Glossario essenziale per la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute

Dichiarazione redditi criptovalute: glossario fiscale

Scopri tutte le parole e le informazioni essenziali per preparare la dichiarazione dei redditi sulle criptovalute del 2025.

La questione fiscale sulle criptovalute sta diventando uno spauracchio che allontana e spaventa i piccoli investitori. E non dipende tanto dalla difficoltà della materia. Il problema nasce dalla scarsa chiarezza della normativa in sé, dalle innumerevoli interpretazioni che si trovano online e, a monte, dalla difficoltà di applicare leggi tradizionali a tecnologie completamente nuove. 

Tuttavia, anche quest’anno le criptovalute vanno dichiarate e le imposte pagate. Perciò, per aiutarti a orientarti nel labirinto del fisco, abbiamo preparato un glossario essenziale: tienilo a portata di mano mentre compili la dichiarazione o sfoglialo per avere una panoramica aggiornata sul regime fiscale in vigore.

Per scoprire i nostri servizi fiscali:

Airdrop

Un airdrop è la distribuzione gratuita di criptovalute da parte di un progetto, solitamente per promozione. Dal punto di vista fiscale, in Italia è considerato un reddito tassabile, anche se il destinatario non ha speso nulla per ricevere queste criptovalute. L’imposta del 26% si applica sul valore di mercato dei token al momento della ricezione, indipendentemente dal fatto che vengano poi venduti o meno. Quindi, la dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui abbiamo ricevuto l’airdrop con riferimento al prezzo dei token al momento dell’accredito. Se successivamente li vendi a un prezzo maggiore, pagherai una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata. 

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Bot di trading (Smart Trades)

Un bot di trading è un software che esegue automaticamente operazioni di compravendita di criptovalute seguendo regole o strategie preimpostate. Dal punto di vista fiscale, le operazioni eseguite dal bot sono trattate come se fossero eseguite dall’utente: se il bot vende le criptovalute per euro, dollaro o una qualsiasi valuta fiat, l’operazione è fiscalmente rilevante. Se il bot scambia crypto contro EMT (per maggiori dettagli leggi l’approfondimento), l’operazione è fiscalmente rilevante e può generare una plusvalenza tassabile al 26%.

Detto in altre parole, le operazioni automatiche non esonerano dagli obblighi fiscali: ogni ordine può avere impatto sulla dichiarazione dei redditi. Su piattaforme come Young Platform, tutte le attività dei bot (Smart Trades) sono tracciate e già incluse nel report fiscale, con eventuali imposte già calcolate. 

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Bot di trading e Smart Trades: cosa sono e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Cashback in crypto

Criptovalute ricevute come rimborso (cashback) dopo aver effettuato un acquisto o un pagamento, ad esempio con una carta o tramite un’app.

Questi importi sono considerati redditi imponibili e sono tassati con un’aliquota del 26% sul valore delle criptovalute al momento dell’accredito sul portafoglio. L’imposta si paga l’anno successivo alla ricezione, anche se le criptovalute non vengono vendute. Se in seguito si vendono le crypto ricevute come cashback, e il loro valore è aumentato, si paga una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza. In questo caso, il prezzo di carico da usare è il valore di mercato al momento dell’accredito. La plusvalenza imponibile sarà quindi la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di accredito. Le regole fiscali sono identiche a quelle previste per gli airdrop.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Commissioni di transazione

Le commissioni di transazione sono costi applicati dagli exchange o dalle blockchain per l’esecuzione di operazioni come acquisti, vendite, prelievi o trasferimenti di criptovalute. Dal punto di vista fiscale, queste commissioni non sono deducibili dal calcolo delle plusvalenze o minusvalenze.

In altre parole, il guadagno o la perdita derivante da un’operazione viene calcolato esclusivamente sulla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita dell’asset, senza considerare i costi sostenuti per le commissioni.

Questo significa che, anche se hai sostenuto spese per completare una transazione, l’importo della commissione non riduce la base imponibile su cui si calcola l’imposta del 26%. È importante tenerne conto quando valuti il rendimento netto effettivo delle tue operazioni, soprattutto se utilizzi strategie ad alta frequenza. 

Crypto-asset

Il termine crypto-asset, secondo il regolamento europeo MiCAR, indica qualsiasi bene digitale basato su blockchain, incluse criptovalute (come Bitcoin, Ethereum), stablecoin, NFT, token di utilità e asset tokenizzati. La MiCAR ha definito tre categorie principali di crypto-asset: 

  • EMT (Electronic Money Tokens): stablecoin ancorate a una valuta fiat  
  • ART (Asset-Referenced Tokens): token legati a un paniere di asset
  • Utility Token: token che danno accesso a servizi digitali

Per la normativa italiana, che parte da questa categorizzazione, una transazione è fiscalmente rilevante solo se avviene tra asset con caratteristiche e funzioni diverse (es. ETH → NFT). Se scambi crypto simili tra loro (es. BTC ↔ ETH o USDC ↔ USDT), non paghi imposte. Non esiste ancora una classificazione ufficiale per ogni token. Le categorie sono interpretate secondo criteri condivisi, ma possono variare tra operatori e Paesi UE.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Depositi in euro (o altre valute fiat)

Operazioni di versamento di valuta fiat (euro) da un conto bancario o da una carta di pagamento verso il portafoglio in euro di una piattaforma di scambio di criptovalute.

I depositi in euro non sono soggetti a tassazione né devono essere dichiarati nel Quadro RW, in quanto non rappresentano un trasferimento di attività finanziarie estere o l’acquisizione di asset digitali.

Sono considerati semplici movimenti di liquidità e non producono alcuna implicazione fiscale, a meno che non vengano successivamente utilizzati per acquistare criptovalute o altri strumenti rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi.

Depositi in criptovalute

Trasferimento di criptovalute da un wallet personale o esterno (es. Metamask, hardware wallet, wallet custodial) verso un altro exchange, un protocollo DeFi o una piattaforma centralizzata.
Il deposito di crypto non genera imposte né plusvalenze, in quanto si tratta di un semplice spostamento di asset già detenuti. Tuttavia, ha rilevanza fiscale ai fini del monitoraggio e deve essere dichiarato nel Quadro RW (Modello Redditi) o nel Quadro W (730), se l’exchange di destinazione è estero o non fa da sostituto d’imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Importante: al momento del deposito, l’utente deve indicare il prezzo di carico originario degli asset trasferiti. In assenza di tale indicazione, il sistema considera il valore pari a 0 €, con il rischio che, in caso di vendita, l’intero ricavato venga tassato come plusvalenza.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Dichiarazione dei redditi da criptovalute

La dichiarazione dei redditi da criptovalute è il documento fiscale che un contribuente residente in Italia presenta annualmente per comunicare al Fisco i redditi e le attività legate al possesso e alle operazioni effettuate con cripto-attività (crypto-asset), come Bitcoin, Ethereum, NFT, stablecoin e altri token digitali. 

La dichiarazione deve riportare:

  • Le plusvalenze realizzate, cioè i guadagni derivanti dalla vendita o dallo scambio di crypto-asset
  • Le minusvalenze, ovvero le perdite subite in operazioni con valenza fiscale
  • Il valore delle cripto-attività detenute al 31 dicembre di ogni anno (per fini di monitoraggio fiscale)

Le informazioni relative alle criptovalute vanno inserite nei quadri del Modello Redditi (ex Unico) o del Modello 730, rispettivamente nei Quadri RW e RT e Quadri W e T del 730.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Soglia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Hard Fork

Evento tecnico in cui una blockchain si divide in due versioni incompatibili tra loro, dando origine a una nuova rete e a una nuova criptovaluta. Gli utenti che possedevano token sulla blockchain originale ricevono gratuitamente una quantità equivalente di token sulla nuova rete. In Italia, i token ricevuti tramite hard fork sono trattati come redditi diversi, analogamente agli airdrop, e soggetti a imposta del 26% sul valore di mercato dei token nel giorno in cui vengono accreditati nel wallet del contribuente, anche se non vengono venduti. L’imposta va dichiarata e versata nell’anno successivo all’accredito, indicando i valori nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730. Se successivamente si vendono le criptovalute ricevute tramite hard fork, si applica una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza eventualmente realizzata rispetto al valore al momento della ricezione.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Hard fork: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Imposta di bollo (IVACA)

In Italia, la tassazione patrimoniale sulle criptovalute può avvenire in due modalità, a seconda di dove sono custoditi gli asset: 

  • IVACA (Imposta sul Valore delle Cripto-Attività): si applica sulle criptovalute detenute su exchange esteri o wallet privati. Va dichiarata nel Quadro RW del Modello Redditi (o Quadro W del 730), e il relativo importo deve essere versato tramite Modello F24.
  • Imposta di bollo: si applica automaticamente alle criptovalute custodite su piattaforme italiane che trattengono e versano direttamente l’imposta. 

