On This Day: Bitcoin (trash edition)

On This Day: Bitcoin (trash edition)

Cosa succedeva quando Bitcoin toccava i 500$? E i 5000$? Qui ripercorreremo la storia di BTC in modo particolare, in chiave…trash. Dai che funziona!

Cosa c’entra Melissa Satta con Bitcoin? E Marracash? Nulla, ovviamente. O forse no. In questo articolo, abbiamo deciso di ripassare la storia del re delle crypto con l’obiettivo di collegare i momenti più importanti a una serie di notizie trash e nostalgiche. Perchè? Perchè siamo incredibilmente romantici, ci piace ricordare i tempi che furono e adoriamo farci due risate. Accomodati pure. 

Prima fase: da Bitcoin.org al primo Halving

Dagli albori di Bitcoin al primo Halving, dal 2008 al 2012. È passato veramente un sacco di tempo da quel momento, il mondo è radicalmente cambiato: Apple aveva appena lanciato il primo iPhone, a Pechino si svolgevano le Olimpiadi e Barack Obama diventava il 44esimo Presidente degli Stati Uniti. Ma torniamo su Bitcoin. 

18 agosto 2008: Satoshi Nakamoto registrava il dominio Bitcoin.org

L’inizio del sogno, l’origine di tutto quanto.

In quel momento, in Italia Giusy Ferreri dominava le classifiche con una canzone che difficilmente dimenticheremo, anche perchè il titolo è Non ti scordar di me. Negli Stati Uniti, invece, una certa Rihanna faceva il botto con un pezzo destinato a restare per molto tempo negli iPod di moltissimi teenagers: Disturbia. Evviva l’estate.

31 ottobre 2008: Satoshi Nakamoto pubblica il White Paper di Bitcoin

A Peer-to-Peer Electronic Cash System. Parole che riecheggiano nell’eternità. 

Contemporaneamente, Max Laudadio di Striscia la Notizia faceva la spesa in incognito al Fiordaliso di Rozzano (MI) per indagare su delle presunte incongruenze tra i prezzi esposti e quelli effettivi, come segnalato da un amico di Striscia: sullo scontrino, le cipolline sott’aceto costavano 0,99€ invece di 0,79€, mentre i tortelli ricotta e spinaci 2,25€ invece di 1,69€. Grande Max, grazie per il tuo prezioso lavoro d’inchiesta!

17 marzo 2010: il primo prezzo mai registrato di Bitcoin, 0,003$ sulla piattaforma Bitcoinmarket.com

Dopo due anni, Bitcoin è finalmente quotato in un exchange: due mesi dopo sarebbe avvenuta la prima transazione commerciale, ricordata col nome di “Pizza Day”.

In quello stesso giorno, l’agenzia di stampa Reuters riporta una notizia incredibile: l’insegnante di surf Domingo Pianezza, dopo molti mesi di addestramento, mette un salvagente al suo lama Pisco e si fa una surfata sulle spiagge peruviane di Lima. Un lama su una tavola da surf. A Lima. Dai. 

9 febbraio 2011: Bitcoin raggiunge per la prima volta il valore di 1$ sull’exchange MtGox

Eh si, il valore simbolico di 1$ è stato raggiunto la bellezza di 14 anni fa. 

In Italia, però, succedeva una cosa incredibile: il Comando di Polizia Municipale di Oria, nel brindisino, rilevava e multava una Fiat Doblò per eccesso di velocità. Fin qui tutto normale, se non fosse che, secondo l’autovelox, il furgone viaggiava a 1230 km/h. Si, 1230 km/h, ben 36,6 km/h sopra la velocità del suono. E non so se è chiaro, ma il guidatore ha preso la multa. Intanto, nella classifica USA svettava un grandissimo Bruno Mars con una hit indimenticabile: Grenade

2-3 giugno 2011: Bitcoin supera i 10$

Altra soglia psicologica importantissima sfondata: la quotazione di Bitcoin adesso è a doppia cifra.

Nel mentre, nel Belpaese si festeggiavano i 150 anni dall’Unità d’Italia e il 3 giugno sera la Nazionale guidata da Cesare Prandelli batte l’Estonia 3-0, grazie alle reti di Pepito Rossi, Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini. Quello fu un Europeo incredibile, in cui l’Italia arrivò in finale contro la Spagna dopo aver battuto l’Inghilterra ai quarti e la Germania in semifinale. Gli spagnoli, purtroppo, dimostrarono la loro superiorità, battendoci per quattro reti a zero e vincendo un triplete particolare: Europeo, Mondiale ed Europeo. Ingiocabili.

19 giugno 2011: Hack dell’exchange Mt.Gox e BTC a 0,01$

Parliamo del peggior crash della storia di Bitcoin: dopo essere passato da 10$ a 32$ in meno di un venti giorni, un attacco hacker a quello che, ai tempi, era l’exchange più importante del mondo, provoca un crollo del prezzo fino a 0,01$ – furono rubati circa 850.000 Bitcoin

Sarà un caso, ma lo stesso giorno, in Italia, debuttava Tamarreide, un programma su Italia1 condotto da Fiammetta Cicogna – ma che fine ha fatto? – in cui uomini e donne sui 20-25 anni, appartenenti alla categoria dei Tamarri, viaggiavano per la Penisola in camper. Era una sorta di reality show a prove con eliminazione. Un buco nell’acqua totale

28 novembre 2012: primo Halving della storia di Bitcoin

Un momento storico, per la prima volta si attiva il meccanismo che dimezza le ricompense e riduce la circolazione di BTC: il protocollo funziona ed è entrato in azione come una macchina perfetta. 

Lo stesso giorno, un Gigante della musica entra di diritto nella storia: PSY, con la sua hit epocale Gangnam Style, conquista la prima posizione nella classifica dei video più visti di sempre su Youtube, con 805 milioni di visualizzazioni – sarà anche il primo a raggiungere il miliardo di views. Gangnam Style, un fenomeno virale senza precedenti, toglie il trono a Baby di Justin Bieber e apre la strada al successo globale del K-Pop. Mito assoluto. 

Seconda fase: dai 100$ al secondo Halving

Entriamo nella seconda fase della storia di Bitcoin, siamo negli anni 2013-2016. In questo periodo succedono veramente un sacco di cose. Nel 2013, Benedetto XVI rinuncia al pontificato e viene eletto Francesco, il primo Papa non europeo da più di un millennio; a Milano, nel 2015, viene organizzato l’EXPO e l’anno dopo, a giugno 2016, il Regno Unito vota per uscire dall’Unione Europea. È l’era dell’ascesa di Netflix, di Game of Thrones e dell’esplosione degli smartphone. Come si comportava, nel mentre, Bitcoin?

Aprile 2013: Bitcoin sfonda i 100$, vola verso i 230$ e poi si assesta sui 115$

Dal primo Halving della sua storia, BTC passa circa quattro mesi a lateralizzare, rimbalzando fra i 15$ e i 30$, stemperando gli entusiasmi. Poi l’esplosione: il primo aprile supera la soglia dei 100$ e vola ininterrottamente verso i 230$, per ritracciare e concludere il mese sul livello dei 115$. La quotazione di Bitcoin, tranne per un breve periodo, non tornerà mai più a due cifre. Dato che non abbiamo una ricorrenza precisa, abbiamo scelto due eventi particolarmente rilevanti. Andiamo eh, occhio che è roba fortissima

Il 19 aprile, un noto sito di “informazione” dedica un articolo e ben 15 foto a Melissa Satta, che viene beccata a passeggiare ai Giardini Indro Montanelli di Milano col suo cane MJ. Cane che, ci riferisce la testata, prima scorrazza nel parco poi si lascia accarezzare. I brividi. 

Ma non è finita qui. Lo stesso giorno, esce la notizia che Michelle Hunziker è incinta! E c’è anche la conferma dell’ex Eros Ramazzotti! Che mese pazzesco deve essere stato quell’aprile 2013? 

18-19 novembre 2013: Bitcoin supera i 500$

Altro momento storico incredibile per Bitcoin. In meno di 48 ore, BTC rompe la soglia dei 500$, arriva a 670$ circa e poi scende momentaneamente a 530$, pronto per un nuovo rally – di cui parleremo fra poco.

In quei giorni, dalle parti di Padova, l’amministrazione comunale si scontra con un certo tipo di imprenditoria. Siamo nel Quartiere 6, una tranquilla zona residenziale della città veneta, tutto sembra calmo e noioso, come sempre. Improvvisamente la scossa. Apre La Clotze, un bar particolare. Brenda, la proprietaria, dichiara “Le mie collaboratrici ed io ci trasformiamo, e, al posto dell’happy hour, comincia il sexy spritz. L’aperitivo viene servito in abiti piccanti a tutti i clienti”. Fermi tutti! Gravissimo! Ed ecco, infatti, il Presidente del Consiglio di Quartiere, tale Fabrizio Boron (Lega) pronto a difendere i cittadini: “La zona di Brusegana ha bisogno di interventi di rivalutazione, non di sexy bar che finiscano per diventare punto di incontro per adulti curiosi!”. Effettivamente, un paio di mesi dopo, La Clotze verrà chiuso per morosità

Inoltre, sempre il 18 novembre, in stazione a Milano viene esposto un treno fatto di 50.000 pezzi di Lego. Un’informazione che ci sembrava giusto riportare

28 novembre 2013: Bitcoin supera i 1000$ 

Pazzesco, in un mese Bitcoin passa da 200$ a 1.130$, bucando la resistenza psicologica dei 1.000$ il 28 novembre. La nicchia, sempre più popolata, che per ora segue BTC è in preda all’entusiasmo. La voce si inizia a spargere. E siamo solo nel 2013!

Cos’è successo di altrettanto importante, in quel freddo giovedì di novembre? Ironia della sorte, il Panorama di Marghera (VE) propone la giornata del Radicchio di Treviso in collaborazione col Consorzio Tutela Radicchio Rosso di Treviso e Radicchio Variegato di Castelfranco. Il programma dell’evento prevede delle lezioni alle 10:00, 12:00, 15:00 e 17:00 per conoscere tutti i segreti su questa specialità tipica veneta. Emozionante. In più, sempre il 28 novembre, Elisabetta Canalis svela al mondo il suo nuovo fidanzato, il chirurgo americano Brian Perri – dopo aver chiuso con Maccio Capatonda (!!). Che giornata. 

14 gennaio 2015: fine del primo grande bear market di Bitcoin, giù a 165$ 

Dopo due anni di cali costanti, Bitcoin tocca il bottom a quota 165$ e riparte verso la Luna: da quel momento, non tornerà più nella fascia dei 100$. Cosa mai potrebbe aver causato una simile inversione di tendenza? Sono passati dieci anni e rispondere a questa domanda è molto difficile. Anche se…

Da Gussago (BS), quel giorno, arriva una notizia shock: Sydney Giampietro, nell’impianto indoor di Schio (VI), batte il record di lancio del peso precedentemente detenuto da Angela Anzellotti. Magari le due cose non sono collegate, o magari delle whale con una fortissima passione per il lancio del peso non sono riuscite contenere l’euforia e sono andate all-in su BTC. Chi può dirlo?

9 Luglio 2016: secondo Halving di Bitcoin

Siamo arrivati al secondo grande evento della storia di Bitcoin: in questa occasione, le ricompense per blocco si dimezzavano da 25 BTC a 12,5 BTC. 

Quel giorno, in Corea del Sud, cominciava la quarta edizione del Sinchon Water Gun Festival. Questo evento, a cui parteciperemmo volentieri, vede gli abitanti della capitale Seoul scendere in strada armati di pistole d’acqua di vario tipo e darsi battaglia fino all’ultimo getto. Lo stesso giorno dall’altra parte del mondo, all’Arena di Genova, andava in scena un concerto di un certo calibro: Fabri Fibra e Marracash. Entrambi ottimi modi per celebrare il secondo Halving. 

Terza fase: bull run del 2017, Crypto Winter, Covid-19 e terzo Halving

Ci avviamo ora verso la terza fase e ci avviciniamo sempre di più ai giorni nostri. Effettivamente, ricordare gli eventi e le tendenze che hanno caratterizzato questo periodo è molto più semplice e anche meno nostalgico. Infatti è l’era della musica in streaming, col K-Pop, Billie Eilish e Drake, con la trap e con Old Town Road (di Lil Nas X). Inoltre la Marvel Cinematic Universe era all’apice della popolarità con Infinity War (2018) e Endgame (2019), Netflix continuava a produrre un successo dopo l’altro – tra Stranger Things e La Casa de Papel – e TikTok stava per esplodere. Insomma, un triennio caratterizzato da una digitalizzazione sempre più diffusa e imprescindibile. Bitcoin, in quanto asset digitale, cominciava a diventare mainstream. E nel 2018, in Italia, nasceva Young Platform.

2 Settembre 2017: Bitcoin tocca i 5.000$ e inizia la bull run del 2017

Dall’Halving, Bitcoin passa gli ultimi mesi del 2016 tra i 600$ e gli 800$, mentre da gennaio 2017 inizia a stabilizzarsi nel mondo delle 4 cifre: a gennaio ritorna sopra i 1000$, verso fine maggio supera i 2000$ e a settembre tocca i 5000$. L’interesse intorno a BTC è sempre più alto, ai massimi, e da quel momento partirà una storica bull run che viene raccontata ancora oggi da chi era presente. 

Il 2 settembre 2017, al momento in cui BTC arriva a 5000$, in Egitto succedeva una di quelle cose che non si sentono tutti i giorni: una ragazza egiziana, Samah M., all’ottavo mese di gravidanza partorisce cinque gemelli. Cinque! Di cui due maschi e tre femmine. E la cosa divertente, come riferito dal padre 27enne, è che avevano già avuto figli: altri due gemelli! Sette figli in due gravidanze, statistica rara. 

In ogni caso, era l’estate di Riccionesotto il sole sotto il sole, di Riccione di Riccione… – dei Thegiornalisti, ma anche e soprattutto di Despacito. Che tempi, che nostalgia. 

20 Dicembre 2017: Bitcoin tocca i 20.000$ e raggiunge il picco della bull run

Bitcoin prosegue la sua bull run per tutto l’inverno e a dicembre 2017 arriva al picco di questa incredibile scalata: in un anno, il valore è passato da 1.000$ a 20.000$, mettendo a segno un x20. Tuttavia, da quel momento, comincerà un terribile bear market della durata di un anno pieno, forse il primo vero Crypto Winter della sua storia. Ma in quel 20 dicembre, in cui la quotazione arrivava a 20.000$, cosa succedeva in Italia?

