Come andare in pensione anticipata a 64 anni: la guida spiegata semplice

pensione anticipata a 64 anni

Cosa si deve fare per andare in pensione a 64 anni? Chi ci può andare? Con quali requisiti?

Dal 1° gennaio 2025, sarà possibile andare in pensione anticipata a 64 anni, ma con nuove regole e requisiti. In questa guida spiegheremo non solo chi può accedere a questa opportunità, ma anche cosa sono il regime contributivo puro, l’assegno sociale e la pensione integrativa, per aiutarti a capire meglio come funzionano queste misure introdotte dalla nuova Legge di Bilancio.

1. Chi può andare in pensione anticipata a 64 anni?

Le nuove regole si applicano a:

  • Lavoratori nel regime contributivo puro, cioè chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995.
  • Chi ha almeno 25 anni di contributi (30 anni dal 2030).
  • Chi raggiunge una pensione minima di 1.603,23 euro al mese (tre volte l’assegno sociale del 2024).

Cos’è il regime contributivo puro?

Il regime contributivo puro è un sistema di calcolo della pensione basato esclusivamente sui contributi versati durante la carriera lavorativa.

  • Si applica a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, in seguito alla riforma Dini.
  • La pensione dipende dall’importo totale dei contributi accantonati e dalla loro rivalutazione nel tempo.
  • Non tiene conto di eventuali retribuzioni precedenti, come avviene nel regime retributivo o misto.

2. Cosa serve per andare in pensione anticipata?

Ricapitolando quanto abbiamo detto, dal 2025:

  • Età: almeno 64 anni.
  • Contributi: almeno 25 anni (30 anni dal 2030).
  • Importo minimo della pensione: devi raggiungere almeno tre volte l’assegno sociale, pari a 1.603,23 euro al mese.

Cos’è l’assegno sociale?

L’assegno sociale è un supporto economico fornito dallo Stato alle persone con redditi molto bassi o nulli, che abbiano almeno 67 anni e risiedano in Italia.

  • L’importo dell’assegno sociale nel 2024 è di 534,41 euro al mese.
  • Per accedere alla pensione anticipata, è necessario che la pensione raggiunga almeno tre volte questo importo (circa 1.603 euro).

3. Come funziona la pensione integrativa?

Se la pensione INPS (obbligatoria) non raggiunge la soglia minima richiesta, puoi utilizzare la pensione integrativa per colmare la differenza.

Cos’è la pensione integrativa?

La pensione integrativa è un sistema di risparmio volontario che permette di accantonare somme aggiuntive durante la vita lavorativa per avere una rendita extra una volta in pensione.

  • Viene accumulata aderendo a un fondo pensione o a un piano individuale pensionistico (PIP).
  • Può essere riscossa come rendita periodica o come capitale, a seconda delle regole del fondo.
  • È particolarmente utile per chi è nel regime contributivo, dove la pensione è calcolata solo sui contributi versati, e rischia di essere più bassa.

Esempio pratico:

Se la tua pensione INPS è di 1.300 euro al mese e la rendita dal tuo fondo pensione è di 350 euro, il totale sarà di 1.650 euro, permettendoti di accedere alla pensione anticipata.

4. Pensione anticipata per le donne a 64 anni: agevolazioni per chi ha figli

Le lavoratrici madri possono accedere al pensionamento anticipato con requisiti ridotti:

  • Con un figlio, la soglia minima scende a 1.496 euro al mese (2,8 volte l’assegno sociale).
  • Con due figli, si riduce ulteriormente a 1.389 euro al mese (2,6 volte l’assegno sociale).

5. Divieto di cumulo con altri redditi per chi va in pensione anticipata

Un aspetto importante da considerare per chi sceglie la pensione anticipata è il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro.

  • Non puoi lavorare come dipendente o autonomo: chi va in pensione anticipata non può svolgere attività lavorative regolari.
  • Eccezione per il lavoro occasionale: è consentito solo il lavoro occasionale, ma con un limite massimo di 5.000 euro lordi annui.

Questa regola vuole evitare che chi accede alla pensione anticipata possa continuare a generare redditi regolari, garantendo così che il sistema previdenziale mantenga un equilibrio economico. Prima di scegliere questa opzione, valuta attentamente le implicazioni sul tuo reddito complessivo.

6. Clausole di sicurezza e futuri cambiamenti

Dal 2030, i requisiti per la pensione anticipata diventeranno più stringenti:

  • I contributi richiesti aumenteranno a 30 anni.
  • La soglia minima salirà a 1.710 euro al mese (3,2 volte l’assegno sociale).

La riforma include inoltre clausole di sicurezza per evitare costi eccessivi per lo Stato. Queste potrebbero comportare:

  • Un aumento ulteriore dei requisiti contributivi o della soglia minima.
  • Eventuali posticipazioni della pensione anticipata.

Se hai intenzione di andare in pensione anticipata, ti consigliamo di inoltrare la richiesta entro i prossimi 5 anni per evitare di rientrare nelle clausole più restrittive previste dal 2030.

7.  Pensione di vecchiaia a 67 anni: cosa cambia?

Le nuove regole introdotte dalla riforma non si limitano al pensionamento anticipato, ma interessano anche la pensione di vecchiaia, accessibile a partire da 67 anni. Per chi è nel regime contributivo puro, sarà possibile utilizzare la rendita della pensione integrativa per raggiungere la soglia minima dell’assegno sociale e accedere alla pensione.

Come funziona?

Requisiti minimi:

  • 67 anni di età.
  • Almeno 20 anni di contributi versati.
  • Importo minimo della pensione: deve essere pari almeno a 534,41 euro al mese (l’importo dell’assegno sociale nel 2024).

Se la pensione obbligatoria INPS non raggiunge questa soglia, sarà possibile integrare l’importo con la rendita maturata nella pensione complementare.

Esempio pratico:

Se la pensione INPS è di 500 euro al mese, è possibile utilizzare 50 euro dalla rendita del fondo pensione per raggiungere i 534,41 euro richiesti e andare in pensione a 67 anni.

Questa possibilità offre un’importante opportunità per chi ha carriere lavorative discontinue o stipendi bassi, garantendo un minimo di sicurezza economica.

8. Aumento delle pensioni minime per gli over 70

Dal 2025, le pensioni minime per gli over 70 in difficoltà economica saranno aumentate di 8 euro al mese, e verrà leggermente innalzato il reddito massimo per ottenere questi benefici.

9. Novità per i giovani lavoratori: contributi extra per una maggiore sicurezza pensionistica

La riforma include importanti novità per i giovani lavoratori assunti dal 2025, offrendo strumenti per migliorare le loro pensioni future.

Contributi extra volontari

I neoassunti potranno scegliere di aumentare volontariamente la loro contribuzione previdenziale fino a un massimo del 2% in più rispetto alla contribuzione standard.

  • Esempio per i dipendenti: l’attuale aliquota contributiva del 9,19% potrà salire fino all’11,19%.
  • Questo contributo extra sarà deducibile al 50% dalle tasse, rendendolo meno oneroso per chi decide di aderire.

L’obiettivo è incentivare i giovani a versare di più durante la carriera lavorativa, così da costruire una pensione più elevata nel lungo termine, anche a fronte di carriere meno lineari o stipendi iniziali bassi.

