Direttiva Case Green, la misura europea per l’edilizia sostenibile

Direttiva Case Green: cos’è?

Cos’è e come funziona la direttiva della Commissione Europa “Case Green” per migliorare le performance energetiche degli edifici? Scoprilo in questo articolo

Qualche settimana fa è stata approvata, in via definitiva, la direttiva UE soprannominata “Case Green” che ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica degli edifici dell’Unione. 

L’Energy Performance of Building Directive (Epbd) punta a riqualificare gli immobili dei Paesi Membri, in particolare quelli con un impatto più massiccio sull’ambiente. Come verrà attuato all’atto pratico e quali sono gli obiettivi tangibili di questa misura? Scopri tutto sulla direttiva Case Green.

Se sei sensibile al tema della sostenibilità ambientale e al mondo dell’innovazione puoi esplorare la tecnologia blockchain e i suoi progetti più virtuosi. La maggior parte di queste infrastrutture si impegnano, da anni, per ridurre al minimo il loro impatto energetico. Ad esempio, l’energia necessaria per effettuare una transazione crypto su Solana è inferiore a quella che viene impiegata per fare due ricerche su Google.

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Case Green: cos’è e cosa prevede

Il primo passo per comprendere cos’è la direttiva Case Green è conoscere gli obiettivi che l’Unione Europea intende raggiungere attraverso l’attuazione di questa direttiva, che sono, a dir poco, ambiziosi. Il primo, con scadenza nel 2030, implica una riduzione delle emissioni del 55% rispetto al 1990. Il secondo, invece, punta a un’Europa a zero emissioni e la scadenza ultima è il 2050.

Ovviamente, sarà necessario agire in modo graduale e quindi, secondo l’Unione Europea, costruire edifici a zero emissioni a partire dal 2028 ed effettuare dei lavori di ristrutturazione che permettano a quelli esistenti di raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033.

Gli interventi previsti

Come sarà possibile raggiungere la riduzione dei consumi imposta dalla direttiva Case Green? Attraverso l’implementazione di soluzioni già da tempo a disposizione di chi intende rinnovare la propria abitazione dal punto di vista dell’efficienza energetica. Per esempio l’installazione di pannelli solari, di nuove caldaie o la sostituzione degli infissi, in modo da diminuire il grado di dispersione del calore a cui sono soggetti gli edifici.

Non tutti gli immobili, però, dovranno essere ristrutturati. La direttiva europea Case Green, non riguarderà i monumenti storici, gli edifici collocati in zone protette, i luoghi di culto e quelli che vengono utilizzati per brevi periodi, ad esempio le seconde case

Su quest’ultimo punto, l’Unione Europea è stata molto specifica: è importante che il consumo energetico di queste abitazioni sia inferiore al 25% di quello che risulterebbe dall’utilizzo durante tutto l’anno.

La situazione in Italia

La situazione italiana è, ad oggi, abbastanza critica. Secondo le stime dell’associazione italiana dei costruttori edili (Ance), su 12 milioni di edifici residenziali oltre 9 milioni non rispettano gli standard energetici imposti dalla direttiva Case Green.


Ma il problema principale è che c’è molto poco tempo per agire, visto che almeno due milioni edifici dovranno essere ristrutturati entro il 2033. L’Italia riuscirà a raggiungere gli obiettivi comunitari di consumo energetico? Impossibile dirlo ora, bisognerà vedere se questo e i prossimi governi applicheranno i corretti incentivi fiscali utili allo scopo.


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IVA: cos’è e come funziona?

Imposta sul valore aggiunto (IVA): cos’è?

Che cos’è e come funziona l’imposta sul valore aggiunto, meglio nota come IVA? Tutto sulla tassa indiretta

L’imposta sul valore aggiunto o IVA è il principale contributo europeo a carico dei consumatori. Sicuramente l’hai sentita nominare un’infinità di volte ma conosci davvero il suo funzionamento?

Questa imposta è in vigore in tutti i paesi dell’Unione Europea e in Italia è stata introdotta dal Decreto IVA, una legge del 1972. Scopri che cos’è l’imposta sul valore aggiunto, come funziona nel dettaglio e a quanto ammonta.

Imposta sul valore aggiunto: cos’è

L’imposta sul valore aggiunto o IVA è una tassa diretta “sui consumi” il cui pagamento spetta ai consumatori e compone il prezzo finale dei beni e dei servizi che ne sono soggetti. Viene definita un’imposta plurifase, dato che viene applicata a diversi passaggi della filiera produttiva.

Questa non è però una regola generale, per determinate categorie di beni e servizi viene applicata soltanto in un passaggio. Quando ciò avviene si dice che il determinato prodotto è destinatario di un regime “monofase”. Appartengono a questa categoria, per esempio, i tabacchi e i valori bollati, i biglietti per i mezzi di trasporto o i quotidiani e le riviste.