Beh, una rivelazione che, fino a quel momento, aveva lasciato tutto il Paese col fiato sospeso. Esselunga, la nota catena di supermercati, svela i dettagli del misterioso premio del concorso organizzato in occasione dei 60 anni dall’apertura del primo negozio: il carrellino d’oro

La società è quasi costretta a rovinare la sorpresa, a causa delle domande di una cliente: “Non avendo trovato dettagli all’interno della mostra”, ha dichiarato la consumatrice, “sono andata a vedere il regolamento del concorso, che parla di un oggetto del valore di 25.000€” – i primi indizi – “ma da nessuna parte però ho trovato indicazioni più precise”, chiude sconsolata. Subito, arriva la risposta dell’ufficio stampa di Esselunga, che fornisce informazioni preziose, affermando che si trattava di “un carrello in miniatura di 400 grammi in oro”. Un’altra grande battaglia vinta grazie alla tenacia e alla determinazione. 

16 Dicembre 2018: bottom del Crypto Winter del 2017

Finalmente questo periodo nero arriva al termine: Bitcoin perde più dell’80%, scendendo dai 20.000$ ai 3.230$. Il peggio, però, sembra passato. Infatti, da quel dicembre 2018, la quotazione di Bitcoin farà su e giù, lateralizzando all’interno di un mega range compreso fra i gli 8.000$ e i 12.000$, per poi crollare bruscamente a causa del panic selling generato dal cigno nero del Covid-19 – il Covid Crash, appunto. Quindi, tornando a noi, quel 16 dicembre è stato un giorno molto importante, che ha sancito la fine di una discesa che durava da troppo. 

Il 16 dicembre, però, non era un giorno di festa per tutti. Nella ridente Vesime (AT), in Piemonte, si celebrava la Fiera del cappone di Langa e per l’occasione era stato organizzato un concorso che avrebbe premiato il miglior cappone della zona. Fin qui tutto bene, è la fotografia di un classico momento folkloristico italiano, che vuole tenere in vita le antiche tradizioni di un’Italia sempre più lontana. Ed è proprio questo il punto: nonostante il cappone sia conosciuto per la qualità della sua carne, ci sono sempre meno capponatori, cioè coloro che eseguono la castrazione. Un dramma assoluto che necessita seri provvedimenti. 

11 maggio 2020: terzo Halving di Bitcoin

Il 2020 inizia coi migliori auspici: tra gennaio e metà febbraio, Bitcoin raddoppia quasi il suo valore, salendo da 6.950$ a 10.400$. Tuttavia, iniziavano a circolare le prime voci su un nuovo virus: le notizie sul Covid e sulle possibili chiusure influenzano la quotazione di BTC già dalla seconda metà di febbraio. Agli inizi di marzo arriva il crash e il prezzo precipita a 4.900$. Il mondo è nel caos, tutti vendono tutto in preda al panico. Il recupero, però, è quasi immediato e l’11 maggio, in occasione del Terzo Halving, Bitcoin è già tornato sui livelli di febbraio. In quello stesso giorno, in Italia, succedevano tre cose degne di nota. Ma andiamo per gradi. 

In primo luogo, l’Unione Montana Valli Trebbia e Luretta confermava che, da quel giorno, era possibile tornare a raccogliere i funghi, “purché individualmente e all’interno del territorio della Regione di residenza”. Una grande notizia.

In secondo luogo, l’Assolavaggisti rendeva noto che, finalmente, era consentito tornare a  lavare la macchina all’autolavaggio più vicino, ovviamente muniti di autocertificazione – mamma mia che brutta parola. Anche questa, una grande conquista. 

Infine, la Polizia Locale della Federazione del Camposampierese (siamo dalle parti di Padova), con un blitz degno della DEA nella serie tv Narcos, comunica il ritrovamento di cinque biciclette – dal valore di circa mille euro l’una – fra i cespugli. La giustizia ha trionfato ancora. 

Quarta fase: dai 10.000$ al quarto Halving in un rollercoaster di emozioni

Ma che periodo incredibile è stato quello compreso fra il 2020 e il 2024? Un rollercoaster di emozioni, appunto. Ma anche guardando il grafico di BTC, l’immagine ricorda le montagne russe: su a 60.000$ poi giù a 32.000$, poi di nuovo su a 65.000$, poi ancora giù a 16.000$. Infine, su a 70.000$. Una follia che ha messo a dura prova il sistema cardiovascolare di moltissimi. Ripercorriamo insieme i punti salienti.

8 Gennaio 2021: Bitcoin supera i 40.000$

Dal terzo Halving, Bitcoin carica una bull run che lo porterà a livelli fino a quel momento inimmaginabili. In ogni caso, intorno all’8 gennaio tocca i 40.000$, la meta di questa scalata – o almeno così pensavano in tanti. Questa soglia, una resistenza psicologica molto importante, non viene sfondata al primo tentativo e l’impatto riporta BTC intorno ai 32.000$, ma per poco. 

Lo stesso giorno, gli abitanti di Crescentino (VC) si svegliavano euforici: dato che il Piemonte era ufficialmente in zona gialla, finalmente quella mattina sarebbe tornato il tradizionale mercatino del venerdì. Evviva evviva evviva.

Sempre l’8 gennaio, la Corte d’Appello di Genova aveva deciso di mettere all’asta lo yacht di Flavio Briatore “Air Force Blue” per 7 milioni di euro, cioè a due terzi del valore originale. Yacht – ricordiamo – registrato alle Isole Cayman e sequestrato per evasione fiscale. Tutto molto italiano.

16 febbraio 2021: Bitcoin supera i 50.000$

Prosegue l’incredibile periodo di euforia: a un mese dai 40.000$, BTC continua verso l’alto e sfonda il tetto dei 50.000$. Sembra destinato a crescere all’infinito. Infatti, tutto il mondo è travolto dalla FOMO e sempre più gente inizia a salire sul carro. Ma qualcos’altro, la mattina stessa, gli ruba la scena.  

Ilary Blasi rilasciava news scottanti sul programma di cui sarebbe stata la futura conduttrice: l’Isola dei Famosi. Non parliamo di grandi anticipazioni, ma alcune info avrebbero aumentato a dismisura l’hype nel popolo italiano che ormai, in trepidante attesa, cancellava a penna i giorni sul calendario. Innanzitutto, “sarà un ritorno alle radici, allo spirito originario del format: i naufraghi torneranno a soffrire la fame”. Poi, qualche indicazione sui partecipanti: “quello che posso anticipare è che abbiamo scelto personaggi per la gran parte inediti o che non hanno mai fatto un reality. Quindi la selezione è molto difficile!”, immaginiamo il tormento interno. Infine, la bomba: “l’inviato sarà una sorpresa. Finito, chiudere tutto, annullare gli appuntamenti delle prossime settimane, impossibile sopportare una suspence del genere. 

13 aprile 2021: Bitcoin supera i 60.000$

Neanche un mese e Bitcoin raggiunge un altro traguardo, i 60.000$, per poi scendere in zona 50.000$ e ritentare l’attacco ai 60.000$ un mese dopo, ad aprile. Da quel momento, però, inizierà una pesante discesa che porterà BTC di nuovo a quota 30.000$ e, contestualmente, i soliti critici usciranno dall’ombra al suono di “avevamo ragione fin dall’inizio!” e “Bitcoin schema Ponzi!!”. Storia sentita e risentita. 

Il 13 aprile – coincidenza? – torna su Canale 5 un grande classico della televisione italiana: Ciao Darwin, condotto dagli eterni Paolo Bonolis e Luca Laurenti. Questa volta il format è differente, perché è una sorta di “Best of” che ripropone il meglio di tutte le 8 stagioni. Quella puntata avrebbe visto lo scontro fra due categorie agli antipodi: gli Chic, capeggiati da Enzo Miccio, contro gli Shock, con Lisa Fusco in testa all’armata. Diciamolo tranquillamente: un programma che ha reso grande l’Italia.

8 Novembre 2021: Bitcoin sfonda i 60.000$ e arriva a toccare i 67.550$

È All Time High assoluto. Dopo più di sei mesi, Bitcoin non si limita a recuperare quanto perso ma si porta in territorio di price discovery, salendo fino ai 67.550$. Purtroppo, quello sarà l’ultimo giorno felice prima di un anno di cali tremendi causati da una serie infinita di eventi negativi: duro rialzo dei tassi da parte della FED, collasso dell’ecosistema Terra/Luna e crisi di liquidità di alcune piattaforme, tra cui Celsius Network. 

Ma, cosa molto curiosa, in quell’8 novembre si celebrava una ricorrenza particolarmente in linea con quanto accadeva a BTC. L’8 novembre, infatti, è la Giornata Mondiale del Guinness World Record. Il dottor Marco Frigatti, notaio ufficiale, avrà inserito l’ATH di Bitcoin nel Libro dei Record il giorno dedicato al Guinness World Record? 

21 Novembre 2022: fine del terribile Bear Market di Bitcoin

Da 67.550$ a 15.570$. Chi c’era si ricorderà benissimo quel periodo infernale, quella discesa ripidissima che sembrava non finire mai. In quell’anno, Bitcoin ha perso circa il 77% circa del suo valore. Ma il bottom, invece, era proprio lì e BTC si stava attrezzando con ramponi, corda e piccozze per affrontare una scalata epica, a cui stiamo assistendo ancora oggi. 

In ogni caso, in quel lunedì 22 novembre succede una cosa che, a livello simbolico, calza alla perfezione con la fine del Crypto Winter: a Venezia l’acqua alta supera i 200 cm, è record storico, ma la città non viene allagata. Perché? Perché il MOSE, un sistema di barriere mobili che protegge la città dalle inondazioni, fa il suo lavoro in modo egregio. Nello stesso giorno in cui il bottom di Bitcoin frena le perdite, il MOSE entra in funzione e ferma l’inondazione di Venezia. Parallelismo interessante no?

10-11 marzo 2024: Bitcoin rompe i 70.000$

Da quel bottom, come abbiamo anticipato, Bitcoin comincia una scalata degna di Reinhold Messner. Tuttavia, a differenza dei bull market precedenti, stavolta il prezzo sale in modo organico: BTC impiega quasi un anno a passare dai 15.500$ ai 30.000$, lateralizzando in modo molto noioso, ma giusto. Poi, a ottobre 2023, l’inclinazione del versante aumenta sempre di più. Nella notte tra il 10 e l’11 marzo, Bitcoin tenta l’assalto e, con successo, rompe la resistenza psicologica dei 70.000$, arrivando a toccare anche i 73.000$. 

In quella stessa notte, andavano in scena gli Academy Awards, meglio noti come gli Oscar. Come ricorderai, è stato il momento di Oppenheimer: miglior film, miglior fotografia, miglior montaggio e migliore colonna sonora. Ma anche miglior regia (Christopher Nolan),  miglior attore protagonista (Cillian Murphy) e miglior attore non protagonista (Robert Downey Jr). Un successo totale. Spazio anche a Poor Things, che vince il premio per la miglior scenografia, miglior trucco, migliori costumi e migliore attrice protagonista (Emma Stone). 

19 Aprile 2024: quarto (e ultimo, per ora) Halving di Bitcoin

Il quarto Halving arriva in un momento di entusiasmo puro: con l’elezione di Donald Trump – ed Elon Musk – e le varie dichiarazioni pro-crypto, l’attenzione è altissima e le aspettative pure. Inoltre, un numero sempre maggiore di attori istituzionali scende in campo e l’opinione generale su Bitcoin cambia. La ricompensa per blocco minato, adesso, è pari a 3,25 BTC

Il 19 aprile, usciva anche il nuovo album di Taylor Swift, The Tortured Poets Department, nel delirio delle Swiftie, le fan che ormai vedono la cantante come il nuovo Messia. Ma non è questa la notizia più rilevante del giorno. Venerdì 19 aprile, infatti, a Udine torna il Ceghedaccio, “molto più che un semplice evento”. Ma che cos’è il Ceghedaccio?

Beh il Ceghedaccio è una mega festa che si tiene ogni anno dal 1993 – dal 2004 alla Fiera di Udine – che il suo fondatore, Renato Pontoni, organizza con una mission semplice e super apprezzata: mantenere viva la Disco Music. Un gigante assoluto. Dalle 20:00 all’01:30, infatti, il padrone di casa sale in console e mixa tutti vinili anni ‘70, ‘80 e ‘90 per far ballare il 18enne come il 60enne. Disco will never die.

Momento curiosità: perché si chiama Ceghedaccio? Effettivamente può sembrare un nome strano, ma in realtà ha perfettamente senso. È una storpiatura all’italiana del ritornello di un pezzo storico degli anni ‘80, Der Kommissar di Falco, che faceva “Check It Out Joe!” e dunque “Ce-ghe-dac-cio!”. Veramente stupendo.

Quinta fase: dai 100.000$ ai giorni nostri

Siamo arrivati al termine – per ora – di questo incredibile viaggio, pieno zeppo di sorprese, cominciato ben 17 anni fa, nel 2008. Ovviamente non è finita qui, anzi, qualcuno potrebbe dire che siamo solo all’inizio. Quest’ultima fase, quella più recente, è una di quelle più importanti: la quotazione di Bitcoin arriva a sei cifre, tra lo stupore generale, anche dei massimalisti più intransigenti, fedeli al progetto fin dall’inizio. 

8 dicembre 2024: Bitcoin supera i 100.000$

Evento epocale, Bitcoin a 100K! Una roba pazzesca se si pensa ai super early adopter del 2015-2017 che si stupivano, legittimamente, per i 1.000$. Siamo sulla scia della FOMO post-elezione di Donald Trump, che un mese dopo si sarebbe insediato ufficialmente alla Casa Bianca. Il futuro POTUS, insieme al suo braccio destro Elon Musk, aveva fomentato gli animi strizzando l’occhio ai cripto-investitori americani, alimentando le fantasie più disparate. Bitcoin, infatti, passa dai 70.000$ ai 100.000$ in circa 33 giornito the moon, come si dice in gergo. 

A proposito della Luna e dello spazio, in quei giorni – il 5 dicembre – esce una notizia perfetta con un tempismo altrettanto perfetto: il razzo europeo a guida italiana Vega-C è tornato operativo dopo quasi due anni di stop ed è stato utilizzato per portare nello spazio il satellite Sentinel 1C, parte del programma Copernicus di osservazione della Terra. Coincidenza curiosa no?