In sintesi: cosa fare per andare in pensione a 64 Anni?

  1. Verifica i tuoi requisiti:
    • Età (64 anni).
    • Anni di contributi (almeno 25).
    • Importo minimo della pensione (1.603,23 euro al mese).
  2. Calcola la tua pensione:
    • Accedi al portale INPS per controllare la tua posizione contributiva.
    • Consulta il tuo fondo pensione per verificare la rendita maturata.
  3. Richiedi supporto:
    • Rivolgiti a un patronato o al tuo fondo pensione per avere assistenza nel calcolo e nella domanda.
  4. Presenta la domanda:
    • Utilizza il portale INPS per inoltrare la richiesta di pensionamento anticipato.

Andare in pensione anticipata a 64 anni sarà possibile per chi ha maturato almeno 25 anni di contributi e utilizza la pensione integrativa per colmare eventuali carenze. Questa misura offre maggiore flessibilità, ma richiede una pianificazione attenta e una conoscenza delle regole.

Consulta subito il tuo estratto contributivo e prepara la tua strategia per il pensionamento!

Fonti utili:

  • Portale INPS: www.inps.it
  • Fondi pensione e consulenti previdenziali per assistenza.

Certificato medico di malattia: come funziona, come ottenerlo e diritti del lavoratore

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Scopri tutto sul certificato medico di malattia: come richiederlo, chi deve inviarlo al datore di lavoro, quanti giorni può dare il medico di base e quali sono i diritti e i doveri del lavoratore durante la malattia.

Il certificato medico di malattia è un documento fondamentale per giustificare l’assenza dal lavoro per motivi di salute. Ottenere e gestire correttamente il certificato è essenziale per evitare sanzioni disciplinari e per tutelare i propri diritti come lavoratore. In questo articolo esamineremo come funziona il certificato medico di malattia, chi deve inviarlo, quanti giorni può dare il medico di base e le procedure da seguire per rimanere conformi alla legge.

Come funziona il certificato medico di malattia?

Il certificato medico di malattia è un documento rilasciato dal medico di base che attesta l‘impossibilità temporanea del lavoratore nel svolgere la sua attività lavorativa. Dopo aver avvisato il datore di lavoro dell’assenza, il dipendente deve recarsi dal proprio medico per ottenere il certificato. Quest’ultimo viene trasmesso telematicamente all’INPS e successivamente al datore di lavoro.

Il certificato di malattia telematico è composto da due documenti:

  • Uno destinato all’INPS, che contiene la diagnosi.
  • Un altro destinato al datore di lavoro, che indica la durata della malattia.

La responsabilità della corretta trasmissione del certificato è del dipendente, quindi è importante verificare che il certificato sia stato inviato correttamente. La verifica può essere fatta online sul sito dell’INPS, utilizzando credenziali SPID o PIN.

Chi invia il certificato di malattia al datore di lavoro?

È il medico curante che si occupa della trasmissione del certificato medico di malattia all’INPS, che a sua volta lo rende disponibile al datore di lavoro. Questo processo semplifica notevolmente la comunicazione, eliminando l’obbligo per il lavoratore di dover inviare fisicamente il certificato al datore. Tuttavia, il lavoratore deve sempre informare il datore di lavoro del suo stato di malattia e fornire il numero di protocollo del certificato.

In caso di errore da parte del medico durante la redazione del certificato, il lavoratore ha la possibilità di richiedere una correzione entro 24 ore. Se sono trascorse più di 24 ore, invece, si può contattare l’INPS per effettuare la modifica. In alcune situazioni, come per alcune categorie del settore pubblico, il certificato può essere rilasciato in modalità cartacea e inviato manualmente al datore di lavoro e all’INPS.

Quanti giorni di malattia può dare il medico di base?

Il medico di base può rilasciare un certificato di malattia per un numero di giorni che ritiene adeguato in base alla condizione del paziente. In generale, non esiste un limite prefissato per il numero di giorni, ma il medico è tenuto a giustificare la durata della prognosi in base alla gravità della malattia. Nel caso in cui la malattia persista oltre la data indicata, è necessario ottenere un nuovo certificato per prolungare il periodo di malattia.

È importante notare che il periodo di malattia riconosciuto dall’INPS parte dalla data in cui viene emesso il certificato medico. Il medico non può giustificare giorni precedenti alla visita, salvo specifiche eccezioni come le visite a domicilio. Nel caso in cui il lavoratore desideri rientrare al lavoro prima della data indicata nel certificato, è necessaria una modifica del certificato da parte del medico.

Quando andare dal medico per il certificato di malattia?

È consigliabile andare dal medico per il certificato di malattia immediatamente al presentarsi della necessità di assenza dal lavoro. Questo evita complicazioni come la tardiva certificazione, che potrebbe non essere accettata dall’INPS, o sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro. Per ottenere il certificato, il lavoratore deve informare tempestivamente il datore di lavoro e prenotare una visita con il medico di base.

Durante la malattia, il lavoratore è soggetto a visite di controllo da parte dell’INPS. È quindi obbligato a essere reperibile in determinate fasce orarie, generalmente dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, per permettere al medico di verificare lo stato di malattia. In alcuni casi, come per lavoratori con patologie gravi o in condizioni di ricovero ospedaliero, l’obbligo di reperibilità può essere sospeso.

Infine, è possibile variare l’indirizzo di reperibilità durante la malattia, ma il dipendente deve informare sia il datore di lavoro sia l’INPS del nuovo indirizzo. Nel caso di dipendenti pubblici, la comunicazione deve avvenire immediatamente e seguire le specifiche procedure previste dalla normativa.

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Previdenza complementare: cos’è e come funziona

Previdenza complementare: cos'è e come funziona

Scopri cos’è la previdenza complementare, i vantaggi che offre e come funziona il sistema per integrare la pensione pubblica

La previdenza complementare è uno strumento cruciale per garantirsi un futuro finanziario solido dopo il pensionamento. In un contesto di riforme che hanno ridotto l’importo delle pensioni pubbliche, questa forma di previdenza privata volontaria è pensata per integrare la pensione di base e colmare il gap tra l’ultimo stipendio e il sussidio percepito. In questo articolo esploreremo cos’è la previdenza complementare, come funziona e quali sono i suoi principali vantaggi, inclusi i benefici fiscali e la flessibilità che offre.

Cos’è la previdenza complementare?

La previdenza complementare rappresenta una forma di risparmio pensata per integrare la pensione di vecchia “garantita” dall’INPS, sempre più insufficiente a garantire un tenore di vita adeguato. In pratica, si tratta di un sistema che mira a garantire una pensione integrativa rispetto a quella pubblica, colmando il divario tra l’ultimo stipendio percepito durante la vita lavorativa e l’importo della pensione. Questa integrazione può risultare fondamentale per mantenere il proprio stile di vita anche dopo il ritiro dal mondo del lavoro.

Chi ha diritto alla pensione complementare? Tutti i lavoratori possono aderire, sia dipendenti che autonomi, e possono scegliere tra diversi strumenti di previdenza complementare, come i fondi pensione e i Piani Individuali Pensionistici (PIP).

Come funziona la previdenza complementare?

