Risiko bancario: che cos’è e perché si innesca?

Risiko bancario: che cos’è e come si innesca?

Scopri cos’è il risiko bancario, un’attività giustificata dagli extra-profitti delle banche

Che cos’è il risiko bancario? No, non è l’ultima espansione del vostro gioco da tavolo preferito, anche se le dinamiche di conquista e strategia che lo regolano ci assomigliano parecchio. Questo termine, mutuato con arguzia dal celebre gioco da tavolo, descrive la recente e vivace tendenza degli istituti di credito, specialmente quelli con qualche “carrarmatino” in più, a lanciarsi in operazioni di fusione, acquisizione (M&A) e accorpamento. Un po’ come quando, nel gioco, hai accumulato abbastanza armate da guardare con interesse i territori del vicino.

La prima misura macroeconomica che possiamo associare al risiko bancario è la modifica dei tassi di interesse, un argomento molto frequente nei nostri articoli per via della sua influenza sui mercati, anche su quello crypto. L’innalzamento del costo del denaro, deciso dalle banche centrali per domare l’inflazione (mentre noi comuni mortali vedevamo lievitare le rate dei mutui), ha fatto la gioia dei bilanci bancari. Questi extraprofitti verranno reinvestiti per crescere ed espandersi. Preparate i pop-corn perché la stagione 2025-2026 del risiko bancario, si preannuncia scoppiettante.

Lo stato di salute delle banche italiane

Prima di approfondire il tema principale, è utile una breve analisi dello stato di salute degli istituti di credito, per comprendere il contesto in cui si sviluppa il fenomeno del risiko. Negli ultimi anni, le banche hanno beneficiato significativamente delle decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse.

Durante il 2023, le maggiori banche italiane quotate in borsa hanno registrato utili netti aggregati per 21,9 miliardi di euro, cifra che è ulteriormente salita a 31,4 miliardi nel 2024. A livello europeo, i profitti dei venti istituti più importanti hanno raggiunto circa 100 miliardi di euro.

Il principale motore di questa crescita è stato l’incremento dei tassi di interesse operato dalla Banca Centrale Europea per contrastare l’inflazione (da luglio 2022 a ottobre 2023, i tassi di riferimento sono passati dallo 0% al 4,5%). Ciò ha provocato un aumento del margine netto di interesse, ovvero la differenza tra gli interessi attivi riscossi sui prestiti e gli interessi passivi corrisposti sulla raccolta. Semplificando, si può dire che le banche hanno adeguato più rapidamente i tassi attivi sui finanziamenti concessi ai clienti rispetto alla remunerazione offerta sui depositi.

Tuttavia, i risultati positivi non derivano soltanto da questa dinamica. Si è registrata anche una crescita delle commissioni nette, prevalentemente dalla gestione patrimoniale. Queste componenti hanno contribuito alla situazione attuale, in cui le banche, grazie ai consistenti profitti accumulati (assimilabili, nella metafora del Risiko, a territori conquistati o carte bonus), dispongono di significativa liquidità (o “armate”). Il passo successivo, in entrambi gli scenari, è l’investimento di queste risorse per l’espansione.

Il risiko bancario

La metafora del risiko bancario è particolarmente calzante poiché, in questo periodo, il settore è sempre più simile ad una arena competitiva. Tuttavia, a differenza del gioco da tavolo, la spinta al consolidamento tra banche è alimentata da una serie di motivazioni strategiche fondamentali per la loro crescita e stabilità. Ecco le principali:

  1. Ricerca di economie di scala: l’obiettivo primario è unificare le strutture operative, ottimizzare i costi attraverso la razionalizzazione dei processi interni e l’integrazione delle piattaforme tecnologiche.
  2. Diversificazione geografica e di prodotto: espandere la presenza territoriale e ampliare la gamma di servizi offerti permette alle banche di ridurre i rischi legati alla concentrazione su specifici mercati o segmenti di clientela, e al contempo di aumentare le opportunità di cross-selling e, di conseguenza, i ricavi.
  3. Aumento della competitività: banche di maggiori dimensioni dispongono generalmente di un maggior potere negoziale e di una capacità superiore di investire in nuove tecnologie, nello sviluppo delle risorse umane e in iniziative di marketing, rafforzando così la loro posizione sul mercato.
  4. Risposta strategica alle sfide del settore: le operazioni di M&A sono viste come una risposta all’accelerazione della digitalizzazione, alla necessità di conformarsi a una regolamentazione sempre più stringente (ad esempio in materia di requisiti patrimoniali e di liquidità) e all’urgenza di affrontare tematiche trasversali come la sostenibilità ambientale e sociale.
  5. Pressione degli azionisti: un fattore rilevante è la costante pressione esercitata dagli azionisti per massimizzare il valore delle azioni e dei dividendi, e per attrarre nuovi investitori.

Il risiko bancario: i casi più emblematici

Il panorama italiano ha già assistito a casi emblematici di M&A che hanno ridisegnato la mappa del credito. L’operazione Intesa Sanpaolo / UBI Banca, finalizzata nel 2021, è considerata un punto di svolta che ha effettivamente dato il via alla più recente ondata di “risiko bancario”. Questa fusione ha consolidato la leadership di Intesa Sanpaolo e ha agito da catalizzatore per ulteriori aggregazioni.

Un altro esempio significativo è stata l’acquisizione del Credito Valtellinese (CreVal) da parte di Crédit Agricole Italia (2020-2021), che testimonia l’interesse di gruppi esteri a rafforzare la propria presenza in aree strategiche del paese. Anche BPER Banca si è dimostrata un attore attivo, con l’acquisizione di Banca Carige (2022) e le ricorrenti discussioni su una potenziale integrazione con la Banca Popolare di Sondrio.

Sullo sfondo, rimangono le ipotesi che coinvolgono i principali player: si è molto discusso di un interesse di UniCredit per incrementare la sua quota nella tedesca Commerzbank, così come di passate interlocuzioni per un’aggregazione tra la stessa UniCredit e Banco BPM. Quest’ultima è attualmente impegnata nel tentativo di concludere l’offerta pubblica d’acquisto su Anima SGR, che è contemporaneamente oggetto di interesse da parte di Unicredit con un’offerta superiore ai 10 miliardi di euro. Nel frattempo, Unipol, dopo l’esclusione dall’ultima vendita di quote pubbliche di Monte dei Paschi di Siena, sembra mirare a favorire un’integrazione tra Bper e Popolare di Sondrio, di cui detiene una quota rilevante.

Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS) continua a essere un elemento centrale nelle dinamiche di M&A, con il governo italiano alla ricerca di soluzioni di mercato per la sua definitiva stabilizzazione e privatizzazione; in questo contesto, si è nuovamente ipotizzato un possibile coinvolgimento di UniCredit.

Quali saranno i prossimi sviluppi?

Quali saranno gli esiti di questa fase del risiko bancario? È complesso fornire una risposta univoca, anche perché, non verrà incoronato un vincitore assoluto e definitivo. Il risiko bancario – e questa è una notevole differenza rispetto alle dinamiche del gioco da tavolo – è un processo continuo, che si adatta alle mutevoli stagioni dell’economia e della finanza.

Il periodo attuale è certamente cruciale. Con i tassi d’interesse in discesa, i margini di guadagno eccezionali registrati dalle banche negli ultimi anni potrebbero subire una normalizzazione. Questo scenario, naturalmente, spinge gli istituti di credito a rimescolare le carte e a studiare nuove strategie per mantenere la redditività e rafforzare la propria posizione competitiva.

Vedremo quindi, con ogni probabilità, ulteriori operazioni di consolidamento. I grandi gruppi bancari potrebbero puntare a irrobustirsi ulteriormente per competere efficacemente su scala globale, mentre gli altri istituti lavoreranno per non restare indietro, magari attraverso alleanze strategiche o fusioni mirate a creare campioni nazionali o specializzati.

E per i clienti e il sistema economico nel suo complesso? Le argomentazioni a favore di queste operazioni evidenziano spesso i benefici attesi in termini di maggiore stabilità, efficienza e capacità di investimento. Sarà importante osservare se a queste grandi manovre corrisponderanno poi benefici tangibili in termini di effettiva concorrenza, qualità dei servizi offerti e supporto all’economia reale. La partita del risiko bancario, insomma, è ancora in pieno svolgimento e le sue prossime mosse continueranno a disegnare il futuro del settore creditizio.

Cos’è la BCE e di cosa si occupa?

Cos’è la BCE: significato, sede, presidente e importanza della Banca Centrale Europea?

Che cos’è la BCE? Di cosa si occupa e qual è la sua struttura?

Che cos’è la BCE e qual è il suo significato? La sigla sta per “Banca Centrale Europea”, ovvero la principale istituzione monetaria dell’Eurozona fondata nel 1998 per garantire la stabilità dei prezzi e una crescita economica sostenibile. La sua sede si trova a Francoforte, e in questo periodo è stata ancor più al centro dell’attenzione per via della decisione comunicata dalla presidente di aumentare nuovamente i tassi di interesse, una politica monetaria utile a contrastare l’inflazione. Scopri che cos’è la BCE e tutti gli aspetti che la riguardano, dal presidente dell’Istituto ai suoi compiti e alla sua struttura.

Che cos’è la BCE?

La BCE è la Banca Centrale dell’Unione Monetaria Europea (UME) composta da tutti gli Stati che hanno adottato l’euro come valuta comune. Ma quali sono i compiti della Banca Centrale Europea? Questa istituzione innanzitutto è responsabile della gestione delle politiche monetarie dell’area, al fine di mantenere i prezzi stabili, promuovere la crescita economica e l’occupazione. La BCE si occupa di emettere e gestire la circolazione dell’euro, la valuta comune dell’UME. Quindi se ti chiedevi “chi stampa gli euro per l’Italia e gli altri paesi dell’unione Europea?” Ora hai la risposta. Ecco dunque cos’è la BCE.