22 maggio 2025: All Time High per Bitcoin a 111.970$

A giugno 2025 Bitcoin ritenta l’impresa e, dopo un mese sul livello dei 95.000$, prova a sfondare la resistenza dei 100.000$, riuscendoci: il 21 gennaio tocca i 106.000$ ma viene quasi immediatamente respinto, ritornando sulla soglia degli 85.000$. A questo punto, carica un altro attacco. In modo molto più convinto, BTC riprende, buca i 100.000$ e il 22 maggio segna l’ATH: 111.970$

E qui, anche volendo, non avremmo potuto scrivere un plot migliore. In quello stesso giorno, nelle sale dei cinema italiani, usciva l’unico film che sarebbe potuto – e dovuto – uscire per un’occasione del genere. Il 22 maggio esce Mission: Impossible, The Final Reckoning. Se, poi, volessimo veramente prenderlo come un segno del destino, dovremmo concentrarci sul significato di “The Final Reckoning”, ovvero Il Giudizio Finale/La Resa dei Conti Finale. Qualche cartomante può aiutarci a capire? 

9 luglio 2025: Bitcoin aggiorna l’ATH a 112.030$

Altro tentativo, altra spinta verso l’alto, riuscita in parte: BTC aggiorna l’ATH ma sbatte la testa contro il tetto e torna a rimbalzare tra i 108.000$ e i 110.000$. Al momento in cui scriviamo – il giorno dopo questo ATH – il prezzo di Bitcoin è pari a 111.450$. Riuscirà a vincere contro questa fortissima resistenza? 

14 luglio 2025: Bitcoin demolisce il precedente ATH e tocca i 123.200$

Rispondendo alla domanda precedente: sì, è riuscito a vincere contro quella resistenza di ferro. A quanto pare, nella stessa sera sono state liquidate posizioni short per un miliardo di dollari e, allo stesso tempo, gli ETF Spot su Ethereum hanno registrato afflussi record. 

Questa avanzata trionfale comincia più o meno verso le 23 del 13 e termina alle 7 del mattino del 14. Cos’era successo poco prima? Beh, il nostro Jannik Sinner aveva appena battuto il suo rivale Carlos Alcaraz in finale a Wimbledon, diventando il primo italiano della storia a vincere il trofeo più prestigioso nel tennis. Magari BTC è membro d’onore dei Carota Boys? 

Fine della corsa (per ora)

Amiche e amici, il viaggio finisce qui – per ora. Abbiamo coperto circa 17 anni di storia, dal 2008 al 2025. Ora, bisogna solo aspettare che Bitcoin rompa qualche altro record e torneremo qui a commentare l’evento storico in questione, cercando di capire cosa succedeva nel mondo in quell’istante. 

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Alla prossima!

Nasce l’America Party: Elon Musk, crypto e IA

Nasce l'America Party: Elon Musk, crypto e IA

Elon Musk fa sul serio: nasce l’America Party. L’idea di un nuovo partito, risalente a un mese fa, ora prende forma. Tra i temi centrali crypto e IA

Elon Musk sembra intenzionato a scardinare il sistema politico americano a due partiti con la creazione dell’America Party, una formazione nata “per gli americani”, in risposta alla nuova legge fiscale approvata definitivamente giovedì 3 luglio. Il partito, che avrà in Musk il suo massimo rappresentante, dovrebbe portare avanti un programma visionario, incentrato su Bitcoin e mondo crypto, riduzione del debito pubblico, intelligenza artificiale e libertà di parola. Vediamo insieme cos’è successo e cosa ha in mente l’uomo più ricco del pianeta.   

Elon Musk, prima braccio destro di Trump, ora fonda il suo partito: cos’è successo?

Con la nascita dell’America Party comincia un nuovo capitolo della saga tra Elon Musk e Donald Trump: l’uomo più ricco del mondo contro quello più potente. I due, che adesso sembrano la versione istituzionale di Tom e Jerry, non sono stati sempre così distanti, anzi. Come è noto, il multimiliardario di origini sudafricane è stato fra i maggiori supporter della candidatura a Presidente degli USA di Donald Trump, con centinaia di milioni di dollari donati in campagna elettorale. Ma com’è possibile che, nell’arco di un mese, la situazione sia degenerata nel caos più totale?

Capitolo 1: Elon Musk alza il sopracciglio e inizia a sospettare

Tutto parte il 2 aprile, il Liberation Day, ovvero il giorno in cui The Donald ha trionfalisticamente annunciato i dazi lasciando a bocca aperta i governi di tutto il mondo. A quanto pare, anche il nostro amico anarco-tecno-capitalista Elon Musk ci sarebbe rimasto molto male: per un imprenditore come lui, le tasse sono fondamentalmente quanto di più malvagio la mente umana possa concepire. Nel semi-silenzio, il seme della rivincita muskiana cominciava a germogliare. Passano due mesi, arriva il 5 giugno

Capitolo 2: la goccia che ha fatto traboccare il vaso

Donald Trump, nel prestigioso studio ovale della Casa Bianca, dice di essere “molto deluso” da Elon Musk a causa dei commenti di quest’ultimo – “è un disgustoso abominio!” – sull’imponente legge di bilancio One Big Beautiful Bill Act (OBBBA). E non ha tutti i torti: per finanziare l’OBBBA, il tetto del debito pubblico americano deve essere alzato di 5 trilioni di dollari. Parliamo di una cifra mostruosa che andrebbe a gravare su un debito pubblico già spaventosamente alto – 36,2 trilioni. Che lo spettacolo abbia inizio.

Capitolo 3: lo scontro frontale e la pace apparente

Inizia una guerra a colpi di tweet impazziti carichi di risentimento, con accuse reciproche e minacce neanche troppo velate – qui abbiamo trattato lo scontro fra Musk e Trump in modo approfondito. Inoltre, il 5 giugno stesso, il Tony Stark di Pretoria posta su X un sondaggio chiedendo ai suoi 221 milioni di follower: “È arrivato il momento di creare un nuovo partito politico in America che rappresenti davvero l’80% che sta nel mezzo?”. L’80% risponde affermativamente, il 20% no, e il 7 giugno arriva il secondo tweet: “Il popolo si è espresso. In America serve un nuovo partito politico che rappresenti davvero l’80% che sta nel mezzo!”. Intanto Musk, che era già uscito dall’amministrazione trumpiana dimettendosi dal DOGE (Department of Government Efficiency), raffredda i toni del confronto e torna a concentrarsi su Tesla e Space X. Ma la pace era solo apparente.

Capitolo 4, parte 1: l’OBBBA passa al Senato prima e alla Camera poi. Musk non ci vede più 

Siamo finalmente arrivati ai giorni nostri. Il One Big Beautiful Bill Act viene approvato dal Senato (51 a 50) e dalla Camera (218 a 214) con una maggioranza risicatissima. Elon Musk ritorna prepotentemente al centro del dibattito con una serie di tweet incandescenti: “È evidente, con la spesa folle prevista da questo disegno di legge — che innalza il tetto del debito di ben CINQUE MILA MILIARDI DI DOLLARI, un record assoluto — che viviamo in un Paese a partito unico: il PORKY PIG PARTY!!”, per citarne uno. Continuerà in questo modo per quasi una settimana, sottolineando la gravità di un debito pubblico così alto. Fino al 4 luglio.

Capitolo 4, parte 2: la nascita dell’America Party

È l’Indipendence Day negli Stati Uniti, festa nazionale importantissima che celebra l’adozione della Dichiarazione d’Indipendenza dalla Gran Bretagna e, di conseguenza, la nascita della nazione. Il nostro eroe coglie la palla al balzo per sottoporre al popolo di X un sondaggio molto simile a quello del mese prima: “Il Giorno dell’Indipendenza è il momento perfetto per chiederci se vogliamo davvero liberarci dal sistema bipartitico (o, come direbbero alcuni, monopartitico)! Dovremmo creare l’America Party?”. A cui segue il relativo esito: “Con un rapporto di 2 a 1 – 65,4% si, 34,6% no – volete un nuovo partito politico e lo avrete!” aggiungendo anche “Oggi nasce l’America Party, per restituirvi la vostra libertà”. 

Il dado è tratto. Vedremo se questo partito avrà effettivamente un peso all’interno del sistema americano o se sarà un buco nell’acqua che determinerà la fine dell’esperienza politica muskiana. Quel che è certo, è che storicamente il terzo partito ha avuto un ruolo molto poco rilevante nella politica USA e Donald Trump lo sa bene: “Penso sia ridicolo fondare un terzo partito”, ha dichiarato il POTUS nella giornata di lunedì 7 luglio. Ai posteri l’ardua sentenza. 

America Party: qual è il programma di questa nuova formazione politica?

Prima di scendere in profondità, corre l’obbligo di fare una premessa: ad oggi, l’America Party rimane un progetto, più concreto rispetto a un mese fa, ma comunque un progetto. Ogni informazione sull’ideologia, sul programma politico e sulle intenzioni deriva soprattutto dalle dichiarazioni di Musk e dal profilo “America Party” su X, account creato ai tempi del primo sondaggio e dunque non (ancora) ufficiale. Allo stesso tempo, però, riteniamo che le posizioni politiche ufficiali – nel caso in cui veramente si passasse dalle parole ai fatti – non si discosteranno troppo da quello che leggiamo ora. 

Un secondo dettaglio, importante, è relativo agli obiettivi elettorali: con l’America Party, Elon Musk non punta a diventare il 48esimo Presidente degli USA, anche perché non potrebbe, essendo nato fuori dal suolo americano. L’obiettivo è diventare l’ago della bilancia, la forza che sposta gli equilibri: “Il modo in cui romperemo il sistema monopartitico è ispirato a come Epaminonda infranse il mito dell’invincibilità spartana a Leuttra: una forza estremamente concentrata in un punto preciso del campo di battaglia”. Che cinema. In che modo? Concentrandosi sulla conquista di due o tre seggi al Senato e otto-dieci alla Camera

Il programma: riduzione del debito, deregolamentazione, nascite, IA e free speech

In ogni caso, questo partito “di centro” dovrebbe concentrarsi su sei punti in particolare, tutti estremamente coerenti con l’ideologia tecno-capitalista o tecno-libertaria, di cui Musk è uno dei massimi rappresentanti. Il primo punto riguarda la riduzione del debito pubblico e non potrebbe essere altrimenti, dato che rappresenta il fondamento stesso del partito. In secondo luogo, deregolamentare: meno impedimenti, meno burocrazia, meno Stato. Anche qui, l’indole anarco-liberista di Elon Musk lascia nettamente il segno. Tanta attenzione, poi, verrà dedicata al tema della natalità, che al nostro futuro capo popolo sta molto a cuore – così tanto da essere diventato padre di Romulus a settembre per la 14esima volta. 

Tantissimo spazio anche alla tecnologia e all’intelligenza artificiale. Cosa potevamo aspettarci, d’altronde, dal proprietario di Tesla, SpaceX, Neuralink e X? Dal real-life Tony Stark che va in giro con la maglietta “Occupy Mars” e che aveva nella bio di X “Futuro Imperatore di Marte”? Nello specifico, il percorso immaginato dovrebbe essere questo: tanta ricerca e sviluppo per migliorare la tecnologia al fine di vincere la sfida del secolo sull’IA. E tanta IA super efficiente per potenziare le capacità militari e aerospaziali. Immancabile, poi, il rimando al free speech, cioè alla libertà di parola, cavallo di battaglia della campagna MAGA di Donald Trump. E il sesto punto?

America Party e Bitcoin: una cotta che potrebbe diventare Amore con la A maiuscola

Proprio così, l’America Party e Bitcoin potrebbero dar vita a una sinergia molto interessante. Come lo sappiamo? Beh, l’ha scritto lo stesso Musk su X: alla domanda di un utente “l’America Party sosterrà/adotterà Bitcoin?”, ha risposto con un lapidario “La valuta fiat è senza speranza, quindi si”. 

La questione, va detto, non è “limitata” a Bitcoin, ma potrebbe riguardare il mondo crypto in generale. Innanzitutto, lo stretto legame tra il protagonista di questa storia e Dogecoin è di dominio pubblico, tanto che i suoi endorsement alla prima memecoin della storia hanno stravolto il mercato più e più volte – senza dimenticarci che un apparato governativo ufficiale è stato chiamato letteralmente D.O.G.E

Inoltre, l’account America Party su X segue delle personalità molto importanti all’interno dell’universo crypto, il che potrebbe già segnalarci qualcosa: tolti i vari profili collegati a Dogecoin, tra i following spiccano Michael Saylor (MicroStrategy), Arkham e Autism Capital. Infine, è già stata lanciata la crypto $AP, che dal 5 luglio al momento in cui scriviamo (7 luglio), ha messo a segno un +1200% circa, passando da 0,0025$ agli attuali 0,03$.

Ma quanto ci fanno divertire? 

Concludiamo questa ricostruzione degli eventi con una domanda semplice: ma quanto ci fanno divertire ‘sti due? Sicuramente tanto, due personaggi come Elon Musk e Donald Trump non smetteranno mai di riempire il palinsesto, come direbbe qualcuno. A parte gli scherzi, se il progetto America Party andrà in porto, sarà un’estate interessante, con continui colpi di scena, di quelli possibili solo grazie a piattaforme come X e Truth – e ai relativi fondatori, Musk e Trump.

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Cobalto: la storia di un metallo artistico

Il cobalto è stato utilizzato per creare un colore rivoluzionario amatissimo dai pittori dal 1800 in poi: il blu cobalto. Qual è la sua storia?

Il cobalto è stato utilizzato per creare un colore rivoluzionario amatissimo dai pittori dal 1800 in poi: il blu cobalto. Qual è la sua storia?

Il cobalto, un metallo bianco con riflessi azzurri, ha avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’arte. Il monossido di cobalto, infatti, è un ingrediente fondamentale per la realizzazione del blu cobalto, un colore che ha affascinato generazioni intere di pittori, soprattutto quelli della corrente impressionista. Qual è la sua storia? E quali altri casi d’uso possiede?

Cobalto: l’identikit 

In questa sezione, prima di partire con contenuti più leggeri e artistici, forniremo l’identikit di questo particolare metallo: che cos’è, chi lo controlla e perché è importante.

Che cos’è il cobalto?

Il cobalto è un metallo bianco argenteo che, in casi estremi, può essere anche blu. Il nome sarebbe associato al medico e alchimista svizzero Paracelso, che coniò il termine latino cobaltum a partire dal tedesco kobolet. Questa parola veniva utilizzata dai minatori tedeschi per descrivere dei “folletti”, accusati di scambiare i metalli preziosi con dei metalli inutili, come nel caso del cobalto con l’argento (molto simili esteticamente).

