’importanza ma che viene continuamente rimandata nel tempo. Il motivo è semplice e il nome ci aiuta a capirlo: un’emergenza è un evento indefinito e lontano e, ai nostri occhi, perde di rilevanza rispetto a questioni concrete con scadenza ravvicinata. Poi l’emergenza arriva puntuale e la disperazione domina incontrastata. Qui vedremo insieme perché cominciare a costruirne uno e come farlo, passo dopo passo. 

Avere un fondo di emergenza: in un mondo di cicale, sii la formica

L’importanza del fondo di emergenza è parte della cultura umana da tempo immemore, se pensiamo che Esopo più di duemila anni fa scriveva la favola de “La Formica e la Cicala”. Certo, l’autore greco non ci parla letteralmente del fondo di emergenza ma ci fa capire quanto sia importante arrivare preparati di fronte alle sfide che la vita, prima o poi, ci presenta. La cicala infatti canta tutta l’estate e non si preoccupa dell’inverno, mentre la formica lentamente accumula le provviste necessarie: arriva il freddo, la cicala soffre la fame e la formica si gode serena il frutto del suo lavoro

Questa morale, per quanto a prima vista semplice e scontata, ci spiattella in faccia la realtà: sappiamo perfettamente che il futuro prima o poi arriverà a bussare alla porta ma, nonostante ciò, siamo disposti a prendere iniziativa solamente quando avvertiamo il fiato sul collo. Il risultato? L’impreparazione più totale mista a panico e stress. 

Il fondo di emergenza serve proprio ad evitare queste situazioni spiacevoli e continuare a vivere la nostra vita in tranquillità, a prescindere da incidenti, sorprese o desideri improvvisi. Serve a permetterti di comprare un telefono nuovo, riparare la macchina, o anche andare a sentire i Green Day a Firenze senza dover – un esempio a caso – vendere gli Ethereum che hai messo in stake su Young Platform. Bene, ora che la sua utilità è evidente, andiamo a vedere come si costruisce un fondo di emergenza, step by step. 

Creare un fondo di emergenza è impegnativo, ma si può fare

Prima di procedere col mettere da parte le finanze, è necessario capire il proprio obiettivo di risparmio perché è poco stimolante, oltre che poco sensato, accumulare denaro a oltranza. Per fare ciò occorre tenere traccia e analizzare le spese mensili, fisse ed extra, come l’affitto, la benzina, il cibo, gli abbonamenti e via dicendo. Puoi segnartele a penna, usare Excel o facilitarti la vita con un’app per la gestione del budget. Adesso, prendi la cifra e moltiplicala per tre o sei, a seconda delle tue necessità: il risultato di questa complessa operazione matematica equivale al tuo obiettivo di risparmio, perché lo scopo primario del fondo di emergenza è proprio permetterti di vivere nella condizione di assenza di entrate fisse. Una volta capito quanto devi risparmiare, è il momento di creare una strategia per trasformare il progetto in realtà.

Mettere da parte i soldi è una prova di grande disciplina: l’arte del risparmio deve fare i conti con l’animo umano e la sua irrefrenabile e impulsiva voglia di gratificazione. Inoltre, quando l’obiettivo corrisponde a una cifra importante, è faticoso anche solo cominciare perché il traguardo sembra lontanissimo. Per ridurre questo carico cognitivo, esistono alcune strategie che ti consentono di raggiungere la meta sfruttando il tempo, quindi rateizzando l’importo prefissato in quote periodiche. Tra queste, con la famosa sfida delle 52 settimane impiegheresti un anno per creare il tuo fondo di emergenza. Se invece vuoi accelerare il percorso, il consiglio è di fare una sorta di piano di accumulo e prelevare una quantità fissa di denaro. In questo caso, ricorda l’insegnamento del noto libro “L’uomo più ricco di Babilonia”: se ricevi un’entrata fissa mensile, prima togli la somma e poi vivi col resto, mai il contrario. Ciò significa che se guadagni 1300€ al mese, prima levi 100€ e poi ricalibri la tua vita sulla base dei 1200€ che restano, come se i 100€ non fossero mai esistiti. 

Facciamo un esempio pratico per evitare ogni tipo di dubbio. Il nostro esempio sarà Mario, un ragazzo di 28 anni che vive a Milano e lavora come impiegato in ufficio. Mario per un mese si segna tutto e scopre che le spese essenziali ammontano a circa 1.185€, divise come segue: 

  • 750€ di affitto al mese per un bilocale (è stato molto fortunato)
  • 100€ di bollette
  • 45€ di internet (Wi-Fi e cellulare)
  • 40€ di abbonamento mezzi 
  • 250€ di spesa al supermercato 

Mario decide che è il momento di iniziare a pensare a un fondo di emergenza. Ha 28 anni, è giovane e sa che se perderà il lavoro potrà trovarne un altro in relativamente poco tempo. Il suo fondo, quindi, dovrà corrispondere a quattro mesi di spese: 1185 x 4 = 4740€. Arrotonda per eccesso e opta per i 5000€. A questo punto dovrà solo capire come accumularli. 

Perfetto. Sai quanto devi risparmiare, sai anche come farlo. È arrivato il momento di lavorare sull’autocontrollo. Ovviamente essere rigorosi e costanti nel processo di risparmio non implica abbracciare l’ascetismo: nessuno ti chiede di essere il nuovo Mahatma Gandhi. Vuol dire solamente concentrarsi e comprendere di cosa si ha realmente bisogno. Una tecnica interessante è aspettare il giorno dopo e chiederti: “Mi serve ancora quel poster limited edition con Walter White e Gus Fring che pranzano a Los Pollos Hermanos?” Sì, ti servirà ancora. Ma ti sei allenato e la prossima volta questo esercizio potrebbe farti risparmiare qualcosa in più. 

Bello ma… questo tipo di fondo ha un grosso problema

Il tuo fondo di emergenza adesso esiste e non è più solamente un buon proposito per l’anno nuovo. Tuttavia non finisce qua, rimane ancora un ostacolo da superare, il nemico numero uno del risparmio, il boss finale: l’inflazione. Infatti, in teoria, questo tesoretto liquido che hai costruito con tanta fatica come una piccola formica, è destinato a rimanere fermo per un bel po’ – tocca ferro – perché pensato per le emergenze. Il problema è che il tempo passa, l’inflazione cresce e il tuo fondo di emergenza perde valore. 

Pensavi di avere subito la soluzione pronta per affrontare il boss finale eh? Super Mario ha dovuto attraversare ben otto mondi per sconfiggere Bowser e recuperare Peach. A te basta iscriverti qui sotto e leggere gli articoli che pubblichiamo in merito, come questo. Alla prossima!

Chi sono le 9 donne più ricche del mondo? La classifica del 2025

Le 9 donne più ricche del mondo: la classifica del 2025

Donne più ricche del mondo: la classifica aggiornata al 2025

Chi sono le donne più ricche del mondo nel 2025? C’è stato un cambio al vertice rispetto agli anni passati? Ecco la classifica aggiornata, basata sul patrimonio netto, ovvero sulla differenza tra il valore dei beni posseduti, come immobili, investimenti, contanti e aziende, e l’ammontare delle passività.

Per stilare questa lista delle donne più ricche del mondo ci basiamo sui dati di Forbes, la rivista che ogni anno pubblica le classifiche aggiornate dei miliardari più abbienti del globo. Ricordiamo, però, che esiste anche il Bloomberg Billionaires Index, che restituisce una fotografia in tempo reale del patrimonio dei miliardari, per cui la posizione di alcune di queste donne potrebbe variare durante l’anno.

Ecco le 9 donne più ricche al mondo nel 2025.

9. Marilyn Simons

Vedova del noto matematico e investitore Jim Simons, fondatore dell’hedge fund Renaissance Technologies, Marilyn Simons è stata fino al 2021 presidente della Simons Foundation, una delle più grandi organizzazioni filantropiche USA. 

Con l’erogazione di borse di studio e contributi, la Simons Foundation si pone l’obiettivo di sostenere la ricerca e lo sviluppo di quattro aree in particolare: scienza e matematica, autismo e neuroscienze, società e cultura e scienze della vita. 

8. Miriam Adelson

Dopo la scomparsa del marito Sheldon Adelson nel 2021, Miriam Adelson ha ereditato la maggioranza delle quote del colosso dei casinò Las Vegas Sands. Tra questi, la famiglia Adelson possiede anche 5 casinò a Macao e uno a Singapore, due fra i paesi più ricchi del mondo

Con un patrimonio di 32.1 miliardi di dollari, Miriam è anche una nota filantropa, e fino ad oggi ha donato più di un miliardo di dollari per la ricerca medica .

7. Abigail Johnson

Abigail Johnson è la settima donna più ricca del mondo grazie ad un patrimonio di 32,7 milioni di dollari. È il volto di Fidelity Investments, il terzo fondo di investimento più importante del globo, con circa 5.3 trilioni di dollari di asset in gestione. Fidelity ha lanciato, insieme ad altri fondi di investimento, a gennaio e a luglio 2024 due ETF rispettivamente su Bitcoin e Ethereum, evento che ha segnato un momento di svolta epocale per il mondo crypto. Inoltre, recentemente ha annunciato il lancio di due stablecoin insieme a World Liberty Financial, progetto di DeFi sostenuto dalla famiglia Trump. 