Essa ha anche il compito di controllare le banche dell’eurozona, attraverso il meccanismo di supervisione unico (SSM), un sistema di sorveglianza creato per garantire la stabilità del sistema bancario europeo, prevenire le bolle speculative e ridurre il rischio di crisi finanziarie. Per questo motivo è importante che sia imparziale, indipendente e autonoma; la Banca Centrale Europea deve favorire l’interesse generale e non quello di una particolare nazione o gruppo di interesse. 

Infine la BCE si occupa di rappresentare l’Eurozona in diverse sedi internazionali, come i summit del G20 o nelle riunioni del Fondo Monetario Internazionale e collabora con le banche centrali dei paesi del mondo per promuovere la stabilità finanziaria a livello globale.

Le politiche monetarie della BCE

Quando si risponde alla domanda “che cos’è la BCE”, è necessario citare anche gli strumenti che questa istituzione utilizza per adempiere ai suoi compiti riguardanti le politiche monetarie. Quelle più popolari e conosciute riguardano l’innalzamento o l’abbassamento dei tassi di interesse che hanno delle conseguenze sulle banche e i cittadini dell’Eurozona

La BCE però utilizza anche altri strumenti per influenzare l’offerta di denaro, ad esempio le operazioni di mercato aperto. Queste sono prevalentemente l’acquisto e la vendita di titoli di stato dei paesi europei, attraverso i quali la Banca Centrale Europea regola la quantità di moneta in circolazione. Una di queste è, ad esempio, il quantitative easing. Un tipo di politica monetaria che prevede l’acquisto di titoli di Stato che la BCE ha attuato in più occasioni negli ultimi anni.

La struttura della BCE

Ora che sai cos’è la BCE, vediamo come è composta. La Banca Centrale Europea è formata da tre organi principali: il Consiglio dei governatori, il Comitato esecutivo e il Consiglio generale.

  • Il Consiglio direttivo è formato dai presidenti delle banche centrali nazionali dei paesi della zona euro, nel caso dell’Italia Fabio Panetta, e dai membri del Comitato esecutivo. Esso è responsabile di stabilire la politica monetaria della zona euro e di decidere sui tassi di interesse e sulle operazioni di mercato aperto;
  • Il Comitato esecutivo è composto dal presidente e dal vicepresidente della BCE, attualmente Christine Lagarde e Luis de Guindos e da altri quattro membri nominati dal Consiglio europeo, con il consenso del Parlamento europeo. Il Comitato esecutivo è responsabile dell’attuazione delle politiche monetarie della BCE;
  • Il Consiglio generale riunisce i presidenti e i vicepresidenti delle banche centrali nazionali dell’Eurozona, inclusi quelli dei paesi che non hanno ancora adottato l’euro. Esso è responsabile di assistere il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo nella gestione della BCE e di svolgere altre funzioni consultive e di coordinamento.

Il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea in genere si riunisce otto volte all’anno: qui puoi consultare il Calendario completo degli appuntamenti per il 2025.

Sapere cos’è la BCE e conoscerne il funzionamento è molto importante. Le decisioni che questa istituzione prende, in particolare scegliendo quale politica monetaria attuare, influenzano l’economia europea, i mercati finanziari ma anche la quotidianità di tutti i cittadini dell’Eurozona.

Come creare immagini con l’intelligenza artificiale

Creare immagini con l'intelligenza artificiale

Come creare immagini con l’intelligenza artificiale, a che punto siamo? Scopri tutti i passaggi in questa guida completa

Se hai visto anche tu le immagini create dall’intelligenza artificiale – e se non le hai viste chi chiediamo dove vivi – il tuo crevello si sara avventurato in un ragionamento tipo questo. C’era un tempo, non così lontano, in cui per creare un’immagine servivano matite, pennelli, macchine fotografiche o, per i più moderni, tavolette grafiche e ore di certosina pazienza. Poi, quasi dal nulla è esplosa l’intelligenza artificiale generativa. Improvvisamente, i nostri feed social, le presentazioni aziendali e persino le chat di gruppo si sono riempite di immagini sognanti, iperrealistiche e bizzarre, tutte partorite da un algoritmo. “Vuoi un gatto astronauta in stile Van Gogh che mangia un gelato su Marte? Dammi due minuti.”

Questa nuova frontiera della creatività digitale ha scatenato un misto tra meraviglia e apprensione. Da un lato, la promessa di democratizzare l’arte, di dare a chiunque il potere di visualizzare l’impossibile; dall’altro, il timore di un futuro dove gli artisti veri, quelli in carne e ossa, finiscono per chiedere l’elemosina ai robot. Ma prima di farci prendere dal panico o dall’euforia, cerchiamo di capire come fa l’intelligenza artificiale a creare immagini.

Creare immagini con l’intelligenza artificiale: cosa c’è dietro questa magia?

Dietro l’apparente stregoneria di un’immagine che nasce da una semplice frase, c’è un concentrato di tecnologia che fino a pochi anni fa era roba da film di fantascienza. Parliamo di machine learning e reti neurali, ovvero software che cercano di imitare il funzionamento del cervello umano. Questi sistemi vengono “addestrati” su database sterminati contenenti miliardi di immagini esistenti, ciascuna accompagnata da una descrizione testuale.

I modelli più in voga oggi, come quelli basati sulle architetture “Diffusion” (tipo Stable Diffusion, DALL-E 3, Midjourney), imparano ad associare le parole ai concetti visivi. In pratica, partono da un “rumore” digitale, una specie di nebbia indistinta, e, guidati dal nostro input testuale (il famoso “prompt”), iniziano a “scolpire” questo rumore, un passettino alla volta, fino a far emergere l’immagine richiesta. Immaginate uno scultore che da un blocco di marmo informe tira fuori una statua, solo che il marmo è digitale e lo scalpello è un algoritmo che ha visto più opere d’arte di qualsiasi critico vivente. Il risultato? A volte un capolavoro, altre volte qualcosa che sembra uscito da un incubo di Dalì dopo una cena pesante.

Come generare immagini con l’AI: istruzioni per l’uso

Se pensate che basti scrivere “gatto” per fare creare all’intelligenza artificiale l’immagine di un felino che fa le fusa dallo schermo, rimarrete delusi. L’arte di dialogare con queste IA, nota con il termine anglofono un po’ pretenzioso di prompt engineering, è una disciplina sottile, a metà tra la poesia e la programmazione.

Bisogna essere specifici, quasi pedanti. Volete un “cane”? Bene, ma di che razza? Cosa sta facendo? Dove si trova? Con che luce? In che stile pittorico? “Un golden retriever cucciolo che dorme beatamente su una poltrona di velluto rosso, illuminato da una luce calda pomeridiana, stile dipinto a olio rinascimentale”. Ecco, così iniziamo a ragionare. 

Poi ci sono i negative prompts, ovvero le istruzioni su cosa NON fare: “niente doppie code, per favore”, “evita quell’effetto plasticoso”, “ti scongiuro, non più di cinque dita per mano!”. Il processo è iterativo: si genera, si osserva il risultato, si affina il prompt, si rigenera, e così via, in un loop che può portare all’immagine perfetta o a decidere che, forse, era meglio un disegno fatto a mano. All’inizio, è facile ottenere abomini digitali: quel “gatto su una bicicletta” potrebbe trasformarsi in un groviglio lovecraftiano di pelliccia e metallo a pedali. Ma con un po’ di pratica (e molta pazienza), si può iniziare a domare la bestia algoritmica e iniziare a creare immagini con l’intelligenza artificiale (AI) di qualità.

 Luci e ombre: i pro e i contro delle immagini generate dall’AI

Come ogni tecnologia che si rispetti, anche l’AI generativa di immagini porta con sé un bel bagaglio di opportunità e qualche scheletro nell’armadio. Ecco un breve riassunto di quelli che, almeno secondo noi, sono i pro e i contro di questa svolta tecnologica.

I pro:

  • Democratizzazione della creatività: chiunque, anche chi disegna come un bambino di tre anni, può dare forma visiva alle proprie idee. Serve un logo al volo? Un’illustrazione per un post? Un’ispirazione per un tatuaggio? Chiedi e (forse) ti sarà dato;
  • Velocità ed efficienza: per designer, creativi e marketer, è uno strumento pazzesco per il brainstorming, per creare moodboard, concept art, prototipi rapidi. Ore di lavoro condensate in pochi minuti;
  • Nuovi orizzonti estetici: l’IA può mescolare stili, inventare prospettive, creare immagini che un umano potrebbe non concepire, aprendo a forme d’arte inedite;
  • Divertimento puro: ammettiamolo, richiedere all’IA di disegnare robe assurde è spesso spassoso;

I contro:

  • L’incubo delle sei dita (e altre amenità): la famigerata “uncanny valley” è sempre in agguato. Mani con troppe o troppo poche dita, volti che si sciolgono come cera, prospettive da mal di mare, oggetti che sfidano le leggi della fisica. A volte, i risultati sono talmente surreali da diventare essi stessi una forma d’arte involontaria.
  • La fiera del generico: con la facilità d’uso, il rischio è una marea montante di immagini esteticamente piacevoli ma prive di anima, tutte un po’ uguali, un po’ “effetto Midjourney”. Il mondo è ora invaso da gattini cyberpunk con un numero variabile (ma quasi mai corretto) di zampe.
  • La crisi dell’originalità: se tutti usano gli stessi strumenti e magari anche prompt simili, non rischiamo un appiattimento stilistico?
  • Ma è arte questa?: il dibattito è aperto e infuocato. Se l’opera la “fa” una macchina, è ancora arte? Chi è l’artista? Colui che scrive il prompt, o l’algoritmo? Mio cugino, che fino a ieri faceva solo meme di dubbia qualità, ora si definisce “un prompt artist internazionale”, con tanto di portfolio su LinkedIn.

E dal punto di vista filosofico?

