Raccomandata Market: cos’è e come funziona?

Raccomandata Market: cos’è e come funziona

Cos’è e come funziona la raccomandata market? Una tipologia di comunicazione utilizzata da enti pubblici e aziende private inviata attraverso le Poste Italiane

Che cos’è una raccomandata market? Un mezzo di comunicazione utilizzato da diverse organizzazioni, sia pubbliche che private, che sfrutta il servizio di meccanizzazione delle Poste Italiane

Innanzitutto è bene specificare che questa tipologia di raccomandata ha valore legale e spesso contiene multe, sanzioni o atti giudiziari. Scopri, nello specifico, che cos’è una raccomandata market e come funziona.

Raccomandate: cosa sono e come funzionano?

Le raccomandate sono comunicazioni univocamente numerate caratterizzate da un avviso di ricevimento. Questo perché si utilizzano quando c’è bisogno di avere la certezza legale che siano state ricevute dal destinatario.

Questa tipologia di servizio è antichissimo, i primi esemplari di raccomandata risalgono al 1.600, e utilizzato in tutto il mondo. In Italia è garantito ed emesso dalle Poste Italiane che si occupano di recapitare i documenti entro cinque giorni lavorativi. Nel caso in cui il destinatario sia assente deve essere lasciato presso il suo domicilio un avviso di giacenza nel quale viene indicato orario, sede e modalità di ritiro.

Chi può inviare una raccomandata market?

Come già anticipato la raccomandata market è dedicata alla trasmissione di documenti di natura legale o amministrativa e viene utilizzata per garantire una consegna sicura e tracciabile dei documenti. Vediamo quali entità e organi utilizzano più spesso questa tipologia di comunicazione cartacea.

Agenzia delle entrate

Le raccomandate market più temute sono quelle spedite dall’agenzia delle entrate che invia queste comunicazioni attraverso il suo Servizio Riscossione. Esse possono riguardare la riscossione di tributi e le sanzioni amministrative, tra cui richieste di pagamento, avvisi di accertamento e notifiche concernenti le cartelle esattoriali.

INPS

L’istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) utilizza spesso le raccomandate per trasmettere comunicazioni riguardanti i contributi, le pensioni o altre tipologie di prestazioni assistenziali.

Tribunali

Questi organi utilizzano le raccomandate market per garantire la notifica di ricezioni di atti giudiziari, ordinari e sentenze. Questo perché è molto importante in un procedimento giuridico che tutte le parti coinvolte vengano informate durante il processo.

Polizia

Infine, le raccomandate market che si ricevono più frequentemente: quelle inviate dalla polizia stradale. Queste comunicazioni vengono utilizzate per notificare le multe o sanzioni amministrative in cui un automobilista è incorso in seguito a violazioni del codice della strada. 

Raccomandata Market: i codici

Le tipologie di raccomandate market si differenziano per i codici a loro associati, per consentire sia a chi le riceve e sia a chi le spedisce di comprendere immediatamente il suo contenuto. Ecco i principali codici delle raccomandate divisi per categoria.

  • Codice 648: inviata dell’Agenzia delle Entrate, la busta potrebbe includere avvisi di accertamento, richieste di documentazione o comunicazioni legate a rimborsi fiscali;
  • Codici 649 e 665: potenzialmente collegati a società di recupero crediti, solleciti di pagamento, invio di nuovi bancomat o rimborsi IRPEF;
  • Codice 685: la comunicazione potrebbe riguardare la riscossione debiti o rate non saldate;
  • Codice 689: solitamente segnala il mancato pagamento di una cartella esattoriale o di una tassa;
  • Codici 695 e 696: cartelle esattoriali, bollo auto o canone Rai non pagati, spesso inviate dall’Agenzia delle Entrate;
  • Codici 786 e 787: multe, avvisi di pagamento di imposte o atti giudiziari.

Dopo aver letto questo approfondimento su uno dei metodi comunicativi più utilizzati da aziende e enti pubblici non dovresti avere più dubbi su cos’è e come funziona una raccomandata market. Tieni a mente i codici ad esse associati in modo da riconoscere immediatamente il contenuto delle lettere che ricevi.

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Direttiva Case Green, la misura europea per l’edilizia sostenibile

Direttiva Case Green: cos’è?

Cos’è e come funziona la direttiva della Commissione Europa “Case Green” per migliorare le performance energetiche degli edifici? Scoprilo in questo articolo

Qualche settimana fa è stata approvata, in via definitiva, la direttiva UE soprannominata “Case Green” che ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica degli edifici dell’Unione. 

L’Energy Performance of Building Directive (Epbd) punta a riqualificare gli immobili dei Paesi Membri, in particolare quelli con un impatto più massiccio sull’ambiente. Come verrà attuato all’atto pratico e quali sono gli obiettivi tangibili di questa misura? Scopri tutto sulla direttiva Case Green.

Se sei sensibile al tema della sostenibilità ambientale e al mondo dell’innovazione puoi esplorare la tecnologia blockchain e i suoi progetti più virtuosi. La maggior parte di queste infrastrutture si impegnano, da anni, per ridurre al minimo il loro impatto energetico. Ad esempio, l’energia necessaria per effettuare una transazione crypto su Solana è inferiore a quella che viene impiegata per fare due ricerche su Google.