Scopri il mondo crypto

6. Savitri Jindal

Con un patrimonio di 35,5 miliardi di dollari, Savitri Jindal è la donna più ricca dell’India. È la presidente di Jindal Group, un colosso attivo nei settori dell’acciaio, energia e infrastrutture. È anche attiva in politica, nel 2005, dopo la morte del marito, è stata eletta nella  Haryana Vidhan Sabha dalla circoscrizione di Hisar.

5. Rafaela Aponte-Diamant

Rafaela Aponte-Diamant e suo marito Gianluigi hanno co-fondato la Mediterranean Shipping Company (MSC) nel 1970. Grazie alla loro intuizione, MSC è oggi la più grande linea di navigazione al mondo. Rafaela, con un patrimonio di 37,7 miliardi di dollari, controlla una flotta di circa 900 navi.  

4. Jacqueline Mars

La quarta donna più ricca del mondo Jacqueline Mars, erede dell’impero dolciario e alimentare Mars Inc., Jacqueline Mars ha un patrimonio di circa 42,6 miliardi di dollari. Insieme al fratello John, gestisce l’azienda di famiglia, famosa per brand di snack come M&Ms e Snickers e per il marchio di petfood Pedigree.

3. Julia Koch

Julia Koch e i suoi figli hanno ereditato una quota del 42% della Koch, Inc (ex KochIndustries) dopo la morte del marito David Koch nel 2019. Con un patrimonio di 74,2 miliardi di dollari, Julia Koch guida uno dei più grandi conglomerati privati del mondo – il secondo negli Stati Uniti –attivo in settori come il petrolio, la carta e la tecnologia medica.

2. Françoise Bettencourt Meyers

Françoise Bettencourt Meyers, erede del colosso cosmetico L’Oréal, perde la prima posizione come donna più ricca del mondo dopo cinque anni di dominio. Nonostante ciò, il suo patrimonio ammonta a circa 81,6 miliardi di dollari. 

Possiede il 35% del gruppo L’Oréal, che quest’anno ha visto un calo del 20% del valore del titolo, causato da una forte diminuzione delle vendite soprattutto in Cina. Inoltre, dopo 20 anni, Francoise Bettencourt Meyers ha annunciato il ritiro dal board della società, lasciando il posto a suo figlio Jean-Victor Meyers.

1. Alice Walton

Alice Walton, figlia del fondatore di Walmart Sam Walton, ha visto il suo patrimonio crescere a 101 miliardi di dollari grazie all’aumento del 40% del valore delle azioni della società. A differenza dei suoi fratelli, non ha mai avuto un ruolo attivo nella gestione dell’azienda di famiglia, preferendo dedicarsi alla sua passione per l’arte. Ha fondato il Crystal Bridges Museum of American Art, che ospita opere di artisti come Andy Warhol, Georgia O’Keefe e Mark Rothko.

Questa classifica dimostra come le donne più ricche del mondo abbiano diversificato i loro investimenti in numerosi settori, dalla tecnologia alla moda, dall’industria mineraria all’arte. Che siano imprenditrici di successo o eredi di grandi fortune, queste donne continuano a guidare il mondo del business globale.

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ESG: significato, criteri e rating

ESG è un acronimo che sta per Environmental (Ambientale), Social (Sociale) e Governance (Modello di governo aziendale) e rappresenta i pilastri fondamentali utilizzati per valutare la sostenibilità, la responsabilità sociale d’impresa (CSR, Corporate Social Responsibility) e l’impatto etico di un’azienda o di un investimento. L’ESG è parte del concetto più ampio di investimento sostenibile e responsabile (SRI, Socially Responsible Investing) e, come abbiamo anticipato, è il prodotto di un momento storico segnato da una forte attenzione verso le questioni ambientali. Detto in parole semplici, l’investimento ESG seleziona e sostiene quelle imprese che concretamente operano in modo tale da salvaguardare l’ambiente e rispettare i diritti umani e dei lavoratori. Questa selezione si basa su dei criteri specifici.

I criteri ESG sono divisi in tre macroaree e sono necessari per comprendere quanto un’impresa o un investimento siano sostenibili e socialmente responsabili. Immagina di essere il gestore di un mega hedge fund sostenibile che deve esaminare una società per decidere se investirci o meno. Cominceresti con l’analisi dei criteri ambientali, quindi con la valutazione dell’impatto delle attività aziendali sull’ambiente e della volontà della società in questione di limitare i danni. I fattori principali della sezione Environmental includono ovviamente lo sfruttamento delle risorse naturali, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento e, in generale, la conformità ambientale. Passeresti poi ai criteri sociali, parte del pilastro Social, per verificare le relazioni della società con le parti coinvolte, dunque coi dipendenti, i fornitori, i clienti e la comunità in cui essa opera. L’obiettivo di questa indagine è misurare le conseguenze del business e la responsabilità dimostrata nei confronti dei vari soggetti interessati elencati sopra. Nel concreto, dovresti controllare le condizioni di lavoro dei dipendenti, il rispetto dei diritti umani, la qualità dei prodotti e l’impegno nei confronti delle comunità locali.

Infine, concluderesti con lo studio del modello di governo aziendale, ovvero coi criteri di governance. Questa sezione monitora la struttura societaria, i processi decisionali e le politiche che guidano la gestione dell’impresa affinché siano in linea coi principi etici e le buone pratiche. I punti fondamentali in questo caso riguardano per lo più la trasparenza, l’anticorruzione, l’indipendenza dei membri del CdA (Consiglio di Amministrazione), il rispetto delle minoranze e della diversità di genere. Chiaramente, queste valutazioni potresti farle tu in prima persona o delegare il compito ad agenzie specializzate in rating ESG

I rating ESG sono giudizi espressi in punteggi numerici o scale alfabetiche che mirano a valutare il livello di sostenibilità aziendale complessiva. La loro funzione è, appunto, offrire informazioni aggiuntive agli investitori nel momento in cui decidono se investire. A livello internazionale, le agenzie – o provider – di rating ESG più famose sono MSCI ESG Research di Morgan Stanley, Sustainalytics di Morningstar, S&P Global ESG scores di Standard & Poor’s e Moody’s ESG Solutions di Moody’s. Esistono poi provider che si concentrano su temi specifici come Standard Ethics, specializzato sulla conformità agli standard internazionali. 

Però, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Vediamo alcuni Difetti con la D maiuscola relativi a questa corrente finanziaria, che poi sono anche parte delle ragioni dietro l’inversione del trend.

ESG e contraddizioni: scandali e greenwashing

L’investimento sostenibile ESG, come abbiamo visto, è un tentativo onorevole che unisce la ricerca del profitto alla consapevolezza dell’impatto tangibile sulla Terra delle decisioni economico-finanziarie. Tuttavia alcuni tra grandi aziende e fondi di investimento, hanno sfruttato l’immensa popolarità di questo filone etico per farsi belli agli occhi degli investitori e dei consumatori, senza realmente rispettare le promesse. Lo scopo? Aumentare il fatturato

Un esempio viene dal celebre Dieselgate del 2015, che vede protagonista la VolksWagen: a seguito di indagini si scoprì che la casa automobilistica, in realtà, truccava i test delle emissioni delle auto diesel per apparire più ecologica e rispettosa dell’ambiente agli occhi del mercato e posizionarsi come leader green. La class action si risolse poi col pagamento di 14,7 miliardi di dollari da parte di VolksWagen ai proprietari ingannati.

Un altro caso riguarda Wirecard, un’azienda tedesca che offriva servizi di pagamento digitale. Questo scandalo è particolare perché coinvolge anche le agenzie di rating ESG: nonostante avesse ricevuto dei rating medi – nel senso che non era considerata nè eccellente né carente rispetto ai competitor – nel giugno 2020 la società tedesca ha dichiarato il fallimento a seguito di un buco di 1,9 miliardi di dollari nel bilancio. Il pensiero va alla crisi del 2008, quando le agenzie di rating valutavano con triple A dei prodotti finanziari assolutamente scadenti. 

Lato fondi di investimento invece, un report dell’ESMA (European Security and Markets Authority), dimostra come il solo fatto di avere nomi ESG attiri investimenti significativi: in media, si registra un aumento di capitale dell’8,9% nel primo anno successivo al cambio di nome e i termini legati all’ambiente, quindi al pilastro Environmental, hanno mostrato l’effetto più importante. Il rischio principale, come evidenzia il report, è scadere nel greenwashing, ovvero la strategia di comunicazione e marketing utilizzata per promuovere un’immagine di sostenibilità ambientale, nascondendo o minimizzando gli effetti negativi. Per questo motivo, ha fornito delle linee guida consigliandone l’adozione. 

Manca ancora un tassello per capire le motivazioni dietro al calo di popolarità dell’investimento sostenibile ESG: l’elezione di Donald Trump.

Sostenibilità ESG e Donald Trump non vanno d’accordo: Drill, baby, drill!