In entrambi i casi, l’aliquota è dello 0,2% annuo, calcolata sul valore di mercato delle criptovalute detenute al 31 dicembre dell’anno fiscale. L’imposta è dovuta anche se le criptovalute non sono state scambiate o vendute: il solo fatto di detenerle genera l’obbligo fiscale.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Imposta patrimoniale sulle criptovalute 2025: imposta di bollo e IVACA

Metodo contabile LIFO (Last In, First Out)

Metodo di calcolo utilizzato per determinare il valore delle plusvalenze e minusvalenze nella vendita di criptovalute. Secondo il principio LIFO – “Last In, First Out”, si assume che gli ultimi asset acquistati siano i primi a essere venduti. Questo criterio impatta direttamente sull’entità della plusvalenza imponibile, poiché viene confrontato il prezzo di vendita con il costo di acquisto più recente.

Esempio: se acquisti 1 BTC a 20.000 €, poi un altro a 30.000 €, e ne vendi uno a 35.000 €, con il metodo LIFO si considera venduto quello da 30.000 €. La plusvalenza sarà 35.000 – 30.000 = 5.000 €.

In ambito fiscale, il metodo LIFO è riconosciuto quale criterio di determinazione delle plusvalenze per le cripto-attività (in assenza di sostituto di imposta). È il metodo adottato nei report fiscali generati da Young Platform, dove il calcolo avviene in automatico, secondo le indicazioni normative italiane.

Mining

Attività di convalida delle transazioni e creazione di nuovi blocchi su una blockchain, svolta mediante l’impiego di potenza computazionale in cambio di una ricompensa in criptovaluta.
Dal punto di vista fiscale, in Italia il mining può generare due tipologie di reddito, a seconda della natura dell’attività:

  • A livello personale (non professionale): la ricompensa ricevuta è considerata reddito diverso e tassata al 26% sul valore di mercato della criptovaluta nel giorno in cui viene accreditata, anche se non viene venduta. 
  • A livello professionale (con mezzi organizzati e continuità): si considera reddito d’impresa, soggetto a IVA e tassazione ordinaria, con obbligo di partita IVA.

La dichiarazione e il pagamento dell’imposta avvengono l’anno successivo rispetto a quello in cui si è verificato l’accredito, calcolando il 26% sul prezzo delle crypto nella data in cui le abbiamo ricevute sul wallet.
Le ricompense ottenute devono essere indicate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del 730, a seconda del regime dichiarativo adottato.
Se successivamente vendi le ricompense ricevute con il mining a un prezzo maggiore rispetto al prezzo di accredito, pagherai una seconda imposta del 26% sulla plusvalenza realizzata. 

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento:  Mining di criptovalute: trattamento fiscale in Italia nel 2025

Minusvalenze

Perdita che si verifica quando una criptovaluta viene venduta a un prezzo inferiore rispetto al suo costo di acquisto. Dal punto di vista fiscale, le minusvalenze realizzate nella cessione di cripto-attività possono essere compensate con plusvalenze ottenute dalla vendita di altre criptovalute, riducendo l’imposta complessivamente dovuta.

A partire dal 2023, la normativa italiana prevede che tali minusvalenze siano compensabili entro cinque anni, incluso quello in cui la perdita è stata realizzata. Le minusvalenze maturate prima del 2023 non sono compensabili, a causa del cambio di regime fiscale introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.

Le minusvalenze devono essere dichiarate nel Quadro RT del Modello Redditi o nel Quadro T del modello 730, e devono essere supportate da documentazione che attesti prezzo di acquisto, vendita e data delle operazioni.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Minusvalenze nelle criptovalute: cosa sono e come utilizzarle per ridurre l’imposizione fiscale nel 2025

Modello Redditi Persone Fisiche (ex Modello Unico) 

Documento ufficiale per la dichiarazione dei redditi in Italia, utilizzato da contribuenti che non possono o non vogliono usare il Modello 730. Consente di dichiarare tutte le tipologie di reddito, comprese le plusvalenze da criptovalute e il possesso di crypto-asset detenuti su exchange esteri o wallet personali, tramite i quadri RT (redditi diversi) e RW (monitoraggio fiscale e imposte patrimoniali). Richiede il calcolo autonomo delle imposte e il versamento tramite Modello F24.

Ordini con valuta fiat

Operazioni in cui una criptovaluta viene acquistata o venduta utilizzando una valuta tradizionale, come euro o dollari. Le plusvalenze generate dalla vendita di criptovalute contro valuta fiat sono sempre imponibili. Il guadagno imponibile si calcola confrontando il prezzo di vendita con il prezzo di carico della criptovaluta, secondo il metodo LIFO.

Ordini con stablecoin EMT

Operazioni di compravendita di criptovalute eseguite contro stablecoin classificate come EMT (Electronic Money Tokens), come USDT o USDC. Fiscalmente, sono trattate come vendite per valuta fiat, quindi generano una plusvalenza imponibile se il valore al momento della vendita è superiore al prezzo di carico. Il calcolo avviene convertendo l’importo in euro al tasso di cambio corrente.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Crypto-asset: dalla MiCAR al fisco italiano

Ordini swap

Operazioni di scambio diretto tra criptovalute con le stesse caratteristiche e funzioni, che non generano imposizione fiscale immediata. Il prezzo di carico della criptovaluta ceduta viene trasferito a quella ricevuta. L’eventuale plusvalenza sarà tassata solo nel momento in cui la nuova criptovaluta sarà successivamente venduta o scambiata con valuta fiat o stablecoin EMT.

Pair (valuta base e valuta quotata)

Nel trading di criptovalute, un pair rappresenta una coppia di valute utilizzata per effettuare scambi. La valuta base è l’asset che si intende acquistare o vendere. La valuta quotata (o di riferimento) è quella con cui si misura il valore della valuta base. Ad esempio, nel pair BTC/EUR, stai comprando o vendendo Bitcoin (BTC, valuta base) utilizzando euro (EUR, valuta quotata). Ai fini fiscali, è importante sapere quale delle due è la valuta quotata, perché se è una valuta fiat (come l’euro) o una stablecoin di tipo EMT, lo scambio può generare una plusvalenza imponibile.

Plusvalenze da criptovalute

La plusvalenza è il guadagno che si realizza quando si vende o si scambia una criptovaluta a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto (o di ricezione, come nel caso di airdrop, staking o mining).
In Italia, le plusvalenze generate dalle criptovalute sono considerate redditi diversi di natura finanziaria e sono tassate con un’aliquota fissa del 26% se superano i 2.000 euro (fino al 31.12.24). La plusvalenza si calcola così:

  • Valore di vendita (in euro) – Prezzo di carico = Plusvalenza imponibile

L’imposta si applica solo quando la plusvalenza è realizzata, cioè nel momento in cui la criptovaluta viene ceduta in cambio di:

  • euro o altra valuta fiat
  • stablecoin classificate come EMT (es. USDT, USDC)
  • beni o servizi 

Se non c’è una conversione in valuta fiat o EMT, ad esempio in uno swap tra due criptovalute con caratteristiche simili, non si realizza una plusvalenza immediata e non si paga alcuna imposta.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Soglia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Premi da funzionalità Earn

Ricompense in criptovaluta ricevute da un utente a seguito di un’azione svolta su una piattaforma (es. completare un quiz, guardare un video, partecipare a una promozione).