Il funzionamento della previdenza complementare si basa su contributi versati in fondi pensione o PIP, che vengono poi investiti per generare un rendimento. Ma quanto conviene versare al fondo pensione? La risposta dipende da diversi fattori, tra cui il proprio reddito, l’età in cui si decide di iniziare a contribuire e la quantità monetaria che si vuole raggiungere al momento della pensione. È possibile versare anche contributi aggiuntivi volontari, che permettono di aumentare il capitale accumulato, soprattutto se si è iniziato tardi ad aderire alla previdenza complementare.

I fondi pensione si dividono in diverse categorie:

  • Fondi pensione chiusi (o negoziali): sono riservati a determinate categorie di lavoratori e sono il frutto di accordi collettivi tra le parti sociali.
  • Fondi pensione aperti: accessibili a tutti, indipendentemente dalla categoria lavorativa.
  • PIP (Piani Individuali Pensionistici): polizze vita con finalità pensionistiche, gestite da compagnie assicurative.

Quando conviene aderire alla previdenza complementare? In breve la risposta sarebbe “prima si inizia, meglio è”, ovvero prima si inizia a contribuire e maggiore sara il capitale accumulato che beneficerà dell’effetto dell’interesse composto. Anche per chi decide di aderire in una fase avanzata della propria carriera, esistono vantaggi legati ai benefici fiscali e alla possibilità di destinare una parte del proprio TFR (Trattamento di Fine Rapporto) al fondo pensione.

Vantaggi della previdenza complementare

Uno dei vantaggi più evidenti della previdenza complementare riguarda le agevolazioni fiscali. Ma esattamente, quanto si recupera dalla previdenza complementare in termini di benefici fiscali? I contributi versati nei fondi pensione sono deducibili dal reddito fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno. Questo significa che si riduce l’importo delle tasse da pagare, ottenendo un doppio vantaggio: risparmio fiscale immediato e accumulo di capitale per il futuro.

I rendimenti ottenuti tramite il fondo pensione sono tassati al 20%, una percentuale inferiore rispetto a quella prevista per altre forme di investimento, come quelle che si applicano alle plusvalenze derivanti dalla compravendita di criptovalute e azioni (26%)

Questo vantaggio fiscale permette al capitale di crescere più rapidamente nel lungo periodo. Inoltre, al momento del pensionamento, è possibile scegliere tra diverse modalità di riscossione del capitale accumulato: una rendita vitalizia, un capitale unico o una combinazione delle due. Questo garantisce una notevole flessibilità, adattando la prestazione pensionistica alle proprie necessità.

A chi conviene la previdenza complementare?

Chi dovrebbe prendere in considerazione l’adesione alla previdenza complementare? La risposta è semplice: chiunque desideri integrare la propria pensione pubblica e assicurarsi un reddito adeguato anche dopo aver smesso di lavorare. In particolare, i giovani lavoratori sono quelli che più possono beneficiare di questo tipo di risparmio, in quanto hanno più tempo per accumulare capitale e sfruttare l’effetto dell’interesse composto.

A questo punto potreste chiedervi “Ma quanto devo versare per ricevere pensione di 2000 euro al mese?” La risposta dipende dalle proprie capacità di risparmio, dal tipo di investimento scelto e dal tempo a disposizione. 

Riscatto e recupero della previdenza complementare

Quando è possibile il riscatto totale del fondo pensione? Esistono specifiche circostanze in cui è possibile richiedere il riscatto anticipato del capitale accumulato, come in caso di gravi motivi di salute, disoccupazione prolungata o altre situazioni eccezionali. Tuttavia, è bene ricordare che la previdenza complementare è pensata per garantire un reddito integrativo durante la pensione, per cui il riscatto anticipato dovrebbe essere considerato solo in caso di effettiva necessità.

Inoltre, al momento del pensionamento, il capitale accumulato può essere erogato sotto forma di rendita mensile o di capitale unico, oppure entrambi, in base alle proprie preferenze. Questa flessibilità è fondamentale per rispondere alle diverse esigenze individuali e familiari, garantendo che la prestazione si adatti alle circostanze specifiche del pensionato.

Differenza tra fondi pensione e pensione integrativa

Spesso ci si chiede: che differenza c’è tra fondi pensione e pensione integrativa? In realtà, i fondi pensione sono lo strumento attraverso cui si costruisce la pensione integrativa. I contributi versati nel fondo vengono investiti per creare un capitale, che al momento della pensione diventerà la rendita complementare. La scelta tra diverse tipologie di fondi consente di adattare la strategia di risparmio alle proprie esigenze e al proprio profilo di rischio.

Per approfondire ulteriormente la gestione dei tuoi investimenti e l’importanza di costruire una strategia solida per il futuro, puoi leggere il nostro approfondimento sul blog di Young Platform.

La previdenza complementare è una soluzione indispensabile per assicurarsi un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento. Tra i vantaggi fiscali, la possibilità di scegliere il tipo di investimento e la flessibilità nella riscossione delle prestazioni, si presenta come un’opportunità valida per chiunque voglia integrare la propria pensione pubblica. 

Inoltre, è importante ricordare come Bitcoin, grazie alla sua natura di riserva di valore e gli ottimi rendimenti registrati negli ultimi anni, possa essere un’opportunità interessante per diversificare ulteriormente i propri investimenti, soprattutto per chi guarda a una strategia a lungo termine. 

In un contesto di crescenti sfide demografiche e di incertezza sul futuro delle pensioni pubbliche, aderire alla previdenza complementare permette di guardare al futuro con maggiore serenità e sicurezza.

Pagare all’estero? Le soluzioni più utilizzate

Carte di credito e app di pagamento da usare all'estero

Quale carte utilizzare pagare al di fuori dell’Unione Europea? Ecco la lista delle migliori sette

Quando si intraprende un viaggio al di fuori dell’Unione Europea scegliere la giusta carta di credito o applicazione per i pagamenti da utilizzare fa sempre più la differenza. È ormai lontano il tempo in cui si cambiavano i contanti prima di partire, sempre più messi da parte a favore dei pagamenti digitali per via della loro sicurezza e comodità.

Ma questo non è l’unico motivo, i conti di pagamento e le carte online e le loro piattaforme offrono un ampio ventaglio di servizi. Il principale che analizzeremo all’interno di questo articolo ha a che fare con la possibilità di convertire istantaneamente il proprio denaro in altre valute, in modo da essere pronti a visitare un paese al di fuori dell’Unione Europea.

  1. Revolut

Il colosso fintech UK offre diversi servizi utili per pagare all’estero, dato che permette di effettuare trasferimenti di denaro internazionale in 30 diverse valute. I suoi piani Premium e Metal includono assicurazioni viaggio, cambio valuta illimitato senza commissioni e cashback sulle prenotazioni. 

Per chi ama viaggiare senza limiti, Revolut offre soluzioni all-inclusive con il piano Ultra, che consente di ottenere vantaggi come il cashback per hotel e attività locali.

  1. N26

Con oltre 7 milioni di clienti, N26 è una banca esclusivamente online, ideale per chi ama la praticità durante i viaggi. Per esempio questa banca ha un conto dedicato a chi gira il mondo, quello Metal che così come si legge sul sito è pensato per i globetrotter, dato che offre o assicurazioni viaggio, protezione per il furto dello smartphone e prelievi gratuiti in valute estere. 