Dove si trova il cobalto? 

Il cobalto, tanto nell’estrazione quanto nella raffinazione, è concentrato nelle mani di pochissimi attori. Per quanto riguarda l’estrazione, i top 3 detengono l’81% della quota mondiale delle attività a essa connesse, con la Repubblica Democratica del Congo in prima posizione assoluta. Lo stato centrafricano, infatti, nel 2024 ha prodotto 182 kt (una kilotonnellata equivale a un milione di kg) di cobalto mentre la seconda, cioè l’Indonesia, è arrivata “solo” a 33 kt. In terza e ultima posizione troviamo la Russia, con 6 kt estratte l’anno scorso. 

Una volta estratto, il cobalto deve ovviamente essere raffinato. Qui la concentrazione è ancora maggiore: la top 3 delle nazioni raffinatrici è responsabile per l’89% dei processi di raffinazione. In questa classifica, al primo posto troviamo la Cina, che nel 2024 ha raffinato 196 kt di cobalto, ovvero più del 70% del totale estratto a livello mondiale. Sul secondo gradino del podio c’è la Finlandia, con 20 kt, mentre la terza posizione se la prende il Giappone, con circa 6 kt.  

Sulla base di questi dati, si potrebbero aprire mille discorsi relativi ai rischi di tale accentramento sulla catena di approvvigionamento, di cui parleremo nell’ultimo paragrafo. 

A cosa serve il cobalto?

Tra le principali applicazioni troviamo sicuramente il settore energetico, che attualmente è il traino principale della domanda globale: viene utilizzato principalmente nelle batterie ricaricabili ed è un componente cruciale per le batterie agli ioni di litio, fondamentali per il funzionamento di veicoli elettrici, smartphone e computer portatili. 

Il cobalto viene anche impiegato nel settore aerospaziale e della difesa, poiché le leghe a base di questo metallo sono iper resistenti al calore, alla corrosione e al deterioramento. Nello specifico, sono usate per la progettazione di turbine per motori a reazione, di componenti di veicoli spaziali e, in generale, per i materiali con applicazione militare.  

Un’altro caso d’uso è relativo all’ambito medico: le leghe di cobalto-cromo sono biocompatibili e resistenti all’usura, per cui hanno le caratteristiche adatte per essere delle protesi perfette, tanto a livello ortopedico (ginocchio e anca) quanto dentistico (corone e impianti dentali). 

Passiamo adesso a temi più rilassanti: il cobalto nell’arte.

Blu cobalto: un colore che ha fatto la storia

Il blu cobalto è un colore che viene inventato nei primi anni dell’800, in Francia, per motivi artistici, ovviamente, ma anche e soprattutto economici. Fino a quel momento, infatti, il blu non era un colore così “democratico”: il blu più utilizzato – il migliore per qualità e per effetto desiderato – era il cosiddetto blu oltremare. Questa tonalità, considerata il blu per antonomasia, era estremamente costosa poiché ottenuta attraverso la lavorazione dei lapislazzuli, pietre preziose importate dalle miniere afghane – per questo “oltremare” – e pagate letteralmente a peso d’oro

I costi erano tanto proibitivi che i pittori dell’epoca si limitavano ad utilizzarlo per opere importanti e, quando potevano, lo sostituivano con un pigmento simile più economico, l’azzurrite. Naturalmente, l’effetto ottenuto era nettamente differente – come bere un Campari Spritz fatto con un Campari “finto”, pagato un terzo rispetto all’originale. Era quindi necessario trovare un altro blu, che avesse le stesse caratteristiche del blu oltremare ma con costi ridotti. Arriva il momento della svolta

Perché e come nasce il blu cobalto?

Grazie alla richiesta che il Ministro degli Interni francese Jean-Antoine Chaptal fece al celebre chimico Louis-Jacques Thénard. Il ministro chiese al chimico di risolvere questo problema del blu, trovando un equivalente economico al blu oltremare. Thénard si mise all’opera e nel 1802 scopri che, attraverso la sinterizzazione del monossido di cobalto con l’ossido di alluminio a 1200 °C, si poteva ottenere una miscela che rispondeva al desiderio del Ministro degli Interni. 

Da quel momento, gli artisti dell’epoca ebbero la possibilità di sperimentare utilizzando un colore che, fino a qualche attimo prima, non poteva essere sprecato. L’importanza di avere a disposizione grandi quantità di blu cobalto è tale che il celebre pittore Pierre-Auguste Renoir affermò (o almeno così si crede): “una mattina, siccome uno di noi era senza il nero, si servì del blu: era nato l’Impressionismo”. Una cosa del genere sarebbe stata impossibile col blu oltremare. 

Monet e lo stesso Renoir iniziarono ad utilizzare stabilmente il blu cobalto per le ombre, abbandonando il nero. Oltre l’Impressionismo, altri importanti pittori fecero uso di questa tonalità di blu nei loro capolavori: Van Gogh ne “La Notte Stellata”, Kandiskij ne “Il Cavaliere Azzurro”, Mirò nel suo “Figure di Notte guidate da tracce fosforescenti di lumache”, per citarne alcuni. Una vera e propria rivoluzione. 

Una riflessione interessante: cosa lega il cobalto a Bitcoin? 

Al di là dell’arte, la storia del cobalto ci mette di fronte a una riflessione che, per certi versi, potrebbe confermare qualcosa che a noi di Young Platform sta molto a cuore: come anticipato sopra, il tema è relativo all’accentramento della catena di approvvigionamento e ai rischi che tale oligopolio porta con sé. In sintesi, si tratta del parallelismo tra il passaggio dal blu oltremare al blu cobalto e la transizione dal gold standard al sistema a valuta fiat. Ma procediamo per gradi. 

Dal blu oltremare al blu cobalto

Abbiamo visto che l’introduzione del blu cobalto nel 1802 ha avuto ricadute positive sul mondo artistico, dal momento che ha reso possibile la sperimentazione a basso costo di un colore considerato, fino a quel momento, abbastanza elitario. Tuttavia questa gradazione, molto utilizzata anche ai giorni nostri, è fortemente legata all’estrazione e alla raffinazione del cobalto, concentrata nelle mani di pochissimi attori

Tolta la questione etica, importantissima, legata allo sfruttamento del lavoro minorile e alla violazione dei diritti umani, che Repubblica Democratica del Congo e Cina, purtroppo, sembrano ignorare, consideriamo i meri aspetti logistici: quella del cobalto è una filiera in cui la totalità delle attività di estrazione e di raffinazione è concentrata, rispettivamente, per l’81% e per l’89% nelle mani di tre attori. Una situazione del genere, come vuole la teoria della diversificazione, è molto pericolosa perché rende il sistema vulnerabile agli shock, sia endogeni che esogeni. Infatti, eventi legati all’instabilità politica o alle questioni di economia interna da una parte, e ai disastri naturali o alle guerre dall’altra, potrebbero causare l’interruzione della fornitura a livello globale proprio perché i distributori della stragrande maggioranza del prodotto sono letteralmente tre. Il risultato, quindi, è una pesante dipendenza dell’industria globale da pochi attori, capaci di fare il bello e il cattivo tempo. 

Dal Gold Standard al Fiat Standard

Allo stesso modo, con l’annuncio del Presidente americano Richard Nixon il 15 agosto del 1971 – il Nixon Shock – si decretò la fine del Gold Standard, cioè si ebbe la fine della convertibilità del dollaro statunitense in oro, e si passò a un sistema basato sulla valuta fiat. Tale sistema, tuttora vigente, fa sì che il valore della valuta in questione, come potrebbe essere il dollaro USA, sia sostenuto esclusivamente dalla fiducia economica e politica di cui gode il governo emittente, nel nostro caso quello americano.

Questo passaggio, così come nel caso precedente, in qualche modo creò una situazione più “democratica” e discrezionale: se prima i governi facevano molta fatica nel finanziare grandi progetti di spesa pubblica, poiché vincolati al sottostante aureo, adesso hanno il controllo totale della moneta circolante e possono permettersi una maggiore flessibilità nella gestione dell’economia. Ma anche qui, seguendo la stessa logica di prima, c’è un tema legato all’accentramento, dal momento che il potere monetario, inteso come la capacità di controllare e gestire le politica economica, è concentrato nelle mani di pochi attori, le banche centrali – come la Federal Reserve o la Banca Centrale Europea

Tale centralizzazione, per quanto efficace nel regolare inflazione e scenari di crisi, non è assolutamente priva di rischi e, soprattutto, si basa molto sulla componente umana, fallace per definizione, come dimostrato durante la crisi dei mutui subprime del 2008. Il risultato finale è che, spesso, l’economia mondiale può muoversi in diverse direzioni in funzione delle decisioni di un manipolo di alti funzionari. Quando va bene evviva!, ma quando va male? 

La morale della favola: Bitcoin e decentralizzazione

La concentrazione di tanto potere in poche mani non è mai una cosa buona. Politica, economia, finanza, riunioni di condominio, gruppi di progetti universitari e squadre di calcetto funzionano male quando un’unica entità decide per tutti. Bitcoin nasce proprio per questa ragione: restituire il potere agli individui ed eliminare gli attori centrali ingombranti, o comunque ridurne l’autorità decisionale; sfruttare la decentralizzazione per creare un sistema democratico, dove ci si interfaccia tra pari senza la necessità di intermediari che, in qualche modo, decidano per il singolo o ne condizionino le scelte. Naturalmente, questa è solamente una tra le qualità e i casi d’uso di Bitcoin nel mondo reale. Se questa introduzione ti ha fatto scattare qualcosa, il consiglio è di dare un’occhiata a quanto abbiamo scritto sulla storia e sul funzionamento di BTC, per avere un’idea chiara e completa sulle potenzialità rivoluzionarie della regina delle criptovalute. 

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USA-Iran: la guerra si allarga? Occhio ai mercati

USA-Iran: la guerra si allarga? Occhio ai mercati

Gli USA attaccano l’Iran bombardando i siti nucleari: cos’è successo? Cosa ne pensano i mercati? Occhio al comportamento di Bitcoin! Qui il focus

Gli Stati Uniti hanno bombardato i siti nucleari iraniani nella notte italiana tra sabato 21 e domenica 22 giugno, entrando nel conflitto a fianco di Israele. In questo articolo cercheremo di capire cosa è successo, quali potrebbero essere le conseguenze e, soprattutto, come hanno reagito i mercati finanziari. E attenzione a Bitcoin! 

Gli Stati Uniti sono entrati in guerra contro l’Iran? 

Nella notte italiana tra sabato 21 e domenica 22 giugno, gli Stati Uniti hanno portato a termine la missione segreta “Martello di Mezzanotte” (Midnight Hammer), bombardando i siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan. L’attacco ha visto l’azione coordinata dell’aviazione e della marina militare americane ed è stato eseguito in circa 18 ore, in modo estremamente chirurgico. Se non hai la minima idea di cosa stiamo parlando, innanzitutto iscriviti al nostro canale Telegram, perché su certe cose occorre essere sul pezzo. Poi, mettiti comoda/o che ora ripercorriamo al volo gli ultimi avvenimenti.   

Perché gli Stati Uniti hanno bombardato l’Iran? 

La risposta è molto semplice: per neutralizzare le strutture in cui la Repubblica islamica dell’Iran, da anni, sta arricchendo l’uranio. Ora, arricchire l’uranio non significa necessariamente costruire un ordigno atomico, dal momento che l’energia nucleare, come sappiamo, viene utilizzata principalmente per scopi civili. 

Per esempio, l’uranio a basso arricchimento (LEU, Low Enriched Uranium), arricchito al 3-5%, è largamente impiegato come combustibile per le centrali nucleari, mentre già l’uranio ad alto arricchimento (HEU, Highly Enriched Uranium), arricchito oltre per oltre il 20%, è considerato weapon-usable”, cioè utilizzabile per le armi o, in generale, per il settore militare. Infatti, i reattori che alimentano la propulsione di sottomarini e portaerei nucleari, spesso fanno uso di uranio arricchito dal 50% al 90%. La Repubblica islamica, secondo l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), aveva raggiunto un livello di arricchimento superiore al 60% – lo standard attuale per le armi nucleari statunitensi è al 93,75% –  soprattutto nella struttura di Fordow, considerata la più importante. Questo impianto, però, era già stato preso di mira dall’IAF (Israeli Air Force) nella notte tra il 12 e il 13 giugno. Allora passiamo alla seconda domanda.

Perché è stato necessario l’intervento degli Stati Uniti?

La risposta qui è un po’ più complessa: a causa dell’architettura della centrale di Fordow. Questo impianto, infatti, è unico nel suo genere e totalmente diverso dagli altri che abbiamo menzionato. Lasciando da parte le specifiche tecniche relative ai processi di arricchimento, la struttura di Fordow differisce dalle altre perché è stata costruita dentro una montagna. Questo dettaglio è cruciale perché, insieme alla contraerea iraniana, protegge gli scienziati nucleari e i costosissimi strumenti dai potenziali raid israeliani. È qui che subentrano gli USA.

L’esercito degli Stati Uniti è l’unico al mondo a possedere delle bombe progettate per penetrare fino a 60 metri di profondità ed esplodere una volta entrate nella struttura sotterranea: pesano circa 30.000 pound – 13.600 kg – e si chiamano GBU-57 MOP “bunker buster” (anti-bunker). Inoltre, la USAF (United States Air Force) è anche l’unica in grado di trasportare questi ordigni, grazie ai celebri bombardieri stealth B-2 Spiritstealth perché sono invisibili ai radar. 

Arriviamo al momento dell’operazione Midnight Hammer. Sette bombardieri B-2 Spirit si alzano in volo verso l’Oceano Pacifico, in quello che poi è stato definito un depistaggio: l’obiettivo era far credere agli iraniani che le destinazioni fossero Guam e Diego Garcia, basi militari americane situate rispettivamente nell’Oceano Pacifico e Indiano. Arriva il cambio di rotta, i B-2 adesso viaggiano verso Est, attraversano l’Oceano Atlantico e giungono sopra l’Iran dopo quasi 18 ore di volo ininterrotto, scortati dai caccia dell’aeronautica americana. Una volta vicini a Fordow e Natanz, i B-2 sganciano 14 di queste letali bombe e, nel mentre, un sottomarino della marina USA appostato nel Golfo Persico lancia 20 missili Tomahawk contro la centrale nucleare di Isfahan. Da quanto si legge, la contraerea iraniana non ha sparato neanche un colpo per difendersi. 