Segui il prezzo di Solana

Case Green: cos’è e cosa prevede

Il primo passo per comprendere cos’è la direttiva Case Green è conoscere gli obiettivi che l’Unione Europea intende raggiungere attraverso l’attuazione di questa direttiva, che sono, a dir poco, ambiziosi. Il primo, con scadenza nel 2030, implica una riduzione delle emissioni del 55% rispetto al 1990. Il secondo, invece, punta a un’Europa a zero emissioni e la scadenza ultima è il 2050.

Ovviamente, sarà necessario agire in modo graduale e quindi, secondo l’Unione Europea, costruire edifici a zero emissioni a partire dal 2028 ed effettuare dei lavori di ristrutturazione che permettano a quelli esistenti di raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033.

Gli interventi previsti

Come sarà possibile raggiungere la riduzione dei consumi imposta dalla direttiva Case Green? Attraverso l’implementazione di soluzioni già da tempo a disposizione di chi intende rinnovare la propria abitazione dal punto di vista dell’efficienza energetica. Per esempio l’installazione di pannelli solari, di nuove caldaie o la sostituzione degli infissi, in modo da diminuire il grado di dispersione del calore a cui sono soggetti gli edifici.

Non tutti gli immobili, però, dovranno essere ristrutturati. La direttiva europea Case Green, non riguarderà i monumenti storici, gli edifici collocati in zone protette, i luoghi di culto e quelli che vengono utilizzati per brevi periodi, ad esempio le seconde case

Su quest’ultimo punto, l’Unione Europea è stata molto specifica: è importante che il consumo energetico di queste abitazioni sia inferiore al 25% di quello che risulterebbe dall’utilizzo durante tutto l’anno.

La situazione in Italia

La situazione italiana è, ad oggi, abbastanza critica. Secondo le stime dell’associazione italiana dei costruttori edili (Ance), su 12 milioni di edifici residenziali oltre 9 milioni non rispettano gli standard energetici imposti dalla direttiva Case Green.


Ma il problema principale è che c’è molto poco tempo per agire, visto che almeno due milioni edifici dovranno essere ristrutturati entro il 2033. L’Italia riuscirà a raggiungere gli obiettivi comunitari di consumo energetico? Impossibile dirlo ora, bisognerà vedere se questo e i prossimi governi applicheranno i corretti incentivi fiscali utili allo scopo.


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IVA: cos’è e come funziona?

Imposta sul valore aggiunto (IVA): cos’è?

Che cos’è e come funziona l’imposta sul valore aggiunto, meglio nota come IVA? Tutto sulla tassa indiretta

L’imposta sul valore aggiunto o IVA è il principale contributo europeo a carico dei consumatori. Sicuramente l’hai sentita nominare un’infinità di volte ma conosci davvero il suo funzionamento?

Questa imposta è in vigore in tutti i paesi dell’Unione Europea e in Italia è stata introdotta dal Decreto IVA, una legge del 1972. Scopri che cos’è l’imposta sul valore aggiunto, come funziona nel dettaglio e a quanto ammonta.

Imposta sul valore aggiunto: cos’è

L’imposta sul valore aggiunto o IVA è una tassa diretta “sui consumi” il cui pagamento spetta ai consumatori e compone il prezzo finale dei beni e dei servizi che ne sono soggetti. Viene definita un’imposta plurifase, dato che viene applicata a diversi passaggi della filiera produttiva.

Questa non è però una regola generale, per determinate categorie di beni e servizi viene applicata soltanto in un passaggio. Quando ciò avviene si dice che il determinato prodotto è destinatario di un regime “monofase”. Appartengono a questa categoria, per esempio, i tabacchi e i valori bollati, i biglietti per i mezzi di trasporto o i quotidiani e le riviste.

Questa distinzione ci permette di capire la differenza tra il soggetto passivo d’imposta e chi invece si fa carico del pagamento. Per esempio, il titolare di un’edicola è il soggetto passivo d’imposta, colui che dovrà pagare l’IVA sui quotidiani che vende, anche se questa sarà di fatto a carico dei suoi clienti che la pagheranno acquistando i giornali.

Come funziona l’imposta sul valore aggiunto?

Scendiamo, ora, un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire davvero come funziona l’imposta sul valore aggiunto. Come già anticipato è una tassa indiretta che viene sostenuta dal consumatore finale, e quindi non intacca il reddito prodotto dalle aziende. Nel pratico le imprese utilizzano due meccanismi per essere esenti dal pagamento dell’IVA: la rivalsa e le detrazioni.

Per semplificare al massimo il loro funzionamento si può dire che l’imposta sul valore aggiunto viene pagata da ogni attore che partecipa al processo di trasformazione di una materia prima, o produzione di un servizio, al successivo. 

Questo processo si manifesta, per professionisti e imprese, attraverso un’operazione chiamata detrazione che consiste nella deduzione dell’IVA pagata sugli acquisti da quella incassata dalle vendite. 

In altre parole, gli unici che non ricevono un “rimborso” dell’imposta sul valore aggiunto sono i consumatori finali, coloro i quali devono farsi carico di questo tributo.

Per capire come funziona l’IVA bisogna conoscere il concetto di imposta, ovvero un’obbligazione finanziaria il cui fine è sostenere lo stato o altre entità pubbliche. A differenza delle tasse, le imposte non finanziano servizi chiaramente identificabili, ma la spesa pubblica in generale.

Come pagare l’IVA?

Innanzitutto va precisato che il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto varia in base al regime fiscale adottato da aziende e professionisti. Le due principali tipologie sono: regime ordinario o ordinario semplificato e regime forfettario.