E qui la faccenda si fa seria, perché le implicazioni vanno ben oltre il numero di dita. Il primo problema, già da tempo centrale all’interno del dibattito sull’intelligenza artificiale, non solo quando viene utilizzata per creare immagini è connesso al Copyright e alla domanda: di chi è l’immagine generata? Dell’utente che ha scritto il prompt? Della società che ha creato l’IA? O è un’opera derivata dalle miriadi di immagini usate per l’addestramento, molte delle quali magari protette da copyright? Al momento, è un Far West legale. E che dire del prompting “nello stile di [artista famoso vivente]”? È omaggio o furto?

C’è poi il tema connesso al lavoro. L’intelligenza artificiale distruggerà il mercato di illustratori, fotografi, grafici o lo renderà soltanto più produttivo. A noi piace essere ottimisti è immaginare un mondo dove l’IA è un potentissimo “assistente creativo”, che libera gli esseri umani dalle task superficiali e ci permette di concentrarci sui compiti di maggior valore.

Chiudiamo con i due principali dilemmi etici. Il primo è spaventoso e riguarda la facilità con cui si possono creare immagini con l’intelligenza false ma realistiche. Foto di eventi mai accaduti, volti di persone appiccicati su corpi di altre. Le implicazioni per quanto riguarda il tema della disinformazione, della manipolazione dell’opinione pubblica e della fiducia nelle fonti sono enormi. Distinguere il vero dal verosimile diventerà sempre più un’impresa.

Infine va ribadito che le IA sono addestrate su dati creati dagli esseri umani. Se questi dati contengono pregiudizi (di genere, etnici, culturali), l’IA li imparerà e li replicherà, magari creando immagini stereotipate o escludendo determinate rappresentazioni. L’algoritmo, insomma, può essere razzista o sessista tanto quanto le società che lo hanno nutrito.

Insomma, la possibilità creare immagini con l’intelligenza artificiale è sicuramente rivoluzionaria, tanto quanto l’invenzione della fotografia o del fotoritocco digitale. Come ci stiamo accorgendo sempre di più l’AI è uno strumento incredibilmente potente, capace di democratizzare la creatività, di accelerare i processi produttivi, ma anche di sollevare interrogativi profondi sulla natura dell’arte, sul lavoro e sulla verità stessa. Come ogni strumento, il suo impatto – benefico o malefico – dipenderà da come sceglieremo di usarlo, di regolarlo e di integrarlo nelle nostre vite. Non è né un demone da esorcizzare né una bacchetta magica che risolverà ogni problema. È, più prosaicamente, un nuovo, potentissimo set di pastelli digitali a disposizione dell’umanità. Preparatevi a un futuro dove, per capire se la foto delle vacanze del vostro amico è reale o “promptata”, servirà un occhio allenato, un secondo caffè e, forse, una laurea honoris causa in filosofia della percezione. Il bello (e il brutto) è appena cominciato.

Gli oggetti di uso comune più costosi al mondo

Quali sono le cose più costose al mondo?

Qual è la macchina più costosa al mondo? E l’orologio o la carta Pokémon più rara? Scopri gli oggetti più cari in assoluto e cosa li rende unici

Ci sono oggetti così rari, esclusivi e fuori scala da sembrare parte di un universo parallelo. E invece esistono davvero. In questo articolo esploreremo gli oggetti più costosi del mondo: auto, orologi, scarpe, carte da gioco e persino profumi da milioni di euro.

Preparati a scoprire quanto può costare il lusso estremo e ha chiederti, tra te e te, “ma come è possibile?!”

La macchina più costosa al mondo

Tra le auto più costose del mondo attualmente in produzione la protagonista è senza dubbio la Rolls-Royce Boat Tail, una macchina brevettata da BMW (che controlla il marchio Rolls-Royce), nonché una fuoriserie di cui sono previsti solo 3 esemplari.

La sua progettazione è frutto del lavoro della divisione Rolls-Royce dedicata alla realizzazione di serie speciali e su misura ed è ispirata agli yacht degli anni ’20 e ’30. Condivide parte del telaio e un motore 6.7 V12 con la Phantom VIII, ma ha una carrozzeria cabriolet e ben 1813 componenti unici rispetto al modello più classico.

Presentata nel 2021, questa vettura include elementi insoliti per un automobile: una tenda parasole automatica, tavolini da cocktail, stoviglie Christofle, due frigoriferi contenenti alcune bottiglie di champagne Armand de Brignac. Tutto bellissimo, ma il prezzo? Oltre 28 milioni di dollari.

Se invece vi state chiedendo qual è la macchina più costosa mai venduta, la risposta è: la Mercedes-Benz 300 SLR Uhlenhaut Coupé, acquistata tramite un’asta che ha avuto luogo nel 2022, per 143 milioni di dollari

L’orologio più costoso al mondo

L’orologio più prezioso al mondo è il Graff Diamonds Hallucination, valutato 55 milioni di dollari. Il suo valore risiede prevalentemente nei diamanti colorati incastonati all’interno del bracciale di platino. Ci sono diamanti gialli, rosa, blu, verdi e arancioni, tagliati in forme diverse, per esempio a cuore, marquise, smeraldo e rotondo.

Il quadrante? Minuscolo, al quarzo, incorniciato da diamanti rosa. Un orologio che assomiglia più ad una scultura.

Le scarpe più costose al mondo

Il prezzo delle The Moon Star Shoes, firmate dal designer italiano Antonio Vietri, si aggira intorno ai 20 milioni di dollari. Sono sandali realizzati in oro e diamanti, e contengono un frammento di meteorite trovato in Argentina nel 1546.

Il tacco è un omaggio al Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. L’unione tra design, scultura e astronomia le rende una delle calzature più folli mai create.

La carta Pokémon più costosa al mondo

È considerata il “Santo Graal” del collezionismo Pokémon. La Pikachu Illustrator del 1998 è la carta Pokémon più costosa al mondo, venduta per oltre 6 milioni di dollari. Ne esistono meno di 20, distribuite come premio di un concorso artistico.

Il vino più costoso del mondo

Il primato va al Screaming Eagle Cabernet Sauvignon 1992, venduto per 500.000 dollari. È un vino californiano, prodotto in pochissime bottiglie e molto amato dai collezionisti americani.

Altre etichette leggendarie includono Château Margaux 1787 e Romanée-Conti, ma la rarità e il contesto dell’asta hanno fatto lievitare il prezzo dello Screaming Eagle.

Il caffé più costoso al mondo

Il Black Ivory Coffee è il caffè più costoso al mondo, venduto a oltre 2.000 euro al chilo. Viene prodotto in Thailandia, dove i chicchi vengono ingeriti dagli elefanti e poi recuperati, puliti e tostati.

Questo metodo fermenta il caffè in modo naturale, rendendolo meno acido e più morbido. È servito solo in alcuni hotel di lusso nel Sud-Est asiatico.

Il profumo più costoso al mondo

Il titolo spetta a Shumukh, profumo creato a Dubai con un valore di 1,29 milioni di dollari. Il flacone è alto 2 metri, decorato con oro, diamanti, perle e vetro di Murano. È un’opera d’arte tanto quanto una fragranza.

Questi oggetti non sono solo costosi: rappresentano un mix di rarità, design estremo e valore simbolico. Dalle carte da gioco alle automobili, il loro prezzo è giustificato da ciò che evocano: unicità, desiderio e status.

Le probabilità di avere successo con le scommesse sportive

Scommesse sportive: le probabilità di avere successo

Tutto sulle scommesse sportive: uno degli hobby più popolari nel nostro paese. Qual è il loro valore atteso?

Le emozioni che la Champions League, la Serie A, la Premier League, i Mondiali e gli Europei di calcio sanno regalare sono uniche, un collante sociale e culturale per milioni di italiani. Per molti tifosi, l’abitudine domenicale di “piazzare qualche euro” sulla propria squadra del cuore, o su un risultato particolarmente atteso, è diventata quasi un rito, un modo per sentirsi ancora più coinvolti nell’evento sportivo. Questa pratica, alimentata dalla passione e dal desiderio di aggiungere un brivido in più alla partita, è una sorta di estensione naturale del tifo.

Tuttavia, proprio questa commistione tra fede calcistica e gestione delle proprie finanze personali solleva un interrogativo cruciale, un dubbio che si insinua nella mente di ogni tifoso che gioca qualche “bolla” ogni tanto: questo “gioco”, per quanto piacevoli, le scommesse sportive possono essere sostenibili o addirittura vantaggiose dal punto di vista economico nel lungo periodo? Mescolare tifo e denaro è davvero un’abitudine innocua o, come suggerisce il buon senso, un “gioco pericoloso”?

Il mercato italiano delle scommesse sportive

In Italia, dire che il mercato delle scommesse sportive è grande sarebbe un eufemismo. È un vero e proprio colosso, specialmente quando si parla del nostro amato pallone. Gli ultimi dati disponibili (per il 2022 e il 2023, visto che le statistiche viaggiano più lente di un contropiede di Mertesacker ai tempi d’oro) ci raccontano di una crescita che definire esponenziale è quasi riduttivo, soprattutto per la comodità dell’online. Chi non ha mai sognato di trasformare la propria “competenza” da divano in moneta sonante?

Come per i Gratta e Vinci, dove la frase “ma sì, proviamo, non si sa mai” è un mantra nazionale, anche per le scommesse sportive vale l’assunto che quasi tutti, almeno una volta, ci hanno provato. Nel 2022, la raccolta ha superato i 73 miliardi di euro, saliti a ben 82 miliardi nel 2023. Cifre da capogiro, alimentate dal fascino discreto del click online, che permette anche al più timido degli aspiranti “guru” di piazzare la sua giocata senza dover affrontare lo sguardo sornione del ricevitore.

Scommesse calcistiche: come funzionano le quote?

Entriamo ora nel tempio della conoscenza, o almeno, cerchiamo di capire come funziona quel numerino magico che decide le sorti di uno scommettitore: la quota. Nel mondo delle scommesse, la quota è l’inverso della probabilità percepita dal bookmaker che un evento si verifichi, moltiplicata per il nostro sudato importo scommesso per calcolare la potenziale vincita. Più un evento è probabile (Real Madrid in casa contro la Primavera del Pizzighettone), più la quota sarà bassa, rasentando quel teorico “1” che nessuno si filerebbe, perché rischiare per riavere indietro solo la posta non ha alcun senso.