Lo scorso novembre, Donald J. Trump è diventato il Presidente degli Stati Uniti d’America grazie a una campagna elettorale fondata sull’isolazionismo americano e sulla volontà di mettere fine all’ideologia “woke”, termine ombrello che include anche le questioni relative al clima e all’ambiente. Al discorso di inaugurazione del 20 gennaio, The Donald ha messo subito le cose in chiaro: “con le mie azioni, oggi, termineremo il Green New Deal” – un piano di riforme economiche e sociali incentrate sul cambiamento climatico e sulle disuguaglianze. È improvvisamente mutato lo scenario o, per rimanere in tema, è cambiato il clima.

Infatti I fondi sostenibili globali ESG, secondo un report di Mornigstar, nel Q1 del 2025 hanno subito deflussi record per 8,6 miliardi di dollari, contro i 18,1 miliardi di dollari di afflussi del trimestre precedente. Lo stesso report ci comunica inoltre che gli investitori negli Stati Uniti hanno ritirato denaro da questi fondi per il decimo trimestre consecutivo. Contemporaneamente, l’Europa ha registrato i suoi primi deflussi netti dal 2018, con 1,2 miliardi di dollari ritirati, contro i 20,4 miliardi di dollari di afflussi nel Q4 del 2024. Occorre anche sottolineare che, nonostante ciò, i fondi ESG a livello globale formano un patrimonio di più di 3 trilioni di dollari

Un altro dato interessante, sempre di Morningstar, riguarda l’attività di chiusura e rebranding dei fondi ESG: per quanto riguarda il 2024, 94 fondi sostenibili sono stati chiusi nel Q4, per un totale di 351 nell’anno, mentre 213 fondi europei hanno cambiato nome, in accordo con le linee guida del report ESMA che abbiamo visto prima. Di questi, 50 hanno introdotto riferimenti ESG, 115 li hanno eliminati e 48 li hanno modificati

Infine, ci arriva un sondaggio dalla Stanford University che potrebbe fornire informazioni utili per comprendere la direzione del trend ESG: nel 2022, il 44% dei giovani investitori riteneva estremamente importante che i fondi di investimento utilizzassero la loro influenza sulle società investite per dare priorità alle questioni di carattere ambientale. Nel 2023, la pensava così il 27% mentre l’ultimo sondaggio, relativo al 2024, rivela che solo l’11% del campione analizzato ha mantenuto la stessa opinione. Se poi gli veniva fatta la stessa domanda ma relativa al miglioramento delle pratiche sociali e di governance, il crollo è stato ancora più marcato: per il sociale dal 47% al 10% mentre per la governance dal 46% al 7%

Sostenibilità e Bitcoin: una sfida aperta

Quando si parla di sostenibilità e Bitcoin, la sfida principale riguarda il consumo energetico necessario per le attività di mining, che abbiamo trattato in modo approfondito in questo articolo del 2021. Da quel momento sono stati fatti dei passi avanti notevoli, tanto che la CCAF (Cambridge Center for Alternative Finance) dell’Università di Cambridge, in un report pubblicato in aprile 2025, ha stimato che ad oggi il 52,4% dell’energia utilizzata per il mining proviene da fonti sostenibili – di cui il 23,4% dall’idroelettrico, 15,4% dall’eolico e il 9,8% dal nucleare. 

Esistono poi altre idee innovative come nel caso di El Salvador, che sta implementando un sistema di mining basato sull’integrazione fra l’energia geotermica della regione vulcanica e l’energia solare ed eolica. Oltre alla produzione, si parla anche di recupero dell’energia. MARA, una delle più grandi aziende di mining del mondo, sta minando Bitcoin convertendo l’APG (Associated Petroleum Gas) in elettricità. L’APG, detta in modo facile, è un gas che viene scartato durante l’estrazione del petrolio per essere poi bruciato o disperso nell’atmosfera. Qui, invece, viene recuperato e convertito in energia elettrica attraverso la combustione per alimentare i mining center, risparmiando sui costi.

ESG nel futuro: e quindi?

E quindi, come si dice spesso, nessuno ha la palla di vetro. Il dilemma è sempre lo stesso: è la fine dei fondi ESG o è solo un momento di riassestamento? Che idea ti sei fatto leggendo l’articolo? Nel dubbio, iscriviti a Young Platform e resta aggiornata/o sulle cose importanti!

Quant’è la reale probabilità di vincere ai Gratta e Vinci?

Vincere ai Gratta e Vinci: le probabilità

Quali sono davvero le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci? Scoprile insime alla genesi e alla storia di questo popolarissimo gioco d’azzardo

Comprare un Gratta e Vinci è un gesto quasi universale, compiuto da tutti almeno una volta nella vita. C’è chi lo acquista in autogrill, come rito propiziatorio per segnare l’inizio o la fine di un viaggio. Chi ne fa un appuntamento fisso settimanale. E chi, purtroppo, finisce per spenderci regolarmente somme importanti, ignorando il monito “gioca responsabilmente” – che ancora ci stupisce per il livello di ipocrisia raggiunto con un solo claim.

Tuttavia, non siamo qui per dare giudizi morali, bensì per calcolare qual è la reale probabilità di vincita di un Gratta e Vinci, oltre a stimare l’impatto di un fenomeno piuttosto rilevante – in Italia vengono giocati circa 80 biglietti al secondo. Seguici in questo viaggio alla scoperta del gioco d’azzardo più popolare tra gli italiani – solo il 15,3% degli italiani ha espressamente dichiarato di non averne mai acquistato nessuno. Scoprirai che il gioco non vale la candela ma anche quanto incassa lo stato per ogni euro giocato.

La genesi: come sono nati i Gratta e Vinci?

Idealmente è possibile calcolare la probabilità di vincere ad un “gratta e vinci” dal 1974, quando l’azienda americana Scientific Games Corporation brevettò una tecnologia per stampare biglietti con aree nascoste da una patina rimovibile. In italia la mania dei Gratta e Vinci è arrivata, invece, molto dopo, questi “diabolici” cartoncini hanno fatto il loro debutto ufficiale nel nostro paese il 21 febbraio del 1994

Tale introduzione, sancita dalla Legge Finanziaria del governo Ciampi, fu molto meno ipocrita di come viene trattato questo gioco ora, in quanto espressamente volta a finanziare il “piano salva lavoro” promosso dall’allora ministro del Lavoro Gino Giugni. Già in occasione del lancio era chiaro e assodato quanto lo Stato avrebbe dovuto raccogliere da questa attività: 240 miliardi di lire

Il primo biglietto messo in commercio si chiamava “La Fontana della Fortuna”, costava 2.000 lire e raffigurava la Fontana di Trevi. Il numero di fontane scoperte grattando determinava l’entità del premio, che poteva variare dal rimborso del costo del biglietto fino a un massimo di 100 milioni di lire. Per rendere il gioco fortemente attrattivo la lotteria garantì che, per l’esordio, un biglietto su nove sarebbe stato vincente.

Inutile dire che il successo fu immediato: la semplicità delle regole, la novità dell’estrazione istantanea (“Gratta e Vinci” divenne un nome autoesplicativo della dinamica di gioco) e la possibilità di conoscere subito l’esito, senza attendere estrazioni o risultati sportivi, catturarono l’interesse del pubblico italiano, rendendo questo gioco, in brevissimo tempo, uno dei più amati.

L’evoluzione: come siamo arrivati ai Gratta e Vinci di oggi?

Il grande successo iniziale oltre a implicare un cambiamento delle probabilità di vincere ai Gratta e Vinci contribuì all’espansione del fenomeno. In poco tempo nacquero molte varianti di questo gioco d’azzardo a partire da “La Fortuna col Mundial”, legato ai campionati mondiali di calcio del 1994, passando per “Caccia al Tesoro”, “Lancillotto”, “Goal”, “Il Mercante in Fiera”, “Partitissima”.

Lottomatica giocò un ruolo chiave nella popolarizzazione dei Gratta e Vinci negli anni ’90, introducendo una grande varietà di giochi con diverse tipologie di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), ente regolatore del settore, ha spesso legato le emissioni a eventi o festività, creando serie tematiche per Natale, San Valentino, Mondiali di calcio, o utilizzando maschere tradizionali come Pulcinella e Pantalone per il Carnevale.

E i formati che tutti conosciamo, disponibili ancora oggi? La linea “Miliardario”, ad esempio, è stata introdotta nel 2005, e si è poi evoluta in diverse versioni. Mentre il “Turista per sempre,” il sogno di tantissimi lavoratori stressati che ogni tanto incrociano le dita e lo acquistano cercando di diventare nomadi digitali disoccupati, è nato nel 2010.

Parallelamente all’evoluzione dei giochi, anche la tecnologia di produzione ha subito una trasformazione radicale. Dai metodi manuali degli esordi, si è passati a processi industriali e, nel 2006, sono stati introdotti i Gratta e Vinci online.

I numeri: quanto si è espansa l’epidemia dei Gratta e Vinci?

Le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci sono una costante, mentre la variabile principale connessa a questo gioco risponde ad una curiosa domanda: quanto ha raccolto lo Stato quest’anno vendendo questi magici cartoncini?