Regime ordinario e semplificato

Dedicato principalmente alle imprese o ai professionisti che registrano ricavi e compensi superiori a 85.000€. In questo regime le imprese o i professionisti devono presentare le dichiarazioni annuali dell’IVA e versare l’importo dovuto entro le scadenze stabilite. Possono anche detrarre l’imposta sul valore aggiunto sugli acquisti effettuati nell’ambito dell’attività economica.

Regime forfettario

Al contrario il regime forfettario è accessibile solamente ai professionisti provvisti di partita IVA. Chi appartiene a questa categoria non paga l’IVA, e quindi non la può detrarre, mentre versa le imposte sulla base del reddito percepito.

Imposta sul valore aggiunto: come si calcola?

Infine affrontiamo il calcolo dell’IVA, particolarmente utile per i commercianti che devono sommare l’imposta sul valore aggiunto al prezzo dei loro prodotti. La percentuale che va aggiunta a beni e servizi è stabilita dalle aliquote, che variano a seconda della loro tipologia.

In italia l’aliquota ordinaria è del 22% mentre è inferiore per alcune tipologie di beni e servizi:

  • 4% per i beni alimentari, le bevande e i prodotti agricoli;
  • 5% per altre alimenti;
  • 10% per le forniture di energia elettrica e gas per usi domestici, per medicinali e per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio per specifici beni e servizi.

Dopo questa panoramica dovresti conoscere tutte informazioni più importanti per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto, a partire da cos’è e come funziona fino a chi la deve pagare e come si calcola all’atto pratico.

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È arrivato l’airdrop di Wormhole, uno dei bridge più utilizzati della DeFi

L’airdrop di Wormhole è arrivato

L’airdrop di Wormhole, una delle distribuzioni gratuite più grandi della storia, è arrivato! Scopri tutto su W, il token di governance del protocollo per l’interoperabilità su blockchain

L’airdrop di Wormhole, uno dei protocolli cross-chain più famosi e utilizzati del mondo crypto è arrivato. I portafogli che lo hanno ricevuto sono più di 400.000 e si divideranno circa 620 milioni di token W.

Il token di Wormhole è stato immediatamente listato su diversi exchange centralizzati, come ad esempio Binance. Scopri tutto su questa distribuzione gratuita, in particolare quali sono stati i requisiti per riceverla e qual è il prezzo attuale di W.

La maggioranza degli airdrop crypto vengono utilizzati dai protocolli per premiare i propri utenti. Per riceverli però è necessario utilizzare le applicazioni decentralizzate della DeFi e quindi esplorare il mondo on-chain. Acquista le tue crypto preferite su Young Platform e esplora il web3.

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L’airdrop di Wormhole è arrivato

È possibile, per gli utenti che ne hanno diritto, claimare (reclamare in gergo crypto) l’airdrop di Wormhole dalle 13.30 di oggi (ora italiana). Questa distribuzione gratuita è una delle più sostanziose di sempre, dato che sono stati distribuiti circa 620 milioni di token W, circa 930 milioni in moneta fiat. 

Il prezzo di partenza è stato di circa 2$, mentre attualmente il token W si è stabilizzato sul valore degli 1,5$, efficacemente stimato dalle piattaforme per lo scambio on chain di strumenti derivati provvisti della sezione pre-market. Queste, diventate popolari negli ultimi tempi, consentono di fare trading su una crypto prima che questa sia realmente disponibile sul mercato.

I 400.000 portafogli di criptovalute che hanno ricevuto l’airdrop, detengono al momento il 6,7% della fornitura totale (total supply), che è di 10 miliardi di token, e sono stati selezionati attraverso uno snapshot (un’istantanea della blockchain) il 6 febbraio. La circulating supply al lancio è di 1,8 miliardi, circa il 20% di quella totale.

Per soddisfare i criteri di eleggibilità era necessario aver utilizzato le piattaforme che si appoggiano a Wormhole: principalmente bridge che consentono di trasferire crypto tra diverse reti, sia compatibili con l’Ethereum Virtual Machine (EVM) che non. Anche alcuni holder di NFT sono stati premiati, in particolare i proprietari delle collezioni più popolari di Solana: Mad Labs, DeGods e Bad Kids.

Che cos’è Wormhole?

L’airdrop di Wormhole è uno degli eventi più attesi nel panorama DeFi del mese di aprile, ma di cosa si occupa questo protocollo crypto? Il suo obiettivo principale è quello di permettere ai suoi utenti di trasferire criptovalute e, dunque, informazioni, tra diverse blockchain. 

Di recente ha implementato la tecnologia Zero Knowledge per velocizzare i trasferimenti di valore tra le diverse reti. Attualmente è possibile trasferire crypto da e verso Ethereum, Solana, Aptos, Sui, Cosmos, Near, Injective e tante altre.


Azioni Alibaba: cosa succederà nei prossimi mesi?

Azioni Alibaba: il prezzo salirà nei prossimi mesi?

Le azioni di Alibaba sono sottovalutate e quindi destinate a crescere? Il futuro del colosso cinese tra i cambiamenti strategici e normativi e l’esplorazione dell’intelligenza artificiale

Cosa succederà al prezzo delle azioni di Alibaba nei prossimi mesi? Queste stocks sono state interessate, da febbraio 2021, da un movimento ribassista accentuato. In quel periodo il loro prezzo si trovava vicino al massimo storico (all-time high), mentre attualmente sono “in perdita” del 75% rispetto a quel livello.