Non ci sono commissioni di cambio per le transazioni in altre valute, rendendo i pagamenti in viaggio semplici ed economici.

  1. Hype

Se ami viaggiare e vuoi lasciare le preoccupazioni (e le commissioni!) a casa, Hype potrebbe essere proprio la tua carta vincente. Dal 2015, questa fintech tutta italiana offre una serie di soluzioni semplici e comode per gestire i tuoi soldi tramite un’unica app. Gianluca Zetti, responsabile dello sviluppo e marketing di Hype, racconta a Wired che “i tre tipi di conto, Hype, Hype Next e Hype Premium, sono pensati per accompagnare i clienti durante le diverse fasi della loro vita”. Per chi è sempre con la valigia pronta, Hype Premium offre il meglio: zero commissioni su prelievi e pagamenti in qualsiasi valuta, ovunque nel mondo.

Il conto Hype Premium include 8 assicurazioni viaggio che coprono emergenze mediche, smarrimento bagagli e molto altro. Inoltre, accedi al programma World Elite Mastercard, con ingressi scontati nelle lounge VIP e corsie preferenziali negli aeroporti, oltre a cashback fino al 5% su hotel, voli e altre spese di viaggio.

  1. WeChat Pay

Se stai pensando di andare in Cina o in altre parti dell’Asia, WeChat Pay è l’alleato perfetto. In Cina, quasi tutto si paga tramite QR code con il cellulare, e WeChat Pay è la super app che fa al caso tuo. Senza commissioni di gestione del conto e con una rete di accettazione vastissima, WeChat Pay ti permette di pagare ovunque, dal ristorante all’hotel. Tencent, la società proprietaria, conferma che il servizio è disponibile in 69 paesi, con oltre 4 milioni di esercizi commerciali che lo accettano, senza restrizioni geografiche.

  1. Tot

Per chi viaggia spesso per lavoro, Tot è il conto B2B ideale. Con un Iban italiano e tre piani di abbonamento a partire da 7€ al mese, Tot offre un conto completo senza commissioni nascoste. La carta Visa Business ti permette di prelevare ovunque, con una commissione del 3,99%. Tot sta lavorando per introdurre carte business con commissioni più basse, rendendo ancora più conveniente il conto per chi è sempre in movimento. La carta include anche assicurazioni per furto di contante e acquisti, per una maggiore sicurezza.

  1. Wise

Wise è la soluzione per chi vuole trasferire denaro all’estero senza sorprese. Fondata nel 2011, Wise offre un conto multivaluta senza costi di apertura. Puoi convertire il tuo denaro in diverse valute direttamente dall’app e trasferire denaro in tutto il mondo con tassi di cambio piuttosto competitivi. I prelievi sono gratuiti fino a 200€ al mese e Wise afferma di aver fatto risparmiare ai suoi clienti oltre 1,7 miliardi di euro rispetto alle banche tradizionali.

  1. Western Union

Western Union è una delle opzioni più conosciute per inviare denaro in tutto il mondo, ideale soprattutto per chi ha bisogno di trasferimenti rapidi. Con oltre 500.000 punti fisici in più di 200 paesi, puoi inviare o ricevere contanti in pochi minuti, perfetto per chi si trova in viaggio e ha bisogno di una soluzione immediata. Inoltre, è possibile gestire tutto tramite l’app, permettendo di trasferire fondi direttamente su conti bancari o portafogli mobili, con tassi di cambio aggiornati e trasparenti. Western Union rappresenta una scelta affidabile per viaggiare senza stress quando si ha necessità di supporto economico, sia per se stessi che per amici e familiari.

  1.  Il mondo crypto e Young Platform

Nonostante, come abbiamo visto, esistano diverse soluzioni efficienti per inviare denaro o pagare all’estero, Bitcoin e le crypto offrono transazioni veloci e una libertà “di movimento” senza pari. Con Young Platform puoi inviare criptovalute e stablecoin istantaneamente oppure bloccarle in staking per ricevere gradualmente ricompense e aumentare il valore della tua posizione.


Le migliori app per gestire il budget: classifica 2024

Le migliori app per gestire il budget: classifica 2024

Come gestire, al meglio, il prorio budget? D’altronde il primo passo, se si vuole investire il proprio capitale, coincide con il risparmio. Ecco cinque applicazioni che ti possono aiutare!

Quali sono le migliori app per gestire il budget nel 2024? Se ti stai chiedendo come approcciarti al mondo degli investimenti devi sapere che il primo passo è sicuramente la gestione del budget. Principalmente perché la cosa più sbagliata che si può fare sui mercati e interrompere un investimento prima che “maturi”, un’operazione che spesso implica una perdita. Per fare in modo di non trovarsi in questa situazione è bene dedicare un po’ di tempo a comprendere qual è il budget, solitamente mensile, di cui hai bisogno in modo da poter destinare la somma che rimane agli investimenti.

Tracciare le proprie spese è, però, anche il modo migliore per limitare quelle inutili o superflue. Dato che spesso acquistiamo beni o usufruiamo di servizi in modo irrazionale, senza pensare se ci servono davvero o se incrementano realmente il nostro livello di benessere. Insomma, gestire il proprio budget è fondamentale. Ma dimenticati i complessi e laboriosi fogli di calcolo, puoi farlo in scioltezza attraverso queste cinque app.

1. Spendee

La prima delle migliori app per gestire il budget che analizziamo è Spendee, che si distingue per alcune funzionalità molto utili. Innanzitutto, consente ai suoi utenti di collegare i loro account ai propri conti bancari (e anche quelli di alcuni exchange crypto). In questo modo il processo di tracciamento diventa molto più semplice e immediato.

Scopri il mondo crypto

Inoltre, Spendee ti da a disposizione grafici e dashboard molto utili per capire come spendi la maggior parte dei tuoi soldi.

2. Copilot

Copilot è una delle finaliste degli “App Store Awards”, un riconoscimento emesso ogni anno da Apple, per premiare le migliori app e i giochi più divertenti presenti sul suo Store. La particolarità di questa soluzione, che la differenzia dalla maggior parte di app per gestire il budget è che integra l’intelligenza artificiale.

Chi la utilizza ha una sorta assistente personale sempre con se che lo accompagna quotidianamente e lo aiuta a gestire le spese. Purtroppo quest’applicazione è, per ora, disponibile soltanto negli Stati Uniti.

3. YNAB (You Need A Budget)

YNAB è una delle app più complete per la gestione del budget, perfetta per chi vuole davvero prendere il controllo delle proprie finanze. La filosofia alla base di YNAB è che ogni euro speso dovrebbe avere un obiettivo

Questa app ti aiuta a destinare ogni centesimo a una categoria, che si tratti di risparmi, spese fisse o investimenti. L’interfaccia è intuitiva e consente di pianificare il budget mensile in modo dettagliato, aiutandoti a evitare sprechi e a risparmiare per obiettivi futuri. Inoltre, YNAB offre un’ottima sezione didattica, con tutorial e lezioni per migliorare il tuo rapporto con il denaro.