Secondo i dati ufficiali nel 2022 sono stati raccolti circa 11 miliardi di euro a fronte di circa 136 miliardi totali raccolti attraverso il gioco d’azzardo. Il fenomeno in generale, seppur presente sul nostro paese dall’alba dei tempi, è in forte crescita. Gli ultimi dati aggregati disponibili (per il 2023) ci dicono che la raccolta è passata da 136 miliardi a 150 in solo un anno – nel 2019 i miliardi raccolti erano 19,4.

Alcune analisi sociologiche ed economiche suggeriscono che la crescente popolarità del gioco d’azzardo potrebbe essere una sorta di risposta – simbolica e irrazionale – a condizioni di vita insoddisfacenti e a scarse disponibilità economiche. In contesti in cui la disuguaglianza di reddito è particolarmente accentuata l’alea del gioco può incarnare una sorta di “ideale egualitario” illusorio, offrendo a tutti, indipendentemente dalla condizione di partenza, la possibilità di ottenere somme significative e un riscatto sociale. Questa interpretazione trova riscontro in dati empirici che evidenziano come la spesa per il gioco d’azzardo incida maggiormente, in termini percentuali sul reddito, sulle fasce di popolazione economicamente più deboli. Nell’ultimo capitolo di questo articolo comprenderemo – utilizzando la matematica e il calcolo delle probabilità – come questa non è altro che un’illusione.

Quante probabilità hai di vincere al gratta e vinci?

A differenza del discorso che abbiamo affrontato sul SuperEnalotto è piuttosto complesso calcolare le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci. Come potrai intuire la maggiore complessità deriva dalla grande quantità di varianti esistenti. Se ci leggi spesso lo saprai, intendiamo trattare il concetto di fortuna dal punto di vista statistico, quindi cercando di calcolare il ritorno atteso per ogni euro “investito” – o “buttato”; troviamo subito la risposta. 

Possiamo partire da qualcosa di semplice, ovvero dalla probabilità media di vincita complessiva, calcolata considerando tutti i biglietti vincenti (contenenti uno o più premi) rispetto al totale dei biglietti prodotti per tutte le lotterie attive. Le fonti ufficiali riportano valori leggermente diversi per questa media: 1 biglietto vincente ogni 3,60  secondo ADM e il sito Grattaevinci.com, o 1 biglietto vincente ogni 3,36 secondo Lottomatica. 

È cruciale comprendere che questa statistica includa qualsiasi premio, anche quelli di importo pari o inferiore al costo del biglietto stesso. In ogni caso possiamo affermare che le probabilità di vincita variano a seconda del tipo specifico di Gratta e Vinci e, soprattutto, all’entità del premio in palio. Mentre la probabilità di ottenere un premio minimo (spesso il rimborso del costo del biglietto) può essere relativamente “alta” (ad esempio, 1 su 7 o 8 biglietti in alcuni casi ), le possibilità di aggiudicarsi i premi più preziosi, quelli che soddisferebbero la maggioranza dei giocatori, sono estremamente basse.

Le probabilità di vittoria ai Gratta e Vinci

Finalmente arriviamo al cuore del discorso: quali sono le reali probabilità di vincere qualcosa — cioè più di quello che hai speso — con un Gratta e Vinci?
Per capirlo serve un pizzico di matematica, ma niente paura: bastano due concetti base, il payout e il valore atteso (EV), che ci portano subito alla stessa conclusione che già conosciamo: giocare non conviene

Il payout è la percentuale del denaro raccolto con la vendita dei biglietti che viene restituita ai giocatori sotto forma di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ci dice che può arrivare fino al 75%. In teoria, quindi, su 100 euro spesi, 75 tornano indietro. Bello, no? Peccato che si tratti di un massimo teorico. Nella pratica, il payout medio reale è molto più basso: si aggira attorno al 47,5%. Questo significa che ogni volta che gratti, in media, stai regalando oltre la metà dei tuoi soldi allo Stato e al concessionario.

E per quanto riguarda il valore atteso? È la misura che ci dice quanto si perde (in media) ogni volta che si gioca. Si calcola sommando tutti i possibili esiti, ognuno pesato per la sua probabilità, e il risultato è sempre negativo. Facciamo due esempi concreti: un biglietto da 10 euro, con payout del 75%, ha un valore atteso di –2,50 euro. Uno da 1 euro? –0,22 euro. Tradotto: ogni volta che compri un Gratta e Vinci, matematicamente stai perdendo dei soldi.

Ovviamente è più difficile calcolare il valore atteso come abbiamo fatto per il SuperEnalotto: le varianti dei Gratta e Vinci sono moltissime e con probabilità di vittoria diverse, ma in ogni caso l’esempio che abbiamo fatto rende bene l’idea di quanto questo gioco sia sbilanciato a favore del banco.

In conclusione, il Gratta e Vinci non è solo un passatempo da bar o da autogrill. È un sistema perfettamente oliato per generare profitti costanti, una vera e propria tassa travestita da gioco. E come ogni tassa che si rispetti, colpisce soprattutto chi può permettersela di meno. Al contrario, investendo regolarmente una percentuale contenuta del tuo reddito porresti conservare – o accrescere – il valore in tuo possesso nel tempo. Seguici per saperne di più!


“Ma quanto guadagna un…?” La guida agli stipendi che non ti aspetti

“Ma quanto guadagna un…?” La guida agli stipendi che non ti aspetti

Quanto guadagna una suora? Un sindaco? E un atleta olimpico? Se almeno una volta ti sei fatto domande simili, questo articolo fa per te. Pronti? Via! 

“Chissà quanto guadagna…” è la domanda delle domande, tanto che qualche anno fa il trend “What do you do for a living?” era virale ovunque. La motivazione dietro a questo successo è precisa: praticamente tutti sognano la ricchezza e i soggetti di quei TikTok erano esempi concreti di chi ce l’aveva fatta. Ma miliardari a parte, esiste tutto un gruppo di professioni meno comuni di cui si sa molto poco. Per esempio, sai quanto guadagna un arbitro di Serie A? E un camionista?  

Determinare quanto guadagna una professione: variabili da tenere a mente 

Un mini disclaimer da fare riguarda alcune variabili da considerare al momento in cui si presentano i dati. Gli stipendi sono riportati sotto forma di retribuzioni lorde medie, includono i gettoni di presenza e sono influenzati da numerosi fattori come l’esperienza, la specializzazione, la posizione geografica e, in alcuni casi, il successo personale o le performance. Ciò significa – ovviamente – che Renzo Piano, architetto italiano di fama mondiale, percepirà retribuzioni sensibilmente più elevate rispetto allo stagista che è uscito una settimana fa dalla facoltà. Se poi lo stagista lavora in Calabria, dove la media dei compensi è la più bassa in Italia, in bocca al lupo. 

Considerazioni di metodo a parte, cominciamo.

Quanto guadagna un arbitro di Serie A

Gli stipendi degli arbitri di calcio di Serie A sono composti da una quota fissa annuale a cui si aggiungono i gettoni di presenza per ogni partita e gli eventuali rimborsi relativi a spese di viaggio, vitto e alloggio. La quota fissa varia in base all’esperienza, per cui gli arbitri con meno di 50 partite di Serie A ricevono circa 30.000€ lordi annui, mentre quelli con più di 50 partite circa 60.000€. La quota sale a 85.000€ per gli arbitri con esperienza in campo internazionale. 

A questa retribuzione fissa si aggiungono i gettoni di presenza, che l’arbitro colleziona quando arbitra una partita di Serie A. Naturalmente l’importo del gettone varia a seconda della posizione ricoperta all’interno della squadra arbitrale: l’arbitro principale, che riceve il gettone più importante, prende circa 3.800€ a partita

Complessivamente, un arbitro di Serie A di alto livello con esperienza internazionale, può arrivare a guadagnare intorno ai 200.000€ lordi all’anno. Un premio giusto che tiene conto della lunga gavetta tra i campi di terra delle categorie regionali.

Quanto guadagna un atleta olimpico

Restando in ambito sportivo, passiamo ora dalla parte degli atleti. Definire un guadagno medio annuo per un atleta olimpico è molto complesso, dal momento che non esiste uno stipendio fisso tradizionale. I redditi degli atleti di livello olimpico, infatti, includono diverse fonti di guadagno, tra cui premi, bonus, sponsorizzazioni, supporto federale e partecipazione a gruppi sportivi militari e corpi dello stato. Per quanto riguarda i premi, per Parigi 2024 il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha riconosciuto un bonus di 180.000€ per la medaglia d’oro, 90.000€ per quella d’argento e 45.000€ per quella di bronzo. Altro discorso per le sponsorizzazioni, gonfiate dai brand principali – come Nike e Adidas – che hanno interesse ad avere la massima visibilità: sempre per Parigi 2024, il totale di euro versati in sponsor è stato di quasi 1,3 miliardi di euro

Il supporto federale poi si riferisce agli aiuti diretti che le varie federazioni sportive erogano agli atleti, come borse di studio e rimborsi spese. Interessante, infine, il discorso sulla partecipazione ai gruppi sportivi dei corpi militari e dello stato, caratteristica molto italiana. Le Fiamme Oro, le Fiamme Gialle e le Fiamme Azzurre, sezioni sportive della Polizia di Stato, della Guardia di finanza e della Polizia Penitenziaria, alle ultime Olimpiadi hanno portato il 71% degli atleti presenti nella delegazione italiana. Un atleta affiliato a questi gruppi sportivi, può percepire compensi fissi che vanno dai 1.350€ ai 1.850€, in base al grado occupato nella gerarchia militare. 