Cosa devono aspettarsi gli investitori? Quali saranno gli sviluppi che condizioneranno maggiormente il valore di queste azioni nel prossimo futuro?

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Azioni Alibaba: il panorama attuale

Alibaba è una delle più grandi aziende al mondo. In passato si è affermata nel segmento dell’e-commerce per poi espandersi in altri settori, come quello del cloud computing. Attualmente, secondo le stime, la capitalizzazione di mercato di questo colosso Cinese è di circa 180 miliardi di dollari, un market cap che la rende la 68esima azienda più grande al mondo. 

Nonostante questo, però, le azioni di Alibaba non stanno attraversando un grande momento, in particolare perché l’azienda è stata messa sotto pressione dall’intensa concorrenza e dai cambiamenti strategici del suo modello di business. 

Inoltre, l’annullamento della offerta pubblica iniziale (IPO) per il segmento di cloud computing del brand è stato un duro colpo che, secondo le stime di Forbes, ha causato una perdita di 21 miliardi di capitalizzazione. Cosa accadrà alle azioni di Alibaba nei prossimi mesi? La strada intrapresa dall’azienda e la volontà di esplorare il settore dell’intelligenza artificiale aiuterà le stock a risorgere?

Le azioni di Alibaba sono sottovalutate?

È impossibile dire cosa succederà alle azioni di Alibaba dato che non si può sapere come si evolverà il quadro normativo in Cina. In particolare, queste condizionano il colosso, dato che il governo sta pensando alla ristrutturazione di Alipay. Inoltre, bisogna anche citare l’aumento di controllo delle piattaforme internet e, in generale, la costante evoluzione del panorama normativo cinese.

Detto questo, Alibaba sembra pronta ad affrontare diverse sfide che potranno avere un impatto positivo sulle performance. In particolare l’accelerazione del processo di digitalizzazione delle aziende cinesi potrebbe accrescere incredibilmente la domanda per il suo servizio di cloud computing.

Inoltre, la cancellazione della IPO di Alibaba Cloud e la ristrutturazione di Alipay, nonostante non abbiano sortito effetti positivi sul breve termine, possono essere viste come mosse per privilegiare il successo di lungo periodo.

Per stimare la possibile crescita del prezzo delle azioni Alibaba bisogna anche considerare il rapporto tra quest’ultimo e gli utili dell’azienda (P/E). Questo metodo di misurazione del valore di una società mette a confronto il valore di mercato e gli utili per azione della società

Quando questo è basso, come nel caso di Alibaba che ha un P/E di 12,5, l’azienda in questione potrebbe essere sottovalutata rispetto ai suoi utili. La media delle circa 8.000 aziende quotate in borsa è 15, ma se guardiamo al ratio di quelle più capitalizzate questo valore cresce esponenzialmente. Per esempio il P/E di Amazon è circa 92, quello di Microsoft 38, quello di Meta superiore a 40 e quello di NVIDIA, addirittura, 217.

Alibaba e intelligenza artificiale

C’è ancora un argomento da affrontare per stimare le possibili performance future delle azioni di Alibaba. Il colosso cinese ha, di recente, deciso di esplorare il settore dell’intelligenza artificiale. Il prodotto del colosso cinese che ha attirato l’attenzione è EMO, in grado di animare qualsiasi immagine statica generando espressioni facciali e movimenti.

Secondo alcune proiezioni, il mercato dell’AI raggiungerà, in Cina, un valore di 105 miliardi di dollari grazie ad un tasso annuo di crescita del 18% e l’azienda fondata da Jack Ma è pronta ad aggredirlo. D’altronde è già leader del mercato tech cinese in diversi ambiti, su tutti e-commerce e cloud computing.

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Crisi energetica: come ha risposto l’UE?

Crisi energetica: la risposta dell’UE

Come ha risposto l’Unione Europea alla crisi energetica? Ecco un’analisi dettagliata delle misure adottate e i loro effetti in 5 punti

La crisi energetica, iniziata ormai più di due anni fa in concomitanza con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, sembra, almeno in parte, risolta. Ad agosto del 2022 la situazione era a dir poco critica. In quel frangente il prezzo dell’energia ha raggiunto livelli record e la maggior parte delle economie europee ne hanno risentito.

Com’è la situazione oggi e, in particolare, quali sono state le misure che l’Unione Europea ha attuato per uscire dalla crisi energetica? Sicuramente la prima importante decisione è stata quella di abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili russi, attuata grazie alla diversificazione dei fornitori ma soprattutto riducendone l’uso

1. Diversificazione dei fornitori di energia

Prima dello scoppio del conflitto oltre la metà di tutta l’energia disponibile nell’Unione Europea proveniva dalle importazioni e la Russia era il principale fornitore.


La diversificazione della provenienza degli approvvigionamenti energetici ha permesso all’UE di rafforzare la propria autonomia e resilienza. Ciò significa che l’UE ha sfruttato l’occasione per organizzarsi al fine di essere pronta nel caso in cui si verifichino nuovamente scenari simili. All’atto pratico questo traguardo è stato raggiunto grazie ad un ampliamento della collaborazione con paesi “alleati”, in particolare Stati Uniti e Norvegia. Ma anche grazie all’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto.

2. Taglio delle bollette

Ovviamente, una risposta forte alla crisi energetica doveva arrivare, soprattutto, dal punto di vista economico. In questo senso gli stati dell’Unione hanno adottato un regolamento di emergenza in modo da aiutare i cittadini e le imprese a far fronte agli inevitabili aumenti di prezzo dell’energia.