4. Money Manager

Se cerchi un’app semplice ma funzionale per tracciare entrate e uscite, Money Manager fa al caso tuo. Questa app permette di registrare tutte le tue transazioni giornaliere in modo rapido, consentendo di avere sempre una panoramica chiara delle tue finanze

Money Manager è particolarmente utile per chi vuole vedere nel dettaglio dove vanno i propri soldi, grazie alla suddivisione in categorie e ai report visivi che aiutano a identificare facilmente le aree di spesa su cui intervenire per ottimizzare il budget. L’app è leggera e senza fronzoli, ideale per chi non ama perdersi in funzionalità troppo complesse.

5. Wallet

Infine, l’ultima delle migliori app per gestire il budget che analizziamo è Wallet. Questo software, come Spendee, permette di collegare automaticamente i conti bancari per tracciare le transazioni in tempo reale, ed è possibile utilizzarla in modo condiviso, ad esempio con il proprio partner o con la famiglia, per gestire le spese comuni. 

Una delle funzionalità riguarda gli obiettivi di risparmio: puoi impostare dei “traguardi” finanziari e monitorare i tuoi progressi. Inoltre, grazie alle notifiche, Wallet ti aiuta a mantenere il focus, ricordandoti i tuoi impegni finanziari e facendoti evitare spese impulsive.

Insomma, gestire le spese è diventato sempre più semplice grazie alle migliori app gestire il budget di nuova generazione che abbiamo affrontato in questo articolo. Sia che tu voglia semplicemente tracciare le tue uscite o che desideri un aiuto più strutturato per raggiungere i tuoi obiettivi di risparmio e investimento, c’è un’app adatta a te. Inizia a usare quella che risponde meglio alle tue esigenze e ricorda: una gestione consapevole del denaro è il primo passo per un futuro finanziario più sereno.

Una volta che hai il tuo budget sotto controllo puoi iniziare a pensare agli investimenti. Uno dei modi migliori per farlo, se ti avvicini a questo mondo per la prima volta, è attraverso la strategia dell’acquisto ricorrente,  che ti permette di ripetere un acquisto di un asset in modo regolare e automatico.

Cosa fare con il TFR: lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare?

Cosa fare con il TFR?

Cosa fare con il TFR? Lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare? Valuta rendimento, tassazione e gestione per decidere cosa conviene.

Decidere cosa fare del proprio TFR (Trattamento di Fine Rapporto) è una scelta fondamentale per il futuro finanziario di ogni lavoratore dipendente. Le opzioni principali sono due: “lasciarlo” in azienda o destinarlo a un fondo pensione tramite la previdenza complementare. Se se si decide di “non agire”, in realtà si sta optando per la prima opzione.

Ogni opzione ha vantaggi e svantaggi, legati a fattori come tassazione, rendimenti e costi di gestione. Questo articolo analizza le diverse opzioni per aiutarti a scegliere la soluzione più adatta al tuo caso.

Ecco cosa fare con il TFR, conosciuto anche come liquidazione, a seconda della tua situazione, e quali solo le differenze principali tra lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare.

Che cos’è il TFR?

Per decidere cosa fare con il TFR devi prima sapere che cos’è. È una parte della retribuzione di un lavoratore dipendente che viene accantonata mensilmente da parte del datori di lavoro, e che viene poi “restituita” al lavoratore alla cessazione del rapporto lavorativo. Di fatto è un vero e proprio tesoretto, che il datore di lavoro accumula negli anni per permettere al dipendete di pianificare il suo futuro previdenziale.

Per comprendere, in un attimo, a quanto ammonta il proprio TFR basta dividere per 13,5 l’importo la propria Retribuzione Annua Lorda (RAL). In termini percentuali si tratta di circa il 7,5% del proprio compenso annuo, anche se lo 0,50% va versato al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.

Lasciare il TFR in azienda

La prima cosa che puoi fare con il TFR è lasciarlo in azienda. Se scegli questa opzione, alla fine del rapporto di lavoro, riceverai una somma rivalutata annualmente sulla base di due componenti: una quota fissa dell’1,5% e una variabile pari al 75% dell’inflazione dell’anno precedente

Questo meccanismo garantisce una rivalutazione costante del capitale, anche se generalmente inferiore rispetto ai rendimenti ottenibili tramite investimenti in un fondo pensione. Inoltre, per le aziende con più di 50 dipendenti, il TFR viene versato al Fondo di Tesoreria INPS, che ne gestisce l’erogazione.

Lasciare il TFR in azienda comporta vantaggi in termini di semplicità, ma ha costi di gestione nulli e una tassazione standard basata su l’aliquota media Irpef degli ultimi cinque anni​

Destinare il TFR alla previdenza complementare

La seconda opzione è destinare il TFR alla previdenza complementare, cioè investirlo in un fondo pensione. Questa scelta consente di beneficiare dei rendimenti del mercato finanziario, che storicamente tendono a superare la rivalutazione del TFR in azienda, specialmente nel medio-lungo termine. Oltre ai potenziali rendimenti superiori, i contributi versati nei fondi pensione godono di agevolazioni fiscali: fino a 5.164,57 euro annui sono deducibili dal reddito imponibile. 

Un aspetto importante da considerare è che una volta destinato il TFR alla previdenza complementare, la scelta è irrevocabile, e la liquidazione sarà disponibile solo al momento del pensionamento o in casi eccezionali​

Fattori da considerare nella scelta

La scelta tra lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione dipende da vari fattori. Il primo è l’età del lavoratore: i giovani tendono a trarre maggior beneficio dall’investimento in un fondo pensione, grazie al maggior numero di anni per sfruttare i rendimenti del mercato. 

In secondo luogo, i costi di gestione dei fondi pensione sono un elemento da valutare: i fondi negoziali (chiusi) generalmente presentano costi più bassi rispetto ai fondi aperti. Infine, occorre considerare il profilo di rischio e le esigenze personali di liquidità: chi preferisce evitare i rischi dei mercati finanziari potrebbe optare per lasciare il TFR in azienda, anche se ciò comporta rendimenti inferiori.


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Kamala Harris parla di criptovalute, le opzioni su BTC di BlackRock e Franklin Templeton lancia un fondo su Solana

Kamala Harris parla di crypto, BlackRock, Franklin Templeton e Solana

Kamala Harris si esprime per la prima volta sul tema delle criptovalute. La SEC approva le opzioni su ETF Bitcoin di BlackRock, mentre Franklin Templeton lancia un fondo monetario sulla blockchain di Solana

Le criptovalute sono, ormai da tempo, un tema centrale anche nel panorama politico statunitense. Kamala Harris, negli ultimi giorni, ha finalmente rotto il silenzio sul tema, affermando che le crypto sono un elemento chiave per l’economia USA. Nel frattempo, la SEC ha approvato le opzioni sugli ETF Bitcoin di BlackRock e Franklin Templeton ha annunciato il lancio di un fondo monetario sulla blockchain di Solana, a dimostrazione di come la tecnologia blockchain si stia insinuando in ogni aspetto riguardante gli strumenti finanziari più tradizionali.