Sono considerate redditi imponibili e tassate al 26% sul valore al momento dell’accredito nel portafoglio. Le imposte si pagano l’anno successivo alla ricezione, anche se i token non vengono venduti. Se in futuro si vendono queste criptovalute (in euro o in stablecoin classificate come EMT), e il valore è aumentato, si paga un’ulteriore imposta del 26% sulla plusvalenza. Il prezzo di carico da usare è quello del giorno in cui le hai ricevute. Questo trattamento fiscale è lo stesso previsto per gli airdrop.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Airdrop: cos’è e quali sono le imposte da pagare nel 2025

Prezzo di carico

Il prezzo di carico è il valore iniziale di una criptovaluta al momento in cui entra nel tuo patrimonio. Serve per calcolare la plusvalenza o minusvalenza quando venderai o scambierai quell’asset. È un elemento fiscale importante: se non viene dichiarato correttamente, potresti pagare più tasse del dovuto. 

Nel caso di acquisto diretto, coincide con il prezzo pagato. Per criptovalute ricevute tramite airdrop, staking, mining, hard fork o programmi Earn, corrisponde al valore di mercato al momento dell’accredito. Se la cyrpto viene trasferita da un wallet esterno su un exchange, il prezzo di carico deve essere dichiarato manualmente dall’utente. In assenza di tale indicazione, si considera pari a zero, con conseguente tassazione integrale dell’importo ricavato dalla vendita.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Quadro RW

Parte del Modello Redditi (ex Unico) dedicata al monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere e delle criptovalute. Serve a dichiarare il possesso di criptovalute e a calcolare l’imposta di bollo (0,2% annuo) sul loro valore al 31 dicembre. È obbligatorio anche se non si sono realizzati guadagni, semplicemente per il possesso.

Quadro RT

Sezione del Modello Redditi dedicata alla dichiarazione delle plusvalenze da attività finanziarie, comprese le cripto-attività. Qui si indicano: le plusvalenze realizzate vendendo criptovalute con un guadagno superiore a 2.000 €. L’imposta da applicare è del 26%.

Quadro W

Equivalente del Quadro RW, ma presente nel Modello 730. Serve per dichiarare il possesso di criptovalute, anche se non si è fatto trading, e per pagare l’imposta di bollo sul valore totale delle cripto al 31 dicembre.

Quadro T

Equivalente del Quadro RT, ma presente nel Modello 730.Va compilato se si sono ottenuti guadagni da criptovalute (come vendite con plusvalenza o ricompense da staking).
Consente di calcolare l’imposta sostitutiva del 26% sui redditi da cripto-attività.

Ravvedimento Operoso

Strumento previsto dalla normativa fiscale italiana che consente di regolarizzare omissioni o errori nella dichiarazione dei redditi, versando le imposte dovute con sanzioni e interessi ridotti. Può essere utilizzato, ad esempio, per sanare plusvalenze da criptovalute non dichiarate negli anni precedenti, prima che l’Agenzia delle Entrate avvii un controllo.

Ricompense da staking

Le criptovalute ricevute come premio per aver bloccato i propri fondi in staking. Sono considerate redditi imponibili e tassate al 26% sul valore al momento della ricezione. Vanno dichiarate e le imposte pagate l’anno successivo all’accredito sul tuo portafoglio. Se successivamente vengono anche vendute con guadagno per valuta fiat o stablecoin di tipo EMT, si applica un’ulteriore imposta del 26% sulla plusvalenza. Eventuali plusvalenze vanno dichiarate e le imposte pagate l’anno successivo alla vendita. 

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Staking e Fisco: come funzionano le imposte sulle ricompense nel 2025

Rivalutazione

Meccanismo che permette di aggiornare il valore fiscale di carico delle criptovalute detenute al 1° gennaio dell’anno di dichiarazione, pagando un’imposta sostitutiva ridotta invece della normale tassazione sulle plusvalenze. Per le imposte sulle plusvalenze del 2024, ciò significa inserire come prezzo di acquisto (o prezzo di carico) il valore al 1° gennaio 2025. Questo sistema è particolarmente utile per chi non conosce il prezzo di acquisto delle proprie criptovalute perché le ha comprate molto tempo fa, non dispone della documentazione degli anni passati o è un early adopter che ha acquistato a prezzi molto bassi. L’obiettivo è evitare di pagare un’imposta molto elevata sulle plusvalenze accumulate nel tempo. Tuttavia, aderire alla rivalutazione comporta l’obbligo esplicito di pagare subito il 18% di imposta sostitutiva e, in futuro, il 26% sulle plusvalenze generate dalla vendita con riferimento al maggior valore rispetto al 1 gennaio 2025.

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Rivalutazione delle criptovalute 2025: come funziona e quando conviene

Soglia di esenzione da 2.000 € valida fino al 31.12.24

Importo limite previsto dalla normativa italiana al di sotto del quale le plusvalenze realizzate con la vendita o lo scambio di criptovalute non sono soggette a imposizione fiscale. Se il totale delle plusvalenze nette annuali è pari o inferiore a 2.000 €, non si applica alcuna imposta. Se la soglia viene superata anche di un solo euro, l’intero importo diventa imponibile al 26%. La soglia si calcola su base annua e non si applica in modo proporzionale. 

Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Soglia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

Stack di criptovalute

È il totale delle criptovalute possedute da un utente, suddiviso per prezzo di acquisto o modalità di acquisizione (acquisto, staking, airdrop, mining, ecc.). Lo stack aumenta con ogni nuova criptovaluta ricevuta o acquistata e diminuisce quando si effettuano vendite, conversioni o trasferimenti. Il valore di carico (cioè il prezzo di riferimento) di ciascuna unità dello stack è importante per calcolare correttamente le imposte in caso di vendita.Per una spiegazione dettagliata con esempi pratici, consulta l’articolo di approfondimento: Prezzo di carico: perché è così importante per la dichiarazione dei redditi da criptovalute

Pectra: il prossimo grande aggiornamento di Ethereum spiegato semplice

Pectra aggiornamento Ethereum: come funziona?

L’aggiornamento di Ethereum Pectra dovrebbe arrivare il 7 maggio. Ecco che cos’è, come funziona e che miglioramenti introduce.

L’aggiornamento di Ethereum Pectra sta per essere attivato sulla blockchain di Ethereum. L’update, che è già in fase di test, ha degli obiettivi chiari: rendere la rete più veloce, scalabile e user-friendly.

Con Pectra, potremo dire addio all’obbligo di pagare le gas fees solo in ETH e, tra le altre cose, assistere ad una più efficiente esecuzione degli smart contract. Per quanto riguarda l’impatto a lungo termine, invece, grazie a innovazioni come i verkle trees e il Peer DAS, l’intera rete dovrebbe diventare più economica da utilizzare, potente e pronta a gestire milioni di utenti in più.

Pectra non è famoso come The Merge, ma ha lo stesso potenziale rivoluzionario. Si tratta di un hard fork, quindi un cambiamento strutturale profondo, che dividerà in modo netto il “prima” e il “dopo” nella blockchain di Ethereum. Il nome deriva dall’unione di due aggiornamenti distinti: Prague, che agisce sull’esecution layer, e Electra, che interviene sul consensus layer. Proprio come è successo nel 2024 con Dencun (da Deneb + Cancun), anche Pectra unisce due anime in una sola evoluzione.

Come funziona Pectra?

Per comprendere veramente che cos’è e come funziona Pectra è essenziale catapultarsi sugli aspetti pratici, molto più efficaci per “capirci qualcosa” quando si parla di tecnologia. 

1. Account Abstraction

Il primo punto su cui si concentra l’aggiornamento di Ethereum Pectra è l’account abstraction: un concetto centrale negli ultimi due anni nel mondo on-chain. Per chiarire in breve cosa si intende, possiamo definirla come una tecnologia (introdotta tramite la proposta tecnica EIP-4337 sulla blockchain di Ethereum) che unisce le funzionalità degli account tradizionali e degli smart contract, dando vita agli smart wallet.

Questa innovazione semplifica radicalmente l’esperienza utente, eliminando la necessità di una seed phrase, automatizzando le transazioni e riducendo le gas fee. In parole semplici, l’account abstraction è la tecnologia che renderà l’uso delle applicazioni decentralizzate simile a quello delle app tradizionali.

Un cambiamento che influenzerà anche lo status quo attuale, in cui gli utenti devono possedere almeno una piccola quantità di Ether (ETH) nei loro wallet per pagare le gas fee, ovvero i costi di transazione da sostenere ogni volta che si effettua un trasferimento o si interagisce con una dapp (app decentralizzata).