Le nuove norme permettono agli Stati membri di raccogliere fondi provenienti dai ricavi eccedenti delle imprese del settore dell’energia e di ridistribuirli a chi ne ha più bisogno

3. Ampliamento delle riserve

Il principale obiettivo in questo senso era garantire una quantità di gas sufficiente per i mesi invernali, dato che la Russia aveva interrotto le forniture a diversi paesi dell’Unione Europea. Allo stesso tempo però era necessario ridurre la domanda di gas.

In questo senso, a giugno del 2022, il Consiglio ha adottato un regolamento per garantire che gli impianti di stoccaggio di gas fossero riempiti prima della stagione fredda, assicurando la quantità necessaria a tutti i paesi. La quantità di gas messa da parte ha raggiunto il 90% della capacità di stoccaggio sotterraneo degli stati membri nel 2022 e prima dell’inverno del 2022/2023 praticamente tutti i depositi dell’Unione sono stati riempiti.

4. Crisi energetica: una svolta green?

Se vogliamo guardare il lato positivo della questione, possiamo affermare che la crisi energetica ha obbligato i paesi ad accelerare il processo di decarbonizzazione del settore energetico. Per esempio è stato ridefinito l’obiettivo per la percentuale di energia rinnovabile utilizzata nell’UE, che entro il 2030 dovrà essere almeno del 42,5%. Prima dello scoppio della crisi energetica il target era del 40%.

Inoltre, l’Unione Europea si è impegnata a ridurre il consumo di energia dell’1,7% entro il 2030 e a sostituire progressivamente il gas di origine fossile con tipologie rinnovabili a basse emissioni di carbonio.

5. Prevenire, future, impennate dei prezzi

Infine, l’Unione Europea ha adottato un meccanismo di mercato che contrasta l’incremento eccessivo dei prezzi, come quello registrato nell’agosto del 2022. In quel frangente il prezzo medio del gas ha raggiunto i 300€ al MWh, un costo di più di dieci volte superiore rispetto a quello “normale”.

Per limitare queste impennate causate dalla crisi energetica l’UE ha introdotto un meccanismo di correzione del mercato applicabile sulle piattaforme virtuali per le scambi virtuali di gas attraverso strumenti derivati.

Cosa accadrà nei prossimi mesi? Il recente riacutizzarsi del conflitto tra Russia e Ucraina si abbatterà anche sul costo del gas e quindi saremo costretti ad affrontare nuovamente una crisi energetica? Il lavoro fatto dall’Unione Europea negli ultimi due anni sarà stato sufficiente e consentirà ai paesi membri di rispondere con prontezza nel caso in cui si verifichi questo scenario?

Cosa vuol dire shortare? Il significato del termine spiegato

Shortare: il significato del termine nel trading

Qual è il significato di shortare o “vendere allo scoperto”? Scopri la strategia di trading utilizzata da chi vuole scommettere contro il mercato

Il significato di shortare, o posizionarsi short è quello di vendere degli asset (crypto, azioni o obbligazioni) presi in prestito con la speranza di ricomprarli in futuro ad un prezzo più basso. Il meccanismo dello short selling è una strategia di trading che può essere difficile da comprendere dato che comporta la vendita di asset che non si possiedono. Se hai già sentito nominare questo termine, ma non hai mai capito davvero il significato di shortare, scoprilo in questo articolo!

Significato di shortare: facciamo chiarezza

Come già in parte anticipato, il significato di shortare è letteralmente quello di “vendere allo scoperto” ovvero vendere asset (azioni, obbligazioni o criptovalute) che non si detengono. Ma come si può vendere qualcosa che non si possiede? Effettuare questo tipo di operazioni è possibile grazie agli exchange e ai broker, intermediari finanziari che prestano gli asset in loro possesso ai trader e permettono loro di venderli senza detenerli. Quando un trader shorta contrae un debito nei confronti di un intermediario finanziario e allo stesso tempo vende l’asset preso in prestito sul mercato

Se il prezzo dell’asset scende, il trader può comprarlo ad un prezzo inferiore, estinguere il suo debito nei confronti dell’intermediario e realizzare un profitto. Se invece il prezzo di questo asset sale, il trader dovrà comunque ricomprarlo per restituirlo e subirà quindi una perdita. Per questo motivo il significato di shortare è quello di  “scommettere contro il mercato”, ovvero puntare contro la salita del prezzo di un asset. Solitamente i trader shortano quando le condizioni del mercato fanno presagire un’imminente movimento ribassista dei prezzi.  

Lo short selling è stato descritto nel film “The Big Short”. Questa pellicola racconta la storia realmente accaduta di un gruppo di investitori convinti che il mercato immobiliare e il sistema bancario statunitense fosse sull’orlo del fallimento. Essi utilizzarono questa strategia di trading per guadagnare dall’esplosione della crisi del 2008. In altre parole scommisero contro il mercato vendendo azioni e obbligazioni che non possedevano.