In un mondo ideale, un universo parallelo dove i bookmaker sono enti di beneficenza e non aziende con bilanci da far quadrare, le quote sarebbero “eque”. Un 50% di probabilità? Quota 2.00, semplice e pulito. Ma qui, ahinoi, casca l’asino. I bookmaker, infatti, devono pur campare e, possibilmente, prosperare. Per farlo, inseriscono nelle quote un margine, l’elegante “aggio” o “allibramento”. È come se a ogni puntata, una piccola (ma costante) fetta della torta fosse già destinata a loro, prima ancora che l’arbitro fischi l’inizio.

Se la probabilità implicita calcolata sommando l’inverso di tutte le quote su un evento supera il 100%, quella percentuale extra è il loro guadagno garantito, spalmato su tutte le puntate. Questo significa che, anche se siete convinti di aver scovato la “quota d’oro”, state comunque giocando a un tavolo dove il banco ha un vantaggio matematico.

Un gioco a somma negativa?

Al di là della magia delle quote, c’è una cruda realtà finanziaria: le scommesse sportive, per loro natura,sono un gioco a somma negativa. Immaginate un grande calderone dove tutti gli scommettitori, dal “professionista” con tre monitor accesi al novellino che gioca due euro sul marcatore, versano le loro puntate. Da questo calderone, il bookmaker preleva la sua parte (l’aggio di cui sopra, il suo o compenso per il disturbo di offrirci l’illusione della ricchezza), lo Stato la sua (le tasse), e ciò che resta viene distribuito ai fortunati (e spesso inconsapevoli) vincitori. È matematica elementare: il totale restituito è sempre inferiore al totale giocato.

Certo, la Dea Bendata a volte ci vede benissimo e può regalare la gioia di andare “in cassa” con una somma inaspettata. Quella volta che avete preso il pareggio al 93esimo con gol del portiere, ve la ricorderete per anni. Ma la legge dei grandi numeri è una vecchia signora inflessibile: più giocate, più i vostri risultati tenderanno a convergere verso quel valore atteso negativo. Le storie di vincite mirabolanti, quelle da “cambio vita”, sono l’equivalente calcistico del “tiro della domenica” da centrocampo: bellissime da vedere, ma accadono una volta ogni morte di Papa (per collegarci con l’attualità). Per ogni eroe da copertina, ci sono migliaia di onesti lavoratori del clic che, settimana dopo settimana, contribuiscono al fatturato degli operatori, sperando nel colpo che li trasformi da “scommettitori della domenica” a “esperti di settore”

I bias delle scommesse sportive: perché continuiamo a cascarci?

Se la matematica è così chiaramente avversa, perché le sale scommesse (virtuali e non) pullulano di aspiranti veggenti? Qui entra in gioco la finanza comportamentale, che ci spiega come il nostro cervello, soprattutto quando c’è di mezzo il tifo, prenda delle cantonate memorabili.

  • Eccesso di confidenza (overconfidence bias): il “Mister” che è in noi. Dopo due pronostici azzeccati di fila, ci sentiamo pronti per dare lezioni a Guardiola. Sovrastimiamo la nostra abilità di leggere le partite, ignorando che un rimpallo sfortunato può mandare all’aria l’analisi più “scientifica”.
  • Bias di conferma (confirmation bias): cerchiamo solo le notizie che confermano la nostra “geniale” intuizione. La squadra del cuore gioca? L’attaccante ha un leggero raffreddore? “Ma no, è solo pretattica, vedrai che segna una tripletta!”. Le statistiche avverse? “Sono solo numeri, il calcio è un’altra cosa”.
  • Illusione del controllo: passare ore a studiare formazioni, stati di forma, precedenti, condizioni meteo e l’oroscopo dell’allenatore ci dà l’illusione di poter controllare l’esito. Peccato che il risultato finale dipenda da ventidue persone che rincorrono un pallone, e da una miriade di variabili imponderabili.
  • Avversione miope alla perdita e la sindrome del “recupero”: dopo una serie di scommesse andate male, scatta il meccanismo del “ora mi rifaccio!”. Si aumenta la posta, si cercano quote più rischiose, magari puntando sull’ignoto campionato uzbeko. È un attimo arrivare al punto che quello che mangerai a cena dipenderà dal risultato della partita tra l’undicesima e la dodicesima classificata del terzo campionato olandese. Il risultato? Spesso un buco ancora più grande nel portafoglio.
  • Disponibilità euristica (la memoria selettiva): ricordiamo con un sorriso ebete quella volta che siamo andati “in cassa” con 300 euro due anni fa, ma abbiamo convenientemente sviluppato un’amnesia selettiva per tutte le “piccole” giocate da 5, 10, 20 euro perse nel frattempo. È come l’amico che racconta solo delle sue conquiste amorose, mai dei “due di picche”.
  • Scommettere col cuore: la trappola più dolce. Puntare sulla propria squadra “perché ci credo”, anche quando affronta il Barcellona di Messi, Iniesta e Xavi. La fede calcistica è un sentimento genuino, ma trasformare il conto in banca in un’estensione della sciarpa da stadio raramente porta a risultati finanziari esaltanti.

Questi meccanismi, uniti a un marketing che ci bombarda di vincitori sorridenti, creano un cocktail micidiale che rende difficile resistere al canto delle sirene della schedina.

L’alternativa intelligente: e se invece di “puntare”, “costruissimo”?

Se finora il quadro sembra a tinte fosche per il nostro eroe scommettitore, è perché abbiamo analizzato un gioco dove, per definizione, la maggioranza è destinata a cedere risorse a una minoranza (incluso il banco). Ma cosa succederebbe se, invece di cercare il colpo di fortuna, cercassimo di costruire valore nel tempo?

Quando si investe – in azioni, obbligazioni o criptovalute – si sta, in sostanza, partecipando all’economia reale.

Certo, il mondo degli investimenti non è il paese dei balocchi: ci sono rischi, volatilità, e i rendimenti passati non sono garanzia di quelli futuri (ripetetelo come un mantra). Ma la differenza fondamentale con la scommessa sta nel rendimento atteso. Mentre nelle scommesse è strutturalmente negativo, nei mercati finanziari, nel lungo periodo, la tendenza storica è stata quella di una crescita legata allo sviluppo economico globale. Si tratta di mettere il proprio denaro “al lavoro” in attività produttive, non di lanciarlo in un’arena dove l’esito è un terno al lotto truccato a favore del banco.

Inoltre, l’investimento gode di un alleato potentissimo, sconosciuto al mondo delle scommesse: l’interesse composto. Quei rendimenti, se reinvestiti, generano a loro volta altri rendimenti, in un effetto valanga che, nel tempo, può fare miracoli. È la differenza tra sperare in un lampo di genio estemporaneo e costruire, mattone dopo mattone, un edificio solido.

Da una schedina ad un piano d’accumulo è un attimo

Torniamo al nostro tifoso. La passione è sacra, il brivido della partita insostituibile. Ma se l’obiettivo è migliorare la propria situazione finanziaria, forse è il caso di riconsiderare dove finiscono quei “pochi euro” della domenica. La “vera vittoria” non è indovinare l’under 2.5 di una partita del campionato bielorusso, ma raggiungere una serenità finanziaria che permetta di vivere meglio, realizzare progetti, e magari, perché no, godersi lo stadio senza l’ansia della “bolla” che deve entrare per forza. Questo si ottiene con:

  1. Consapevolezza: capire che scommettere è un costo per un intrattenimento, non una strategia finanziaria.
  2. Pianificazione: avere chiari i propri obiettivi di vita e come il denaro può aiutare a raggiungerli.
  3. Disciplina: mettere da parte con costanza, anche piccole somme. Quante schedine “andate male” possono magicamente trasformarsi in un piccolo – a volte anche grande – piano di accumulo?
  4. Pazienza: l’erba del vicino – che ha appena vinto la schedina – sembra sempre più verde, ma la crescita finanziaria solida è una maratona, non uno sprint.

Immaginate se solo una parte di quei 82 miliardi di euro giocati in un anno in Italia venisse indirizzata verso forme di risparmio e investimento produttivo. Forse avremmo meno storie da bar su “quella volta che quasi…”, ma certamente più famiglie con un futuro finanziario più sereno.

La fede calcistica è una cosa meravigliosa. Le emozioni che ci regala sono impagabili. Le scommesse sportive invece, con il loro fascino da “scorciatoia per la felicità”, sono un labirinto dove è facile perdersi. L’alternativa c’è, ed è meno adrenalinica ma decisamente più costruttiva. L’investimento, inteso come partecipazione consapevole all’economia, offre una prospettiva di crescita nel lungo periodo. Non promette miracoli, ma si basa su fondamenta più solide della speranza che il centravanti avversario inciampi sul dischetto al 90esimo.

La scelta finale spetta sempre al singolo tifoso. Continuare a “piazzare qualche euro” sperando nella botta di fortuna, o iniziare a costruire, con pazienza e intelligenza, un percorso verso una maggiore libertà finanziaria? Se vuoi optare sulla seconda fai “un salto” su Young Platform. Oggi il più grande exchange al 100% italiano, domani l’unica piattaforma finanziaria di cui avrai bisogno.

Ethereum: + 22% in meno di 24 ore, cosa sta succedendo?

Il valore di Ethereum

Il valore di Ethereum e Bitcoin è in crescita. Tutto quello che devi sapere tra la “distensione” geopolitica e gli importanti dati on-chain

Si sa, l’incertezza non piace ai mercati e, se li seguite assiduamente, ve ne sarete accorti: da febbraio a metà aprile di quest’anno, molti asset sembravano destinati a un lungo letargo. È, però, forse il momento di tornare ottimisti, perché da qualche settimana, e in particolare negli ultimi giorni, qualcosa sembra essere cambiato. Oggi ci concentriamo sul mercato crypto, cercando di comprendere cosa stia alimentando l’ultimo rally – soprattutto per quanto riguarda il valore di Ethereum – che per alcuni ha un intenso profumo di bull market.