Kamala Harris rompe il silenzio sulle criptovalute

È successo: finalmente Kamala Harris ha parlato di criptovalute! Dopo mesi in cui il suo avversario, Donald Trump, ha dominato il dibattito su questo tema, la candidata democratica ha rotto il silenzio durante un comizio a New York, organizzato in onore di alcuni donatori. L’evento era particolarmente significativo, non solo per il pubblico presente, ma per il messaggio politico che Harris ha voluto trasmettere. 

Dopo un lungo periodo in cui i Democratici si erano mantenuti piuttosto distanti e critici nei confronti dell’industria crypto, le dichiarazioni della Harris rappresentano un punto di svolta. Finora, esponenti di rilievo del partito, come Gary Gensler, presidente della SEC, si erano distinti per un atteggiamento restrittivo verso le criptovalute, ostacolando l’avanzamento di molte aziende del settore. Il contesto era comunque in evoluzione: con l’approvazione degli ETF spot su Bitcoin a gennaio e su Ethereum a maggio, si iniziavano a vedere i primi segnali di cambiamento.

Il panorama politico USA ha subito una svolta quando Donald Trump ha cominciato a cavalcare il tema delle criptovalute, cercando di attrarre gli investitori di questo mercato verso la sua campagna. In un video di maggio, Trump ha ironizzato sul fatto che Joe Biden non sapesse neanche cosa fossero le criptovalute, segnalando la chiara volontà dell’ex presidente di differenziarsi dalla narrativa democratica.

Le parole della Harris invece, seppur caute, dimostrano che il settore è ormai un tema centrale anche nella corsa dei democratici verso Capitol Hill. Durante il discorso, Harris ha dichiarato che riunirà lavoratori, piccole imprese, innovatori e grandi aziende per investire nelle tecnologie del futuro, tra cui le criptovalute e l’intelligenza artificiale, senza dimenticare la necessità di proteggere consumatori e investitori. Nonostante non sia stata troppo esplicita nel suo supporto, il semplice fatto che abbia menzionato le criptovalute è un segnale importante per il futuro politico degli Stati Uniti e potrebbe influenzare la decisione di molti degli oltre 50 milioni di americani che investono in questo mercato.

BlackRock ottiene l’approvazione della SEC per le opzioni sugli ETF su Bitcoin

Il secondo sviluppo significativo di questa settimana riguarda sempre la SEC, che ha approvato le opzioni sugli ETF di Bitcoin del gigante degli investimenti BlackRock. Questo evento segna un passo in avanti per l’integrazione delle criptovalute nei mercati finanziari tradizionali.

Le opzioni sono uno strumento finanziario che concede agli investitori il diritto, ma non l’obbligo, di comprare (Call) o vendere (Put) un asset, come gli ETF su Bitcoin, a un prezzo prestabilito entro una data di scadenza. In questo caso specifico, le opzioni approvate dalla SEC si basano su Bitcoin spot, il che significa che ogni volta che viene stipulato un contratto, questo si riflette direttamente sul portafoglio fisico di Bitcoin detenuto da BlackRock. 

Questo passaggio apre nuove possibilità agli investitori istituzionali, permettendo loro di gestire meglio il rischio e aumentare la loro esposizione al mercato delle criptovalute. Inoltre, le opzioni sono spesso utilizzate come strumenti di leva finanziaria, per scommettere sulla crescita o proteggersi da eventuali cali dei prezzi, rendendo il mercato più dinamico e flessibile. Per il mondo finanziario, l’approvazione di questi strumenti rappresenta un ulteriore passo verso l’integrazione delle criptovalute nei circuiti economici tradizionali, consolidando il loro ruolo all’interno del sistema.

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Franklin Templeton lancia un fondo monetario sulla blockchain di Solana

In un altro sviluppo di rilievo per l’ecosistema crypto, Franklin Templeton ha annunciato il lancio di un nuovo money market fund sulla blockchain di Solana. Questo segna un cambiamento significativo per un fondo di investimento che gestisce circa 1,5 trilioni di dollari di asset, e spiana la strada all’utilizzo della tecnologia blockchain per migliorare l’efficienza operativa sui mercati. 

Ma cosa sono esattamente i money market fund? Si tratta di fondi comuni d’investimento che puntano alla conservazione del capitale e alla liquidità, investendo in strumenti finanziari a basso rischio come obbligazioni governative o certificati di deposito. Tradizionalmente considerati strumenti “noiosi” per investitori avversi al rischio, questi fondi hanno un volume di transazioni molto alto, specialmente per operazioni come l’emissione di assegni o carte di debito. La scelta di Franklin Templeton di utilizzare la blockchain di Solana per questo tipo di prodotto si basa sui vantaggi offerti dalla tecnologia, come l’economicità e la velocità delle transazioni. Il responsabile dello sviluppo delle partnership, Mike Reed, ha spiegato che dopo aver valutato possibili collaborazioni esterne, il fondo ha deciso di costruire internamente il proprio team di sviluppo per gestire l’integrazione della blockchain nel processo.Anche se Franklin Templeton aveva già tentato in passato di lanciare un fondo simile su blockchain, l’interesse allora era scarso, principalmente a causa dei tassi di interesse bassi.

Tuttavia, le circostanze sono cambiate: i tassi di interesse più elevati e un rinnovato interesse da parte di fondi di venture capital e aziende web3 per migliorare la gestione delle loro tesorerie potrebbero far decollare questa nuova iniziativa. La scelta di una blockchain veloce e scalabile come Solana potrebbe rappresentare una svolta per il settore finanziario tradizionale, dimostrando come anche strumenti apparentemente “datati” come le obbligazioni possano trovare nuova vita grazie alla tecnologia decentralizzata. Con sempre più fondi di investimento che esplorano il potenziale della blockchain, questo potrebbe essere solo l’inizio di una più ampia integrazione tra finanza tradizionale e tecnologia decentralizzata.

CCNL commercio: tutte le informazioni utili

Come funziona CCNL commercio? Informazioni utili e aumenti

Cos’è e come funziona il contratto collettivo nazionale (CCNL) “Commercio?” Informazioni utili e tabelle aumenti.

Il contratto collettivo nazionale di lavoro per il commercio, terziario, distribuzione e servizi, noto come CCNL “Commercio,” è uno degli accordi fondamentali stipulato tra i tra cittadini e le imprese nel panorama lavorativo italiano. Questo documento regola le condizioni di lavoro per i dipendenti delle aziende attive nel settore della distribuzione, logistica e servizi correlati.

Ma quali sono i dettagli principali del contratto? E quali aggiornamenti sono stati introdotti di recente? Esaminiamo i punti chiave del CCNL commercio, tra cui i livelli contrattuali, le ferie, le malattie e le altre informazioni da conoscere. 

Contratto collettivo nazionale (CCNL) “Commercio”, come funziona?

Il contratto collettivo nazionale del commercio, firmato da Conflavoro PMI, Fesica-Confsal e Confsal, ha come obiettivo principale quello di tutelare gli interessi dei lavoratori del settore, che sono più di 3 milioni sul territorio nazionale.