Il significato di short selling spiegato attraverso una metafora

Se il significato di shortare ti risulta ancora difficile da comprendere, potrebbe essere utile utilizzare una metafora. Immagina di essere un* collezionista di sneaker e sapere in esclusiva che a breve uscirà una nuova versione in edizione limitata. Forse sei convint* che quelle che erano fino ad oggi, le “ultime uscite” perderanno parte del loro valore. Quindi provi a scommettere contro le scarpe già in commercio, anche se sono l’opzione più preziosa in circolazione. Potresti prendere in prestito un paio di scarpe, pagando un piccolo interesse per il “disturbo”, e subito venderle a prezzo pieno, per esempio a 200€. In questo modo realizzeresti un “profitto” di 200€, ma dovresti ancora restituire il paio di scarpe al tuo creditore (il broker o l’exchange, nel caso in cui si trattasse di un asset) e pagare l’interesse sul debito (una spesa che devono affrontare anche i trader quando shortano). 

Supponiamo ora che le tue previsioni si avverino, e che il prezzo delle vecchie scarpe scenda effettivamente a 100€ quando esce la nuova edizione. A questo punto potresti ricomprarle alla metà del prezzo, restituirle a chi te le ha prestate e guadagnare circa 100€, chiudendo la tua posizione short con un profitto. Se si verificasse però lo scenario opposto, ovvero il prezzo della scarpe “vecchie” salisse, saresti comunque obbligato a restituire al tuo creditore e perciò realizzeresti una perdita.

Come si fa a shortare?

Se questa metafora ti ha aiutato a capire il significato di shortare vediamo ora quello che avviene realmente quando si effettua un’operazione di short selling. La prima cosa da tenere presente è che nel mondo finanziario non avviene nessun prestito fisico degli asset che i trader vendono sul mercato. Le operazioni short, infatti, per poter essere processate, necessitano di un mercato liquido e ricco di scambi. Perciò è impossibile che un investitore non riesca a vendere un asset perché questo è stato prestato ad un altro. 

Tuttavia shortare è costoso, perché per poter vendere azioni, obbligazioni o criptovalute che non possiedono i trader devono pagare un interesse al broker o all’exchange. Scommettere contro il mercato è anche molto più pericoloso che puntare a favore, per via del rapporto tra rischio e rendimento sfavorevole. Questo perché quando si shorta, almeno che non si utilizzi la leva finanziaria, il massimo guadagno possibile è del 100% (se il prezzo dell’asset arriva a zero), mentre la potenziale perdita è illimitata, perché il prezzo di una criptovaluta, di un’azione o di un’obbligazione potrebbe teoricamente salire all’infinito. Per gestire questo rischio gli exchange e i broker utilizzano la margin call. Uno strumento che permette di avvisare l’investitore quando la sua posizione short sta per arrivare al limite, ovvero quando il denaro depositato non è più sufficiente per mantenere l’operazione di trading aperta. Quando un trader riceve una margin call può scegliere se chiudere l’operazione in perdita o aggiungere denaro al conto per mantenerla aperta.


Ora che conosci il significato di shortare ricorda che è una tecnica di trading avanzata, riservata ai più esperti.

I migliori 7 film sui soldi che devi guardare

Film sui soldi: i 7 che devi guardare

Quali sono i migliori film sui soldi che devi, per forza, guardare? Ovviamente è impossibile dare un giudizio oggettivo, ma te ne consigliamo 7!

I migliori film che parlano di soldi non sono quasi mai a lieto fine. Principalmente perché raccontano le gesta di personaggi che sono ossessionati dal denaro, e affrontano temi come l’avidità e le diseguaglianze che il capitalismo genera. 

Ovviamente, ci sono anche pellicole che si concentrano prevalentemente sulla costruzione di ricchezza, ma anche questi finiscono per trasmettere anche angoscia e disagio, nonostante spesso i protagonisti raggiungano il loro obiettivo. Si potrebbero scrivere libri o trattati sul rapporto degli esseri umani con il denaro e sulla sua contradditoria natura. È indispensabile per vivere nella società odierna, ma viene spesso associato alla depressione o ad altri disturbi quando il suo ruolo diventa troppo rilevante nella vita degli essere umani.

In ogni caso, non siamo qui per analizzare questo concetto dal punto di vista filosofico, bensì per elencarti sette film sui soldi che devi guardare. Al loro interno potrai trovare tantissimi spunti di riflessione e strumenti per affrontar al meglio questo spinoso argomento.

1. The Wolf of Wall Street (2013)

Regia: Martin Scorsese

Probabilmente tutti vi avrete già guardato questo film sui soldi. “The Wolf of Wall Street” racconta la vera storia di Jordan Belfort, un ambizioso broker di Wall Street che accumula enormi ricchezze truffando i suoi clienti. Nello specifico “rifilando” loro azioni praticamente prive di valore o “penny stocks”, convincendoli del loro potenziale al rialzo.

https://www.youtube.com/watch?v=vzRWSR1-_J4

Con Leonardo Di Caprio che ha interpretato il ruolo di protagonista in modo magistrale, ricevendo anche una candidatura agli Oscar,  la pellicola è una satira sfrenata sull’avidità, il potere e gli eccessi del capitalismo moderno. “The Wolf of Wall Street” mostra come il denaro possa corrompere e distorcere la moralità, riflettendo il lato più sregolato del sistema finanziario.

2. The Big Short (2015)

Regia: Adam McKay

Il secondo film sui soldi che devi guardare è una sorta di masterclass a tema finanza sulla crisi del 2008. Il cast stellare si sposa benissimo con l’accuratezza delle nozioni presenti all’interno di questo documentario. “The Big Short” è la vera storia della crisi senza precendenti innescata dal crollo del mercato immobiliare negli Stati Uniti.