Questa distinzione ci permette di capire la differenza tra il soggetto passivo d’imposta e chi invece si fa carico del pagamento. Per esempio, il titolare di un’edicola è il soggetto passivo d’imposta, colui che dovrà pagare l’IVA sui quotidiani che vende, anche se questa sarà di fatto a carico dei suoi clienti che la pagheranno acquistando i giornali.

Come funziona l’imposta sul valore aggiunto?

Scendiamo, ora, un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire davvero come funziona l’imposta sul valore aggiunto. Come già anticipato è una tassa indiretta che viene sostenuta dal consumatore finale, e quindi non intacca il reddito prodotto dalle aziende. Nel pratico le imprese utilizzano due meccanismi per essere esenti dal pagamento dell’IVA: la rivalsa e le detrazioni.

Per semplificare al massimo il loro funzionamento si può dire che l’imposta sul valore aggiunto viene pagata da ogni attore che partecipa al processo di trasformazione di una materia prima, o produzione di un servizio, al successivo. 

Questo processo si manifesta, per professionisti e imprese, attraverso un’operazione chiamata detrazione che consiste nella deduzione dell’IVA pagata sugli acquisti da quella incassata dalle vendite. 

In altre parole, gli unici che non ricevono un “rimborso” dell’imposta sul valore aggiunto sono i consumatori finali, coloro i quali devono farsi carico di questo tributo.

Per capire come funziona l’IVA bisogna conoscere il concetto di imposta, ovvero un’obbligazione finanziaria il cui fine è sostenere lo stato o altre entità pubbliche. A differenza delle tasse, le imposte non finanziano servizi chiaramente identificabili, ma la spesa pubblica in generale.

Come pagare l’IVA?

Innanzitutto va precisato che il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto varia in base al regime fiscale adottato da aziende e professionisti. Le due principali tipologie sono: regime ordinario o ordinario semplificato e regime forfettario.

Regime ordinario e semplificato

Dedicato principalmente alle imprese o ai professionisti che registrano ricavi e compensi superiori a 85.000€. In questo regime le imprese o i professionisti devono presentare le dichiarazioni annuali dell’IVA e versare l’importo dovuto entro le scadenze stabilite. Possono anche detrarre l’imposta sul valore aggiunto sugli acquisti effettuati nell’ambito dell’attività economica.

Regime forfettario

Al contrario il regime forfettario è accessibile solamente ai professionisti provvisti di partita IVA. Chi appartiene a questa categoria non paga l’IVA, e quindi non la può detrarre, mentre versa le imposte sulla base del reddito percepito.

Imposta sul valore aggiunto: come si calcola?

Infine affrontiamo il calcolo dell’IVA, particolarmente utile per i commercianti che devono sommare l’imposta sul valore aggiunto al prezzo dei loro prodotti. La percentuale che va aggiunta a beni e servizi è stabilita dalle aliquote, che variano a seconda della loro tipologia.

In italia l’aliquota ordinaria è del 22% mentre è inferiore per alcune tipologie di beni e servizi:

  • 4% per i beni alimentari, le bevande e i prodotti agricoli;
  • 5% per altre alimenti;
  • 10% per le forniture di energia elettrica e gas per usi domestici, per medicinali e per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio per specifici beni e servizi.

Dopo questa panoramica dovresti conoscere tutte informazioni più importanti per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto, a partire da cos’è e come funziona fino a chi la deve pagare e come si calcola all’atto pratico.

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È arrivato l’airdrop di Wormhole, uno dei bridge più utilizzati della DeFi

L’airdrop di Wormhole è arrivato

L’airdrop di Wormhole, una delle distribuzioni gratuite più grandi della storia, è arrivato! Scopri tutto su W, il token di governance del protocollo per l’interoperabilità su blockchain

L’airdrop di Wormhole, uno dei protocolli cross-chain più famosi e utilizzati del mondo crypto è arrivato. I portafogli che lo hanno ricevuto sono più di 400.000 e si divideranno circa 620 milioni di token W.

Il token di Wormhole è stato immediatamente listato su diversi exchange centralizzati, come ad esempio Binance. Scopri tutto su questa distribuzione gratuita, in particolare quali sono stati i requisiti per riceverla e qual è il prezzo attuale di W.

La maggioranza degli airdrop crypto vengono utilizzati dai protocolli per premiare i propri utenti. Per riceverli però è necessario utilizzare le applicazioni decentralizzate della DeFi e quindi esplorare il mondo on-chain. Acquista le tue crypto preferite su Young Platform e esplora il web3.