Bitcoin, da inizio aprile, ha registrato un incremento di circa il 40%, mentre Ethereum ha stupito con un +71% nello stesso periodo, di cui un notevole +35% solo da questo lunedì. Anche diverse altcoin sembrano pronte a tornare sulla cresta dell’onda: SUI, per esempio, ha messo a segno un impressionante +132% dal suo minimo del 7 aprile, TAO un +163% e Solana un +76%. Potremmo continuare con l’elenco, ma è più utile, a nostro avviso, concentrarci sulle cause di questo recente pump e sulle possibili conseguenze. Questo articolo cercherà di rispondere a due domande chiave: il bull market è davvero ripartito? Perché sta accadendo proprio ora?

Rally crypto tra geopolitica e adozione istituzionale

Non solo il valore di Ethereum e delle principali crypto è esploso a rialzo. Anche i mercati tradizionali hanno mostrato segnali di vitalità. Prendendo come riferimento il punto di minimo generale del 7 aprile, l’S&P 500 ha registrato un +17% e il NASDAQ un +22%. Cosa è cambiato, dunque, dal punto di vista geopolitico ed economico che permesso questo recupero?

Un primo fattore di rilievo riguarda le tensioni commerciali, in particolare tra Stati Uniti e Cina. Dopo settimane caratterizzate da un’escalation di dazi che faceva temere il peggio, si intravede uno spiraglio. Questo fine settimana è previsto un incontro cruciale a Ginevra tra Scott Bessent, il Segretario del Tesoro americano, e il vicepremier cinese He Lifeng. L’obiettivo degli USA sarebbe quello di ridurre i dazi sotto la soglia del 60%, con l’auspicio di una mossa analoga da parte di Pechino. Si parla di possibili implementazioni di tali tagli già dalla prossima settimana, in caso di progressi significativi. A rafforzare questo cauto ottimismo ci ha pensato il presidente USA, Donald Trump, che ha dichiarato giovedì che le tariffe “scenderanno”, e che si aspetta “un buon weekend con la Cina”. Anche il segretario al commercio, Howard Lutnick, ha ribadito che l’obiettivo è una de-escalation, intento che sembrerebbe condiviso dalla delegazione cinese.

Sempre sul fronte dei dazi, un altro segnale distensivo arriva dall’annuncio di un accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di definizione, questo patto dovrebbe portare alla rimozione della tariffa del 25% su acciaio e alluminio importati dal Regno Unito, imposta da Trump il 12 marzo su tutte le importazioni estere di questi metalli. Parallelamente, gli Stati Uniti aumenteranno le esportazioni di carne bovina ed etanolo verso il Regno Unito, con procedure doganali accelerate. Questo accordo è significativo non tanto per i volumi di scambio (il Regno Unito rappresenta circa il 3% del commercio USA), quanto per il messaggio che invia: la volontà di trovare intese può stemperare le tensioni e creare un precedente positivo, magari anche per i più complessi rapporti con la Cina.

Infine, notizie incoraggianti per il settore crypto arrivano direttamente dagli Stati Uniti. Lo stato del New Hampshire ha approvato una legge che gli permetterà di investire in criptovalute. Parallelamente, in Arizona, una nuova normativa consente allo stato di prendere possesso (e conservare) i Bitcoin “abbandonati” sugli exchange. L’aspetto più interessante è la decisione dello stato di non liquidare questi asset, ma di detenerli in un fondo specifico. Come ha commentato un veterano del settore: “Puoi acquistare Bitcoin mentre i governi comprano, o dopo che hanno comprato, ma l’opzione ‘prima’ sta scomparendo.” Un monito che sottolinea come l’adozione istituzionale sia rapida e inevitabile.

Compra Bitcoin!

Cosa sta succedendo on-chain? Il valore di Ethereum crescerà ancora?

Un primo dato significativo riguarda i volumi delle stablecoin, che ad aprile hanno toccato la cifra di 1,82 miliardi di dollari. Questo è un segnale di liquidità e interesse per il settore in generale; una ripartenza del mercato potrebbe vedere questa ingente somma di denaro confluire rapidamente verso Bitcoin, Ethereum e le principali altcoin.

Ethereum, in particolare, sta vivendo una settimana gloriosa, soprattutto dopo le sofferenze degli ultimi semi. Pectra, l’ultimo aggiornamento della rete, promette di facilitarne un mainstream della sua rete. Inoltre, la recente presentazione della “vision” futura, che include sviluppi legati all’intelligenza artificiale e ai social network decentralizzati, ha riacceso l’entusiasmo della community. Questo rinnovato interesse per la blockchain – e anche la crescita del valore di Ethereum – è confermato dall’aumento del costo delle gas fees (il GWEI), un indicatore chiave dell’attività sulla sua rete: dopo mesi di stabilità intorno a 0,34 GWEI, nelle ultime ore si sono registrate oscillazioni tra un minimo di 0,84 e un massimo di 21 GWEI.

Un altro trend che continua a consolidarsi è l’accumulo di Bitcoin da parte di aziende. Non si tratta solo di realtà del settore crypto, ma anche di società tradizionali il cui core business è lontano dalla finanza. Tra queste, MicroStrategy continua a incrementare la sua riserva (ora a 500.000 BTC), seguita da Tesla (11.500 BTC). Ma anche aziende più piccole e di settori diversi, come Semler Scientific (tecnologie mediche, con 3.600 BTC), KULR Technology (batterie al litio, 716 BTC) e Rumble (cloud e video streaming, 188 BTC), stanno decidendo di allocare parte della loro tesoreria in Bitcoin. Insomma, il recente slancio dei mercati crypto, sostenuto da una schiarita sul fronte delle tensioni commerciali globali e da una solida attività on-chain, ha riacceso l’entusiasmo. Sebbene sia presto per dichiarare con certezza l’inizio di un nuovo ciclo rialzista di lungo periodo, i segnali positivi sono innegabili. Il principale, come probabilmente avrai intuito, riguarda la crescita del valore di Ethereum e Bitcoin.


Come funziona l’Ethereum Foundation? Una panoramica sul nuovo assetto

Ethereum Foundation: come funziona?

Come funziona l’Ethereum Foundation? Cosa è cambiato dopo il recente annuncio di Vitalik Buterin e Aya Miyaguchi, la presidente dell’organizzazione?

Se sei particolarmente attento agli ultimi sviluppi del mondo crypto ti sarai accorto che la Ethereum Foundation si sta muovendo in modo diverso nelle ultime settimane. Ma che cos’è questa entità che vigila sull’operato degli sviluppatori? È un’organizzazione piuttosto complessa, impossibile da inquadrare al di sotto di una “forma di governo” canonica.

Tuttavia, gli ultimi sviluppi che la riguardano, e che ci aiuteranno a definirla nella sua forma attuale, sono racchiusi all’interno dell’ultimo articolo blog, in cui vengono riassunti la visione, i valori e gli obiettivi della nuova era che sta incominciando. Insomma è un periodo chiave per Ethereum, anche perché è appena stato attivato Pectra, un nuovo aggiornamento vitale per rendere la rete più veloce e user friendly.

La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione

L’ultimo articolo dell’Ethereum Foundation si apre così: “La forza di Ethereum risiede nella decentralizzazione, un aspetto che va al di là dell’accezione tecnica e tecnologica, ma che interessa anche (e forse soprattutto) l’aspetto sociale e strutturale.” Una dichiarazione di intenti attraverso cui ribadire la visione dell’organizzazione e i valori che la sostengono, nonché un modo per dare il benvenuto al nuovo team di gestione. Affrontiamo step by step i punti salienti del documento.

La visione: che cos’è l’Ethereum Foundation

Una metafora particolarmente efficace, utilizzata dalla stessa organizzazione per autodefinirsi, ci aiuta a comprendere l’essenza e il funzionamento dell’Ethereum Foundation: l’infinite gardenun ecosistema di progetti, comunità e infrastrutture costruito attorno a Ethereum, capace di prosperare in ambienti in rapida e costante evoluzione. In questo contesto, la blockchain della seconda criptovaluta più capitalizzata del mercato svolge il ruolo di un computer globale universalmente distribuito, una piattaforma aperta e permissionless che sta già diffondendo la sua idea di stabilità, libertà e collaborazione tecnologica a milioni di persone in tutto il mondo.

Ethereum è uno spazio prevalentemente virtuale ma, a volte, anche fisico; è un ambiente vivo e in continua evoluzione, dove i builders (i costruttori) possono coltivare idee e sostenersi a vicenda mentre realizzano gli strumenti destinati a ridefinire la finanza, la gestione dell’identità e altre fondamenta della nostra civiltà per i decenni a venire. Vi sembra un approccio eccessivamente filosofico? Forse, ma è probabile che sia l’unico modo per continuare a costruire prodotti così ambiziosi e distribuiti. In ogni caso, più avanti affronteremo anche alcune novità pratiche, all’apparenza molto entusiasmanti.

Il ruolo dell’Ethereum Foundation

Chiarita la visione che dovrebbe accomunare tutti i membri dell’Ethereum Foundation, è il momento di affrontare l’aspetto pratico della questione e rispondere alla domanda fondamentale: qual è il suo ruolo? Fin dalla sua nascita, Ethereum è sempre stato un sistema ibrido, non geometricamente definito. Dimenticate gli organigrammi rigidi tipici delle grandi aziende: il suo ecosistema è realmente decentralizzato e, quindi, per definizione, non possiede un centro nevralgico o un vertice – la metafora dell’infinite garden appare, in questo senso, ancora più calzante.

Così come la piattaforma stessa, l’Ethereum Foundation non ha confini definiti; i team che la compongono hanno l’obiettivo di espanderla attraverso innovazioni tecnologiche ed eventi educativi. Il suo ruolo principale è rafforzare costantemente quanto appena descritto, identificando le lacune, correggendo gli squilibri e sostenendo le iniziative, assicurandosi che nessuna entità domini sulle altre, compresa la stessa EF. 