2. Smart contract più efficienti

Il secondo punto focale dell’aggiornamento Pectra riguarda l’efficienza degli smart contract di Ethereum, in particolare per quanto riguarda la loro esecuzione. Tra i miglioramenti previsti c’è l’introduzione della proposta EIP-7692, che a sua volta raccoglie diverse altre proposte tecniche. Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo dire che questa proposta cambia il modo in cui gli smart contract vengono compilati (dal punto di vista del codice) e gestiti.

Ad esempio, i contratti saranno divisi in sezioni con un’intestazione chiara, facilitando l’analisi, la manutenzione e la sicurezza del codice. Verranno introdotti nuovi comandi per saltare tra sezioni, manipolare lo stack e leggere i dati in modo più efficiente. 

Inoltre, il codice sarà validato una sola volta al momento del deploy e non più a ogni esecuzione, riducendo costi ed errori. Tutti questi cambiamenti avvengono a livello di bytecode, non nel linguaggio di alto livello come Solidity. In pratica, l’EVM Object Format (EOF) cambia il modo in cui il codice scritto in Solidity viene compilato ed eseguito all’interno della EVM.

3. Validatori più flessibili

Spostiamoci ora sul fronte del consenso, dove l’aggiornamento di Ethereum Pectra introdurrà ulteriori miglioramenti alla rete Ethereum. Attualmente, un validatore deve bloccare 32 ETH per ricevere le ricompense derivanti dallo staking. Tuttavia, qualsiasi importo superiore a 32 ETH non genera ricompense aggiuntive: resta fermo e inutilizzato. Pectra interverrà su questo limite in due modi: introdurrà il prelievo flessibile delle puntate (EIP-7002) e aumenterà il limite massimo di staking per validatore da 32 a 2048 ETH (EIP-7251). Questo cambiamento renderà il sistema più flessibile ed efficiente, soprattutto per chi gestisce grandi quantità di ETH — come aziende o operatori istituzionali.

Un’altra novità importante sarà il cosiddetto “consolidamento dei validatori”: grazie a questa funzione, realtà come Lido, che effettuano staking per conto di molti utenti, potranno gestire meno nodi validatori per la stessa quantità di ETH. Il risultato? Meno pressione sulla rete, più efficienza, e un uso più sostenibile delle risorse.

4. Verkle Tree

Questa integrazione è piuttosto tecnica, quindi non entreremo nei dettagli, ma ci limiteremo a una spiegazione ad alto livello. In sintesi, i Verkle Tree permetteranno ai nodi della rete di memorizzare meno dati rispetto a quanto avviene oggi. Il risultato? Una rete più leggera, veloce e scalabile.

Si tratta, in pratica, di un nuovo modo di organizzare i dati, più efficiente dell’attuale. Questo cambiamento renderà Ethereum più performante e meno costoso da usare nel lungo periodo.

5. Peer DAS per i Layer 2

Infine, come probabilmente sapete Ethereum ha bisogno dei Layer 2 – come Arbitrum (ARB) e Optimism (OP) – perché permettono alla rete di scalare. Con l’aggiornamento di Ethereum arriva il Peer Data Availability Sampling, una tecnologia che riduce i costi e migliora la velocità delle transazioni su questi Layer 2 dato che consente di verificare rapidamente i dati delle transazioni senza doverli scaricare. Un supporto concreto per mantenere basse le fee, anche nei momenti di alta attività on-chain.

Un doppio aggiornamento, in due fasi

Pectra sarà rilasciato in due momenti distinti. La prima parte, che include le novità più “visibili”, come l’account abstraction e le modifiche per i validatori, tra meno di un mese, la data ufficiale di rilascio è fissata, ad oggi, per il 7 maggio 2025. La seconda parte, che includerà i miglioramenti più tecnici, come l’EVM Object Format (EOF) e il Peer DAS, pensati per potenziare Layer 2 e smart contract arriverà, invece, nel 2026.

Impatto sul prezzo di ETH? Difficile da dire…

Ethereum, al momento, non se la passa bene, dopo essersi avvicinato ai massimi storici in più frangenti ha perso più del 60% del suo valore e sembra intrappolato in una spirale discendente senza fine. Per questo motivo non ci sentiamo di affermare che Pectra impatterà sul suo prezzo.

Tuttavia, questo aggiornamento potrebbe gettare le basi per una adozione più ampia e quindi avere un impatto positivo su Ether sul fronte che più ci interessa, quello dei cosiddetti “fondamentali”. Se ci pensate pagare le gas fees con qualsiasi token, scrivere e deployare smart contract in modo più efficiente e gestire lo staking in modo flessibile sono caratteristiche che rendono Ethereum più attraente sia per gli sviluppatori che per gli utenti finali.

Insomma, Pectra non è un aggiornamento qualsiasi: è il prossimo passo concreto verso una rete di Ethereum più scalabile, economica e accessibile. Un passo silenzioso ma decisivo per superare il trilemma blockchain (scalabilità, sicurezza, decentralizzazione) e preparare la rete alla vera adozione di massa.

I servizi fiscali di Young Platform: una soluzione completa per la dichiarazione delle criptovalute e il pagamento delle imposte

Report Fiscale dichiarazione crypto

Tutto ciò che devi sapere per calcolare, documentare e dichiarare le tue attività crypto senza errori.

Per semplificare il processo di dichiarazione e garantire la piena conformità alle normative italiane, Young Platform offre strumenti avanzati che permettono di calcolare, documentare e dichiarare le proprie attività crypto in modo semplice e accurato.

In questo articolo vedremo quali report acquistare, a cosa servono, quanto costano e come utilizzarli.

  • Report fiscale di Young Platform: per chi utilizza solo il nostro exchange.
  • Report fiscale Young-Okipo: per chi utilizza diversi exchange, DEX, NFT e protocolli DeFi.
  • Report delle transazioni: per archiviare lo storico movimenti, ordini e Smart Trades (e da caricare su Okipo per chi sceglie questa opzione).
  • Ricevuta imposta di bollo: da scaricare e conservare per eventuali accertamenti del fisco.
  • Commercialista crypto: per chi ha qualche dubbio o ha bisogno di delegare completamente la sua dichiarazione a un esperto.

Documentazione fiscale di Young Platform

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Entrambi i report sono accessibili direttamente dalla sezione “Tasse & Report” disponibile su desktop.

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Report Fiscale Young Platform: per chi utilizza solo Young Platform

Se hai comprato, venduto o detenuto criptovalute solo su Young Platform (Base o Pro), questo report fiscale ti permette di ottenere facilmente tutti i dati necessari per la dichiarazione dei redditi.

Cosa contiene il report?

Calcolo automatico delle plusvalenze e minusvalenze
Il report analizza tutte le operazioni effettuate e calcola il guadagno o la perdita netta, fornendo direttamente i valori da inserire nella dichiarazione dei redditi.

Quadri precompilati per la dichiarazione
Il report fornisce i moduli fiscali già organizzati con i tuoi dati, semplificando la compilazione della dichiarazione dei redditi.

  • Quadro RW → lo trovi nel Modello Redditi persone fisiche. Serve per dichiarare il possesso di criptovalute ed è necessario per il calcolo dell’imposta di bollo.
  • Quadro RT → Serve per dichiarare le plusvalenze e le minusvalenze, ottenendo così il calcolo dell’imposta dovuta.
  • Quadro W → Equivalente al Quadro RW ma specifico per i lavoratori dipendenti e pensionati che utilizzano il 730. Indica il possesso di criptovalute e consente il calcolo dell’imposta di bollo.
  • Quadro T → Equivalente al Quadro RT per chi utilizza il 730. Permette di dichiarare guadagni o perdite sulle criptovalute e calcolare l’imposta sulle plusvalenze.

Gli sconti dedicati ai Club Young Platform 

I membri dei Club godono di sconti fissi sull’acquisto del Report Fiscale di Young Platform. 

dichiarazione dei redditi 2025 criptovalute

I vantaggi del Report Fiscale di Young Platform

Il Report Fiscale di Young Platform è pensato per rendere la dichiarazione delle criptovalute semplice, chiara e conveniente. A differenza di altri servizi, offre condizioni vantaggiose che aiutano gli utenti a risparmiare sui costi.