La pellicola segue un gruppo di investitori, tra cui Michael Bury (interpretato da Christian Bale), che si posizionano short (vendendo allo scoperto) e traggono grandi profitti dal crollo dell’intera sistema economico. Con ironia e intelligenza, il film smaschera le responsabilità delle banche e l’incapacità delle istituzioni di prevenire la crisi, offrendo uno sguardo critico sul capitalismo selvaggio.

MICHAEL BURRY: la GRANDE SCOMMESSA contro il MERCATO

Se segui il mercato delle criptovalute ma, soprattutto, se sei un fan di Bitcoin, saprai che Bitcoin è nato proprio in seguito a quella crisi. L’idea del suo fondatore Satoshi Nakamoto era quella di creare una moneta che non venisse influenzata dai bailout delle banche centrali, azioni che implicano l’emissione di moneta che viene utilizzata per salvare i colossi economici che si trovano in difficolta a causa di comportamenti irresponsabili guidati dall’avidità.

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3. Triangle of Sadness (2022)

Regia: Ruben Östlund

Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, questo film è una satira tagliente sulle dinamiche di potere e la vacuità della ricchezza. La trama segue un gruppo di ricchi passeggeri su un lussuoso yacht, le cui vite vengono sconvolte da una tempesta. Le dinamiche di classe e il ruolo del denaro vengono completamente ribaltati in questa commedia noir, che svela le ipocrisie delle élite e il fragile equilibrio su cui si basa la loro posizione privilegiata.

4. The Founder (2016)

Regia: John Lee Hancock

Il quarto dei film sui soldi che devi assolutamente guardare è “The Founder”. Questa pellicola racconta la storia di Ray Kroc, l’uomo che ha trasformato McDonald’s in una delle catene di fast food più grandi al mondo. Interpretato da Michael Keaton, Kroc è presentato come un ambizioso venditore che, sfruttando l’idea dei fratelli McDonald, costruisce un impero globale. 

Il film mette in evidenza l’avidità e la spietatezza che caratterizzano il capitalismo moderno, mostrando come l’innovazione possa essere affiancata da etica discutibile e una volontà inarrestabile di espandersi a qualsiasi costo.

5. Parasite (2019)

Regia: Bong Joon-ho

Questo capolavoro sudcoreano racconta la storia di una famiglia povera che entra a gamba tesa nella vita di una molto ricca. Man mano che i due nuclei familiari si avvicinano, le disuguaglianze di classe emergono in tutta la loro brutalità.

“Parasite” esplora il divario tra ricchi e poveri, mostrando come le persone più emarginate siano spesso costrette a ricorrere a misure estreme per sopravvivere in un sistema che favorisce solo pochi eletti.

6. Sorry We Missed You (2019)

Regia: Ken Loach

Il film di Ken Loach è un ritratto crudo della gig economy e delle sue conseguenze sulle famiglie lavoratrici. La storia segue Ricky, un autista che cerca di garantire un futuro migliore alla sua famiglia, ma che finisce schiacciato dalle pressioni di un sistema economico che sfrutta i lavoratori con contratti precari. “Sorry We Missed You” è una critica al moderno mondo del lavoro, dove la sicurezza economica è sempre più difficile da raggiungere.

7. Il petroliere (There Will Be Blood, 2007)

Regia: Paul Thomas Anderson

Daniel Plainview, un imprenditore petrolifero, è il protagonista di questo film che esplora l’avidità e la corruzione nel nascente settore petrolifero degli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. Interpretato da Daniel Day-Lewis, Plainview è disposto a tutto pur di accumulare ricchezza e potere. “Il petroliere” è un ritratto spietato del capitalismo selvaggio, dove l’avidità e l’ambizione distruggono qualsiasi legame umano e morale.

Ora che hai letto questo articolo non ti resta che guardare questi sette film sui soldi! Aldilà di quanto siano godibili o avvincenti

Sei sul blog di Young Platform, la piattaforma italiana per comprare criptovalute. Qui puoi trovare le ultime novità su blockchain, Bitcoin e Web3. Raccontiamo da vicino questa economia emergente con un occhio alla finanza tradizionale, così hai tutto quello che ti serve per entrare nella nuova era del denaro.


La sentenza su Sam Bankman-Fried: condannato a 25 anni di reclusione

Sam Bankman Fried condannato a 25 anni

Sam Bankman-Fried, ex CEO e fondatore di FTX, è stato condannato a 25 anni di reclusione dal tribunale del distretto sud di New York. 

Un giudice federale ha, nelle scorse ore, emesso la condanna a venticinque anni di reclusione per Sam Bankman-Fried, l’ex CEO e fondatore di FTX, l’exchange decentralizzato fallito a novembre 2022.

Il destino dell’imprenditore era già, almeno in parte, noto a novembre 2023, quando SBF era stato dichiarato colpevole dal tribunale del distretto sud di New York. Tuttavia, all’epoca si conosceva soltanto la pena massima a cui sarebbe andato incontro l’imputato: 110 anni di reclusione.

È ufficiale: Sam Bankman-Fried condannato a 25 anni

La sentenza ai danni di Sam Bankman-Fried si colloca a metà tra quella proposta dall’accusa, che prevedeva, verosimilmente, dai 40 ai 50 anni di reclusione, e quella richiesta dalla difesa di 6 anni

L’imprenditore è stato dichiarato colpevole, a novembre del 2023, dei seguenti reati: frode telematica, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita dei fondi dei clienti per un valore di 10 miliardi di dollari.