L’esito dell’operazione è ancora incerto. Donald Trump e la sua amministrazione, ovviamente, hanno parlato di successo totale e danni “monumentali”, mentre la controparte iraniana ha dichiarato che gli strumenti per l’arricchimento dell’uranio erano già stati spostati in un altro luogo segreto, sconosciuto a USA, Israele e AIEA. I primi report dell’intelligence americana, però, mostrano come l’attacco non abbia distrutto gli impianti come sperato, ma abbia solamente provocato danni tali da ritardare le operazioni nucleari di qualche mese .  

Cosa è successo dopo i bombardamenti USA?

Gli iraniani, naturalmente, hanno promesso una vendetta eterna e il Ministro degli Esteri ha parlato di “superamento della linea rossa”: le forze militari dell’Ayatollah Khamenei – guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran – hanno reagito con un attacco missilistico alla base americana in Qatar. La cosa curiosa è che prima dell’offensiva, il Qatar è stato avvertito proprio dagli ufficiali iraniani. Gli americani hanno quindi avuto tutto il tempo di evacuare il personale militare e preparare al meglio le difese. La risposta iraniana, infatti, è stata facilmente neutralizzata. 

Lato Stati Uniti, le dichiarazioni di queste ore sembrano indicare la volontà di non essere coinvolti in questa guerra. A quanto sembra, gli USA intendevano eseguire l’operazione Martello di Mezzanotte e ritornare nella loro posizione, senza intraprendere ulteriori azioni militari. Tuttavia, nella giornata di domenica, Donald Trump sul suo social Truth ha parlato di cambio di regime – il rovesciamento della dittatura islamica in Iran – scrivendo che “Non è politicamente corretto usare il termine “cambio di regime”, ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di RENDERE L’IRAN DI NUOVO GRANDE, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime??? MIGA!!!”. Il giorno dopo, sempre su Truth, il POTUS ha dichiarato al mondo che il cessate il fuoco era in vigore, “ordinando” alle parti in causa di rispettarlo. 

Qualche ora dopo, Israele e Iran hanno ripreso a scambiarsi missili, ignorando totalmente quanto detto dal Presidente degli Stati Uniti, che ha reagito in modo visibilmente arrabbiato: “Sono due nazioni che si combattono da talmente tanto tempo, che non sanno più che c***o stanno facendo!”. Cinema totale. Adesso, però, sembra che effettivamente i due paesi abbiano messo la parola fine agli scontri. 

Il resto del mondo, ovviamente, ha condannato quanto accaduto e sta a guardare nell’attesa di capire come si comporteranno gli attori coinvolti in questa guerra, già ribattezzata la “guerra dei 12 giorni”. 

Come hanno reagito i mercati?

In primo luogo, diamo uno sguardo al petrolio, materia prima che più di tutte subisce gli effetti di quanto accade in Medio Oriente. Il prezzo del Brent e del WTI – per chiarimenti rimandiamo all’articolo sulle previsioni del prezzo del petrolio – all’inizio della giornata di lunedì 23 giugno, subito dopo l’attacco USA, hanno raggiunto i massimi da gennaio 2025, toccando rispettivamente 81,40$ e 78,40$, per poi ritracciare e oscillare fra territorio positivo e negativo.

La cosa incredibile, è che dal 23 al 25 giugno – momento in cui scriviamo — Brent e WTI hanno perso rispettivamente il 17,6% e il 16,6%, attestandosi sui 67$ e i 65,3$ dollari per barile. Movimenti così repentini verso il basso stanno a indicare che gli attori finanziari sono molto ottimisti e non pronosticano un’interruzione forzata delle forniture mondiali di petrolio e gas naturale liquido. Tutto dipenderà dai prossimi avvenimenti. 

Vediamo ora i principali listini in giro per il mondo. 

Le borse asiatiche

Partendo dal Giappone, Tokyo chiude in positivo, mettendo a segno un +0,39%. Stesso discorso per la Cina, con Shanghai e Hong Kong che aprono e terminano la sessione in positivo, chiudendo rispettivamente a +1,04% e +1,23%.

Le borse europee

Un po’ di calma piatta per le borse del Vecchio Continente, che si oscillano fra rosso e verde, rimanendo comunque vicine alla parità. Al momento in cui scriviamo, la peggiore è Francoforte, che nella giornata di oggi viaggia in territorio negativo perdendo lo 0,20%. Seguono Parigi con un +0,03%, Londra con un +0,05% e Milano, che mette a segno un +0,17%.  

Le borse americane

Per quanto riguarda Wall Street, essendo in questo momento ancora chiusa, faremo riferimento alla chiusura di ieri, martedì 24 giugno: l’S&P500 ha guadagnato l’1,11%, il Dow Jones l’1,19% e il Nasdaq, che ha chiuso meglio degli altri, un +1,43%. Anche qui, l’attacco degli Stati Uniti alle strutture nucleari iraniane non sembra aver generato troppa preoccupazione, anzi. 

Come si sta comportando Bitcoin?

Incredibilmente bene, anche se, stando allo storico, dovremmo smettere di utilizzare la parola “incredibile” e, al contrario, iniziare ad abituarci. Bitcoin sta dimostrando, evento dopo evento, di essere un asset che resiste e reagisce alle crisi e agli shock esterni in modo eccezionale. Questa resilienza potrebbe essere la conseguenza di una sempre più diffusa presa di consapevolezza tra singoli individui, aziende e investitori istituzionali, che Bitcoin rappresenti un rifugio – o, per dirla in modo coerente, un ₿unker – contro questo tipo di situazioni.

Volendo prendere giusto un paio di esempi, come il Covid Crash e l’invasione russa dell’Ucraina – trovi più informazioni sul nostro account Instagram – dopo sessanta giorni, Bitcoin aveva rispettivamente guadagnato il 21% e il 15%. Se prendiamo invece S&P500 e oro, a parità di situazioni, in occasione del primo evento, l’uno aveva messo a segno un +2% e l’altro un +3%, mentre nel secondo caso si parla, nell’ordine, di +3% e addirittura -9%

Questo comportamento si sta verificando anche nel caso dell’intervento USA in Iran: un’azione militare di questa portata, in teoria, avrebbe potuto generare il panico nei mercati finanziari, a causa del suo carattere improvviso e fortemente aggressivo. Il grafico, però, parla chiaro. Bitcoin, dopo aver perso circa il 5% nella notte fra domenica 22 e lunedì 23 giugno, arrivando a toccare i 98.000$, adesso si aggira intorno ai 106.000$. Ciò significa che dal bottom di lunedì, BTC ha rimbalzato recuperando la perdita e guadagnando l’8,8%. 

È chiaro che la correlazione non indica necessariamente causalità, dato che è possibile che siano intervenuti altri fattori contestuali. Tuttavia, ha senso iniziare a ragionare in questi termini: Bitcoin si starebbe affermando come un “coltellino svizzero” dell’economia globale, cioè come uno strumento utile per ogni imprevisto, economico o geopolitico. Ci stai facendo un pensiero? Dai un’occhiata a Bitcoin e alle criptovalute cliccando qui sotto.

Non fartelo raccontare, i “te l’avevo detto!!!” non piacciono a nessuno.

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Litio: a cosa serve? Batterie, farmaci e utilizzi

A cosa serve il litio? Cosa sono le batterie al litio? Come funziona il litio come farmaco? Scopriamo insieme perché questo metallo è così richiesto!

Il litio è un metallo color bianco-argentato che, negli ultimi anni, è diventato una risorsa critica estremamente richiesta dalle super potenze mondiali e non solo. I motivi dietro a questa crescita incredibile della domanda sono da ricercare nei suoi molteplici casi d’uso: batterie, farmaci, ceramiche, grassi lubrificanti e altro ancora. In questo articolo partiremo alla scoperta di un minerale diventato così popolare nel giro di pochissimi anni. Iniziamo!

Litio: che cos’è, chi lo controlla e chi lo se lo contende

Il litio è il metallo alcalino più leggero e meno denso sulla Terra, di colore bianco-argentato che, a contatto con acqua o aria, si ossida e prende una colorazione più scura. Presenta delle caratteristiche fisiche particolari che lo rendono estremamente richiesto in ambiti differenti, come vedremo in seguito. Tra queste, leggerezza, alta densità energetica – cioè la capacità di immagazzinare molta energia in poco spazio – e reattività sono le più importanti per il mondo dell’industria. 

Ma come funziona la filiera del litio? Qual è la geopolitica dietro questo metallo? Per rispondere a queste domande, abbiamo letto e studiato il report della AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) dal titolo “Global Critical Minerals Outlook”, pubblicato a maggio 2025. Cosa ci dicono gli esperti?

Chi sono i produttori principali di litio?

Il primo dato rilevante che ci fa capire l’importanza di questo metallo riguarda la sua produzione: nel 2024, l’estrazione globale di litio ha registrato un aumento significativo, pari o addirittura superiore al 35%, per un totale di 255 kilotonnellate (kt) – per fare un paragone, il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa, pesa circa 110 kt. La top 5 dei maggiori produttori di litio nel mondo è insolita, perché include delle nazioni di cui non si sente parlare spesso. 

Infatti, al primo posto troviamo l’Australia che, con 90 kt di litio estratto nel 2024, si prende la medaglia d’oro per distacco. Distacco che, secondo l’AIE, è destinato ad aumentare: entro il 2030 si prevede che il mining di questo metallo crescerà di un ulteriore 30/35%, raggiungendo quota 124 kt. Il secondo posto se lo prende la Cina, con 57 kt nel 2024, mentre l’ultimo gradino del podio spetta al Cile, che l’anno scorso ha prodotto 49 kt di litio, guadagnando lo status di produttore dominante dell’America centro-meridionale. Per il quarto posto dobbiamo spostarci nel continente africano, più precisamente in Zimbabwe con 23 kt all’attivo. Infine, in ultima posizione c’è un’altra nazione sudamericana, l’Argentina, che ha ricavato 13 kt di litio dalle sue miniere. In merito, l’AIE ci comunica che questo paese ha aumentato la produzione del 65% nel 2024, con l’obiettivo di diventare, nel 2030, un attore ancora più importante. 

Un altro dato da menzionare riguarda la concentrazione delle attività di estrazione: se nel 2024 i primi tre produttori erano responsabili del 77% della produzione mondiale di litio, entro la fine di questo decennio, l’AIE prevede che la quota scenderà al 67%. Un cambiamento del genere indica una certa diversificazione geografica, frutto della volontà diffusa di entrare in questo mercato. Gli analisti ritengono che, entro il 2030, la parte prodotta dal “resto del mondo” passerà dagli attuali 17 kt a 49 kt. Inoltre, la quantità di litio estratto a livello globale raddoppierà nei prossimi cinque anni, arrivando a un totale pari a 471 kt

Una volta estratto il litio, chi si occupa della raffinazione?

Nel 2024, secondo il report, la produzione globale di prodotti chimici raffinati è stata pari a 242 kt. La discrepanza fra il litio estratto (255 kt) e quello raffinato, naturalmente, è dovuta alle inefficienze intrinseche e inevitabili dei processi di purificazione. In ogni caso, queste attività sono concentrate per il 96% nei primi tre paesi della classifica dei raffinatori, ma si ritiene che entro il 2030 l’oligopolio perderà qualche quota, scendendo all’85%. A proposito di classifica, vediamo la top 5.

Al primo posto c’è la Cina, in posizione di dominio assoluto, che nel 2024 ha lavorato 170 kt di prodotti chimici di litio: da sola, la Repubblica popolare controlla il 70% della raffinazione totale a livello mondiale e non intende fermarsi, dato che al 2030 questa cifra dovrebbe salire a 277 kt. Il secondo posto va all’Argentina, che raffina la stessa quantità di litio che estrae, cioè 13 kt. Medaglia di bronzo per l’Australia, nazione che, a quanto pare, ha interesse solo nell’estrazione. Nella fantastica terra dei canguri, infatti, viene raffinato solo il 4,5% del litio raccolto, cioè 4 kt. In quarta posizione troviamo a pari merito Stati Uniti e Corea del Sud, con 3 kt di litio a testa. Con 1 kt prodotto nel 2024, l’ultimo posto di questa speciale classifica va al Giappone.

Tornando rapidamente alla Cina, l’AIE afferma che il Dragone, nonostante abbia un quasi-monopolio dei processi di raffinazione, in dieci anni potrebbe perdere una fetta rilevante di mercato. Nello specifico, la quota potrebbe passare dal 70% al 60% entro il 2035. Questo anche perché, sempre secondo le previsioni, l’Argentina e gli Stati Uniti dovrebbero aumentare i kt di litio raffinati, rispettivamente, del 270% e dell’800% – cioè da 13 a 49 kt e da 3 a 27 kt.

Il mercato del litio: qual è la domanda? 

Nel 2024, il litio ha visto una crescita della domanda del 30%: il settore energetico, ovviamente, ha trainato questo incremento, proprio per il ruolo fondamentale che questo metallo ricopre nella costruzione di batterie, macchine elettriche e componenti per le rinnovabili

Per quanto riguarda la domanda nel futuro, l’AIE immagina tre differenti tipi di scenario con tre differenti tipi di output. Gli scenari in questione sono chiamati STEPS, APS e NZE: lo scenario STEPS (Stated Policies Scenario o Scenario delle Politiche Dichiarate), è lo scenario base e rappresenta il futuro come la prosecuzione del presente, col mantenimento delle attuali politiche energetiche; lo scenario APS (Announced Pledges Scenario o Scenario delle Promesse Annunciate) presuppone che i governi raggiungano i loro obiettivi in materia energetica e climatica, come l’abbandono dei combustibili fossili e l’aumento delle energie rinnovabili; lo scenario NZE (Net Zero Emission) raffigura un futuro in cui il settore energetico globale ha raggiunto l’obiettivo di emissioni nette zero, entro il 2050.

Nel primo scenario – STEPS – la domanda di litio dovrebbe passare a 700 kt entro il 2035 e a 1.160 kt entro il 2050, crescendo quindi di quasi cinque volte rispetto al 2024. Nel secondo e terzo scenario – APS e NZE – la domanda sarebbe più alta, nell’ordine, del 30% e del 20% rispetto allo scenario base, arrivando quindi a 1.500 kt e 1.400 kt

E il prezzo? 

Il prezzo del litio è un tema che a prima vista può sembrare controintuitivo: dal 2023, il valore di questo metallo è diminuito dell’80%. Allora uno potrebbe chiedersi come possa essere possibile, dato che c’è stato un incremento di domanda del 30% nel solo 2024 e che nei prossimi venti anni la richiesta quintuplicherà. La risposta, come la legge della domanda e dell’offerta vuole, è proprio nell’offerta, che è cresciuta a dismisura ed è destinata a continuare su questo trend.