Pagamento unico per tutti gli anni fiscali 

Molti servizi simili richiedono il pagamento di un report separato per ogni anno da dichiarare. Con Young Platform, invece, paghi una sola volta e il report copre automaticamente tutti gli anni fiscali di operatività.  

Esempio: se hai iniziato a investire su Young Platform nel 2019, il report includerà tutti i tuoi dati dal 2019 a oggi, senza costi aggiuntivi.

Prezzo basato sulla tua reale attività 

Il costo del report dipende dal numero di transazioni effettuate e non è fisso. Questo significa che chi ha fatto poche operazioni paga meno rispetto a chi ha un’attività più intensa. Il piano base parte da 19,99€.

A differenza di altri servizi che applicano un costo uguale per tutti, Young Platform adotta un sistema più equo, evitando tariffe alte per chi ha effettuato poche operazioni.

Prezzo ancora più vantaggioso per chi ha già acquistato il report in passato 

Se hai già comprato il Report Fiscale di Young Platform negli anni passati, non dovrai pagare di nuovo per le transazioni già dichiarate. Il prezzo verrà calcolato solo sulle nuove operazioni del 2024, garantendoti un risparmio concreto.

Questa soluzione permette agli utenti di rimanere in regola con il Fisco senza costi inutili, con un servizio trasparente e conveniente.

Acquista il Report Fiscale di Young Platform

Report Fiscale Young-Okipo: per chi possiede più wallet o utilizza diversi exchange

Se hai operato su più piattaforme di trading, utilizzi wallet esterni, investi in NFT o partecipi ad attività DeFi come staking e yield farming, dichiarare le tue criptovalute può diventare complicato.

Il Report Fiscale Young-Okipo è stato creato per semplificare questo processo: raccoglie automaticamente tutte le operazioni effettuate su qualsiasi exchange o wallet in un unico documento fiscale pronto per la dichiarazione. Basta importare il file csv delle transazioni.

In questo modo, puoi gestire facilmente la tua fiscalità crypto, senza dover ricostruire manualmente ogni transazione.

Cosa include il Report Young-Okipo?

Collegamento diretto con altri exchange e wallet
Questo report consente di importare le transazioni da qualsiasi piattaforma, comprese Binance, Coinbase, Kraken, Metamask, Ledger e molte altre. In questo modo, puoi ottenere una panoramica completa della tua attività in un solo documento.

Supporto per DeFi, NFT e altre attività crypto
Se hai operato in staking, yield farming, lending o trading su DEX, il Report Young-Okipo è in grado di calcolare le plusvalenze e minusvalenze anche su queste operazioni.

Storico dal 2016 ad oggi
Questo strumento ti permette di importare e regolarizzare le transazioni passate, creando un report retroattivo che copre tutti gli anni fiscali di cui hai bisogno.

Importazione automatizzata
Non è necessario inserire manualmente i dati delle operazioni. Il sistema consente di caricare file CSV o collegare gli account per generare un report unificato e pronto per la dichiarazione fiscale.

Quadri precompilati per la dichiarazione
Il report include i fac-simile dei Quadri RW, RT, W e T, che servono per la compilazione della dichiarazione dei redditi:

  • Quadro RW e Qadro W → Per dichiarare il possesso di criptovalute.
  • Quadro RT e Quadro T → Per riportare le plusvalenze generate nel periodo fiscale.
dichiarazione dei redditi okipo 2025

Per usufuire di questi sconti e prezzi è necessario acquistare il Report Young-Okipo direttamente da Young Platform nella sezione “Tasse & Report” e non sul sito di Okipo.

Acquista il Report Fiscale Young-Okipo

Quali sono i vantaggi del Report Young-Okipo?

Un unico report per tutti gli anni fiscali

A differenza di altri servizi che fanno pagare separatamente ogni anno, con il Report Young-Okipo paghi una sola volta per regolarizzare tutte le transazioni dal 2016 ad oggi.

Semplicità d’uso

Il sistema automatizzato permette di importare i dati da diversi exchange e wallet senza inserimenti manuali, risparmiando tempo ed evitando errori.

Assistenza dedicata

Gli utenti Young Platform hanno accesso a un servizio clienti prioritario per supporto e chiarimenti sulla dichiarazione fiscale.

Questa soluzione è pensata per chi ha un’attività crypto distribuita su più piattaforme e vuole ottenere un unico documento fiscale per semplificare la dichiarazione dei redditi, riducendo al minimo il rischio di errori o omissioni.

Report delle Transazioni di Young Platform

Il Report delle Transazioni di Young Platform è uno strumento utile e gratuito per monitorare e documentare tutte le operazioni effettuate sulla piattaforma. Si tratta di un documento che riporta in modo dettagliato ogni movimento di criptovalute e valute fiat, inclusi acquisti, vendite, depositi e prelievi.

A cosa serve il Report delle Transazioni?

Questo report non è un documento fiscale, ma un estratto conto completo della tua attività su Young Platform.
Se utilizzi il report Young-Okipo, assicurati di scaricare tutti i report delle transazioni dal tuo account e caricarli su Okipo per una corretta elaborazione fiscale.

Inoltre, è utile per:

  • Tracciabilità e archiviazione delle operazioni
    Il report consente di avere una panoramica chiara e dettagliata di tutte le transazioni effettuate, facilitando il controllo del proprio storico di investimenti.
  • Supporto alla dichiarazione fiscale
    Sebbene non sostituisca il Report Fiscale, il Report delle Transazioni è un documento essenziale per chi vuole verificare i movimenti. Inoltre, in caso di dichiarazione autonoma senza un report fiscale precompilato, può servire come base per il calcolo delle plusvalenze e minusvalenze.
  • Utilità in caso di controlli fiscali
    Se l’Agenzia delle Entrate dovesse effettuare verifiche sulle operazioni di un contribuente, il Report delle Transazioni può essere utilizzato per dimostrare l’origine dei fondi e la tipologia di operazioni eseguite.
  • Integrazione con altri strumenti di gestione finanziaria
    Chi utilizza software di contabilità o strumenti di analisi finanziaria per monitorare il proprio portafoglio può importare i dati del report per avere un quadro più dettagliato della propria situazione patrimoniale.

Cosa contiene il Report delle Transazioni?

Il documento include informazioni dettagliate su:

  • lo storico movimenti, che contiene la cronologia di tutte le transazioni effettuate su Young Platform
  • lo storico ordini, che contiene la cronologia di tutti gli ordini di acquisto, vendita e conversione effettuati su Young Platform
  • storico transazioni Smart Trade, che permette di scaricare tutte le transazioni automaticamente eseguite dalle strategie Smart Trades. 

I documenti sono scaricabili singolarmente.

Come ottenere i documenti fiscali su Young Platform

Per scaricare i report fiscali e le transazioni, basta accedere alla propria area personale su Young Platform, disponibile via web.

  • Per acquistare e scaricare il Report Fiscale (Young Platform o Young-Okipo), vai nella sezione “Tasse & Report”, seleziona il report desiderato e completa l’acquisto. Dopo il pagamento, il documento sarà disponibile per il download in formato PDF e inviato via email. Potrai utilizzarlo per compilare la dichiarazione o consegnarlo al tuo commercialista.
  • Per scaricare il Report delle Transazioni, accedi sempre alla sezione “Tasse & Report” e seleziona l’opzione per generarlo gratuitamente. Questo documento fornisce un registro completo di tutte le operazioni effettuate su Young Platform, utile per la gestione della fiscalità e il monitoraggio delle attività crypto.

Grazie a questa procedura semplice e veloce, puoi ottenere tutti i dati necessari senza doverli raccogliere manualmente.

Pagamento automatico dell’Imposta di Bollo su Young Platform

L’imposta di bollo sulle criptovalute è un obbligo fiscale per chi possiede asset digitali. Gli utenti di Young Platform Base e Pro non devono preoccuparsi di calcolarla o versarla manualmente, perché l’exchange si occupa automaticamente del pagamento, prelevando l’importo dovuto direttamente dal saldo disponibile.

Come funziona il calcolo dell’imposta di bollo?