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L’airdrop di Wormhole è arrivato

È possibile, per gli utenti che ne hanno diritto, claimare (reclamare in gergo crypto) l’airdrop di Wormhole dalle 13.30 di oggi (ora italiana). Questa distribuzione gratuita è una delle più sostanziose di sempre, dato che sono stati distribuiti circa 620 milioni di token W, circa 930 milioni in moneta fiat. 

Il prezzo di partenza è stato di circa 2$, mentre attualmente il token W si è stabilizzato sul valore degli 1,5$, efficacemente stimato dalle piattaforme per lo scambio on chain di strumenti derivati provvisti della sezione pre-market. Queste, diventate popolari negli ultimi tempi, consentono di fare trading su una crypto prima che questa sia realmente disponibile sul mercato.

I 400.000 portafogli di criptovalute che hanno ricevuto l’airdrop, detengono al momento il 6,7% della fornitura totale (total supply), che è di 10 miliardi di token, e sono stati selezionati attraverso uno snapshot (un’istantanea della blockchain) il 6 febbraio. La circulating supply al lancio è di 1,8 miliardi, circa il 20% di quella totale.

Per soddisfare i criteri di eleggibilità era necessario aver utilizzato le piattaforme che si appoggiano a Wormhole: principalmente bridge che consentono di trasferire crypto tra diverse reti, sia compatibili con l’Ethereum Virtual Machine (EVM) che non. Anche alcuni holder di NFT sono stati premiati, in particolare i proprietari delle collezioni più popolari di Solana: Mad Labs, DeGods e Bad Kids.

Che cos’è Wormhole?

L’airdrop di Wormhole è uno degli eventi più attesi nel panorama DeFi del mese di aprile, ma di cosa si occupa questo protocollo crypto? Il suo obiettivo principale è quello di permettere ai suoi utenti di trasferire criptovalute e, dunque, informazioni, tra diverse blockchain. 

Di recente ha implementato la tecnologia Zero Knowledge per velocizzare i trasferimenti di valore tra le diverse reti. Attualmente è possibile trasferire crypto da e verso Ethereum, Solana, Aptos, Sui, Cosmos, Near, Injective e tante altre.


Azioni Alibaba: cosa succederà nei prossimi mesi?

Azioni Alibaba: il prezzo salirà nei prossimi mesi?

Le azioni di Alibaba sono sottovalutate e quindi destinate a crescere? Il futuro del colosso cinese tra i cambiamenti strategici e normativi e l’esplorazione dell’intelligenza artificiale

Cosa succederà al prezzo delle azioni di Alibaba nei prossimi mesi? Queste stocks sono state interessate, da febbraio 2021, da un movimento ribassista accentuato. In quel periodo il loro prezzo si trovava vicino al massimo storico (all-time high), mentre attualmente sono “in perdita” del 75% rispetto a quel livello.

Cosa devono aspettarsi gli investitori? Quali saranno gli sviluppi che condizioneranno maggiormente il valore di queste azioni nel prossimo futuro?

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Azioni Alibaba: il panorama attuale

Alibaba è una delle più grandi aziende al mondo. In passato si è affermata nel segmento dell’e-commerce per poi espandersi in altri settori, come quello del cloud computing. Attualmente, secondo le stime, la capitalizzazione di mercato di questo colosso Cinese è di circa 180 miliardi di dollari, un market cap che la rende la 68esima azienda più grande al mondo. 

Nonostante questo, però, le azioni di Alibaba non stanno attraversando un grande momento, in particolare perché l’azienda è stata messa sotto pressione dall’intensa concorrenza e dai cambiamenti strategici del suo modello di business. 

Inoltre, l’annullamento della offerta pubblica iniziale (IPO) per il segmento di cloud computing del brand è stato un duro colpo che, secondo le stime di Forbes, ha causato una perdita di 21 miliardi di capitalizzazione. Cosa accadrà alle azioni di Alibaba nei prossimi mesi? La strada intrapresa dall’azienda e la volontà di esplorare il settore dell’intelligenza artificiale aiuterà le stock a risorgere?

Le azioni di Alibaba sono sottovalutate?

È impossibile dire cosa succederà alle azioni di Alibaba dato che non si può sapere come si evolverà il quadro normativo in Cina. In particolare, queste condizionano il colosso, dato che il governo sta pensando alla ristrutturazione di Alipay. Inoltre, bisogna anche citare l’aumento di controllo delle piattaforme internet e, in generale, la costante evoluzione del panorama normativo cinese.

Detto questo, Alibaba sembra pronta ad affrontare diverse sfide che potranno avere un impatto positivo sulle performance. In particolare l’accelerazione del processo di digitalizzazione delle aziende cinesi potrebbe accrescere incredibilmente la domanda per il suo servizio di cloud computing.

Inoltre, la cancellazione della IPO di Alibaba Cloud e la ristrutturazione di Alipay, nonostante non abbiano sortito effetti positivi sul breve termine, possono essere viste come mosse per privilegiare il successo di lungo periodo.