Quanto guadagna un sindaco

Anche lo stipendio dei sindaci italiani non è da intendersi nel senso tradizionale del termine, perché varia in modo netto in base alla dimensione demografica del Comune, quindi alla popolazione che vi risiede. Questo compenso prende il nome di “indennità di funzione” e segue un criterio tanto semplice quanto preciso: maggiore è la popolazione, maggiore è la complessità della gestione del Comune, maggiore è l’indennità prevista per il sindaco. 

Nello specifico, l’indennità di funzione mensile lorda prevista è di 2.200€ se gli abitanti sono meno di 3000, di 4.830€ se sono compresi fra i 30.000 e i 50.000 e di 6.210€ se superano quota 50.000. Se invece si tratta di capoluoghi, il compenso è di 9.660€ per quelli con meno di 100.000 abitanti e di 11.040€ se la popolazione residente è maggiore di 100.000. Primo posto per i sindaci delle Città Metropolitane, come Roma o Milano, che ricevono circa 13.800€ al mese. 

Quanto guadagna una suora

La situazione economica delle suore è particolare e totalmente diversa rispetto alle altre viste finora, dal momento che si basa su principi religiosi e comunitari. La suora (come anche il frate), al momento della professione dei voti, emette un voto di povertà: questo significa che rinuncia allo stipendio personale per tutta la vita per il servizio religioso. La suora è comunque libera di cercarsi un lavoro all’esterno e fra i più comuni troviamo l’insegnante di religione e l’infermiera. In questo caso, la retribuzione corrisponde a alla retribuzione prevista per quella professione, altrimenti il sostentamento è garantito dalla congregazione religiosa di appartenenza. 

Occorre sottolineare che anche se la suora dovesse trovare un lavoro esterno, per coerenza col voto di povertà dovrebbe versare l’importo alla cassa della congregazione stessa e destinarlo alle spese comuni. In sintesi, l’economia della vita religiosa di suore e frati mette da parte il concetto di guadagno individuale e si basa invece su un modello comunitario, fondato sul supporto collettivo.

Quanto guadagna un camionista

Lo stipendio di un camionista, in Italia, si colloca in una fascia intermedia e varia dai 26.000€ lordi l’anno ai quasi 30.000€, con una media di circa 2.300€ lordi al mese. Qui le componenti dell’esperienza e della posizione geografica incidono in modo particolare sulla retribuzione. Una posizione entry level parte dai circa 21.000€/anno per arrivare poi a 30.000€ man mano che si collezionano ore sul sedile, mentre a livello di territorio, la zona di Verona risulta quella meglio retribuita, con una media di circa 36.000€ di stipendio lordo annuale. Inoltre, i guadagni reali sono influenzati da fattori specifici relativi al tipo di trasporto che può essere nazionale o internazionale, includere merci pericolose o rientrare nella categoria dei trasporti eccezionali. 

Quanto guadagna un medico di base

Per concludere, uno sguardo alle professioni sanitarie. Tutti, bene o male, sappiamo che i dentisti, gli psichiatri, gli otorini e i medici specializzati in generale, hanno un certo Stipendio con la S maiuscola. Ma i medici di base? Il medico di base, in Italia, presenta una situazione retributiva molto particolare. Il compenso base di questo tipo di medico deriva infatti dalla cosiddetta “quota capitaria”, cioè una quota in euro (lorda) riconosciuta per ciascun paziente iscritto nelle sue liste. Questa quota non è sempre la stessa: equivale a 70€ lordi annui per i primi 500 pazienti assistiti e scende a 35€ lordi per gli assistiti successivi, fino a un massimo di 1.500 pazienti totali. Quindi se un medico di base ha 957 iscritti nelle sue liste, la sua retribuzione annua lorda corrisponde a 50.995€ (500 pazienti x 70€ + 457 pazienti x 35€). Un medico “massimalista”, con 1.500 pazienti assistiti, arriverebbe a un massimo di 52.500€ lordi annui.

Al compenso base si aggiungono bonus di anzianità, indennità specifiche e compensi per attività aggiuntive, come potrebbe essere la partecipazione a campagne vaccinali, che contribuiscono in modo importante al reddito finale: un medico di base con più di 20 anni di carriera può arrivare a percepire anche più di 160.000€ lordi all’anno. 

È necessario specificare che il medico di base deve sostenere molti costi, dalla gestione dello studio – che potrebbe prevedere del personale infermieristico e di segreteria – alle spese per i medici che lo sostituirebbero nei periodi di ferie o malattia. 

Ti aspettavi questi stipendi? 

Ora che sai quanto guadagnano queste professioni particolari, potresti decidere di candidarti come sindaco nel tuo paese o iscriverti all’università – non è mai troppo tardi – per diventare medico di base. O potresti anche mollare tutto e volare a Tenerife per aprire un chiringuito sulla spiaggia. Nel dubbio, la scelta giusta è sempre quella di restare aggiornato sulle cose che succedono: comincia iscrivendoti qui sotto!

Come fare soldi: oltre le promesse dei guru

Come fare soldi: oltre le promesse dei guru

Come fare i soldi? Se lo chiedono in tantissimi, da sempre: i guru di TikTok lo sanno e vendono fuffa. Qui invece troverai argomenti seri. Partiamo!

I venditori di amuleti miracolosi o metodi infallibili per diventare super ricchi esistono da sempre: l’essere umano ha il bisogno esistenziale di credere che esistano modi per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. Con internet, questi mercanti di aria fritta si sono moltiplicati inventandosi strategie via via più fantozziane. L’obiettivo di oggi è far crollare questi ridicoli castelli di carta e, soprattutto, fornirti alternative serie (ma più faticose) per accrescere il tuo patrimonio. Buon divertimento!

Il Fuffa Guru che ti spiega come fare soldi 

Nel 2024, l’autorevole enciclopedia Treccani ha inserito nel suo vocabolario il neologismo fuffa guru, descrivendolo come “chi, sfruttando tecniche da imbonitore, organizza e gestisce a scopo di lucro e in modo truffaldino corsi, video, seminari in rete nei quali si pubblicizzano modi facili di fare soldi”. Definizione perfetta, elegante ed estremamente realistica. Il fuffa guru è proprio questo, è un mercante di illusioni che si autocelebra come un eroe moderno. Viene dai bassifondi della società, spesso ha trascorso l’infanzia nella povertà assoluta, odiato da tutti prima e pieno di debiti poi, è un reietto destinato a restare fra i reietti. Condizione questa che il fuffa guru non è disposto ad accettare. Mosso dall’insopprimibile desiderio di ricchezza amplificato da una sete di rivalsa ancora più intensa, finalmente vede la luce: “non è questo il mio destino”, dice, “serve un cambio di mindset perché la povertà è prima di tutto uno stato mentale, non una questione di soldi”. 

Quindi il fuffa guru racconta le sue notti insonni passate a divorare libri, la sua rinuncia totale a feste, compleanni e matrimoni perché “mentre gli altri collezionavano serate, io collezionavo competenze“. Scopre segreti che la massa – il 99% – ignora, prende la pillola rossa ed esce dalla Matrix: il fuffa guru è pronto per la scalata verso il successo. Armato di questo nuovo mindset e delle conoscenze acquisite – che costituiranno il “metodo” – si vanta di essersi arricchito velocemente e in modo esponenziale. Adesso, guardando al passato, ringrazia sé stesso “per non essere stato debole e non aver mollato”. 

La fase finale è quella attuale, in cui vive nel lusso sfrenato fra Dubai e Manhattan, viaggia in jet privati e guida solo Lamborghini. Questo stile di vita è la prova tangibile che il suo metodo funziona e che chiunque, adottando il giusto mindset e seguendo i suoi consigli, è in grado di ottenere lo stesso. Pagando, ovviamente. Ma in cosa consiste questo infallibile metodo?

Fare soldi facili, velocemente e senza sforzo: the fuffa guru’s formula

Nonostante non ci sia traccia delle sue esperienze lavorative, cioè del modo con cui si è guadagnato questo ipotetico immenso capitale, il fuffa guru ha la pretesa di spiegarti come fare soldi, tanti soldi, velocemente e senza faticare. E lo fa per condividere la conoscenza, per permetterti di raggiungere la libertà. Come? Pagando centinaia – se non migliaia – di euro per poter partecipare ai suoi seminari o webinar e avere così il privilegio di poterlo ascoltare

La formula per la ricchezza si compone sempre, inevitabilmente, delle stesse side hustle. Il fuffa guru ti parla di dropshipping e ti spiega come aprire un negozio online di successo vendendo prodotti senza averli fisicamente in magazzino, con la promessa di profitti altissimi col minimo sforzo. Oppure può insegnarti nozioni “fondamentali” sull’affiliate marketing “passivo”, sistema per generare rendite passive stratosferiche in modo automatico sponsorizzando prodotti tramite link affiliati e guadagnando sulle commissioni. Un altro grande classico è il network marketing o marketing multilivello, spesso accompagnato dall’intrigante “diventa imprenditore di te stesso!”: in questo caso, il modo per fare i soldi deriverebbe dalla vendita di prodotti (cosmetici, integratori, servizi) ma soprattutto dal reclutamento di altre persone che, entrando nella tua rete, lavorerebbero per te. E come guadagnerebbero queste persone? Reclutando altre persone e così via. Suona familiare? 