  • Aliquota: l’imposta di bollo è pari al 2 per mille (0,2%) del valore totale del portafoglio.
  • Data di riferimento: l’importo viene calcolato sul valore complessivo delle criptovalute detenute su Young Platform al 31 dicembre dell’anno fiscale.
  • Determinazione del valore: il valore del portafoglio viene stabilito sulla base dei prezzi degli asset al 31 dicembre.

Come verificare il pagamento?

Dopo che Young Platform ha effettuato il pagamento dell’imposta di bollo per conto dell’utente, la ricevuta è disponibile per il download direttamente nella sezione “Tasse & Report” della piattaforma. È importante scaricare questa ricevuta e conservarla per eventuali accertamenti così da dimostrare che l’imposta è stata versata.

Scarica la ricevuta

Cosa fare se utilizzi più exchange?

Se hai criptovalute su altre piattaforme, è fondamentale verificare se l’imposta di bollo è già stata pagata per te. Alcuni exchange, come Young Platform, versano automaticamente l’imposta in tua vece perché hanno sede legale in Italia, mentre altri richiedono che sia tu a provvedere al pagamento autonomamente.

Per evitare di pagare due volte l’imposta sullo stesso importo o, al contrario, di omettere il versamento, segui questi passaggi:

  1. Controlla la sezione fiscale dei tuoi exchange per verificare se hanno già versato l’imposta.
  2. Scarica le ricevute di pagamento da ogni piattaforma.
  3. Somma i valori per assicurarti di aver pagato l’importo corretto in base al totale delle criptovalute detenute su tutti i tuoi account.
  4. Se un exchange non ha versato l’imposta per te, dovrai dichiararla autonomamente nel Quadro RW o W e procedere al pagamento tramite F24.

Young Platform semplifica questo processo per chi detiene criptovalute sulla sua piattaforma, eliminando la necessità di calcoli manuali e riducendo il rischio di errori nella dichiarazione fiscale.

Consulenza fiscale personalizzata per la Dichiarazione dei redditi da criptovalute

La consulenza fiscale personalizzata di Young Platform è pensata per supportare chi deve dichiarare criptovalute in modo corretto, anche in situazioni complesse come operazioni su più piattaforme, attività in DeFi o regolarizzazioni di anni passati. Il servizio, gestito da commercialisti esperti in crypto, guida l’utente nella compilazione dei quadri RW, RT, W e T, nel ravvedimento operoso e nell’ottimizzazione fiscale tramite la compensazione di minusvalenze. Dopo una prima analisi della situazione, viene proposta la strategia fiscale più adatta e, se necessario, un preventivo personalizzato in base alla complessità. Sono disponibili due formule: Consulenza Fiscale (singolo appuntamento) e Pacchetto Completo (servizio all inclusive). Tutti i dettagli sono spiegati nell’articolo dedicato, dove puoi approfondire ogni aspetto del servizio.

Soglia dei 2.000€: come funziona e cosa cambia per le imposte sulle criptovalute

plusvalenze criptovalute soglia 2000 euro

​Nel 2025, la normativa fiscale italiana sulle plusvalenze da criptovalute subirà importanti modifiche. Fino al 31 dicembre 2024, le plusvalenze annuali inferiori a 2.000 euro sono esenti da tassazione. Tuttavia, a partire dal 1° gennaio 2025, questa soglia di esenzione verrà eliminata, rendendo imponibili tutte le plusvalenze, indipendentemente dall’importo.​

Cosa significa questo per te?

  • Fino al 31 dicembre 2024: se nel corso dell’anno realizzi plusvalenze dalla vendita o scambio di criptovalute inferiori a 2.000 euro, non dovrai pagare imposte su questi guadagni.​
  • Dal 1° gennaio 2025: qualsiasi plusvalenza ottenuta dalla vendita di criptovalute sarà soggetta a imposta, anche se l’importo è inferiore a 2.000 euro.

Esempi:

Fino al 2024:

  • Plusvalenza di 1.900€ → Nessuna imposta.
  • Plusvalenza di 2.100€ → L’intero importo è tassato (non solo l’eccedenza), quindi 2.100€ x 26% = 546€ di imposta.
  • Nella dichiarazione dei redditi del 2025 non dovrai pagare imposte se i tuoi guadagni non superano i 2.000 euro.

Dal 2025:

  • Plusvalenza di 500€500€ x 26% = 130€ di imposta.
  • Plusvalenza di 3.000€3.000€ x 26% = 780€ di imposta.
  • Nella dichiarazione dei redditi del 2026 dovrai quindi dichiarare qualsiasi guadagno e pagare l’imposta del 26%.

Compensazione delle minusvalenze

Se durante l’anno hai venduto criptovalute in perdita, puoi compensare le minusvalenze con le plusvalenze, riducendo così l’imposta dovuta. Le perdite non utilizzate possono essere riportate l’anno in cui le hai realizzate, più nei quattro anni successivi.

Riprendendo l’esempio precedente.

Se nel 2024

  • Realizzi una plusvalenza di 3.000€ e una minusvalenza di 1.000€.
  • La plusvalenza netta sarà di 2.000€ (3.000€ – 1.000€).​
  • I tuoi guadagni rientrano nella soglia di esenzione, quindi non dovrai pagare imposte su questa plusvalenza.​

Se nel 2025

  • Realizzi una plusvalenza di 3.000€ e una minusvalenza di 1.000€.
  • La plusvalenza netta sarà di 2.000€ (3.000€ – 1.000€).​
  • Non essendoci più la soglia dei 2.000€, dovrai pagare le imposte del 26% = 520€.

Come Young Platform può aiutarti

Piattaforme come Young Platform offrono report fiscali che semplificano la dichiarazione dei guadagni perché calcolano in automatico quanti sono i tuoi guadagni, quali le perdite e se si applica la soglia di esenzione. 

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Soglia o franchigia? Chiarimento definitivo

Negli ultimi due anni si è discusso se i 2.000 euro rappresentassero una soglia (tassazione su tutto l’importo) o una franchigia (esenzione solo per i primi 2.000 euro). L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che si tratta di una soglia: se la plusvalenza supera anche di poco i 2.000€, l’intero importo diventa tassabile.

Esempio: una plusvalenza di 2.100€ non viene tassata solo su 100€, ma su tutti i 2.100€.

Per evitare sanzioni, è importante considerare l’interpretazione dell’Agenzia: superata la soglia, l’intero guadagno è imponibile.

Valuta i servizi fiscali di Young Platform scaricando i facsimili dei documenti per la dichiarazione dei redditi dalla sezione dedicata “Tasse & Report”. 

Scommesse Roland Garros 2025: statistiche, quote e un’alternativa più valida

Scopri se ha senso scommettere sul Roland Garros 2025 o se è meglio investire quei soldi. Dati, statistiche e alternative per farli fruttare davvero.

Il secondo grande slam dell’anno, che apre la “stagione di fuoco” del tennis mondiale, è alle porte. I principali bookmaker e siti di scommesse danno come favorito lo spagnolo Carlos Alcaraz, soprattutto perché il nostro Jannik Sinner rientrerà solo poco prima dell’inizio del torneo, quando avrà scontato la discussa squalifica per doping che lo tiene fermo ai box. In terza posizione nelle quote troviamo Novak Djokovic, leggenda vivente di questo sport.

Ma dopo aver passato in rassegna i favoriti, è il momento di alzare lo sguardo: quanto è davvero possibile guadagnare con le scommesse sul tennis? E se ci fosse un modo più intelligente per usare quei soldi?

Roland Garros: storia, fascino e i favoriti

Se segui il tennis con costanza lo sai bene: il Roland Garros è uno dei quattro tornei più importanti al mondo, nonché il secondo più prestigioso in Europa dopo Wimbledon. Si gioca a Parigi, nello storico stadio dedicato a Roland Garros, aviatore ed eroe della Prima Guerra Mondiale, noto per essere stato il primo a sorvolare il Mar Mediterraneo e a installare una mitragliatrice sugli aerei da combattimento.

Il Roland Garros è anche l’unico Slam su terra rossa, una superficie che rende il gioco particolarmente fisico e imprevedibile. Dal 1891 si disputa con cadenza annuale, e dal 2005 è stato il regno incontrastato di Rafael Nadal, che lo ha vinto 15 volte in 19 anni.

Nel circuito femminile, invece, la situazione è stata più aperta. Ma negli ultimi anni si è imposta Iga Świątek, che ha vinto 4 delle ultime 5 edizioni.