Per poter affermare di conoscere cos’è il CCNL commercio, è necessario conoscere come vengono classificati i dipendenti. Questi sono suddivisi in vari livelli, di cui ognuno è associato a specifiche mansioni. Al di sopra dei seguenti livelli, quelli ordinari, ci sono i quadri, che ricevono un trattamento distinto:

  • Primo livello: ruoli di alta responsabilità e direzione, come gestori di negozi, responsabili marketing e analisti sistemisti.
  • Secondo livello: professionisti con autonomia e capacità di coordinamento, come responsabili delle casse, contabili e spedizionieri qualificati.
  • Terzo livello: mansioni che richiedono competenze tecniche ed esperienza, come impiegati amministrativi, vetrinisti, disegnatori tecnici e operai specializzati.
  • Quarto livello: compiti operativi con specifiche conoscenze tecniche, come cassieri, commessi e magazzinieri.
  • Quinto livello: lavori qualificati che richiedono conoscenze e capacità comuni, come addetti al controllo vendite e aiuto-commessi.
  • Sesto livello: mansioni che richiedono semplici conoscenze pratiche, come uscieri, custodi e operai.
  • Settimo livello: ruoli dedicati a mansioni di pulizia o equivalenti, come addetti alle pulizie.

Essere al corrente dei livelli previsti da questo contratto collettivo non basta per conscere cos’è e come funziona CCNL commercio. È altrettanto, se non più importante, essere al corrente delle condizioni stabilite per equilibrare gli interessi dei lavoratori e delle aziende. Ecco le principali:

  • Ferie e permessi: I dipendenti inquadrati secondo il CCNL commercio hanno diritto a quattro settimane di ferie annuali, oltre a 32 ore di permessi retribuiti. I cosidetti ROL, un acronimo che sta per riduzione dell’orario di lavoro e indica i riposti concessi al lavoratore che possono essere fruiti senza che la retribuzione in busta paga venga ridotta, si maturano ogni 15 giorni lavorativi.
  • Orario di lavoro: L’orario standard è fissato a 40 ore settimanali, distribuite su cinque giorni, ma può essere esteso su sei giorni senza superare le 48 ore settimanali.
  • Mensilità: I lavoratori ricevono 14 mensilità, con la tredicesima erogata a dicembre e la quattordicesima a giugno.
  • Dimissioni e licenziamento: Le dimissioni devono essere comunicate per iscritto, rispettando i termini di preavviso che variano in base al livello e agli anni di servizio. Il licenziamento, invece, può avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo.

Periodo di prova e infortunio

Devi sapere, poi, che il CCNL commercio prevede anche un periodo di prova. La durata di questo lasso di tempo in cui l’azienda valuta il l’effettiva preparazione e le competenze del lavoratore varia in base al livello del dipendente: non può superare i sei mesi per quadri e i dipendenti primo livello, e tre mesi per gli altri livelli. In caso di contratto di durata inferiore a un anno, il periodo di prova non può superare il 50% della durata del contratto.

In caso di infortunio riconosciuto dall’INAIL, il CCNL prevede un’indennità che copre il 100% dello stipendio per il giorno dell’incidente, il 60% nei tre giorni successivi, il 90% dal quinto al ventesimo giorno, e nuovamente il 100% fino al 180° giorno.

Maternità

Per le lavoratrici in maternità, il contratto prevede cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, durante i quali l’azienda integra l’indennità INPS fino al raggiungimento della piena retribuzione. La dipendente può scegliere come distribuire il periodo di congedo, optando per cinque mesi post-parto, oppure uno prima e quattro dopo, o ancora due mesi prima e tre dopo il parto.

Retribuzione e tabelle retributive

Il CCNL commercio dettaglia tutte le componenti della retribuzione, incluse maggiorazioni e possibili riduzioni. Le tabelle retributive, aggiornate periodicamente secondo gli scatti previsti, indicano gli importi minimi mensili a cui i lavoratori hanno diritto, suddivisi per livello e ruolo.

Rinnovo del 22 marzo 2024: le novità

Il rinnovo del CCNL commercio, avvenuto il 22 marzo 2024, ha introdotto alcune novità significative. La più rilevante è l’aumento dei minimi contrattuali a partire da aprile 2024, con ulteriori incrementi previsti per marzo 2025, novembre 2025, novembre 2026 e febbraio 2027.

Un’altra modifica importante è l’introduzione di una somma una tantum, che sarà erogata con le buste paga di luglio 2024 e luglio 2025. Gli importi variano dai circa 120 euro per il settimo livello ai 300 euro per i quadri.

Il CCNL commercio rappresenta un pilastro fondamentale per la regolamentazione del lavoro nel settore terziario in Italia. Con aggiornamenti continui e condizioni che cercano di bilanciare equamente le esigenze di lavoratori e datori di lavoro, questo contratto collettivo rimane essenziale per garantire diritti, tutele e opportunità nel mondo del commercio e dei servizi.

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Tutto sulla SIAE: costi, scadenze e possibili sanzioni

SIAE: quando si deve pagare, costi e sanzion

Come funziona la SIAE? Quando si deve pagare, quali sono i costi associati e cosa rischia chi non rispetta obblighi e scadenze?

Quando si deve pagare la SIAE? Questo acronimo si riferisce alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), una delle istituzioni più importanti del panorama artistico e culturale italiano. Come si evince dal nome, la SIAE tutela gli interessi di autori, compositori e artisti, assicurando che i loro diritti d’autore vengano rispettati e adeguatamente remunerati.

Tuttavia, il funzionamento della SIAE e gli obblighi a cui sottostare non sono sempre chiari. Con questo articolo vogliamo fare chiarezza e fugare ogni dubbio relativo a quando si deve pagare la SIAE, quali sono i costi associati e cosa rischia chi non rispetta questi obblighi.

Quando si deve pagare la SIAE?

Se ti stai chiedendo quando pagare la SIAE devi sapere che è obbligatorio sostenere il costo ogni volta che si utilizza pubblicamente un’opera protetta da copyright, come musica, film, spettacoli teatrali, o qualsiasi altra forma di espressione artistica. Ciò include eventi come concerti, feste, spettacoli, ma anche l’uso di musica di sottofondo in esercizi commerciali come bar, ristoranti, negozi e hotel.

Più nello specifico, ecco alcune situazioni comuni in cui è necessario pagare la SIAE:

  • Eventi pubblici: Se organizzi un concerto, una serata karaoke, una sfilata di moda, o qualsiasi evento pubblico in cui viene utilizzata musica o altre opere protette, devi pagare la SIAE per ottenere l’autorizzazione necessaria.
  • Esercizi commerciali: Se gestisci un bar, un ristorante, un negozio o qualsiasi attività commerciale in cui viene diffusa musica di sottofondo, è necessario pagare la SIAE. Anche la semplice riproduzione di musica tramite radio o TV richiede il pagamento dei diritti.
  • Streaming e webcast: Anche chi utilizza opere protette in streaming online o attraverso webcast deve ottenere le necessarie licenze dalla SIAE. Questo vale per i creatori di contenuti, siti web e piattaforme digitali.
  • Utilizzo in film e produzioni video: Se utilizzi musica o altri contenuti protetti in un film, un video promozionale o qualsiasi altro tipo di produzione audiovisiva, devi pagare i diritti alla SIAE.

Quanto costa la SIAE?