Impossibile poi non citare il flipping immobiliare, che consiste nel comprare un immobile per sistemarlo e rivenderlo a un prezzo più alto, spesso in coppia con l’arbitraggio immobiliare, che invece mira ad affittare una proprietà a lungo termine e subaffittarla per rientrare dell’investimento. Ultimo ma non ultimo – rullo di tamburi – il trading online, Sacro Graal di questi mestieranti del nulla. Secondo questi giullari di corte, dedicandoci solo pochi minuti al giorno saresti in grado di guadagnare cifre astronomiche grazie a segnali infallibili e tecniche segretissime insegnate in corsi tanto esclusivi quanto costosi. Ma questi metodi sono veramente così infallibili?

Quello che i fuffa guru non ti dicono 

Quando “spiegano” come fare soldi a palate, in poco tempo e senza faticare, i fuffa guru si dimenticano sempre – che casualità! – di menzionare i lati negativi di tutte queste attività che, ricordiamo, sono legali e legittime. Il dropshipping per esempio presenta una serie di spese e costi relativi all’advertising, alla spedizione ma anche alla gestione dei fornitori e alla necessità di un servizio clienti. A questo, si aggiunge il fatto che il mercato è estremamente competitivo e il rischio di rimanere con grandi quantità di merce invenduta è molto alto. Passando all’affiliate marketing, è possibile generare rendimento passivo solo con alto traffico, quindi solo nel caso in cui un numero consistente di utenti comprino quel prodotto passando per quel preciso link: se sei un influencer con decine di migliaia di follower lo puoi fare, altrimenti è necessario costruire un’audience importante, creare contenuti di valore e investire in SEO e in pubblicità. Non proprio un’attività passiva. Il marketing multilivello poi è nient’altro che un sinonimo elegante e professionale di schema piramidale o schema Ponzi, dal momento che i guadagni si ottengono principalmente dalle new entry che reclutano altre new entry. E come ogni schema Ponzi, per definizione, è destinato a crollare.

Per quanto riguarda le side hustle relative all’immobiliare, quello che questi luminari del successo preconfezionato non ti dicono è che servono garanzie e ingenti risorse finanziarie iniziali per poter avviare qualsiasi tipo di attività in questo campo. Infine, l’attività di trading online, specialmente intraday e che contempla un utilizzo massiccio (e incosciente) della leva finanziaria, è estremamente rischiosa. Non è un mistero che la stragrande maggioranza dei trader retail (più del 90%) che si buttano a piè pari in queste operazioni perda denaro. Fare soldi col trading è possibile, ma richiede studio approfondito e grande competenza, oltre al capitale da rischiare: i segnali infallibili e le tecniche segretissime spesso sono inefficaci o vere e proprie truffe. 

Bene. Ci siamo divertiti, il fuffa guru è nudo. Ora passiamo alle cose serie.

Come fare soldi seriamente: la pazienza è la virtù dei forti

Generare delle entrate passive è possibile ma richiede tempo, pazienza e… denaro. L’affiliate marketing, ad esempio, è un sistema molto utilizzato, ma è il frutto di un lavoro precedente: come abbiamo detto, c’è bisogno di traffico per guadagnare commissioni importanti e questo si ottiene solamente dopo aver creato un prodotto valido. Fare il content creator è un mestiere proprio di questi tempi, ma richiede dedizione, sforzo, passione e competenze. Anche investire nell’immobiliare è un’attività evergreen che entusiasma gli italiani – quanto ci piace il mattone! – ma richiede disponibilità economica iniziale e supporto da parte di specialisti per analisi di mercato, consulenze legali e commerciali. In questo senso, una soluzione più “democratica” e accessibile potrebbe essere il crowdfunding immobiliare, ovvero un metodo di finanziamento collettivo in cui più persone investono insieme in progetti immobiliari per ottenere una parte dei profitti. Si divide principalmente in lending crowdfunding, che consente ai finanziatori di prestare denaro per operazioni immobiliari guadagnando un interesse; ed equity crowdfunding, in cui gli investitori acquistano quote della società, diventando soci e partecipano a utili e perdite.

Per concludere, se ci venisse chiesto come fare soldi e accrescere il proprio capitale non potremmo non menzionare gli investimenti in borsa. Attenzione: qui non si sta parlando di trading fuffaguresco, ma dell’arte dell’investimento a lungo termine. Il fondatore di Vanguard John Bogle, ad esempio, è stato un grande sostenitore dell’investimento passivo attraverso fondi indicizzati a basso costo. La sua filosofia si basava su alcuni principi chiave come ampia diversificazione, costi minimi, orizzonte temporale lungo e asset allocation calibrata in base al rischio. Ciò si traduce nel possedere per molti anni dei fondi che riflettono l’andamento del mercato (come il Total Stock Market o il Total Bond Market), tipicamente sotto forma di ETF.

Investire a lungo termine premia, lo dicono i dati

Quando ti spiegano come fare i soldi, i guru del denaro facile non parlano neanche per sbaglio degli investimenti. Partendo col mega disclaimer doverosoi rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri” (perché nessuno è in grado di prevedere il futuro), possiamo affermare che, storicamente, investire a lungo termine nel mercato azionario è stato sempre profittevole. L’S&P500, uno degli indici più famosi del mondo che rappresenta le 500 maggiori aziende quotate negli Stati Uniti, ha generato un rendimento reale medio annuo – al netto dell’inflazione – del 6.5%. Anche l’MSCI World, indice che invece include le principali società quotate a livello mondiale, ha messo a segno rendimenti reali medi annui per il 5,6%. A queste performance occorre aggiungere l’interesse composto che Albert Einstein ha definito “l’ottava meraviglia del mondo”. Concretamente, sfruttare l’interesse composto significa reinvestire i rendimenti guadagnati al fine di generare ulteriori rendimenti: si tratta dell’effetto “palla di neve” che, rotolando dal pendio, raccoglie altra neve, aumentando di volume e accelerando la sua velocità. 

Facciamo un esempio. Immaginiamo che un guru di TikTok, per spiegarti come fare i soldi col dropshipping, ti chieda 50€ per la lezione introduttiva, 500€ per il corso base completo e 2500€ per il corso avanzato. Totale: 3050€. Funzionerà? Non funzionerà? Chi lo sa. Ora immaginiamo di investire la stessa cifra nell’S&P500 per 20 anni: in base allo storico e reinvestendo i profitti, alla fine del periodo potresti ritrovarti con circa 10.500€. È chiaro che in nessuno dei due casi è possibile prevedere con esattezza il risultato finale. Tuttavia se nel caso dell’S&P500 abbiamo quasi 70 anni di dati storici e di letteratura accademica su cui basarci per prendere delle decisioni, nel caso del guru di Tik Tok il massimo a cui possiamo aspirare è un profilo gonfiato da follower finti e da auto noleggiate in giornata

La strada per fare i soldi è lunga e tortuosa e i guru lo sanno

Capire come fare un mucchio di soldi senza aspettare né faticare, come abbiamo detto, è un desiderio umano e comprensibile. Anche chi vende queste finte chiavi per la felicità non fa altro che cercare modi creativi – per non dire fraudolenti – per raggiungere questo obiettivo. Pensateci: per quale assurdo motivo una persona che viaggia in jet privati, guida solo Lamborghini e mangia solo tartare di manzo Kobe dovrebbe perdere tempo dietro a lunghi seminari e call 1to1? Per “diversificare”? O ancora, per “aiutare l’umanità”? O magari perché il vero metodo per diventare ricchi senza sforzo siete voi che comprate il corso? A voi le risposte.

Da parte nostra, anziché scommettere su figure poco attendibili incontrate sul web, è preferibile rimboccarsi le maniche, studiare e valutare alternative più realistiche e legittime, come possono essere gli investimenti in borsa a lungo termine. Se ti interessa l’argomento, noi di Young Platform pubblichiamo spesso contenuti di questo tipo, come il perché investire in Bitcoin a lungo termine. Iscriviti qui sotto e resta aggiornata/o!

Investimenti con intelligenza artificiale: il futuro della finanza?

Investimenti con IA: il futuro della finanza?

L’intelligenza artificiale per investire in borsa è un trend da monitorare con attenzione: che applicazioni ha? È il futuro della finanza? 

Sempre più attori finanziari utilizzano l’intelligenza artificiale per investire in borsa: l’integrazione di sistemi e algoritmi basati su IA nella gestione del portafoglio e nel trading è una tendenza che merita di essere approfondita. In questo articolo troverai tutti i dettagli relativi all’implementazione dell’intelligenza artificiale negli investimenti. Buona lettura!