Essendo uno dei quattro tornei di tennis più importanti al mondo, le scommesse sul vincitore del Roland Garros attirano, ogni anno, milioni di appassionati. 

Secondo i dati dell’Agenzie delle Dogane e dei Monopoli (ADM), solo nel 2023 sono stati scommessi oltre 2 miliardi di euro su eventi sportivi in Italia, con il tennis stabilmente nella top 3 degli sport più giocati. Ma a questo punto sorge una domanda fondamentale: quante sono davvero le probabilità di vincere?

Solo il 5% dei giocatori guadagna davvero dalle scommesse sportive

Se stai valutando se fare una scommessa sul vincitore del Roland Garros, devi sapere una cosa: secondo uno studio pubblicato dal Journal of Gambling Studies, meno del 5% degli scommettitori sportivi riesce a ottenere un profitto duraturo.

E no, il motivo non è (solo) la fortuna: è matematica. Si chiama payout atteso, un concetto che abbiamo già affrontato più volte sul nostro blog. In pratica, ogni quota che vedi è stata calcolata tenendo conto del margine applicato dal bookmaker, che è sempre a suo favore.

Cosa significa in breve? Che le scommesse sportive sono giochi a somma negativa per il giocatore. In media, solo l’85–88% del capitale giocato viene redistribuito tra gli scommettitori, mentre il resto finisce direttamente nelle casse dei bookmaker.

E no, nemmeno conoscere bene il tennis o essere convinto che Jannik Sinner vincerà il Roland Garros ti mette al riparo da questa legge.

E se invece investissi quei soldi?

Ora immagina di prendere i 50€ che stai per puntare su una multipla con Alcaraz, Sinner e Djokovic. Invece di scommetterli, li investi in un ETF azionario diversificato, che storicamente ha reso in media tra il 6% e l’8% annuo.

Al contrario delle scommesse sportive, gli investimenti (se fatti con criterio e orientati al lungo termine) sono un gioco a somma positiva, perché il valore dei mercati, nel tempo, tende a crescere.

Non stiamo demonizzando il gioco d’azzardo. Il Roland Garros è un torneo storico e bellissimo da seguire. E giocare una schedina ogni tanto per rendere più coinvolgenti le partite non è un crimine. Ma ogni azione che facciamo con i nostri soldi dovrebbe partire dalla consapevolezza.

Se il tuo obiettivo è mettere da parte qualcosa, far crescere il tuo denaro, non puoi affidarti alla fortuna o alla tua conoscenza sportiva. Devi giocare una partita diversa, quella sul lungo termine. E come abbiamo visto, non ha senso puntare su qualcosa che restituisce un valore negativo nel tempo per definizione.


I paesi più ricchi del mondo: la classifica del 2025

I paesi più ricchi del mondo: la classifica aggiornata

Quali sono i paesi più ricchi del mondo? Scopri la classifica

Per stilare la classifica dei paesi più ricchi del mondo si utilizza il PIL (Prodotto Interno Lordo) pro capite aggiustato al PPA (Parità di Potere d’Acquisto), uno dei parametri più efficaci e utilizzati per misurare la ricchezza di un paese. Questo indicatore rappresenta il valore totale dei beni e servizi prodotti in un paese in un anno, diviso per il numero di abitanti e corretto per le differenze di costo della vita tra un paese e l’altro. 
Il PIL a PPA, rispetto al PIL nominale, è un indicatore più preciso poiché misura la quantità di beni acquistabili in diversi paesi utilizzando la stessa quantità di denaro.

Nell’economia globale, la ricchezza è distribuita in modo molto disomogeneo, con alcuni paesi che vantano un PIL pro capite estremamente elevato. Le economie di questi stati sono spesso caratterizzate da settori industriali avanzati, una forte innovazione tecnologica e un elevato livello di istruzione.

Torniamo però al tema centrale di questo articolo: quali sono i paesi più ricchi del mondo? Ecco la classifica aggiornata al 2025.

La classifica dei paesi più ricchi del mondo

Ecco la classifica dei paesi con il PIL pro capite più alto nel 2025, basata sui dati del Banca Mondiale (World Bank). Alcune di queste economie avanzate sono, da tempo, attive nel settore delle criptovalute e della tecnologia blockchain. Il Lussemburgo e Singapore, ad esempio, sono noti per essere hub finanziari innovativi che stanno esplorando attivamente questo mondo. Conoscere Bitcoin, e le altre principali crypto, potrebbe essere un’opportunità per emergere in un contesto economico globale sempre più digitalizzato.

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1. Singapore (141.553$)

Singapore è un hub finanziario e commerciale globale, con una economia forte, basata su servizi finanziari, tecnologie avanzate e commercio internazionale​. In molti sottovalutano l’impatto dell’industria navale della Città-stato, favorita dalla posizione geografica al centro di importanti rotte sulla direttrice est-ovest.

2. Lussemburgo (139.106$)

Con un PIL pro capite di quasi 140.000 dollari, il Lussemburgo si prende il secondo posto nella classifica dei paesi più ricchi del mondo. La sua economia è caratterizzata da un settore finanziario robusto e da un copioso e costante afflusso di capitali esteri.

3. Qatar (128.919$)

Il Qatar deve la sua ricchezza alle enormi riserve di gas naturale liquefatto (GNL), che rappresentano circa il 14% di quelle mondiali. La maggior parte del gas del Qatar si trova offshore nel North Field, immenso giacimento che contiene circa 25,4 trilioni di metri cubi di gas naturale.

4. Irlanda (124.578$)

L’Irlanda, il cui PIL pro capite si aggira intorno ai 125.000$, si posiziona quarta. Il suo successo è dovuto, in gran parte, alla presenza delle sedi europee di multinazionali tecnologiche e farmaceutiche. Questo paese ha attirato, negli ultimi anni, molte imprese di successo, grazie a una situazione fiscale molto favorevole. Da valutare se riuscirà a mantenere questa posizione, dal momento che l’Unione europea vuole rispondere ai dazi imposti da Trump con controdazi sui servizi online

5. Macao (116.491$)

Macao è una regione amministrativa speciale cinese, definita anche “Città-stato”, situata sulla costa sud della Cina continentale e separata da Hong Kong dal Fiume delle Perle. Soprannominata la “Las Vegas d’Oriente”, Macao va avanti affidandosi soprattutto al gioco d’azzardo: secondo il Gaming Inspection and Coordination Bureau, le entrate provenienti da questo settore nel 2024 ammontavano a 28,35 miliardi di dollari (+ 23,9% rispetto al 2023).   

6. Norvegia (100.668$)

Al sesto posto della classifica dei paesi più ricchi del mondo troviamo la Norvegia, prevalentemente grazie alle risorse naturali presenti sul territorio, in particolare petrolio e gas. Anche le imprese norvegesi sono molto sviluppate, all’avanguardia a livello mondiale in diversi campi, anche grazie al grande lavoro svolto dai ricercatori norvegesi.

7. Svizzera (89.315$)

La Svizzera è conosciuta, soprattutto, per la sua elevata qualità della vita e l’efficienza dei servizi, forniti sia dagli enti pubblici che dalle imprese private. Inoltre, il paese dei cantoni, va molto forte nel settore della finanza e in quello industriale.

8. Brunei (85.268$)

SItuata sull’isola del Borneo, nel Sud-est asiatico, il Brunei – ufficialmente Brunei Darussalam, Dimora della Pace – è una monarchia assoluta di stampo islamico che deve la sua ricchezza a ingenti giacimenti di petrolio, sfruttati dal 1929. Inoltre, a causa della bassissima imposizione fiscale attuata unita all’assenza di norme restrittive sul versante delle transazioni finanziarie, rientra tra i cosiddetti paradisi fiscali

9. Stati Uniti (82.769$)

All’ultimo posto della classifica dei paesi più ricchi del mondo ci sono gli Stati Uniti, con un PIL pro capite che si aggira intorno agli 83.000$, gli States sono ancora una delle economie più potenti del mondo. A pesare sul bilancio americano c’è l’enorme mercato interno alimentato dalle aziende tech, finanziarie e industriali più grandi del mondo.
Singapore e gli Stati Uniti sono anche i paesi efficacemente inseriti all’interno del settore delle criptovalute. Se vuoi approfondire questa innovativa branca della finanza, puoi scaricare la nostra app!