Per stimare la possibile crescita del prezzo delle azioni Alibaba bisogna anche considerare il rapporto tra quest’ultimo e gli utili dell’azienda (P/E). Questo metodo di misurazione del valore di una società mette a confronto il valore di mercato e gli utili per azione della società

Quando questo è basso, come nel caso di Alibaba che ha un P/E di 12,5, l’azienda in questione potrebbe essere sottovalutata rispetto ai suoi utili. La media delle circa 8.000 aziende quotate in borsa è 15, ma se guardiamo al ratio di quelle più capitalizzate questo valore cresce esponenzialmente. Per esempio il P/E di Amazon è circa 92, quello di Microsoft 38, quello di Meta superiore a 40 e quello di NVIDIA, addirittura, 217.

Alibaba e intelligenza artificiale

C’è ancora un argomento da affrontare per stimare le possibili performance future delle azioni di Alibaba. Il colosso cinese ha, di recente, deciso di esplorare il settore dell’intelligenza artificiale. Il prodotto del colosso cinese che ha attirato l’attenzione è EMO, in grado di animare qualsiasi immagine statica generando espressioni facciali e movimenti.

Secondo alcune proiezioni, il mercato dell’AI raggiungerà, in Cina, un valore di 105 miliardi di dollari grazie ad un tasso annuo di crescita del 18% e l’azienda fondata da Jack Ma è pronta ad aggredirlo. D’altronde è già leader del mercato tech cinese in diversi ambiti, su tutti e-commerce e cloud computing.

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Crisi energetica: come ha risposto l’UE?

Crisi energetica: la risposta dell’UE

Come ha risposto l’Unione Europea alla crisi energetica? Ecco un’analisi dettagliata delle misure adottate e i loro effetti in 5 punti

La crisi energetica, iniziata ormai più di due anni fa in concomitanza con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, sembra, almeno in parte, risolta. Ad agosto del 2022 la situazione era a dir poco critica. In quel frangente il prezzo dell’energia ha raggiunto livelli record e la maggior parte delle economie europee ne hanno risentito.

Com’è la situazione oggi e, in particolare, quali sono state le misure che l’Unione Europea ha attuato per uscire dalla crisi energetica? Sicuramente la prima importante decisione è stata quella di abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili russi, attuata grazie alla diversificazione dei fornitori ma soprattutto riducendone l’uso

1. Diversificazione dei fornitori di energia

Prima dello scoppio del conflitto oltre la metà di tutta l’energia disponibile nell’Unione Europea proveniva dalle importazioni e la Russia era il principale fornitore.


La diversificazione della provenienza degli approvvigionamenti energetici ha permesso all’UE di rafforzare la propria autonomia e resilienza. Ciò significa che l’UE ha sfruttato l’occasione per organizzarsi al fine di essere pronta nel caso in cui si verifichino nuovamente scenari simili. All’atto pratico questo traguardo è stato raggiunto grazie ad un ampliamento della collaborazione con paesi “alleati”, in particolare Stati Uniti e Norvegia. Ma anche grazie all’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto.

2. Taglio delle bollette

Ovviamente, una risposta forte alla crisi energetica doveva arrivare, soprattutto, dal punto di vista economico. In questo senso gli stati dell’Unione hanno adottato un regolamento di emergenza in modo da aiutare i cittadini e le imprese a far fronte agli inevitabili aumenti di prezzo dell’energia.

Le nuove norme permettono agli Stati membri di raccogliere fondi provenienti dai ricavi eccedenti delle imprese del settore dell’energia e di ridistribuirli a chi ne ha più bisogno

3. Ampliamento delle riserve

Il principale obiettivo in questo senso era garantire una quantità di gas sufficiente per i mesi invernali, dato che la Russia aveva interrotto le forniture a diversi paesi dell’Unione Europea. Allo stesso tempo però era necessario ridurre la domanda di gas.

In questo senso, a giugno del 2022, il Consiglio ha adottato un regolamento per garantire che gli impianti di stoccaggio di gas fossero riempiti prima della stagione fredda, assicurando la quantità necessaria a tutti i paesi. La quantità di gas messa da parte ha raggiunto il 90% della capacità di stoccaggio sotterraneo degli stati membri nel 2022 e prima dell’inverno del 2022/2023 praticamente tutti i depositi dell’Unione sono stati riempiti.

4. Crisi energetica: una svolta green?

Se vogliamo guardare il lato positivo della questione, possiamo affermare che la crisi energetica ha obbligato i paesi ad accelerare il processo di decarbonizzazione del settore energetico. Per esempio è stato ridefinito l’obiettivo per la percentuale di energia rinnovabile utilizzata nell’UE, che entro il 2030 dovrà essere almeno del 42,5%. Prima dello scoppio della crisi energetica il target era del 40%.