Perché investire con l’intelligenza artificiale? 

Come ha dimostrato lo psicologo ed economista Herbert Simon, l’individuo non prende mai decisioni totalmente razionali perché possiede una razionalità limitata da numerosi fattori: la quantità di informazioni che ha a disposizione, i limiti cognitivi della sua mente e il tempo a disposizione non consentono un processo decisionale pienamente razionale e imparziale. Nel mondo della finanza poi, dove le decisioni dei singoli hanno un peso notevole, la fretta e l’emotività spesso influenzano le operazioni di acquisto e di vendita. Ti sarà capitato di comprare in preda alla FOMO o di vendere perché il mercato crollava? L’intelligenza artificiale in questo senso aiuta a mitigare il fattore umano poiché per definizione non presenta quei limiti strutturali che Simon attribuiva alla nostra mente.  

Come vedremo, l’intelligenza artificiale può essere un aiuto fondamentale per gli operatori finanziari in vari modi, dall’elaborazione di enormi moli di dati alla gestione del rischio, dalla composizione del portafoglio alla automazione del trading. Naturalmente, non è tutto oro quel che luccica: come vedremo più avanti nell’articolo, una strategia di investimento non può essere totalmente fondata sull’IA. Ma andiamo per gradi.

Come utilizzare l’IA per investire in borsa?

Integrare l’intelligenza artificiale negli investimenti significa avvalersi di una tecnologia che mette insieme l’analisi finanziaria e la data science col machine learning. Ciò vuol dire utilizzare un sistema capace di esaminare un numero sterminato di dati finanziari e quindi di individuare pattern e correlazioni ricorrenti. L’intelligenza artificiale, infatti, è in grado di analizzare ed elaborare tanto i dati quantitativi come bilanci, movimenti dei prezzi e volumi di scambio, quanto i dati qualitativi, come immagini, testi e sentiment sui social media. 

In questo modo, riesce a delineare un quadro complessivo più ampio e fornire una panoramica più completa. L’intelligenza artificiale permette anche di esaminare centinaia di aziende quotate in tempo reale, tramite software finanziari specifici come AlphaSense, Kensho o Watson di IBM. Chiaramente, i primi a sfruttare questa innovazione sono stati i colossi della finanza come hedge fund o società di asset management, ma al giorno d’oggi investire in borsa con l’intelligenza artificiale non è più un’esclusiva dei grandi player, più avanti vedremo come. Ma quindi, come si applica l’IA nella finanza?

Intelligenza artificiale e investimenti: i casi d’uso

Come abbiamo anticipato, l’intelligenza artificiale ha un impatto concreto sulle strategie finanziarie, dal momento che facilita e ottimizza processi che altrimenti richiederebbero un tempo considerevole, oltre a ridurre l’impatto della fretta e delle emozioni nel processo di decision making. Prendiamo ora in esame funzionalità specifiche che rendono la sinergia tra l’intelligenza artificiale e investimenti interessante:

Analisi predittiva e previsione dei prezzi

Quando si parla di investimenti con intelligenza artificiale, questa è una delle funzioni più ricercate. I sistemi di IA, come abbiamo anticipato, sono in grado di analizzare grandi volumi di dati quantitativi e qualitativi – dall’analisi fondamentale delle aziende ai post sui social –  e riescono ad individuare pattern complessi che potrebbero sfuggire all’occhio umano o agli algoritmi statistici tradizionali. L’obiettivo è naturalmente quello di identificare correlazioni che possano indicare possibili movimenti futuri di prezzo. Nonostante la ricerca accademica abbia dimostrato l’accuratezza di questi sistemi nel predire gli scenari economici, l’intrinseca imprevedibilità dei mercati resta una variabile da considerare nelle analisi e nella presa di decisioni.  

Trading Algoritmico e High-Frequency Trading (HFT)

L’intelligenza artificiale, grazie alla sua capacità di elaborare e processare miliardi di informazioni in frazioni di secondo, viene utilizzata per lo sviluppo e l’esecuzione di strategie di trading algoritmico. Il trading algoritmico, noto anche come algo trading, è un tipo di trading che utilizza gli algoritmi per operare automaticamente in base a regole predefinite: gli algoritmi di IA possono essere addestrati per questo scopo ed eseguire operazioni finanziarie in modo ottimizzato, privilegiando l’efficienza e massimizzando la velocità. 

L’High Frequency Trading (HFT), o trading ad alta frequenza, si basa allo stesso modo su algoritmi, ma sfrutta la potenza di calcolo dell’IA per effettuare operazioni a una velocità impressionante – sotto il millesimo di secondo – per capitalizzare al massimo le micro-inefficienze di mercato come l’arbitraggio. Dal momento che per operare in questo modo servono elevate quantità di liquidità e sistemi altamente efficienti (e molto costosi), questa tecnica di trading è utilizzata quasi esclusivamente dai grandi player finanziari, come hedge fund e banche di investimento. 

Analisi del sentiment

L’emotività dei mercati è cosa nota e l’intelligenza artificiale per investire può essere veramente utile perché è in grado di fornire una sintesi del sentiment degli investitori tramite l’analisi testuale. La differenza fondamentale con gli algoritmi tradizionali di classificazione delle news riguarda proprio l’analisi profonda del contenuto: se i primi si limitano ad analisi binaria “Si/No” o “Positivo/Negativo”, l’intelligenza artificiale va in profondità e indaga su elementi di contesto come il “perché” o il “quando”, offrendo indicazioni più accurate.

Ottimizzazione del portafoglio e gestione del rischio

Investire con l’intelligenza artificiale significa anche applicare i sistemi di IA nella costruzione e nella gestione dei portafogli di investimento. Gli algoritmi di IA sono in grado di processare dati storici allo scopo di individuare asset che potrebbero rendere bene in specifiche condizioni di mercato. Una volta composto il portafoglio, i sistemi di IA possono anche monitorarlo e tracciarne le performance, suggerendo o effettuando bilanciamenti in modo dinamico a seconda degli obiettivi o delle condizioni di mercato.

Anche la gestione del rischio, definita come un processo attraverso cui si misura il rischio per sviluppare strategie per contenerlo o ridurlo, potrebbe avvalersi delle funzionalità dell’intelligenza artificiale: coi sistemi IA è possibile progettare modelli di rischio sofisticati che includono variabili macroeconomiche avverse, come potenziali conflitti tra paesi, e vulnerabilità del portafoglio, come l’eccessiva esposizione a determinati settori. Una volta individuate le criticità, la stessa IA può suggerire strategie di contenimento e riduzione di questi fattori di rischio. 

Estrazione di dati sintetici:

Grazie alla velocità di calcolo e al machine learning, l’intelligenza artificiale può creare scenari di mercato verosimili aggregando dati storici – come la bolla dot-com o la crisi del 2008 – a dati sintetici, generando modelli o portafogli ottimizzati per determinate situazioni. Un esempio: se nel 2021 avessimo chiesto a un’IA una panoramica sulle reazioni del mercato successive a un’ipotetica invasione russa dell’Ucraina (avvenuta poi nel 2022), molto probabilmente avrebbe previsto l’impennata dei prezzi delle materie prime e dell’energia, creando una strategia ad hoc.

Anche i retail possono investire in borsa con l’intelligenza artificiale

Negli ultimi anni sono nati diversi strumenti e piattaforme basati sull’intelligenza artificiale che hanno reso questa tecnologia accessibile anche al mercato retail, degli investitori individuali. Tra questi, troviamo: 

  • Robo-Advisor basati sull’IA: piattaforme di investimento automatizzate che utilizzano algoritmi per creare e gestire portafogli strutturati su questionari che riflettono le preferenze dell’investitore retail (rischio, orizzonte temporale, obiettivi). I vantaggi di questi strumenti riguardano soprattutto i costi di gestione e il capitale d’accesso, solitamente di molto inferiori rispetto alla media. Tuttavia, l’eccessiva responsabilità affidata agli algoritmi potrebbe risultare controproducente in situazioni di alta volatilità. Nello specifico, oscillazioni ampie dei prezzi potrebbero “far saltare” i criteri che gestiscono l’operatività dei Robo-advisor e indurli in errore.
  • Piattaforme di trading con IA integrata: molte piattaforme di trading hanno iniziato ad implementare funzionalità connesse all’intelligenza artificiale per investire in modo più efficiente. TrendSpider è una delle più popolari e integra analisi tecnica automatizzata e strumenti per progettare e testare strategie algoritmiche senza codice. Altri tool riguardano la generazione di segnali di trading in tempo reale o l’utilizzo del trading algoritmico
  • ETF gestiti da IA: si tratta di ETF costruiti e gestiti da algoritmi di IA. Integrano le funzioni precedentemente esposte di ottimizzazione del portafoglio e gestione del rischio, consentendo agli investitori individuali di approfittare delle potenzialità dell’intelligenza artificiale per investire in borsa. Un esempio è l’Amplify AI Powered Equity ETF (AIEQ) che analizza milioni di dati attraverso Watson di IBM
  • Analisi di sentiment e mercato con IA generativa: i chatbot che utilizziamo quotidianamente come ChatGPT possono fungere da aggregatori di notizie finanziarie ma anche da strumenti per approfondire la conoscenza della materia. Naturalmente, è necessario un fact-checking che verifichi la correttezza delle informazioni, che possono essere decontestualizzate o non aggiornate.