Inoltre – come si legge nel comunicato – “l’Ethereum Foundation entra in gioco in modo strategico all’interno dei progetti dell’ecosistema per poi abbandonarli intenzionalmente quando questi possono camminare con le proprie gambe, adattando continuamente la sua attenzione alla maturazione di Ethereum e all’evoluzione dell’ambiente.

Un concetto cardine di questo processo è quello della purposeful subtraction – o sottrazione mirata. Questo principio implica che la Fondazione punta a creare le condizioni affinché altri soggetti possano assumersi la maggior parte delle responsabilità. Ciò si traduce in due dichiarazioni fondamentali:

  1. “Facciamo quello che gli altri non possono fare oggi.”
  2. “Aiutiamo gli altri a fare, domani, quello che solo noi possiamo fare oggi.”

Per “gli altri” la Ethereum Foundation intende i progetti, o gli individual contributors che orbitano attorno all’ecosistema Ethereum,

Cosa significa tutto questo nel concreto?

Siamo consapevoli che, finora, il discorso potrebbe apparire prevalentemente teorico. La stessa Ethereum Foundation ne è cosciente e ha fornito ai suoi lettori alcuni esempi pratici per illustrare concretamente il significato del suo ruolo e della sua visione, riprendendo le due dichiarazioni:

Cosa l’Ethereum Foundation fa che nessun altro potrebbe fare oggi?

  • Finanzia e mantiene le infrastrutture centrali di Ethereum;
  • Coordina gli aggiornamenti fondamentali (ad esempio, The Merge, Denun, Spectra), per i quali è essenziale una gestione neutrale, sia per le iniziative cruciali dei 12 mesi, sia per gli sforzi a lungo termine che definiranno il ruolo di Ethereum per il prossimo decennio;
  • Sostiene la ricerca e gli strumenti open-source che espandono le frontiere delle tecnologie a tutela della privacy;
  • Ospita incontri (come Devcon) che riuniscono diversi collaboratori a livello globale;
  • Gestirsce il sito ufficiale: ethereum.org.

Dove aiuta “gli altri” a crescere in ruoli che un tempo ricopriva?

  • Fornisce sovvenzioni ai progetti nelle fasi iniziali fino a quando non diventano autosufficienti;
  • Mette a disposizione contenuti educativi e strumenti per gli sviluppatori;
  • Aiuta a far emergere nuovi meccanismi di coordinamento e li indirizza verso una gestione indipendente (ad esempio, piloti MACI, Protocol Guild, finanziamenti retroattivi per i beni pubblici);
  • Sostiene la decentralizzazione e la leadership locale.

Gli obiettivi della Ethereum Foundation

Infine, l’articolo affronta il tema forse più atteso da chi osserva da fuori l’ecosistema: quali sono gli obiettivi futuri dell’Ethereum Foundation?
L’organizzazione ribadisce l’intenzione di proseguire con i progetti già avviati, ma introduce anche nuove direzioni che appaiono decisamente promettenti.

Tuttavia, anche in questa sezione, lo stile fluido e non-dogmatico dell’organizzazione non viene meno: viene infatti specificato che gli obiettivi non sono statici, ma si evolveranno insieme all’ecosistema e ai bisogni che emergeranno.
L’ambizione resta quella di individuare e colmare quelli che la Foundation chiama high leverage gaps: spazi ad alto potenziale, dove un piccolo intervento può generare un impatto significativo per l’intero ecosistema.

Da qui derivano i due macro-obiettivi che guideranno l’azione dell’Ethereum Foundation nel prossimo futuro.

  1. Espandere l’utilizzo di Ethereum, anche in modo indiretto

Il primo obiettivo è favorire una crescita costante dell’utilizzo della rete, non solo da parte degli sviluppatori, ma anche degli utenti finali, spesso inconsapevoli della tecnologia sottostante. Ecco alcuni ambiti chiave che l’organizzazione ha individuato per raggiungere questo traguardo:

  • Accesso ai digital asset: promuovere l’utilizzo di asset tokenizzati e strumenti DeFi per pagamenti, risparmio e creazione di ricchezza, soprattutto in contesti dove l’infrastruttura finanziaria tradizionale è fragile, costosa o soggetta a instabilità;
  • Organizzazioni native di Internet (DAO): sostenere la partecipazione a DAO con incentivi programmabili, che permettono nuove forme di governance, raccolta fondi e coordinamento rispetto ai modelli centralizzati tradizionali;
  • Social media decentralizzati: favorire la nascita e l’adozione di piattaforme social costruite su Ethereum, dove gli utenti mantengono il controllo sui loro contenuti e sulle relazioni, potendo cambiare interfaccia senza perdere il grafo sociale;
  • Intelligenza artificiale decentralizzata: supportare progetti che usano Ethereum per costruire modelli di IA condivisi, sicuri e verificabili, e per creare mercati economici in cui gli agenti e gli umani possano lavorare insieme;

2. Massimizzare la resilienza dell’infrastruttura tecnica e sociale

Il secondo obiettivo è garantire la solidità a lungo termine dell’ecosistema Ethereum, sotto tutti i punti di vista: tecnologico, umano e ideologico. La resilienza, secondo la Foundation, si manifesta in questi aspetti:

  • Autonomia dell’ecosistema: Ethereum deve poter prosperare anche senza il supporto diretto della Foundation o di qualsiasi altra singola entità;
  • Allineamento dei valori: mantenere saldi i principi fondanti, anche in presenza di interessi esterni che potrebbero portare fuori rotta;
  • Diversità del team: promuovere la crescita di team di sviluppo autonomi, in grado di operare indipendentemente;
  • Robustezza della rete: garantire vitalità, sicurezza e resistenza alla censura anche in caso di eventi critici;
  • Decentralizzazione: eliminare progressivamente ogni singolo punto di controllo o fallimento.

In definitiva, l’Ethereum Foundation si presenta oggi come un’entità in continua evoluzione, fedele alla sua metafora dell’infinite garden: curato da giardinieri che non impongono forme rigide, ma piuttosto coltivano, nutrono e proteggono un ecosistema affinché possa crescere spontaneamente e in modo decentralizzato. Le recenti comunicazioni e il nuovo assetto non fanno che rafforzare questa immagine, sottolineando un impegno verso la “sottrazione mirata” e il potenziamento della comunità globale.

Il futuro di Ethereum, con le sue ambizioni di trasformare la finanza, l’identità digitale e persino l‘intelligenza artificiale, dipenderà dalla capacità di questo giardino di prosperare, e il ruolo della Fondazione sarà cruciale nel garantire che le sue radici rimangano salde e la sua crescita rigogliosa, sempre al servizio di un ideale di apertura e accessibilità universale.


Pectra: il prossimo grande aggiornamento di Ethereum spiegato semplice

Pectra aggiornamento Ethereum: come funziona?

L’aggiornamento di Ethereum Pectra è in arrivo oggi. Ecco che cos’è, come funziona e che miglioramenti introduce.

L’aggiornamento di Ethereum Pectra sta per essere attivato sulla blockchain di Ethereum. Dovrebbe essere una questione di minuti. L’update ha degli obiettivi chiari: rendere la rete più veloce, scalabile e user-friendly.

Con Pectra, potremo dire addio all’obbligo di pagare le gas fees solo in ETH e, tra le altre cose, assistere ad una più efficiente esecuzione degli smart contract. Per quanto riguarda l’impatto a lungo termine, invece, grazie a innovazioni come i verkle trees e il Peer DAS, l’intera rete dovrebbe diventare più economica da utilizzare, potente e pronta a gestire milioni di utenti in più.

Pectra non è famoso come The Merge, ma ha lo stesso potenziale rivoluzionario. Si tratta di un hard fork, quindi un cambiamento strutturale profondo, che dividerà in modo netto il “prima” e il “dopo” nella blockchain di Ethereum. Il nome deriva dall’unione di due aggiornamenti distinti: Prague, che agisce sull’esecution layer, e Electra, che interviene sul consensus layer. Proprio come è successo nel 2024 con Dencun (da Deneb + Cancun), anche Pectra unisce due anime in una sola evoluzione.

Come funziona Pectra?

Per comprendere veramente che cos’è e come funziona Pectra è essenziale catapultarsi sugli aspetti pratici, molto più efficaci per “capirci qualcosa” quando si parla di tecnologia. 

1. Account Abstraction

Il primo punto su cui si concentra l’aggiornamento di Ethereum Pectra è l’account abstraction: un concetto centrale negli ultimi due anni nel mondo on-chain. Per chiarire in breve cosa si intende, possiamo definirla come una tecnologia (introdotta tramite la proposta tecnica EIP-4337 sulla blockchain di Ethereum) che unisce le funzionalità degli account tradizionali e degli smart contract, dando vita agli smart wallet.

Questa innovazione semplifica radicalmente l’esperienza utente, eliminando la necessità di una seed phrase, automatizzando le transazioni e riducendo le gas fee. In parole semplici, l’account abstraction è la tecnologia che renderà l’uso delle applicazioni decentralizzate simile a quello delle app tradizionali.

Un cambiamento che influenzerà anche lo status quo attuale, in cui gli utenti devono possedere almeno una piccola quantità di Ether (ETH) nei loro wallet per pagare le gas fee, ovvero i costi di transazione da sostenere ogni volta che si effettua un trasferimento o si interagisce con una dapp (app decentralizzata).

2. Smart contract più efficienti

Il secondo punto focale dell’aggiornamento Pectra riguarda l’efficienza degli smart contract di Ethereum, in particolare per quanto riguarda la loro esecuzione. Tra i miglioramenti previsti c’è l’introduzione della proposta EIP-7692, che a sua volta raccoglie diverse altre proposte tecniche. Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo dire che questa proposta cambia il modo in cui gli smart contract vengono compilati (dal punto di vista del codice) e gestiti.

Ad esempio, i contratti saranno divisi in sezioni con un’intestazione chiara, facilitando l’analisi, la manutenzione e la sicurezza del codice. Verranno introdotti nuovi comandi per saltare tra sezioni, manipolare lo stack e leggere i dati in modo più efficiente. 