Inoltre, l’Unione Europea si è impegnata a ridurre il consumo di energia dell’1,7% entro il 2030 e a sostituire progressivamente il gas di origine fossile con tipologie rinnovabili a basse emissioni di carbonio.

5. Prevenire, future, impennate dei prezzi

Infine, l’Unione Europea ha adottato un meccanismo di mercato che contrasta l’incremento eccessivo dei prezzi, come quello registrato nell’agosto del 2022. In quel frangente il prezzo medio del gas ha raggiunto i 300€ al MWh, un costo di più di dieci volte superiore rispetto a quello “normale”.

Per limitare queste impennate causate dalla crisi energetica l’UE ha introdotto un meccanismo di correzione del mercato applicabile sulle piattaforme virtuali per le scambi virtuali di gas attraverso strumenti derivati.

Cosa accadrà nei prossimi mesi? Il recente riacutizzarsi del conflitto tra Russia e Ucraina si abbatterà anche sul costo del gas e quindi saremo costretti ad affrontare nuovamente una crisi energetica? Il lavoro fatto dall’Unione Europea negli ultimi due anni sarà stato sufficiente e consentirà ai paesi membri di rispondere con prontezza nel caso in cui si verifichi questo scenario?

La sentenza su Sam Bankman-Fried: condannato a 25 anni di reclusione

Sam Bankman Fried condannato a 25 anni

Sam Bankman-Fried, ex CEO e fondatore di FTX, è stato condannato a 25 anni di reclusione dal tribunale del distretto sud di New York. 

Un giudice federale ha, nelle scorse ore, emesso la condanna a venticinque anni di reclusione per Sam Bankman-Fried, l’ex CEO e fondatore di FTX, l’exchange decentralizzato fallito a novembre 2022.

Il destino dell’imprenditore era già, almeno in parte, noto a novembre 2023, quando SBF era stato dichiarato colpevole dal tribunale del distretto sud di New York. Tuttavia, all’epoca si conosceva soltanto la pena massima a cui sarebbe andato incontro l’imputato: 110 anni di reclusione.

È ufficiale: Sam Bankman-Fried condannato a 25 anni

La sentenza ai danni di Sam Bankman-Fried si colloca a metà tra quella proposta dall’accusa, che prevedeva, verosimilmente, dai 40 ai 50 anni di reclusione, e quella richiesta dalla difesa di 6 anni

L’imprenditore è stato dichiarato colpevole, a novembre del 2023, dei seguenti reati: frode telematica, riciclaggio di denaro e appropriazione indebita dei fondi dei clienti per un valore di 10 miliardi di dollari.

Il giudice del processo Lewis Kaplan ha dichiarato che ad aver gravemente peggiorato la situazione dell’imputato sono state le numerose false testimonianze di SBF durante il processo di quest’autunno. La tendenza di Sam Bankman-Fried a mentire è stata descritta da Kaplan come “un’eccezionale flessibilità nei confronti della verità”.

Inoltre, a pesare sull’esito della condanna, c’è anche l’apparente mancanza di rimorso dimostrata dall’ex CEO di FTX e fondatore di Alameda Research.

Cosa succederà a SBF?

Il team di legali di SBF ha dichiarato, appena dopo l’emissione della sentenza, di aver intenzione di impugnare l’esito in appello. Mentre il tempo limite per esercitare questo diritto è di 14 giorni. SBF è detenuto presso il Metropolitan Detention Center di Brooklyn da agosto, quando gli era stata revocata la cauzione dato che aveva tentato di influenzare alcuni testimoni del processo.


Resta però ancora una domanda a cui dare una risposta: quanto resterà effettivamente in prigione Sam Bankman-Fried? Secondo Christopher Zoukis, un consulente per le carceri federali degli Stati Uniti d’America, l’ex CEO di FTX riceverà una riduzione automatica della pena del 15% (circa 3,75 anni), ma dovrà scontare la maggior parte dei restanti 21 anni in un carcere federale.


Arbitrum lancia AnimeChain, la sua blockchain dedicata ai cartoni giapponesi

Crypto Anime: la nuova blockchain di Arbitrum

Arbitrum lancerà Anime, una nuova blockchain interamente dedicata ai cartoni giapponesi e sceglie come partner la collezione NFT Azuki. Che impatto ha avuto l’annuncio sul suo prezzo?

Nelle scorse ore Arbitrum ha pubblicato un annuncio che farà sicuramente piacere agli appassionati di Anime e blockchain. Il Layer 2 di Ethereum collaborerà con Azuki, un collezione NFT di grande successo, per lanciare un network dedicato al mondo degli anime.

Essendo Arbitrum una soluzione di scalabilità per Ethereum, non è ancora chiarissimo come funzionerà l’AnimeChain. Sarà a sua volta un Layer 2, oppure una rete di terzo livello? Ogni riferimento a DragonBall è puramente casuale.