Il litio è il 25esimo materiale più abbondante sulla Terra e, al contrario dell’oro e di Bitcoin, non è scarso. Ciò vuol dire che se la domanda sale, anche del 30% in un anno, l’offerta si adegua più o meno agilmente e il prezzo rimane stabile o addirittura scende, nel caso di sovrapproduzione. Ma comunque, volendo dare due numeri, il costo del litio in una batteria tipica da 57 kWh – una batteria di un’auto elettrica comune di medie dimensioni – è calato da 67$ a 15$.   

Dato che si parlava di batterie e auto elettriche, passiamo alla prossima sezione, quella dei principali casi d’uso.

A cosa serve il litio? I principali casi d’uso

Il litio, come abbiamo sottolineato più volte, deve la sua popolarità principalmente al settore energetico, primo motore della domanda, in particolare per le batterie delle auto elettriche. Esistono, però, anche altre applicazioni, meno conosciute ma comunque fondamentali. L’industria farmaceutica, ad esempio, utilizza il litio come farmaco nel trattamento di alcuni disturbi psichiatrici, mentre il settore manifatturiero lo impiega nella lavorazione del vetro e della ceramica, ma anche nella lubrificazione dei macchinari. Vediamo caso per caso. 

Cosa sono le batterie al litio?

Le batterie al litio, o più correttamente le batterie agli ioni di litio, sono batterie estremamente funzionali perché più piccole, più leggere e allo stesso tempo più potenti delle batterie tradizionali, come quelle al piombo. Questo tipo di batteria rappresenta un’innovazione così importante che nel 2019 i suoi tre inventori hanno ricevuto il Premio Nobel per la Chimica

Oggi le batterie al litio alimentano smartphone, pc portatili, auto elettriche e altro ancora proprio perché questo metallo possiede una caratteristica fisica particolare che costituisce un vantaggio rilevante nei confronti dei suoi competitor: l’alta densità energetica. Detto facile, ciò vuol dire che, a parità di peso o volume, le batterie al litio riescono a conservare e rilasciare molta più energia rispetto alle batterie più datate e convenzionali. In più, sono ricaricabili. Una vittoria su tutti i fronti. 

Come funziona una batteria al litio? Senza andare troppo nello specifico, queste batterie funzionano grazie agli ioni di litio – motivo per cui è più corretto chiamarle batterie agli ioni di litio: uno ione, in due parole, è un atomo che ha perso un elettrone e che, quindi, assume una carica positiva. La batteria, poi, è composta da due elementi principali, ovvero il catodo e l’anodo. Quello che succede, spiegato in modo molto semplice, è che gli ioni di litio, durante la fase di scarica in cui la batteria fornisce energia, si muovono dall’anodo al catodo generando elettricità

Insomma, grazie all’invenzione di tre scienziati, adesso siamo in grado di produrre strumenti tecnologici sempre più compatti, leggeri ed efficienti. 

Il litio come farmaco 

Il litio nella medicina viene utilizzato principalmente per il trattamento del disturbo bipolare, una condizione psichiatrica caratterizzata da cambiamenti estremi dell’umore, per cui il paziente alterna stati di forte euforia e irritabilità – gli episodi di mania e ipomania – a periodi di profonda depressione. Questo particolare metallo, grazie alle sue proprietà, viene impiegato per ridurre quanto più possibile gli switch tra i due stati d’animo e, quindi, stabilizzare l’umore

L’efficacia del litio come farmaco in questo ambito viene scoperta alla fine degli anni ‘40 da John Cade, uno psichiatra australiano, quando fu catturato dai giapponesi durante la guerra: il medico si accorse che alcuni suoi compagni di cella, a causa della scarsa alimentazione, mostravano reazioni insolite a livello comportamentale. Al termine del conflitto mondiale, Cade riprese gli studi e scoprì che il carbonato di litio aveva un effetto calmante sulle cavie da laboratorio. Provò questo composto chimico anche su se stesso e su dieci pazienti e, documentando il trattamento, notò miglioramenti importanti sullo stato psichiatrico dei soggetti.

La scoperta, però, passò inosservata ma venti anni dopo lo psichiatra danese Mogens Schou, decise di riprendere in mano la scoperta e validarla a livello scientifico, seguendo le procedure del metodo sperimentale. Nel 1970, finalmente, la ricerca venne revisionata, accettata e quindi validata: il litio era senza dubbio un farmaco efficace per il trattamento del disturbo bipolare. 

Litio: effetti collaterali

Il litio, come ogni farmaco, non è privo di effetti collaterali. Tra quelli meno gravi, che non richiedono l’intervento istantaneo del medico, troviamo mal di stomaco, indigestione, perdita o aumento di peso, labbra gonfie, salivazione eccessiva e prurito. Ci sono poi altri effetti tali per cui è consigliato rivolgersi rapidamente a un medico, come forte sete, gonfiore alle gambe, difficoltà di movimento e svenimenti, anomalie del battito cardiaco e mal di testa forte. Infine, quelli che richiedono l’intervento immediato di un dottore: vertigini gravi e vista appannata, parlata confusa, forte sonnolenza, nausea e vomito. 

Altri casi d’uso 

Il litio, come già abbiamo anticipato, è utilizzato anche in altri settori, come quello manifatturiero, industriale e chimico. Vediamo alcuni esempi: 

  • Vetro e ceramiche: il litio viene impiegato per abbassare la temperatura di fusione di vetri e ceramiche, con notevoli risparmi energetici e, quindi, economici. Ha anche effetti positivi sulla resistenza, la durabilità e la lucentezza dei prodotti finali.
  • Grassi lubrificanti: i settori industriale e automobilistico fanno uso di grassi lubrificanti che contengono litio, perché estremamente resistenti all’acqua e alle alte temperature. 
  • Chimica organica e polimeri: alcuni composti del litio sono utilizzati con frequenza dalle industrie chimiche per via della loro qualità di potenti reagenti. In particolare, sono fondamentali per la realizzazione della gomma sintetica.

Siamo giunti al termine di questo lungo viaggio alla scoperta di questo metallo e dell’infrastruttura alla base della sua produzione, raffinazione, distribuzione e domanda. Il litio rimarrà così importante nel futuro? Verrà sostituito da altre tecnologie? Iscriviti al nostro canale Telegram o qui sotto a Young Platform per non perderti gli aggiornamenti!

Investimenti: 5 falsi miti da sfatare

Investimenti: 5 falsi miti

Sai che non è vero che per investire bisogna, per forza, seguire con costanza i mercati? Scopri i 5 falsi miti più diffusi sugli investimenti

Quali sono i falsi miti per gli investitori attivi sui mercati? Il pane integrale ha meno calorie di quello normale, i carboidrati la sera fanno ingrassare e i cani vedono il mondo in bianco e nero. Un classico. I falsi miti costellano la nostra quotidianità fino a quando, all’improvviso e a volte per caso (o leggendo un articolo come questo), li scardiniamo. Ma quando si parla di soldi i falsi miti diventano quasi leggende metropolitane. Quali sono però i più comuni nel dorato mondo degli investimenti?

Scoprili in questo articolo: dall’orizzonte temporale che i giovani investitori credono di avere, fino al paradosso dell’investitore iper-informato che finisce per farsi del male da solo.

Il PAC è il modo migliore di investire

Cooosa? Siamo partiti subito con una cannonata, eh? Ma davvero questo è un mito? Fermo, non scappare, che ora ti spiego. Il PAC (Piano di Accumulo Capitale, per gli amici) è indubbiamente un ottimo metodo per mettere fieno in cascina, soprattutto se non hai a disposizione ingenti quantità di denaro liquido o se l’idea di versare “tutto subito” ti fa venire l’orticaria. Inoltre, mettere da parte regolarmente una sommetta, oltre a mitigare il rischio di entrare nel mercato nel momento sbagliato, è un modo super efficace per darsi una disciplina da monaco tibetano, specie con i versamenti automatici. E poi, diciamocelo, riduce l’impatto emotivo del vedere i mercati fare le montagne russe.

Però, e c’è sempre un però, non è matematicamente il modo più efficiente per investire. Dal punto di vista statistico, il PIC (l’investimento in un’unica, coraggiosa soluzione) tende ad offrire rendimenti superiori. Perché? Semplice: tutto il capitale si mette subito al lavoro e sfrutta appieno la magia dell’interesse composto fin dal primo giorno. Inoltre, dato che i mercati, nel lungo periodo, tendono a salire, le probabilità di acquistare un asset a un prezzo più basso oggi sono generalmente maggiori rispetto a domani o dopodomani. 

Infine, consideriamo che l’efficacia del PAC nel mediare il prezzo d’acquisto durante le fasi ribassiste, quella che tanto ci piace raccontarci, è in realtà piuttosto limitata, soprattutto se il portafoglio è ancora nelle sue, diciamo, “fasi di crescita”. In altre parole, i primi versamenti di un PAC hanno più chance di fare la differenza sul prezzo medio, ma questa capacità si annacqua man mano che il gruzzoletto cresce.

Detto questo, sia chiaro: il PAC rimane un ottimo modo per investire e, contemporaneamente, risparmiare. Anzi, per tantissimi investitori, probabilmente la stragrande maggioranza, è la soluzione migliore. Non sarà il più efficiente in termini assoluti, ma a volte la pace dei sensi vale più di qualche zero virgola di rendimento.

Più rischio significa più rendimento

Questa sembra una bestemmia finanziaria, un affronto al sacro Graal del “no pain, no gain”. Come può il bilanciamento tra rischio e rendimento essere un mito?

Per spiegarlo dobbiamo sfiorare il concetto fisico/statistico di ergodicità. In breve, un sistema si dice ergodico se, nel lungo periodo, la media temporale di un singolo percorso equivale alla media su tutti i possibili percorsi. Se non ci avete capito nulla, siete in buona compagnia.

Ok, proviamo con un esempio più terra terra. Mettiamo caso che il tuo motociclista preferito sia un fenomeno, il più talentuoso del campionato. Quando finisce una gara, è quasi sempre sul podio. Allo stesso tempo, però, guida come un pazzo scatenato: frena all’ultimo nanosecondo, impenna in curva ma purtroppo spesso cade e si infortuna. Per semplificare, diciamo che ha il 20% di probabilità di vincere ogni gara, ma anche un bel 20% di farsi male seriamente e saltare il resto del campionato. Quali sono le sue probabilità di vittoria in un campionato di 10 gare?

L’intuito ci suggerirebbe che, con il 20% a gara, su 10 gare potrebbe portarne a casa circa 2. Logico, no? No. Il rischio elevato di farsi la bua complica tutto. Se il nostro eroe spericolato si infortuna seriamente (20% di probabilità ad ogni singola gara, ricordiamolo), addio sogni di gloria. La sua partecipazione al resto del campionato sarebbe compromessa, azzerando le chance di vittoria finale. Il nostro campione potrebbe vincere due gare e poi passare il resto della stagione a guardare gli altri dal divano con una gamba ingessata.

Qui entra in gioco la non ergodicità: la sua bravura è legata a doppio filo con la sua propensione al rischio che può portarlo alla “rovina” (sportiva, in questo caso). Negli investimenti, un rischio elevato, anche se associato a rendimenti potenzialmente stellari, può portare alla “rovina” dell’investitore, rendendo le medie storiche inutili. In contesti non ergodici, la priorità assoluta diventa la sopravvivenza, non la massimizzazione del rendimento. Per scongiurare questi rischi da brivido, la parola magica è diversificare, per ridurre la probabilità di quelle perdite da cui non ci si riprende più.

Per investire bisogna essere informati

Forse anche questo vi stupirà, ma a volte più un investitore è beatamente ignorante (nel senso che ignora, sia chiaro) ciò che accade sui mercati, più è efficace. Sì, avete letto bene. Questo perché chi è sommerso da informazioni, grafici, opinioni e tweet allarmistici è molto più propenso a prendere decisioni troppo frequenti e impulsive.

Inoltre, chi si sente un piccolo Warren Buffett, super informato e sempre sul pezzo, può cadere nella tentazione di sperimentare, utilizzare strumenti finanziari che sembrano usciti da un film di fantascienza, acquistare asset “esotici” o costruire strategie talmente complesse da far impallidire un ingegnere della NASA. Il risultato? Spesso, più rischi e meno controllo. L’investitore super-informato a volte finisce per assomigliare a quel cuoco che, a furia di aggiungere spezie “particolari”, rovina un piatto semplicemente buono.

I giovani hanno un lungo orizzonte temporale

Più che un falso mito, qui siamo di fronte a una fallacia logica bella e buona, un classico errore di prospettiva. Spesso si pensa che i giovani abbiano davanti praterie di decenni per investire. Vent’anni, venticinque, trenta… un’eternità! Questo accade perché ragioniamo come se stessimo giocando a un videogioco, con l’obiettivo di massimizzare il punteggio finale (l’accumulo di capitale per la pensione).

La realtà, però, è ben diversa e, se sei giovane e ci rifletti un attimo, te ne accorgi subito: è altamente probabile che i soldi che hai in mente di investire ti serviranno ben prima della tua dorata pensione, che tra l’altro non sappiamo se riceverai, “vero INPS?” L’anticipo per la casa, il matrimonio, un master costoso, quel viaggio che sogni da una vita… Insomma, prima o poi quei soldi vorrai (o dovrai) usarli.

Per questo motivo, l’idea di mettere tutto sull’azionario perché “tanto c’è tempo” è un po’ come preparare una maratona mangiando solo dolci. È saggio affiancare al mercato azionario – che spesso ha bisogno di tempo per dare frutti – altri tipi di asset con un diverso profilo di rischio/rendimento. Qualche esempio? Obbligazioni o ETF obbligazionari, ma anche criptovalute o materie prime.

L’ETF globale è il santo graal che replica fedelmente l’economia mondiale

Ed eccoci al dogma dei dogmi per l’investitore da forum, il cavallo di battaglia di molti: il mitologico “VWCE & Chill” (o un suo equivalente globale). Una filosofia di vita, quasi una religione, con tanto di scomuniche per chi osa deviare dalla retta via dell’indice globale. Molti investitori approcciano il mondo della finanza con questo atteggiamento quasi fideistico, ignorando la reale natura delle proprie scelte.