 I costi associati al pagamento della SIAE variano notevolmente a seconda del tipo di utilizzo e dell’opera in questione. La SIAE applica tariffe diverse in base al contesto. Per esempio, per quanto riguarda gli eventi pubblici, i costi dipendono dal tipo di evento, dal numero di spettatori e dall’importanza dell’evento stesso. Per esempio, un grande concerto avrà costi più elevati rispetto a una piccola festa di quartiere.

Analizzando invece i costi della SIAE per gli esercizi commerciali, le tariffe sono generalmente calcolate in base alle dimensioni dell’immobile. Ad esempio, un piccolo bar pagherà meno rispetto a un grande ristorante o a una discoteca.

Per le dirette streaming, le tariffe possono variare in base al numero di utenti connessi, alla frequenza di utilizzo e alla piattaforma utilizzata. Alcuni servizi di streaming potrebbero già includere i costi SIAE nel loro abbonamento, ma non è sempre così. Infine, per le visioni audiovisive i costi sono determinati dalla durata dell’opera utilizzata, dal tipo di diffusione (cinema, TV, web) e dall’importanza della produzione.

Cosa rischia chi non paga la SIAE?

Chi non paga la SIAE può incorrere in conseguenze legali e finanziarie rilevanti come sanzioni pecuniarie e azioni legali, fino ad arrivare alla sospensione dell’attività. Nel primo caso si tratta semplicemente di multe, che vengono applicate per aver utilizzato delle opere senza aver fatto fronte al pagamento dei diritti d’autore ad esse connessi. A seconda della gravità della violazione, la SIAE può decidere se intraprendere o meno delle azioni legali che possono portare a cause civili e richieste di risarcimento danni.

La sospensione dell’attività è, invece, una misura che viene attuata nel caso in cui la violazione sia grave. In quel caso, l’esercizio commerciale o l’evento deve rimanere chiuso o “fermo” finché i pagamenti delle imposte e delle sanzioni non vengono regolarizzati. Non pagare la SIAE può anche comportare un danno alla reputazione dell’organizzatore dell’evento o dell’esercente. Questo può influire negativamente sui rapporti con artisti, fornitori e clienti.

Pagare la SIAE non è solo un obbligo legale, ma anche un dovere morale verso gli autori e i creatori di opere artistiche. La corretta gestione dei diritti d’autore garantisce che gli artisti ricevano il giusto compenso per il loro lavoro, permettendo così la continuazione e lo sviluppo della cultura. Sebbene i costi possano sembrare elevati, è importante considerare le conseguenze negative del mancato pagamento, che possono includere sanzioni, azioni legali e danni alla reputazione. Pertanto, è fondamentale informarsi adeguatamente e rispettare le normative vigenti per evitare problemi e contribuire alla tutela della creatività artistica.

Infine, concludiamo questo articolo con una curiosità. La SIAE ha utilizzato la blockchain di Algorand per organizzare il suo archivio creando, sulla rete, una collezione di più di 4 milioni di NFT. Ogni token non fungibile aveva la funzione di rappresentare il diritto su un’opera di uno dei quasi 100 mila creator che la SIAE gestisce.

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Gaetano Blandini, Manager di SIAE in occasione della partnership con Algorand si è espresso così: “la tecnologia della blockchain è di sicuro un filone interessante da continuare ad esplorare per via della sua trasparenza ed efficienza, fondamentali per chi, come noi, gestisce lo stipendio del duro lavoro degli altri”.

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Benzina in calo: cosa significa per il mercato globale del petrolio?

Prezzo benzina in calo: conseguenze petrolio

Il prezzo della benzina sta scendendo. Cosa succederà al petrolio inteso come asset?

La fine dell’estate e la conclusione delle vacanze portano con sé un fenomeno prevedibile ma significativo: la diminuzione dei prezzi della benzina a livello internazionale. Questo calo è principalmente dovuto a una riduzione della domanda, un classico esempio di come i cicli stagionali influenzino i mercati energetici. Ma dietro questa apparente normalità, si nascondono dinamiche complesse che potrebbero avere ripercussioni durature sul mercato globale del petrolio. 

Nel periodo estivo, la domanda di benzina aumenta notevolmente, spinta dai viaggi per le vacanze e dall‘incremento dell’attività turistica. Tuttavia, con la fine della stagione estiva, questa domanda subisce una brusca frenata. Secondo i dati recenti, gli strumenti derivati (futures) sulla benzina negli Stati Uniti sono scesi a 2,35 dollari al gallone, avvicinandosi al minimo di sei mesi registrato all’inizio di agosto.

Questo non è solo un riflesso della diminuzione della domanda di carburanti, ma anche dell’andamento più ampio dei mercati petroliferi, che si trovano a fare i conti con una serie di fattori economici e geopolitici.

L’impatto sul prezzo del petrolio

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha indicato che il mercato del petrolio potrebbe trovarsi di fronte a un’eccedenza di offerta nel quarto trimestre del 2024. Questo, a meno che l’OPEC+ non decida di prorogare i tagli alla produzione attualmente in atto. La possibilità di un surplus è ulteriormente rafforzata dal rallentamento economico della Cina, che ha portato a una revisione al ribasso della domanda per l’oro nero.

Inoltre, gli Stati Uniti, il principale produttore mondiale di greggio, hanno visto un aumento inaspettato delle scorte di petrolio, nonostante un calo delle scorte di benzina. Questo ha contribuito a mantenere sotto pressione i prezzi del petrolio, con il Brent e il WTI che mostrano segni di debolezza. Le previsioni indicano che il prezzo del Brent potrebbe stabilizzarsi intorno ai 65-70 dollari al barile, con possibilità di ulteriore ribasso se le condizioni economiche globali dovessero peggiorare.

Il prezzo del petrolio e della benzina è notoriamente volatile, influenzato da una molteplicità di fattori come le tensioni geopolitiche, il cali o l’aumento della domanda, le politiche green promulgate dagli Stati e dll’Unione Europea. Attualmente, il contesto è caratterizzato da un eccesso di offerta che potrebbe amplificarsi se le economie globali, già sotto pressione, dovessero entrare in una fase recessiva. L’OPEC+ si trova così a dover bilanciare attentamente le sue decisioni di produzione per evitare un crollo dei prezzi simile a quello del 2014, causato proprio da un’eccessiva offerta di greggio.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?

Le previsioni per i prossimi mesi dipendono fortemente da come evolverà la domanda globale di energia. Se assistermo ad una recessione a livello globale, i prezzi del petrolio potrebbero subire ulteriori pressioni al ribasso, e scatenare un effetto domino sulla maggior parte dei titoli energetici. Dall’altro lato, se l’economia riuscirà a stabilizzarsi, potremmo assistere a un graduale recupero dei prezzi, anche se difficilmente si tornerà ai livelli pre-pandemia nel breve termine.

Il calo dei prezzi della benzina con la fine dell’estate non è solo una buona notizia per i consumatori, ma anche un segnale di una più ampia debolezza nella domanda globale di petrolio. Con l’OPEC+ che gioca un ruolo cruciale nel mantenere l’equilibrio del mercato, i prossimi mesi saranno decisivi per capire quale direzione prenderà il mercato energetico globale. In ogni caso, il panorama rimane incerto, e la volatilità continuerà a caratterizzare il mercato del petrolio per il prossimo futuro.


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