Inoltre, il codice sarà validato una sola volta al momento del deploy e non più a ogni esecuzione, riducendo costi ed errori. Tutti questi cambiamenti avvengono a livello di bytecode, non nel linguaggio di alto livello come Solidity. In pratica, l’EVM Object Format (EOF) cambia il modo in cui il codice scritto in Solidity viene compilato ed eseguito all’interno della EVM.

3. Validatori più flessibili

Spostiamoci ora sul fronte del consenso, dove l’aggiornamento di Ethereum Pectra introdurrà ulteriori miglioramenti alla rete Ethereum. Attualmente, un validatore deve bloccare 32 ETH per ricevere le ricompense derivanti dallo staking. Tuttavia, qualsiasi importo superiore a 32 ETH non genera ricompense aggiuntive: resta fermo e inutilizzato. Pectra interverrà su questo limite in due modi: introdurrà il prelievo flessibile delle puntate (EIP-7002) e aumenterà il limite massimo di staking per validatore da 32 a 2048 ETH (EIP-7251). Questo cambiamento renderà il sistema più flessibile ed efficiente, soprattutto per chi gestisce grandi quantità di ETH — come aziende o operatori istituzionali.

Un’altra novità importante sarà il cosiddetto “consolidamento dei validatori”: grazie a questa funzione, realtà come Lido, che effettuano staking per conto di molti utenti, potranno gestire meno nodi validatori per la stessa quantità di ETH. Il risultato? Meno pressione sulla rete, più efficienza, e un uso più sostenibile delle risorse.

4. Verkle Tree

Questa integrazione è piuttosto tecnica, quindi non entreremo nei dettagli, ma ci limiteremo a una spiegazione ad alto livello. In sintesi, i Verkle Tree permetteranno ai nodi della rete di memorizzare meno dati rispetto a quanto avviene oggi. Il risultato? Una rete più leggera, veloce e scalabile.

Si tratta, in pratica, di un nuovo modo di organizzare i dati, più efficiente dell’attuale. Questo cambiamento renderà Ethereum più performante e meno costoso da usare nel lungo periodo.

5. Peer DAS per i Layer 2

Infine, come probabilmente sapete Ethereum ha bisogno dei Layer 2 – come Arbitrum (ARB) e Optimism (OP) – perché permettono alla rete di scalare. Con l’aggiornamento di Ethereum arriva il Peer Data Availability Sampling, una tecnologia che riduce i costi e migliora la velocità delle transazioni su questi Layer 2 dato che consente di verificare rapidamente i dati delle transazioni senza doverli scaricare. Un supporto concreto per mantenere basse le fee, anche nei momenti di alta attività on-chain.

Un doppio aggiornamento, in due fasi

Pectra sarà rilasciato in due momenti distinti. La prima parte, che include le novità più “visibili”, come l’account abstraction e le modifiche per i validatori sarà attivata oggi, il 7 maggio 2025. La seconda parte, che includerà i miglioramenti più tecnici, come l’EVM Object Format (EOF) e il Peer DAS, pensati per potenziare Layer 2 e smart contract arriverà, invece, nel 2026.

Impatto sul prezzo di ETH? Difficile da dire…

Ethereum, al momento, non se la passa bene, dopo essersi avvicinato ai massimi storici in più frangenti ha perso più del 60% del suo valore e sembra intrappolato in una spirale discendente senza fine. Per questo motivo non ci sentiamo di affermare che Pectra impatterà sul suo prezzo.

Tuttavia, questo aggiornamento potrebbe gettare le basi per una adozione più ampia e quindi avere un impatto positivo su Ether sul fronte che più ci interessa, quello dei cosiddetti “fondamentali”. Se ci pensate pagare le gas fees con qualsiasi token, scrivere e deployare smart contract in modo più efficiente e gestire lo staking in modo flessibile sono caratteristiche che rendono Ethereum più attraente sia per gli sviluppatori che per gli utenti finali.

Insomma, Pectra non è un aggiornamento qualsiasi: è il prossimo passo concreto verso una rete di Ethereum più scalabile, economica e accessibile. Un passo silenzioso ma decisivo per superare il trilemma blockchain (scalabilità, sicurezza, decentralizzazione) e preparare la rete alla vera adozione di massa.

Quant’è la reale probabilità di vincere ai Gratta e Vinci?

Vincere ai Gratta e Vinci: le probabilità

Quali sono davvero le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci? Scoprile insime alla genesi e alla storia di questo popolarissimo gioco d’azzardo

Comprare un Gratta e Vinci è un gesto quasi universale, compiuto da tutti almeno una volta nella vita. C’è chi lo acquista in autogrill, come rito propiziatorio per segnare l’inizio o la fine di un viaggio. Chi ne fa un appuntamento fisso settimanale. E chi, purtroppo, finisce per spenderci regolarmente somme importanti, ignorando il monito “gioca responsabilmente” – che ancora ci stupisce per il livello di ipocrisia raggiunto con un solo claim.

Tuttavia, non siamo qui per dare giudizi morali, bensì per calcolare qual è la reale probabilità di vincita di un Gratta e Vinci, oltre a stimare l’impatto di un fenomeno piuttosto rilevante – in Italia vengono giocati circa 80 biglietti al secondo. Seguici in questo viaggio alla scoperta del gioco d’azzardo più popolare tra gli italiani – solo il 15,3% degli italiani ha espressamente dichiarato di non averne mai acquistato nessuno. Scoprirai che il gioco non vale la candela ma anche quanto incassa lo stato per ogni euro giocato.

La genesi: come sono nati i Gratta e Vinci?

Idealmente è possibile calcolare la probabilità di vincere ad un “gratta e vinci” dal 1974, quando l’azienda americana Scientific Games Corporation brevettò una tecnologia per stampare biglietti con aree nascoste da una patina rimovibile. In italia la mania dei Gratta e Vinci è arrivata, invece, molto dopo, questi “diabolici” cartoncini hanno fatto il loro debutto ufficiale nel nostro paese il 21 febbraio del 1994

Tale introduzione, sancita dalla Legge Finanziaria del governo Ciampi, fu molto meno ipocrita di come viene trattato questo gioco ora, in quanto espressamente volta a finanziare il “piano salva lavoro” promosso dall’allora ministro del Lavoro Gino Giugni. Già in occasione del lancio era chiaro e assodato quanto lo Stato avrebbe dovuto raccogliere da questa attività: 240 miliardi di lire

Il primo biglietto messo in commercio si chiamava “La Fontana della Fortuna”, costava 2.000 lire e raffigurava la Fontana di Trevi. Il numero di fontane scoperte grattando determinava l’entità del premio, che poteva variare dal rimborso del costo del biglietto fino a un massimo di 100 milioni di lire. Per rendere il gioco fortemente attrattivo la lotteria garantì che, per l’esordio, un biglietto su nove sarebbe stato vincente.

Inutile dire che il successo fu immediato: la semplicità delle regole, la novità dell’estrazione istantanea (“Gratta e Vinci” divenne un nome autoesplicativo della dinamica di gioco) e la possibilità di conoscere subito l’esito, senza attendere estrazioni o risultati sportivi, catturarono l’interesse del pubblico italiano, rendendo questo gioco, in brevissimo tempo, uno dei più amati.

L’evoluzione: come siamo arrivati ai Gratta e Vinci di oggi?

Il grande successo iniziale oltre a implicare un cambiamento delle probabilità di vincere ai Gratta e Vinci contribuì all’espansione del fenomeno. In poco tempo nacquero molte varianti di questo gioco d’azzardo a partire da “La Fortuna col Mundial”, legato ai campionati mondiali di calcio del 1994, passando per “Caccia al Tesoro”, “Lancillotto”, “Goal”, “Il Mercante in Fiera”, “Partitissima”.

Lottomatica giocò un ruolo chiave nella popolarizzazione dei Gratta e Vinci negli anni ’90, introducendo una grande varietà di giochi con diverse tipologie di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), ente regolatore del settore, ha spesso legato le emissioni a eventi o festività, creando serie tematiche per Natale, San Valentino, Mondiali di calcio, o utilizzando maschere tradizionali come Pulcinella e Pantalone per il Carnevale.

E i formati che tutti conosciamo, disponibili ancora oggi? La linea “Miliardario”, ad esempio, è stata introdotta nel 2005, e si è poi evoluta in diverse versioni. Mentre il “Turista per sempre,” il sogno di tantissimi lavoratori stressati che ogni tanto incrociano le dita e lo acquistano cercando di diventare nomadi digitali disoccupati, è nato nel 2010.

Parallelamente all’evoluzione dei giochi, anche la tecnologia di produzione ha subito una trasformazione radicale. Dai metodi manuali degli esordi, si è passati a processi industriali e, nel 2006, sono stati introdotti i Gratta e Vinci online.

I numeri: quanto si è espansa l’epidemia dei Gratta e Vinci?

Le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci sono una costante, mentre la variabile principale connessa a questo gioco risponde ad una curiosa domanda: quanto ha raccolto lo Stato quest’anno vendendo questi magici cartoncini?

Secondo i dati ufficiali nel 2022 sono stati raccolti circa 11 miliardi di euro a fronte di circa 136 miliardi totali raccolti attraverso il gioco d’azzardo. Il fenomeno in generale, seppur presente sul nostro paese dall’alba dei tempi, è in forte crescita. Gli ultimi dati aggregati disponibili (per il 2023) ci dicono che la raccolta è passata da 136 miliardi a 150 in solo un anno – nel 2019 i miliardi raccolti erano 19,4.

Alcune analisi sociologiche ed economiche suggeriscono che la crescente popolarità del gioco d’azzardo potrebbe essere una sorta di risposta – simbolica e irrazionale – a condizioni di vita insoddisfacenti e a scarse disponibilità economiche. In contesti in cui la disuguaglianza di reddito è particolarmente accentuata l’alea del gioco può incarnare una sorta di “ideale egualitario” illusorio, offrendo a tutti, indipendentemente dalla condizione di partenza, la possibilità di ottenere somme significative e un riscatto sociale. Questa interpretazione trova riscontro in dati empirici che evidenziano come la spesa per il gioco d’azzardo incida maggiormente, in termini percentuali sul reddito, sulle fasce di popolazione economicamente più deboli. Nell’ultimo capitolo di questo articolo comprenderemo – utilizzando la matematica e il calcolo delle probabilità – come questa non è altro che un’illusione.