La prima cosa da capire è che la borsa non rappresenta fedelmente l’economia mondiale nella sua interezza, ma solo un sottoinsieme, per quanto grande, di aziende che scelgono (e possono) quotarsi. Negli Stati Uniti, la cultura finanziaria e la propensione al mercato azionario sono talmente radicate che un numero enorme di grandi aziende è quotato. In Europa, invece, e in altre parti del mondo, molte imprese di successo restano felicemente private (non si quotano in borsa), preferendo altre forme di finanziamento. Di conseguenza, un ETF azionario globale, per quanto diversificato, si perde per strada pezzi importanti dell’economia reale.

Come non includere in questo discorso il mondo crypto? In particolare Bitcoin che negli ultimi anni, grazie alla sua crescita in un certo senso prevedibile per via della ciclicità dei suoi movimenti, ha fatto la fortuna di tantissimi investitori. Oggi è uno degli asset più popolari al mondo, grazie anche agli ETF emessi dai grandi fondi di investimento americani che lo sostengono. Un oro digitale, un bene rifugio cruciale per l’era moderna. L’offerta matematicamente finita e la natura decentralizzata di Bitcoin lo pongono come un baluardo contro le politiche monetarie sregolate e i “pasticci” delle banche centrali. Di fronte al dilagante debito pubblico statunitense e alle continue turbolenze che minano la fiducia nelle valute tradizionali, Bitcoin si propone non come semplice alternativa, ma come soluzione di resilienza e riserva di valore strategica. Diventa così un tassello fondamentale per una diversificazione patrimoniale consapevole, volta a proteggersi da un sistema finanziario tradizionale con crescenti e manifeste fragilità.

La sua pur innegabile volatilità è un tratto tipico di un’asset class rivoluzionaria in fase di adozione globale. Ignorare Bitcoin oggi, nel grande risiko finanziario, equivarrebbe a ripetere l’errore di chi, ai suoi tempi, sottovalutò la portata di internet.

Investire a lungo termine ETF su S&P 500 o Bitcoin?

ETF S&P 500 o Bitcoin per il lungo termine?

Ha ancora senso investire solo sugli ETF sull’S&P 500? Confrontiamo la strategia classica con Bitcoin

Va bene il lungo periodo, ma come diceva Keynes: “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Il “mito” del lungo termine è ovviamente connesso all’investimento in asset con un profilo di rischio e volatilità medio alto, dato che il tempo è l’unica variabile che permette di massimizzare le probabilità di ottenere un rendimento positivo.

Ma il modo migliore di investire è davvero comprare un ETF sull’S&P 500 e aspettare trent’anni?

L’orizzonte temporale in cui si investe è un fattore totalmente personale

La frase che chiude l’introduzione l’avete sicuramente già sentita e ha un fondo di verità. Dagli anni ’80 ad oggi il principale indice del mercato azionario americano ha registrato un incremento del +6000%. Tuttavia, l’orizzonte personale di un investimento è una variabile totalmente personale, che dipende principalmente dagli obiettivi dell’investitore.

Se è vero che il più lungo orizzonte possibile – soprattutto quando si tratta di un investimento azionario – permette di aumentare la probabilità di realizzare un rendimento positivo, è altrettanto vero che questa probabilità non può mai raggiungere il 100%: in altre parole, un investimento rischioso non potrà mai avere un rendimento certo, quantificabile ex ante.

Il tempo è il miglior alleato di noi investitori: a meno di non voler fare scommesse con il mercato, è meglio fare in modo che giochi a nostro favore. Il tempo permette anche di sfruttare al massimo la capitalizzazione composta, l’ingrediente indispensabile per generare risultati eccezionali nel lungo termine.

E se da un lato l’interesse composto è il motore dei rendimenti su indici consolidati come l’S&P 500, dall’altro il mercato moderno offre strumenti che promettono crescite esponenziali in tempi potenzialmente più brevi, seppur con un grado di rischio probabilmente differente. Qui si inserisce perfettamente il dibattito su Bitcoin.

L’alternativa: Bitcoin

L’approvazione degli ETF su Bitcoin spot di gennaio 2024 ha reso accessibile a tutti un investimento che prima era confinato a procedure complesse. Questo ha aperto una domanda: Bitcoin, o i suoi ETF, possono essere un’alternativa o un complemento all’S&P 500 in un portafoglio di lungo termine?

L’argomento a favore più evidente è connesso al potenziale rendimento asimmetrico: a fronte di un rischio di perdita totale, c’è un potenziale di crescita di diversi ordini di grandezza, molto superiore a quello di un indice maturo. Teoricamente poi Bitcoin potrebbe anche agire da diversificatore, data la sua bassa correlazione storica con l’azionario, sebbene questa tenda ad aumentare nei periodi di forte stress finanziario.

Tuttavia, i punti critici sono altrettanto importanti. Il primo è la volatilità estrema. Se l’S&P 500 ha subito crolli del 30-50% in concomitanza di crisi epocali, Bitcoin ha registrato regolarmente drawdown del 70-80%. Un orizzonte temporale molto lungo potrebbe non bastare a recuperare se si entra su un picco di mercato.

In secondo luogo, a differenza dell’S&P 500, che rappresenta la proprietà di aziende reali che generano utili, Bitcoin non produce flussi di cassa. Il suo valore è guidato unicamente dalla legge della domanda e dell’offerta, basandosi sulla fiducia e sulla sua scarsità programmata. Questo lo rende più simile a una materia prima digitale che a un investimento produttivo. Infine, non va trascurata l’incertezza regolamentare: essendo un asset giovane, è esposto a futuri cambiamenti normativi che potrebbero impattarne drasticamente il valore.

Conclusione: qual è la strategia migliore?

Quindi, l’ETF su Bitcoin può affiancare o addirittura sostituire l’S&P 500 in un’ottica di lungo periodo? La risposta, ancora una volta, non è univoca e riporta al cuore del nostro discorso: dipende interamente dal profilo di rischio, dagli obiettivi e dalla consapevolezza del singolo investitore.

Per chi cerca una crescita stabile, relativamente prevedibile e basata sui fondamentali economici, l’investimento passivo sull’S&P 500 rimane probabilmente la scelta più logica e collaudata.

Per chi, invece, ha un’altissima tolleranza al rischio, comprende la natura speculativa dell’asset e vuole allocare una piccola parte del proprio capitale su una tecnologia potenzialmente dirompente, un ETF su Bitcoin può rappresentare un’aggiunta interessante.

In definitiva, la domanda non è quale dei due sia “migliore” in assoluto, ma quale sia lo strumento più adatto a farci raggiungere i nostri obiettivi personali, accettando un livello di rischio con cui siamo in grado di convivere serenamente nel lungo, e talvolta turbolento, periodo.

Diversificazione: cos’é e perché é importante

Diversificazione: cos’è e perché è importante

La diversificazione è una delle nozioni fondamentali dell’arte dell’investire, anche se in troppi la snobbano. Ma cos’è? E perché è così importante? 

La diversificazione è un principio fondamentale che dovrebbe guidare la strategia di investimento di chiunque voglia addentrarsi nel mondo crypto. È un concetto proprio della finanza tradizionale, ma che ha accompagnato l’umanità durante tutto il processo di civilizzazione. In questo articolo, cercheremo di rispondere a due domande tanto semplici quanto complete: che cos’è la diversificazione? E perché è tanto importante?

Diversificazione: che cos’è e cosa significa?

La diversificazione, in finanza, è definita come una strategia o principio fondamentale per minimizzare il rischio: concretamente, significa distribuire le risorse finanziarie su una gamma eterogenea di asset, invece di concentrare il capitale su un singolo investimento. L’esempio principe, il classico intramontabile, utilizzato da chi vuole spiegare in modo semplice questo concetto, è quello delle uova nel paniere. Più precisamente, la frase “non mettere tutte le uova nel paniere!”, accompagnata da un indice che oscilla avanti e indietro, solenne come un oracolo. 

Scherzi a parte, il paragone è calzante, diversificare significa proprio evitare di mettere tutte le uova all’interno dello stesso paniere. Il motivo è semplice: se tutte le uova sono in un unico paniere e questo, per disgrazia, dovesse scivolarti dalle mani, ti ritroveresti con una frittata immangiabile. In altre parole, avresti perso tutto. Ma se lo stesso numero di uova fosse stato sapientemente distribuito su più panieri, avresti perso il contenuto di uno di questi, preservando il resto. Allo stesso modo, come si può capire con semplice intuito, spalmare gli investimenti su più asset diversi fra loro riduce di molto il rischio di perdere tutto in una sola botta. E il portafoglio ringrazia.

Se ci pensi, come abbiamo anticipato nell’introduzione, questa regola ha attraversato i secoli insieme all’umanità, fin dai tempi dei primi insediamenti. Già nel Neolitico, le comunità allevavano contemporaneamente più tipi di bestiame – tra cui mucche, pecore e capre – in modo da avere a disposizione diverse qualità di risorse alimentari e materiali, ma anche per evitare che, per esempio, un’unica malattia fosse in grado di sterminare tutti gli animali. Anche durante il Medioevo, gli agricoltori avevano compreso l’importanza di coltivare più tipi di cereali con la rotazione triennale. I vantaggi erano evidenti: miglioramento della fertilità del suolo, aumento della produzione complessiva e riduzione del rischio di carestie, dal momento che le perdite causate da un raccolto andato male si recuperavano grazie agli altri. 

Tra le altre cose, la diversificazione determina anche la nostra dieta alimentare. È chiaro che sarebbe stupendo mangiare tutti i giorni pizza, ma è fondamentale alternare con cibi più sani e noiosi per evitare di scavarsi la fossa da soli. Insomma, se la diversificazione guida ogni aspetto della vita umana, perché non dovrebbe fare lo stesso con i nostri investimenti?

Diversificazione: perché è importante?  

La diversificazione, come precedentemente illustrato, è un criterio imprescindibile in ottica conservativa, vale a dire di riduzione del rischio. Allora qui uno potrebbe giustamente obiettare: “a me non interessa nulla del rischio, voglio puntare tutti i soldi su quella meme coin e diventare milionario in tre giorni”. Lecito, tuttavia questo non è investire ma scommettere, e le probabilità di vincere quando si gioca d’azzardo sono estremamente basse. Tornando agli investimenti, diversificare conviene anche dal punto di vista dei profitti, poiché ti permette di non farti scappare l’asset, o gli asset, del decennio. 

Facciamo un esempio concreto prendendo il megatrend di internet dei primi anni 2000, appena dopo lo scoppio della bolla delle dot-com. In quel momento, il caso d’uso principale di internet era la funzione di ricerca e Google era il Re assoluto e incontrastato. Avresti potuto pensare, legittimamente, che l’azienda californiana era il vero e unico cavallo su cui puntare, poiché dominava su una concorrenza quasi inesistente. Oggi, quella scelta ti avrebbe senz’altro dato ragione, dal momento che la quotazione di Google è cresciuta più del 6.000%, tuttavia ti saresti mangiato le mani. Perché? Perché intendendo internet come uno strumento progettato esclusivamente per la ricerca online, avresti perso altre aziende come Netflix e Amazon, che hanno messo a segno performance superiori ritagliandosi la loro personale fetta di mercato. 

Diversificare nel mondo crypto

La diversificazione nel mondo delle criptovalute segue le dinamiche dell’esempio appena descritto: dipende da come intendi la blockchain e i suoi casi d’uso. Bitcoin è, senza ombra di dubbio, l’attore dominante in questo mondo, dal momento che da solo rappresenta più del 64% del mercato. Tuttavia, la sua utilità è “limitata”” – per ora – ai pagamenti e al fatto di essere riserva di valore, anche se la BTCFi potrebbe promettere bene. Dunque, se ritieni che la blockchain non andrà oltre Bitcoin, allora ha senso investirci tutto quanto, a tuo rischio e pericolo. 

É innegabile, però, che la blockchain si stia inserendo, neanche così lentamente, in altri settori strategici e il futuro potrebbe riservare sorprese in questo senso. Il punto fondamentale è fare un passo indietro e osservare la situazione nel suo complesso: non focalizzarsi sul presente per non farsi ingannare da euristiche e bias cognitivi ma, come direbbe il filosofo Baruch Spinoza, considerare le cose sub specie aeternitatis – sotto l’aspetto dell’eternità – in senso assoluto e universale. Per diversificazione si intende proprio questo, cioè evitare di esporsi troppo su una singola crypto sia per ridurre i rischi, sia per non perdere gigantesche opportunità tipo Ethereum, che dall’1 gennaio 2020 all’1 gennaio 2025 ha messo a segno un +1.880%. 

Chiaramente, per poter investire con consapevolezza, è necessario aggiornarsi ed essere sempre sul pezzo su ciò che accade in questo mondo in costante evoluzione. Il consiglio – per niente di parte – è di iscriverti ai nostri canali Telegram e Whatsapp o direttamente qui sotto, in modo da avere tutti i giorni le notizie rilevanti già pronte e impacchettate!

Finanziamento auto: come funziona? La guida

Finanziamento auto: come funziona? La guida

Il finanziamento auto è una forma di indebitamento comune che consente di comprare una macchina a rate. Ma attenzione ai costi nascosti. Qui la guida

Il finanziamento auto è una soluzione molto utilizzata perché permette l’acquisto di una macchina nel caso in cui l’acquirente non disponesse immediatamente del capitale totale necessario: nel 2023, in Italia, questa formula ha riguardato la vendita dell’80% delle auto. Tuttavia si tratta di un prestito che, come vedremo, viene concesso da banche o altri attori finanziari e, per questo motivo, è importante avere chiaro il quadro. Qui la guida

Finanziamento auto: che cos’è?

Il finanziamento auto, come abbiamo anticipato, è un contratto attraverso cui una figura creditrice, che può essere una banca o un’istituzione finanziaria in generale, anticipa i soldi necessari all’acquisto della macchina in cambio dell’impegno – firmato e controfirmato – alla restituzione di questa somma, nel tempo. Naturalmente, chi concede il finanziamento fa questo “favore” non perché è gentile e neanche perché ha a cuore la mobilità del cittadino, ma perché guadagna, e anche abbastanza, con le rate mensili maggiorate dagli interessi. In parole semplici, il finanziamento non è altro che un prestito che andrà ripagato con gli interessi, entro un tempo prestabilito. Nello specifico, esistono tre forme di finanziamento – anche se sarebbe più corretto dire “due e mezzo”. Vediamole.