Una svolta per il mondo degli Anime

Le crypto e gli anime sono connessi da molto tempo, in particolare grazie alla tecnologia degli NFT. Sono innumerevoli le collezioni di token non fungibili che si sono ispirate a questa forma d’arte ma nessuna è riuscita ad eguagliare gli Azuki. Ora, quelle che fino a poco tempo fa erano “soltanto” PFP su Ethereum, hanno un nuovo ambizioso obiettivo. Costruire, insieme ad Arbitrum, una blockchain che ospiterà tantissimi progetti che appartengono alla loro categoria.

“Con la più avanzata tecnologia per la scalabilità del settore, Arbitrum permetterà ad AnimeChain di ridefinire l’esperienza di fruizione di contenuti anime per i fan e i content creator di tutto il mondo”, ha dichiarato Nina Rong, responsabile dello sviluppo dell’ecosistema della Arbitrum Foundation.

Questa iniziativa si colloca all’interno di un più ampio progetto che prevede l’investimento di 200 milioni di ARB (334 milioni di dollari al prezzo attuale) da parte della Arbitrum Foundation per promuovere giochi e, in generale, attività ludiche sulla sua blockchain.

Insomma, la rete punta a conquistare il settore degli Anime, che secondo recenti stime raggiungerà, entro il 2030, un valore di 60 miliardi di dollari. Questa iniziativa riuscirà ad attrarre nuovi utenti su questa rete e, in generale, nel settore delle criptovalute?

Compra ARB

L’impatto sul prezzo di ARB

Che impatto ha avuto, per ora, questa news sul prezzo di ARB? Per ora nessuno. La crypto del Layer 2 di Ethereum è rimasta praticamente immobile nelle scorse ore, mentre è stata interessata, da inizio marzo, da un movimento ribassista accentuato che l’ha riportata dal livello del 2,2$ a quello degli 1,7$.

Il recente crollo di ARB è probabilmente connesso ad un importante sblocco di token, di proprietà del team e di alcuni investitori, avvenuto il 16 marzo. Quel giorno sono stati rilasciati sul mercato circa 1,1 miliardo di ARB. L’attuale controvalore dell’ingente quantità di token è di quasi 2 miliardi di dollari, circa il 41% dell’attuale capitalizzazione di mercato e l’11% della disponibilità massima (max supply).

Il down trend di ARB potrebbe preoccupare se analizzato senza tenere in considerazione l’evento del 16 marzo e sembra, invece, tutto sommato positivo, se si considera l’ingente quantità di token immessa nel mercato. Nei prossimi mesi gli unlock di Arbitrum proseguiranno, ma in maniera più graduale. Il team ha pianificato di rilasciare circa l’1% della disponibilità totale ogni 16 del mese.


Che impatto avrà l’AnimeChain, sviluppata in colaborazione con una delle collezioni NFT più di successo su Ethereum? E per quanto riguarda i movimenti di prezzo? Il peggio è passato e gli sblocchi futuri non impatteranno eccessivamente la price action o, invece, Arbitrum verrà inghiottito da questa spirale inflazionistica e non riuscirà ad uscirne? Se pensi che sia più probabile che si verifichi il primo scenario puoi acquistare ARB su Young Platform

Bored Apes: il declino degli NFT. Riusciranno a recuperare?

Bored Apes: il prezzo degli NFT ai minimi

Le Bored Apes sono in difficoltà. Il prezzo degli NFT più famosi al mondo è in costante calo da Aprile 2022. Le “scimmie annoiate” sono destinate a scomparire?

Due anni fa acquistare una Bored Apes per 45.000$ sarebbe stato un grande affare. All’epoca il floor price (o prezzo minimo) di questi NFT era più di 350.000$, circa 100 Ethereum (ETH).

Il loro valore però, da due anni a questa parte, è solo e soltanto sceso. Quelle che una volta erano le regine indiscusse del mercato NFT, ora hanno dovuto cedere il primato, seppur per poche ore, alle Nodemonke, una collezione di Bitcoin Ordinals, il cui prezzo minimo è, attualmente 0,65 BTC. Cosa succederà alle Bored Apes nei prossimi mesi? 

Compra Bitcoin

Il bull market crypto si rifletterà anche sugli NFT e quindi sulle scimmie annoiate, o il loro prezzo è destinato a crollare ancora?

Kevin Hart ha venduto, in perdita, la sua Bored Ape

Le Bored Ape hanno nuovamente attirato l’attenzione per via di un avvenimento curioso: la vendita, da parte di Kevin Hart, un famosissimo comico statunitense, di un NFT della collezione. La situazione è completamente diversa rispetto a quella di qualche tempo fa, quando dominavano le testate di settore a causa dell’incredibile aumento di prezzo.