Quante probabilità hai di vincere al gratta e vinci?

A differenza del discorso che abbiamo affrontato sul SuperEnalotto è piuttosto complesso calcolare le probabilità di vincere ai Gratta e Vinci. Come potrai intuire la maggiore complessità deriva dalla grande quantità di varianti esistenti. Se ci leggi spesso lo saprai, intendiamo trattare il concetto di fortuna dal punto di vista statistico, quindi cercando di calcolare il ritorno atteso per ogni euro “investito” – o “buttato”; troviamo subito la risposta. 

Possiamo partire da qualcosa di semplice, ovvero dalla probabilità media di vincita complessiva, calcolata considerando tutti i biglietti vincenti (contenenti uno o più premi) rispetto al totale dei biglietti prodotti per tutte le lotterie attive. Le fonti ufficiali riportano valori leggermente diversi per questa media: 1 biglietto vincente ogni 3,60  secondo ADM e il sito Grattaevinci.com, o 1 biglietto vincente ogni 3,36 secondo Lottomatica. 

È cruciale comprendere che questa statistica includa qualsiasi premio, anche quelli di importo pari o inferiore al costo del biglietto stesso. In ogni caso possiamo affermare che le probabilità di vincita variano a seconda del tipo specifico di Gratta e Vinci e, soprattutto, all’entità del premio in palio. Mentre la probabilità di ottenere un premio minimo (spesso il rimborso del costo del biglietto) può essere relativamente “alta” (ad esempio, 1 su 7 o 8 biglietti in alcuni casi ), le possibilità di aggiudicarsi i premi più preziosi, quelli che soddisferebbero la maggioranza dei giocatori, sono estremamente basse.

Le probabilità di vittoria ai Gratta e Vinci

Finalmente arriviamo al cuore del discorso: quali sono le reali probabilità di vincere qualcosa — cioè più di quello che hai speso — con un Gratta e Vinci?
Per capirlo serve un pizzico di matematica, ma niente paura: bastano due concetti base, il payout e il valore atteso (EV), che ci portano subito alla stessa conclusione che già conosciamo: giocare non conviene

Il payout è la percentuale del denaro raccolto con la vendita dei biglietti che viene restituita ai giocatori sotto forma di premi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ci dice che può arrivare fino al 75%. In teoria, quindi, su 100 euro spesi, 75 tornano indietro. Bello, no? Peccato che si tratti di un massimo teorico. Nella pratica, il payout medio reale è molto più basso: si aggira attorno al 47,5%. Questo significa che ogni volta che gratti, in media, stai regalando oltre la metà dei tuoi soldi allo Stato e al concessionario.

E per quanto riguarda il valore atteso? È la misura che ci dice quanto si perde (in media) ogni volta che si gioca. Si calcola sommando tutti i possibili esiti, ognuno pesato per la sua probabilità, e il risultato è sempre negativo. Facciamo due esempi concreti: un biglietto da 10 euro, con payout del 75%, ha un valore atteso di –2,50 euro. Uno da 1 euro? –0,22 euro. Tradotto: ogni volta che compri un Gratta e Vinci, matematicamente stai perdendo dei soldi.

Ovviamente è più difficile calcolare il valore atteso come abbiamo fatto per il SuperEnalotto: le varianti dei Gratta e Vinci sono moltissime e con probabilità di vittoria diverse, ma in ogni caso l’esempio che abbiamo fatto rende bene l’idea di quanto questo gioco sia sbilanciato a favore del banco.

In conclusione, il Gratta e Vinci non è solo un passatempo da bar o da autogrill. È un sistema perfettamente oliato per generare profitti costanti, una vera e propria tassa travestita da gioco. E come ogni tassa che si rispetti, colpisce soprattutto chi può permettersela di meno. Al contrario, investendo regolarmente una percentuale contenuta del tuo reddito porresti conservare – o accrescere – il valore in tuo possesso nel tempo. Seguici per saperne di più!


Franchigia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

plusvalenze criptovalute soglia 2000 euro

Con l’arrivo della stagione delle dichiarazioni, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un nuovo aggiornamento riguardante la tassazione delle criptovalute. Dopo un periodo caratterizzato da interpretazioni diverse, arrivano finalmente chiarimenti ufficiali sul funzionamento della franchigia per il 2023 e il 2024. È importante sottolineare, però, che dal 2025 sono previste nuove modifiche.

Aggiornato il 5 maggio

Ecco perché potresti aver diritto a 520€ di rimborso 

Partiamo da un dato certo: le fonti normative relative alle imposte sugli anni 2023 e 2024 sono le medesime e non è variato nulla in merito alla franchigia/soglia di 2.000 euro applicata alle plusvalenze da criptovalute. Detto in parole semplici: la norma è identica per entrambi gli anni. Ciò che cambia, però, è l’applicazione pratica della norma.

Nel 2023 e 2024, questa franchigia esenta da imposta la parte di plusvalenze fino a 2.000 euro. Il problema è che, con riferimento al 2023, il software dell’Agenzia trattava i 2.000 euro come soglia (on-off), facendo pagare il 26% su tutto il guadagno una volta superato il limite. Il programma ministeriale riferito al 2024 invece li tratta, nella versione definitiva, alla stregua di una franchigia. Cioè si deve pagare il 26% solo sull’importo che supera i 2.000€.

Infatti, il 30 aprile 2025 l’Agenzia delle Entrate, tramite una apposita F.A.Q: ha “definitivamente” sentenziato che i 2.000 euro sono una franchigia, non una soglia. Questo significa che, se nel 2023 hai pagato le imposte anche sui 2.000€ di plusvalenze, hai diritto a richiedere un rimborso fino a 520€ all’Agenzia delle Entrate. 

L’annuncio del 30 aprile dell’Agenzia delle Entrate 

Faq del 30 aprile 2025 – Tassazione sostitutiva delle plusvalenze derivanti da cripto attività

Come vengono tassate le plusvalenze e gli altri proventi derivanti da cripto-attività nei confronti delle persone fisiche?

Sulle plusvalenze e gli altri proventi derivanti da cripto-attività si applica un’imposta sostitutiva del 26%. Per il calcolo della base imponibile delle plusvalenze e gli altri proventi realizzate nell’anno d’imposta, è riconosciuta una franchigia di euro 2.000.

Esempio: se il contribuente nel 2024 ha realizzato plusvalenze e altri proventi per un ammontare complessivo di 2.500 euro, la base imponibile determinata a seguito della compilazione della specifica sezione del quadro T del Modello 730/2025 o del quadro RT del Modello REDDITI 2025 PF sarà pari all’importo di euro 500, ovvero all’importo eccedente la franchigia.

Nel caso in cui il contribuente non abbia potuto tener conto di tale franchigia della dichiarazione dei redditi 2024 (anno d’imposta 2023) può richiedere il rimborso della maggior imposta sostitutiva versata.

Fonte ufficiale: FAQ Agenzia delle Entrate – 30 aprile 2025

Dal 2025 cambia tutto: addio franchigia

Con la Legge di Bilancio 2025 (Legge 207/2024), la franchigia è stata eliminata.
A partire dal 1° gennaio 2025, tutte le plusvalenze saranno tassabili integralmente, indipendentemente dall’importo. Non esiste più alcuna soglia o franchigia.

Cosa significa questo per te?

Anno d’imposta 2023 (dichiarazione nel 2024)

  • Plusvalenza di 1.900 euro → Nessuna imposta dovuta
  • Plusvalenza di 2.100 euro →
    • Calcolo errato (vecchio software): 2.100 x 26% = 546 euro
    • Calcolo corretto: solo su 100 euro → 26 euro
    • Rimborso spettante: 520 euro

Anno d’imposta 2024 (dichiarazione nel 2025)

  • Plusvalenza di 1.900 euro → Nessuna imposta
  • Plusvalenza di 2.500 euro → Imposta su 500 euro → 130 euro

Anno d’imposta 2025 (dichiarazione nel 2026)

  • Plusvalenza di 1.500 euro → 1.500 x 26% = 390 euro
  • Plusvalenza di 3.000 euro → 3.000 x 26% = 780 euro

Nel 2025, ogni euro di guadagno è tassato.

Compensazione delle minusvalenze

Se durante l’anno hai registrato perdite, puoi compensarle con i guadagni ottenuti nello stesso anno o nei quattro successivi.

Esempio:

  • Plusvalenza: 3.000€
  • Minusvalenza: 1.000€
  • Plusvalenza netta: 2.000€ → Nessuna imposta, perché rientra nella franchigia.

Rimborso per chi ha pagato troppo

Se nel 2024 hai pagato le imposte su guadagni realizzati nel 2023 superiori a 2.000€, con molta probabilità hai pagato più del dovuto. 

Ma ci sono buone notizie: puoi richiedere un rimborso per l’imposta versata in eccesso. Parliamo del 26% sui 2.000€ che, alla luce del chiarimento del 30 aprile, non dovevano essere tassati.

L’Agenzia non ha ancora fornito istruzioni dettagliate su come presentare la richiesta di rimborso, anche se si presume che sarà sufficiente effettuarla tramite il modello Unico o il modello 730 come per qualsiasi richiesta di rimborso ordinario. Non appena verrà pubblicato un nuovo aggiornamento, pubblicheremo le nuove disposizioni sul nostro blog ufficiale. 

Tutti coloro che hanno acquistato il Report Fiscale di Young Platform o il Report Young-Okipo verranno contattati via mail nei prossimi giorni con le indicazioni da seguire per ricevere gratuitamente il report e i facsimile aggiornati in base alle ultime disposizioni dell’Agenzia delle Entrate.