Finanziamento o prestito personale

La forma “classica”, diciamo. Questa soluzione di finanziamento prevede che il richiedente, cioè l’individuo che ha bisogno del prestito, si rivolga personalmente a una banca o a una società di credito esterna per fare la richiesta di danari. A questo punto, l’ente che ha a disposizione la grana farà tutti i controlli necessari per accertare che il soggetto richiedente in questione sia in grado di ripagare la somma, con gli interessi: immobili di proprietà, figli a carico, contratto a tempo determinato o indeterminato e via dicendo. In caso di esito positivo, si procede con l’erogazione del prestito. Ora, il nostro futuro automobilista ha a disposizione il cash per comprare la macchina dei suoi sogni e si reca col sorriso in concessionaria: firma due carte, paga e diventa subito proprietario dell’automobile (e di 36 comode rate). 

Finanziamento o prestito finalizzato

Questo secondo tipo di finanziamento differisce dal primo perché, come dice il nome, è finalizzato all’acquisto di un bene preciso, in questo caso dell’auto. Mentre nel primo caso la banca o l’istituto di credito dice semplicemente “io ti presto i soldi, tu fai quello che ti pare basta che me li ridai”, ora c’è il vincolo all’acquisto dell’automobile. Un’altra differenza importante sta nel fatto che è la concessionaria a fare da intermediario fra chi chiede e chi presta i soldi: anzi, molto spesso può capitare che la società finanziaria sia collegata direttamente alla casa automobilistica produttrice della macchina che si intende acquistare – ad esempio Stellantis Financial Services. Rispetto alla prima formula, i vantaggi di richiedere un finanziamento auto finalizzato risiedono principalmente nella competitività delle offerte, che possono includere promozioni iniziali come il famoso “tasso zero” e le “mini rate iniziali”.

Leasing 

Il leasing è il motivo per cui nel primo paragrafo abbiamo precisato “due e mezzo”: se nei precedenti due casi si parla di finanziamento vero e proprio, ora è più corretto parlare di affitto con possibilità di acquisto. Col leasing non c’è un attore terzo che anticipa i soldi, ma solamente una concessionaria, un cliente e un contratto in cui è indicato il canone mensile da pagare per poter utilizzare la macchina. Tale contratto ha una durata definita oltre la quale, se il cliente è d’accordo, è possibile comprare definitivamente la vettura saldando la celebre quanto temuta maxi-rata finale. Altrimenti, il cliente ha la facoltà di iniziare un altro leasing, magari con un’altra auto, o terminare il rapporto.

Quanto costa e quali sono i requisiti per ottenerlo

Il finanziamento auto costa, nessuno ti regala i soldi. Ti sarà capitato di vedere una pubblicità di una macchina recentemente, magari un fuoristrada: strade bellissime nella natura incontaminata, potenza del motore, vetri oscurati e sensazione di libertà. Poi la réclame arriva al termine e l’annunciatore inizia a parlare straveloce: “TanquattropuntonovantapercentoTaegseiottantunooffertavalidaconfinanziamentopressofinanziariasalvoapprovazione…” eccetera, eccetera, eccetera. Bene, ora cerchiamo di capire cosa sono questi TAN e TAEG che sentiamo in tv da quando abbiamo la facoltà di comprendere il linguaggio umano. 

TAN E TAEG: i tassi di interesse

Il TAN e il TAEG, questi strani acronimi, non sono altro che i tassi di interesse applicati alla somma richiesta: è il guadagno che la banca, l’istituto di credito o la finanziaria legata alla casa automobilistica, incassano per averti prestato i soldi. Il TAN, ovvero il Tasso Annuo Nominale, rappresenta l’interesse puro applicato alla cifra erogata. In che senso “puro”? Nel senso che è la percentuale base al netto dei costi di gestione o legati alle pratiche burocratiche. Il TAEG, cioè il Tasso Annuo Effettivo Globale, come dice il nome è proprio il TAN sommato ai costi extra non indicati nel TAN stesso. Dunque il TAN ti permette di capire l’interesse netto che andrai a pagare con le rate, mentre il TAEG ti fornisce il quadro completo del costo reale del finanziamento auto. 

Sulla base di ciò, una persona potrebbe chiedersi: “se il TAEG è più completo del TAN, perchè vengono indicati entrambi? Per ingannare il cliente?” No, o meglio, non proprio. È chiaro che, di per sé, mostrare il tasso di interesse puro – più basso rispetto al TAEG – fa un effetto migliore al momento della vendita, tuttavia ci sono delle ragioni ben precise che giustificano questa procedura. In primo luogo, il TAEG non indica il tasso di interesse ma la percentuale finale totale, il che rende più complessa la distinzione tra costo del finanziamento e spese extra. In secondo luogo, avendo più chiaro il tasso di interesse netto, il cliente è in grado di confrontare meglio le varie offerte a prescindere dai costi accessori. Infine – a causa di quanto menzionato sopra – c’è l’obbligo normativo di imporre l’indicazione di entrambi gli indici. 

I requisiti per ottenere un finanziamento

Il finanziamento auto viene concesso solamente nel caso in cui il richiedente soddisfi dei requisiti fondamentali dato che chi presta i soldi, da parte sua, vuole assicurarsi che li riavrà indietro. Tra queste condizioni, naturalmente, la maggiore età e la residenza in Italia sono imprescindibili per poter avviare la pratica. Seguono quelle relative al reddito e alla storia creditizia: occorre dimostrare di avere delle entrate fisse, attraverso buste paga o dichiarazione dei redditi, e soprattutto di essere un debitore affidabile. Quest’ultimo punto è fondamentale, dal momento che segnalazioni negative da parte di banche dati come il CRIF (Centrale Rischi Finanziari) potrebbero compromettere totalmente l’operazione finanziaria. In merito a questi ultimi punti, cerchiamo di rispondere a due domande che potresti esserti posto: 

  • Posso ottenere un finanziamento auto senza busta paga? È molto molto difficile. Come abbiamo appena precisato, chi concede il prestito vuole avere la certezza che i suoi soldi non vengano persi nell’etere. Presteresti mai dei soldi – tanti soldi – a uno sconosciuto incontrato per strada? 
  • Cosa succede se non riesco a pagare le rate del prestito auto? Potresti andare incontro a conseguenze non proprio leggere. Il primo step, solitamente, è l’applicazione dei cosiddetti interessi di mora, cioè di tassi extra rispetto al TAN, calcolati su base giornaliera o mensile, che il creditore impone come risarcimento. Il secondo, spesso in concomitanza col primo, è la segnalazione presso enti come il CRIF, che sporcherebbe in modo significativo la tua fedina penale di debitore. Infine, se, nonostante le sollecitazioni, le rate sono ancora scoperte, l’istituzione creditizia del caso può procedere al recupero dei crediti attraverso strumenti come il prelievo forzoso e il pignoramento dei beni. 

Insomma, aprire un finanziamento auto, così come aprire un mutuo, è una decisione che va presa con estrema cura perché cambierà la tua vita: è fondamentale fare un’analisi costi/benefici completa e precisa, per evitare di ritrovarti al verde da un mese all’altro. Per questo, iscriviti ai nostri canali Telegram e Whatsapp o direttamente al sito di Young Platform cliccando qui sotto, potrebbe esserti utile per il futuro.

Alta moda: chi era Charles Frederick Worth?

Alta moda: chi era Charles Frederick Worth?

L’alta moda è un settore dell’abbigliamento che si fonda sulla creazione di abiti unici di estrema qualità. Come nasce? Qual è la sua storia?

L’alta moda, o haute couture, nasce a Parigi grazie alle intuizioni di un signore inglese che, con l’aiuto di sua moglie, è riuscito a conquistare il cuore (e il portafoglio) delle dame più ricche dell’aristocrazia e dell’alta borghesia francese e non solo. Oggi, questo settore vale miliardi e produce vestiti per l’1% più facoltoso della popolazione mondiale. Vediamo insieme la storia dei leggendari Charles Frederick Worth e consorte! 

Alta moda: una nicchia molto particolare 

L’alta moda, o haute couture, è un settore che indica capi di eccellente fattura e rappresenta il vertice dell’industria dell’abbigliamento. I vestiti che rientrano in questa categoria, disegnati dagli stilisti delle maison, devono necessariamente rispettare alcuni requisiti, cioè i quattro criteri fondamentali, stabiliti dal Ministero francese dell’Industria e dalla Fédération Fançaise de la Couture.

Una maison – cioè la casa di produzione – per godere del bollino haute couture deve realizzare solo ed esclusivamente abiti su misura: il vestito di alta moda, infatti, è unico e può essere inteso come un vero e proprio pezzo d’arte non fungibile. Inoltre, deve avere un atelier a Parigi con almeno venti dipendenti full-time nello staff tecnico. Infine, deve presentare le collezioni due volte l’anno, a gennaio e a luglio, le quali devono essere composte da 50 modelli originali, da giorno e da sera. 

Rose Bertin, modista francese vissuta tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, è considerata la pioniera dell’alta moda, dato che realizzava vestiti originali su misura per Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI e regina di Francia. Tuttavia, il concetto di haute couture, come vedremo, si attribuisce a Charles Frederick Worth, attivo sempre a Parigi circa trent’anni dopo. 

In ogni caso il settore dell’alta moda, come avrai capito, si basa sul concetto di scarsità – principio, quest’ultimo, che noi di Young Platform adoriamo, quasi quanto l’asset digitale che meglio lo incarna: Bitcoin. Ma torniamo a noi. I prezzi dei capi, che si aggirano fra le decine e le centinaia di migliaia di euro, sono giustificati proprio dal loro carattere irreplicabile, oltre che dal numero infinito di ore necessarie alla produzione – 150 per un semplice vestito, 1000 (41 giorni) per un pezzo con ricami e rifiniture pregiate. Naturalmente, nel computo finale dei costi, anche i materiali scelti hanno un peso rilevante. 

Alta moda: come, quando e dove nasce?

Come abbiamo anticipato, l’invenzione della haute couture è attribuita a Rose Bertin che, però, non può ancora essere definita “stilista”, essendo questa professione nata dopo la rivoluzione francese. E qui entra in scena il nostro Charles Frederick Worth: nato nel 1825 nel Licolnshire, in Inghilterra, si trasferisce a 13 anni a Londra e inizia a lavorare in un grande magazzino di tessuti sulla famosa Regent Street, dove entra in contatto col mondo della seta e delle stoffe. A vent’anni, nel 1845, si sposta a Parigi, già centro europeo – e non solo – della moda, dove lavora come assistente presso la boutique di tessuti Gagelin. Qui la sua vita cambia: è la conoscenza con Marie Augustine Vernet, sua futura moglie e musa ispiratrice, a fargli fare il salto di qualità. Ma ci arriveremo.

Worth si dimostra un ottimo venditore oltre che un grande esperto di tessuti e ha tutte le carte in regola per fare carriera. Infatti, dopo cinque anni diventa responsabile del reparto sartoria della boutique Gagelin e, nel 1853, socio alla pari con gli altri due proprietari. Le cose sembrano andare per il meglio ma dopo qualche anno arriva il momento della rottura: Worth è pronto per mettersi in proprio e nel 1858 apre il suo personale atelier al civico 7 di rue de la Paix.  

Charles Frederick Worth e Marie Augustine Vernet: la Rivoluzione abbia inizio

Charles Frederick Worth e Marie Augustine Vernet, insieme, sono gli artefici di una vera e propria rivoluzione dell’universo della moda per come era stato concepito fino ad allora. Charles era già un sarto apprezzato nella Parigi di metà Ottocento, ma il vero punto di svolta è frutto di una mossa tanto scaltra quanto audace da parte di Marie Augustine. Consapevole del potere del passaparola fra le donne dell’alta società, la moglie dello stilista decide di vendere a prezzi ridicoli – quasi un regalo – due abiti alla principessa di Metternich. Questa sceglie di indossarne uno in occasione del ballo alle Tuileries, luogo principe della mondanità dell’élite parisienne. Il suo vestito, bellissimo e diverso dal solito, cattura l’attenzione della donna più influente del jet set francese: l’imperatrice Eugénie de Montijo, moglie di Napoleone III, imperatore di Francia dal 1852 al 1870. Charles Worth, da quel momento, diventa il sarto di corte nonché fornitore ufficiale dell’imperatrice di Francia. 

Charles Frederick Worth diventa lo stilista più importante e apprezzato fra le dame del Gotha parigino e, con lui, si verifica un ribaltamento netto della prospettiva: se prima erano le donne, aristocratiche o altoborghesi, a commissionare i lavori agli artigiani tessili, scegliendo le stoffe e creando i modelli, adesso è lo stilista a proporre gli abiti e, dunque, a dettare la moda. 

Il nostro Charles, inoltre, è responsabile di due delle più importanti innovazioni che il mondo della moda abbia visto: la prima riguarda la divisione delle collezioni in base alla stagione; la seconda fa riferimento all’utilizzo di “modelle viventi” piuttosto che di manichini, com’era tradizione fino a quel momento – sua moglie Marie è considerata la prima modella della storia. Charles Worth, in sostanza, ha inventato le sfilate di moda. 

Nel 1868, è tra i fondatori della Camera Sindacale dell’Alta Moda (Chambre Syndicale de la Couture), organo collettivo decisionale di moda, di cui oggi fanno parte un centinaio di maison tra le più importanti al mondo – Balenciaga, Balmain, Jean Paul Gaultier, Versace, eccetera. Questo apparato, oltre a ciò, ha anche il potere di decidere chi può usare il termine “haute couture” e chi no, in base al rispetto dei requisiti di cui abbiamo parlato. 

Charles Frederick Worth muore nel 1895 e l’amministrazione della sua maison, la House of Worth, passa nelle mani della moglie Marie e del figlio Gaston. Il secondo figlio  Jean-Philippe, invece, segue le orme artistiche del padre: nel 1903 crea il celebre Peacock Dress per Mary Victoria Curzon, moglie del viceré d’India e dunque viceregina. La maison viene ufficialmente venduta alla casa di moda francese Paquin nel 1953.

Alta moda in mostra: gli abiti di Charles Frederick Worth al Petit Palais di Parigi

Dal 7 maggio al 7 settembre – ipotizziamo che la scelta del 7 sia dovuta al civico in cui aprì il suo atelier, il n.7 di rue de la Paix – nella splendida cornice del Petit Palais di Parigi ha luogo la prima mostra dedicata all’inventore della haute couture e alla sua maison House of Worth. Per l’occasione, si parla di oltre 400 oggetti provenienti dai più importanti musei del mondo, dal Palazzo Pitti di Firenze al Metropolitan di New York passando per il Victoria and Albert di Londra: quadri, accessori e soprattutto abiti disegnati e realizzati da Charles Worth risalenti al periodo storico compreso fra il Secondo Impero francese (1852-1870) e il primo Dopoguerra.