Non solo finanza tradizionale: IA e criptovalute

Intelligenza artificiale e criptovalute sono due mondi che hanno moltissime cose in comune e corrispondono a due delle innovazioni tecnologiche più importanti e impattanti di questi tempi. Esiste proprio un settore specifico nell’universo crypto che si dedica all’integrazione della IA con la blockchain e che prende il nome di Crypto AI. Queste criptovalute, come Render (RNDR), The Graph (GRT) e Near (NEAR), mirano a decentralizzare i servizi di intelligenza artificiale, a garantire l’autenticità delle informazioni grazie alla trasparenza della blockchain e ad aumentare la potenza di calcolo e di archiviazione dei dati. Se ti interessa l’argomento, in questo articolo sulla fusione fra crypto e AI trovi tutti i dettagli.

Usare l’intelligenza umana se si investe con IA

Gli strumenti che abbiamo appena visto hanno un alto potenziale nel mondo della finanza, tradizionale e decentralizzata. Tuttavia, è importante informarsi e ragionare sui vantaggi e, a maggior ragione, sugli svantaggi che derivano dall’investire con l’intelligenza artificiale: molto spesso, quando una tecnologia disruptive come l’IA entra così prepotentemente nelle nostre vite, si corre il rischio di lasciarsi affascinare e cadere nelle trappole di chi sfrutta l’hype che ha origine da novità così impattanti. Infatti, al boom dell’IA è seguito il boom delle frodi sull’IA: l’americana SEC ci comunica che proliferano piattaforme di trading non registrate – quindi illegali – o piattaforme scam che utilizzano la stessa intelligenza artificiale per rendersi più credibili. Queste ultime, ad esempio, sfruttano l’IA per creare video deepfake o finte telefonate di persone autorevoli con l’obiettivo di spingere la potenziale vittima a cadere nella frode, o anche per progettare siti realistici e produrre contenuti pubblicitari allo scopo di aumentare il prestigio della piattaforma. È necessario ricordarsi di essere umani e utilizzare la nostra intelligenza per evitare situazioni spiacevoli. Dedica tempo a studiare i progetti, prenditi un momento per decidere e non lasciarti influenzare dalla FOMO!

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I grattacieli più alti del mondo: la classifica

I grattacieli più alti del mondo: la classifica

I grattacieli più alti del mondo si trovano quasi tutti in Asia e sono stati costruiti negli ultimi 15 anni. Quali sono? Qui la classifica  

Costruire il grattacielo più alto del mondo è una sfida che va avanti da quasi 150 anni, da quando nel 1885 a Chicago fu realizzato il primo della storia, l’Home Insurance Building. Da quel momento, i grattacieli si diffusero in moltissime città sia per necessità urbanistiche sia per motivi simbolici e di potere. Oggi, grazie al progresso tecnologico, i grattacieli raggiungono altezze straordinarie. Scopri la classifica!

La classifica dei 10 grattacieli più alti del mondo

Con le innovazioni tecnologiche ed edilizie degli ultimi anni, gli ingegneri di tutto il mondo sono riusciti a progettare grattacieli che sfidano le leggi della fisica per altezza e imponenza. Questa top 10 include gli edifici completati, escludendo invece quelli in fase di costruzione o di progettazione. Vediamo insieme quali sono i 10 grattacieli più alti del mondo:

1. Burj Khalifa, Dubai: 828 m

Situato nella capitale degli Emirati Arabi Uniti, il Burj Khalifa è il grattacielo più alto del mondo dal 2010, anno in cui è stata completata la sua costruzione. Con circa 185.000 m² di superficie interna abitabile e 163 piani, questo miracolo ingegneristico ospita uffici, hotel e appartamenti residenziali. 

2. Merdeka 118, Kuala Lumpur: 679 m

Questo grattacielo è stato completato nel 2023 ed è uno dei più recenti ad essere entrato in classifica. Conosciuto anche come PNB118 o KL118, al suo interno possiamo trovare uffici, un albergo e un centro commerciale di 5 piani. Per la sua costruzione, iniziata nel 2014, ci sono voluti circa 7 anni e 2,5 miliardi di dollari

3. Shanghai Tower, Shanghai: 632 m

Al terzo posto nella classifica dei grattacieli più alti del mondo troviamo questo splendido edificio, famoso nel mondo anche per l’estetica: la sua facciata curva e spiraliforme simboleggia lo sviluppo e la crescita della Cina moderna, che emerge da uno stato di povertà per arrivare al benessere economico. Grazie ai materiali utilizzati, ai sistemi di ventilazione e all’integrazione di fonti rinnovabili al suo interno, la Shanghai Tower è uno dei grattacieli più sostenibili al mondo. 

4. Mecca Royal Clock Tower, La Mecca: 601 m

Parte di un complesso edilizio chiamato Abraj Al Bait, il Mecca Royal Clock Tower sovrasta la Sacra Moschea della Mecca e la Kaaba, il luogo più sacro dell’Islam. Con 43 metri di diametro, l’orologio di questo edificio è sia il più grande del mondo a livello di superficie sia il più alto, mentre l’hotel che ospita al suo interno può accogliere circa 100.000 pellegrini. Il costo complessivo per la costruzione di questo grattacielo, completata nel 2012, è stimato sui 15 miliardi di dollari, caratteristica che lo rende, molto probabilmente, il più costoso del mondo. 

5. Ping An Finance Center, Shenzhen: 599 m

Completato nel 2017, è il secondo grattacielo più alto della Cina e anche questo, come la Shanghai Tower, ha un forte valore simbolico: la sua imponenza testimonia la grande crescita della città di Shenzhen, che dal 1980 ha visto la popolazione aumentare da 60.000 a 13,5 milioni di persone. Inoltre, è il secondo grattacielo al mondo per area totale, con una superficie calpestabile di circa 500.000 m²

6. Lotte World Tower,  Seul: 555 m

Il Lotte World Tower, unico edificio coreano in classifica, è stato progettato prendendo ispirazione dalla cultura del Paese: la sua forma affusolata ricorda i pennelli usati nella calligrafia coreana, mentre la facciata esterna, composta da vetri chiari, richiama le tradizionali ceramiche e porcellane dello Stato asiatico. Con 123 piani, al suo interno è presente un hotel di super lusso a 7 stelle, oltre a uffici e appartamenti.

7. One World Trade Center, New York: 541 m

Noto anche come Freedom Tower, il One World Trade Center è il grattacielo più alto dell’emisfero occidentale. Anche questo edificio ha un forte valore simbolico per vari motivi: la sua altezza di 1776 piedi richiama l’anno della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti mentre la sua costruzione, completata nel 2014, rappresenta la rinascita dopo la tragedia dell’11 Settembre 2001. Infatti Il Freedom Tower, slanciato verso l’alto, simboleggia il futuro e fa da contrasto col 9/11 Memorial, che invece è scavato nella terra e ricorda il passato.

8. Guangzhou CTF Finance Centre, Guangzhou: 530 m

Anche detto East Tower, questo edificio è il terzo grattacielo cinese in classifica. È stato progettato e ingegnerizzato dagli stessi studi che hanno realizzato il quinto grattacielo più alto del mondo, il Ping An Finance Center di Shenzhen. La struttura possiede 111 piani e ospita uffici, appartamenti di lusso con cortile interno, un hotel a cinque stelle, una piscina interna, oltre che bar e ristoranti. 

9. Tianjin CTF Finance Centre, Tianjin: 530 m

Nonostante sia alto esattamente come il grattacielo di Guangzhou, il Tianjin CTF Finance Centre occupa la nona posizione nella classifica dei grattacieli più alti del mondo per motivi legati alle tecniche di misurazione: si calcolano l’altezza architettonica, che esclude antenne e simili, e altri parametri, come l’altezza del piano più alto occupato o il numero totale di piani. Il Guangzhou CTF Finance Centre si posiziona leggermente più in alto perché “vince” queste due particolari sfide.

10. CITIC Tower, Pechino: 528 m

L’ultimo tra i grattacieli più alti del mondo è situato nella capitale cinese ed è noto anche come China Zun. Anche questo edificio, come molti di quelli costruiti in Asia, ha un valore fortemente simbolico: il zun è un antico vaso cerimoniale cinese e l’architettura di questa meravigliosa struttura prende ispirazione dalla sua forma. Un fatto interessante riguarda i tre piani più alti del grattacielo: da quell’altezza, si può osservare l’intero complesso del Zhongnanhai, sede del Partito Comunista Cinese e nel 2018 il giornale di Hong Kong Ming Pao ne propose l’espropriazione per motivi di sicurezza nazionale. 

Ora che conosci la top 10 dei grattacieli più alti del mondo, siamo sicuri che la prossima cosa che farai è prenotare un viaggio per vederli di persona: iscrivendoti a uno dei nostri Club avrai degli sconti, approfittane!

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