Il giudice del processo Lewis Kaplan ha dichiarato che ad aver gravemente peggiorato la situazione dell’imputato sono state le numerose false testimonianze di SBF durante il processo di quest’autunno. La tendenza di Sam Bankman-Fried a mentire è stata descritta da Kaplan come “un’eccezionale flessibilità nei confronti della verità”.

Inoltre, a pesare sull’esito della condanna, c’è anche l’apparente mancanza di rimorso dimostrata dall’ex CEO di FTX e fondatore di Alameda Research.

Cosa succederà a SBF?

Il team di legali di SBF ha dichiarato, appena dopo l’emissione della sentenza, di aver intenzione di impugnare l’esito in appello. Mentre il tempo limite per esercitare questo diritto è di 14 giorni. SBF è detenuto presso il Metropolitan Detention Center di Brooklyn da agosto, quando gli era stata revocata la cauzione dato che aveva tentato di influenzare alcuni testimoni del processo.


Resta però ancora una domanda a cui dare una risposta: quanto resterà effettivamente in prigione Sam Bankman-Fried? Secondo Christopher Zoukis, un consulente per le carceri federali degli Stati Uniti d’America, l’ex CEO di FTX riceverà una riduzione automatica della pena del 15% (circa 3,75 anni), ma dovrà scontare la maggior parte dei restanti 21 anni in un carcere federale.


Arbitrum lancia AnimeChain, la sua blockchain dedicata ai cartoni giapponesi

Crypto Anime: la nuova blockchain di Arbitrum

Arbitrum lancerà Anime, una nuova blockchain interamente dedicata ai cartoni giapponesi e sceglie come partner la collezione NFT Azuki. Che impatto ha avuto l’annuncio sul suo prezzo?

Nelle scorse ore Arbitrum ha pubblicato un annuncio che farà sicuramente piacere agli appassionati di Anime e blockchain. Il Layer 2 di Ethereum collaborerà con Azuki, un collezione NFT di grande successo, per lanciare un network dedicato al mondo degli anime.

Essendo Arbitrum una soluzione di scalabilità per Ethereum, non è ancora chiarissimo come funzionerà l’AnimeChain. Sarà a sua volta un Layer 2, oppure una rete di terzo livello? Ogni riferimento a DragonBall è puramente casuale.

Una svolta per il mondo degli Anime

Le crypto e gli anime sono connessi da molto tempo, in particolare grazie alla tecnologia degli NFT. Sono innumerevoli le collezioni di token non fungibili che si sono ispirate a questa forma d’arte ma nessuna è riuscita ad eguagliare gli Azuki. Ora, quelle che fino a poco tempo fa erano “soltanto” PFP su Ethereum, hanno un nuovo ambizioso obiettivo. Costruire, insieme ad Arbitrum, una blockchain che ospiterà tantissimi progetti che appartengono alla loro categoria.

“Con la più avanzata tecnologia per la scalabilità del settore, Arbitrum permetterà ad AnimeChain di ridefinire l’esperienza di fruizione di contenuti anime per i fan e i content creator di tutto il mondo”, ha dichiarato Nina Rong, responsabile dello sviluppo dell’ecosistema della Arbitrum Foundation.

Questa iniziativa si colloca all’interno di un più ampio progetto che prevede l’investimento di 200 milioni di ARB (334 milioni di dollari al prezzo attuale) da parte della Arbitrum Foundation per promuovere giochi e, in generale, attività ludiche sulla sua blockchain.

Insomma, la rete punta a conquistare il settore degli Anime, che secondo recenti stime raggiungerà, entro il 2030, un valore di 60 miliardi di dollari. Questa iniziativa riuscirà ad attrarre nuovi utenti su questa rete e, in generale, nel settore delle criptovalute?

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L’impatto sul prezzo di ARB

Che impatto ha avuto, per ora, questa news sul prezzo di ARB? Per ora nessuno. La crypto del Layer 2 di Ethereum è rimasta praticamente immobile nelle scorse ore, mentre è stata interessata, da inizio marzo, da un movimento ribassista accentuato che l’ha riportata dal livello del 2,2$ a quello degli 1,7$.

Il recente crollo di ARB è probabilmente connesso ad un importante sblocco di token, di proprietà del team e di alcuni investitori, avvenuto il 16 marzo. Quel giorno sono stati rilasciati sul mercato circa 1,1 miliardo di ARB. L’attuale controvalore dell’ingente quantità di token è di quasi 2 miliardi di dollari, circa il 41% dell’attuale capitalizzazione di mercato e l’11% della disponibilità massima (max supply).

Il down trend di ARB potrebbe preoccupare se analizzato senza tenere in considerazione l’evento del 16 marzo e sembra, invece, tutto sommato positivo, se si considera l’ingente quantità di token immessa nel mercato. Nei prossimi mesi gli unlock di Arbitrum proseguiranno, ma in maniera più graduale. Il team ha pianificato di rilasciare circa l’1% della disponibilità totale ogni 16 del mese.


Che impatto avrà l’AnimeChain, sviluppata in colaborazione con una delle collezioni NFT più di successo su Ethereum? E per quanto riguarda i movimenti di prezzo? Il peggio è passato e gli sblocchi futuri non impatteranno eccessivamente la price action o, invece, Arbitrum verrà inghiottito da questa spirale inflazionistica e non riuscirà ad uscirne? Se pensi che sia più probabile che si verifichi il primo scenario puoi acquistare ARB su Young Platform