Kevin Hart ha venduto la sua Bored Ape che aveva acquistato per 79,5 ETH, più di 200.000$ all’epoca, ad un prezzo di circa 13,26 ETH, meno di 50.000$. Il motivo della vendita, però, potrebbe non centrare con la perdita di valore delle “scimmie annoiate”. Il comico è coinvolto in una causa legale che coinvolge Yuga Labs, l’azienda web3 che ha creato la collezione NFT e MoonPay, una piattaforma per l’elaborazione dei pagamenti in crypto.

Le scimmiette su Bitcoin superano le Bored Apes

Dopo l’incredibile crollo di prezzo che continua da quasi due anni ora le Bored Apes rischiano di venire rimpiazzate. La collezione di Bitcoin Ordinals, leggi questo articolo per approfondire il loro funzionamento, NodeMonkes ha superato la capitalizzazione di mercato di quella più famosa al mondo. Attualmente le due collezioni di token non fungibili sono coinvolte in un testa a testa intorno al livello dei 500 milioni di dollari di market cap.

Questo sorpasso si colloca in una tendenza più ampia che vede i cosiddetti NFT su Bitcoin in vantaggio rispetto a quelli su Ethereum. Gli Ordinals, o Inscription, hanno registrato nell’ultima settimana un volume di scambio di circa 135 milioni di dollari, contro i 110 milioni di Ethereum. Tuttavia, se guardiamo i volumi mensili, Ethereum è ancora in vantaggio con circa 550 milioni di dollari di volume contro i 530 milioni di Bitcoin.

Guarda il grafico di Ethereum

Al terzo posto, invece, troviamo Solana che detiene indisturbata le sue quote di mercato dato che Polygon (MATIC), in quarta posizione, ha poco più di un decimo dei volumi.

In ogni caso il mercato degli NFT è in forte difficoltà. La ripartenza del bull market non ha sortito alcun effetto sui token non fungibili che appaiono lontanissimi dai fasti del 2021-2022. Nella primavera del 2022, quando questo mercato era dominato da Ethereum, i volumi settimanali si attestavano attorno al miliardo di dollari.

Cosa ci aspetta nei prossimi mesi, il mercato degli NFT è destinato a esplodere nuovamente come è accaduto nel ciclo passato o è stato soltanto un fuoco di paglia? Impossibile dirlo ora, bisogna considerare che il momento di massimo splendore dei token non fungibili è coinciso con la parte finale dell’ultimo ciclo rialzista. La storia si ripeterà?

BUIDL: il nuovo fondo tokenizzato di BlackRock. Perché si chiama così?

BlackRock lancia il suo fondo crypto

BlackRock lancia BUIDL il suo fondo tokenizzato sulla blockchain di Ethereum. Cosa significa questo termine molto utilizzato nel settore delle criptovalute?

BlackRock, il fondo di investimento più grande al mondo, continua a “strizzare l’occhio” al mondo crypto. Dopo aver lanciato il suo ETF spot su Bitcoin e proposto alla Securities and Exchange Commission (SEC) quello su Ethereum, ha rilanciato!

Come? Istituendo il suo fondo tokenizzato sulla blockchain creata da Vitalik Buterin. Una delle principali peculiarità di questa soluzione tecnologica riguarda il nome che BlackRock ha scelto: BUIDL, un termine “crypto slang” molto popolare nel settore. Cosa prevede nel dettaglio il fondo di investimento e qual è il significato e la storia dietro a questo appellativo? 

L’ulteriore avvicinamento tra il mondo crypto e quello finanziario tradizionale contribuirà a rendere il bull market che stiamo vivendo ancora più esplosivo?

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BUIDL: il significato

Il termine BUIDL, che deriva dalla storpiatura della parola inglese “build”, in italiano costruire, è molto utilizzato nel mondo crypto. In particolare dagli utenti che intendono esortare i progetti a lavorare, in modo proattivo, allo sviluppo della propria tecnologia.

Scrivere BUIDL, come già anticipato, significa sbagliare, di proposito, la parola “build”. Il refuso presente in questo termine si ispira a quello di HODL, probabilmente il “modo di dire” più famoso del vocabolario del settore delle criptovalute.

BUlLD però non è un semplice termine ma è, piuttosto, una sorta di movimento che impone a ogni appassionato di criptovalute che crede in un progetto di fare la sua parte. Come? Contribuendo in qualsiasi modo, a farlo progredire. Se vogliamo, la filosofia che sostiene il termine BUIDL è opposta alla logica alla base di HODL. 

Quest’ultima impone la detenzione di una criptovaluta nell’attesa che il prezzo aumenti. Dall’altro lato, il termine utilizzato da BlackRock come nome proprio del suo fondo tokenizzato su Ethereum, considera la partecipazione degli utenti una componente fondamentale del successo di un progetto.

Sebbene non si sappia da dove precisamente derivi, buidl è molto utilizzato da diversi personaggi di spicco di questo settore. Vitalik Buterin per esempio lo usa spesso per citare lo sviluppo della blockchain da lui creata. Anche il fondatore, e ex CEO di Binance, Changpeng Zhao, usa questo termine per motivare la comunità delle criptovalute a contribuire all’ecosistema, invece di limitarsi “all’hodling”.

Il fondo tokenizzato di BlackRock

Ora che conosciamo la storia che sta dietro al termine BUIDL, possiamo approfondire il funzionamento del neonato fondo tokenizzato di BlacRock. Per farlo può essere utile partire dalle dichiarazioni del colosso statunitense, il quale ha fatto sapere di “essere concentrato nello sviluppo di soluzioni basate su asset digitali che aiutino a risolvere problemi reali dei propri clienti”.

Insomma, negli ultimi mesi BlackRock sembra essere intenzionata ad abbandonare i mercati tradizionali per concentrarsi su quelli emergenti, in primis quello delle criptovalute. Il fondo di investimento BUIDL è il primo costruito da una società privata ma emesso su una blockchain pubblica e permissionless.

Guarda il grafico di Ethereum

“BUIDL offrirà agli investitori importanti vantaggi ampliando l’accesso anche al mondo on-chain, attraverso un sistema di regolamentazione trasparente e istantaneo così come i trasferimenti tra le piattaforme” ha continuato BlackRock all’interno del suo annuncio. Inoltre, ha fatto sapere che la somma minima per partecipare al fondo è 5 milioni di dollari. Per quanto riguarda, invece, la custodia degli asset in questione, BlackRock ha scelto Bank of New York Mellon.

Alcuni utenti del crypto X (ex Twitter), in seguito all’annuncio di BlacRock, hanno scovato l’indirizzo del wallet appartenente al fondo. Una volta identificato, diversi utenti hanno inviato delle crypto, prevalentemente meme coin, all’address che ora possiede circa 125.000$ in più rispetto agli USDC depositati, in origine, da BlackRock, che erano 100 milioni.

Difficile comprendere il motivo di questa scelta, probabilmente i detentori di queste criptovalute hanno deciso di inviarne una parte al fondo come “mossa di marketing” per incrementare la visibilità dei progetti che sostengono. Oppure potrebbero essere stati spinti dalla volontà di celebrare l’avvenimento.


A prescindere da questa curiosa vicenda la notizia è incredibilmente positiva per l’intero settore. Gli investitori istituzionali, che fino ad oggi si sono concentrati prevalentemente su Bitcoin, stanno ampliando i loro orizzonti. Questa recente svolta potrebbe aumentare le probabilità dell’approvazione degli ETF spot su Ethereum da parte della SEC?


APT, JUP e ICP arrivano su Young Platform

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Aptos (APT), Jupiter (JUP) e Internet Computer Protocol (ICP): cosa devi sapere?

Aptos è una blockchain Layer 1 che utilizza un algoritmo di consenso di tipo Proof-of-Stake per validare le transazioni sul suo network. Questa rete è programmata in Move, un linguaggio per la scrittura di smart contract, sviluppato da Meta (ex Facebook) nel 2019. Lo scopo principale del progetto è permettere la creazione di applicazioni decentralizzate user friendly, che possano essere utilizzate anche da chi non conosce a fondo le tecnologie che le compongono.

Jupiter è, invece, un neonato exchange decentralizzato nativo di Solana che ha l’obiettivo di fornire ai trader un’esperienza senza precedenti nel settore della DeFi. Su Jupiter si possono effettuare diversi tipi di ordine e scambiare sia criptovalute che contratti derivati in semplicità. È possibile, per esempio, impostare limit order che vengono eseguiti quando un token raggiunge il prezzo prestabilito. Oppure creare la propria strategia di dollar cost averaging (DCA), o acquisto ricorrente, automatizzata.

Infine Internet Computer Protocol (ICP) che si definisce il “computer globale” dato che connette una rete di dispositivi dedicati che, di fatto, costituiscono un ecosistema decentralizzato. È a tutti gli effetti una blockchain Layer 1 pensata per gli utenti meno esperti che punta a rimpiazzare le infrastrutture web2 grazie al suo un meccanismo di archiviazione dei dati decentralizzato.

Come utilizzare APT, JUP e ICP su Young Platform

Ecco tutte le funzionalità disponibili per Aptos (APT), Jupiter (JUP) e Internet Computer Protocol (ICP) su Young Platform e Young Platform Pro:

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Aptos (APT), Internet Computer Protocol (ICP) e Jupiter (JUP) possono essere solamente acquistate e vendute ma non prelevate o depositate da e su Young Platform.