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La classifica dei paesi più ricchi del mondo offre uno spaccato interessante su come la ricchezza globale sia distribuita. Questi paesi non solo vantano un elevato PIL pro capite, ma spesso offrono anche una qualità della vita elevata, con accesso a servizi avanzati, infrastrutture moderne e opportunità economiche.

Se vuoi saperne di più sull’economia globale e sui fattori che influenzano la ricchezza di un paese, continua a seguirci per ulteriori approfondimenti.

Quante sono le probabilità di vincere al SuperEnalotto?

Le probabilità di vincere al SuperEnalotto

Quante probabilità hai di vincere al SuperEnalotto? Spoiler: pochissime. Probabilmente, anzi, da un punto di vista probabilistico, è meglio investire

Se sei arrivato qui cercando “numeri probabili da giocare al SuperEnalotto” sei nel posto giusto. No, non sappiamo quali usciranno alla prossima estrazione ma sappiamo, per esempio, che le probabilità che esca un 22 o un 77 sono esattamente le stesse.

In altre parole, conosciamo il numero delle probabilità che hai di vincere al SuperEnalotto, nonché la quantità di denaro erosa da ogni schedina. Scopri tutto questo e molto di più, in questo articolo.

Probabilità e SuperEnalotto: in ogni caso è una truffa legalizzata

Tutti abbiamo, almeno una volta nella vita, fantasticato di fare Jackpot al SuperEnalotto e vincere una somma dell’ordine di grandezza dei 100 milioni di euro. Ma lo sai che il premio non è, per niente, allineato con le probabilità che ciò accada

Lo stato italiano quando remunera il vincitore del SuperEnalotto con una cifra da capogiro lo sta, in realtà, truffando in termini di valore atteso e probabilità. Per comprendere a pieno cosa stiamo dicendo dobbiamo mostrarti il calcolo delle probabilità di vincere al SuperEnalotto, ma prima potrebbe essere utile ripassare le regole del gioco.

Le regole del SuperEnalotto

Il SuperEnalotto è un dei giochi più diffusi nel nostro paese, soprattutto per la facilità di comprensione delle regole, la frequenza delle estrazioni e il basso costo “d’ingresso”. Anche se non ha troppo senso parlare di costo di un gioco d’azzardo.

Il suo funzionamento è estremamente semplice: si compila una schedina scegliendo 6 numeri compresi tra 1 e 90, più il SuperStar che fa accedere a ulteriori premi. Ogni combinazione che viene registrata costa 1€, mentre se si vuole provare a indovinare il numero SuperStar si devono aggiungere 0,50€. I numeri vincenti vengono estratti quattro volte alla settimana: martedì, giovedì, venerdì e sabato, sempre alle ore 20:00.

Per semplificare il discorso in questo articolo considereremo soltanto la versione standard di questo gioco, escludendo quindi il numero SuperStar e il Jolly.

Le probabilità di vincita al SuperEnalotto

Ma addentriamoci nella sezione più curiosa di questo popolarissimo gioco, cercando di rispondere alle due domande principali: quanto è probabile vincere una consistente somma di denaro al Super? Si tratta di un gioco giusto?

La risposta alla prima domanda è: molto poco, un numero talmente piccolo in termini percentuali che può benissimo essere approssimato allo zero. Che, se ci pensate, è come dire che è impossibile. 

Per dare subito un riferimento numerico possiamo anticipare che ogni schedina ha una probabilità su 622,614 milioni di vincere l’intero jackpot, e quindi di contenere i 6 numeri vincenti. 

Per esempio, è molto più probabile morire in un incidente aereo (1 probabilità su 9 milioni), o non sopravvivere all’attacco di uno squalo (1 su 3 milioni) che vincere; per quanto riguarda quest’ultimo caso stiamo parlando di un avvenimento ben 200 volte più probabile.

Ok ma scendiamo più nel dettaglio analizzando quanto è probabile indovinare ogni gruppo di numeri che coincide con un premio:

  • 6 numeri o jackpot: 1 probabilità su 622.614.630;
  • 5+1 numeri più numero jolly: 1 probabilità su 103.769.105;
  • 5 numeri più numero jolly: 1 probabilità su 1.250.230;
  • 4 numeri più numero jolly: 1 probabilità su 11.907;
  • 3 numeri più numero jolly: 1 probabilità su 327;
  • 2 numeri più numero jolly: 1 probabilità su 22;

Il valore atteso del SuperEnalotto

Ora che abbiamo chiarito quali sono le probabilità reali di vincita al SuperEnalotto, possiamo chiederci: quanto incassa lo Stato, in media, da ogni schedina giocata? La risposta è piuttosto netta: una parte significativa.

Per calcolarlo, è utile richiamare un concetto già introdotto nei paragrafi precedenti: il valore atteso, ovvero la media ponderata dei possibili esiti, ciascuno moltiplicato per la sua probabilità di verificarsi. In parole semplici: quanto “vale”, in media, ogni euro speso in una schedina.

Ogni combinazione giocata al SuperEnalotto costa 1 euro. Le probabilità di vincere il jackpot sono di 1 su 622.614.630. Se ipotizziamo un montepremi da 100 milioni di euro, scopriamo che per coprire tutte le combinazioni possibili bisognerebbe spendere oltre 622 milioni di euro. In cambio, si otterrebbero 100 milioni.

Questo significa che, in media, per ogni euro speso, se ne “perdono” circa 80 centesimi. Il valore atteso, quindi, è pari a -0,80€ per ogni euro giocato. Ovviamente va considerato anche il valore atteso connesso alle altre combinazioni. Per esempio durante l’ultima, avvenuta questa mattina, chi ha indovinato 5 numeri ha ricevuto circa 43.500, una posta totalmente iniqua se analizziamo le probabilità di vincerla: 1 su 1.250.230. Se calcoliamo il valore atteso 

In altre parole possiamo affermare che il SuperEnalotto può essere considerato una forma di tassazione indiretta: non obbligatoria, ma estremamente efficace. A fronte della promessa di un premio straordinario, il giocatore accetta – consapevolmente o meno – una probabilità infinitesimale di vincita e una perdita media garantita.

A questo punto, è lecito chiedersi: esiste un impiego più razionale di quel singolo euro? La risposta è sì. E si chiama investimento. Anche gli strumenti finanziari presentano un valore atteso, ma con una differenza sostanziale: storicamente, questo valore è positivo. Prendiamo ancora una volta come riferimento l’S&P 500, uno degli indici azionari più stabili e analizzati al mondo. Su un orizzonte di lungo termine, il suo rendimento medio annuo – considerando anche i dividendi reinvestiti – si aggira attorno al 10%.


Come sono stati calcolati i dazi di Donald Trump?

Dazi di Trump: come sono stati calcolati e l’impatto

Donald Trump ha annunciato i dazi verso tutti i paesi. A quanto ammontano e come sono stati calcolati? Spoiler: male

I dazi annunciati martedì da Donald Trump hanno scosso tutti: politici, cittadini, imprese, ma soprattutto i mercati per via di diversi aspetti. Su tutti, alcuni sono stati evidenziati particolarmente. Uno riguarda i Paesi bersagliati dalla decisione del presidente americano: praticamente tutti, inclusa un’isola dell’Australia abitata soltanto da pinguini, fatta eccezione per Russia, Cuba, Corea del Nord e Bielorussia.

Ma la componente più curiosa di questa decisione dal sapore sovranista e anti-globalizzazione è la modalità in cui i dazi sono stati calcolati. Approfondiamo questo aspetto all’interno di questo articolo.

Un’ondata di tariffe globali

L’offensiva commerciale targata Trump prevede dazi aggiuntivi su praticamente ogni merce importata negli Stati Uniti, con aliquote variabili a seconda del Paese di provenienza. Ecco alcuni numeri chiave del piano tariffario trumpiano:

  • Dazio base universale: +10% su tutte le importazioni verso gli USA​;
  • “Peggiori trasgressori”: circa 60 Paesi accusati di pratiche commerciali sleali subiranno tariffe ben più alte dal 9 aprile. Tra questi, la Cina (+34%, che si somma al 20% già in vigore portando il totale al 54%), il Vietnam (+46%), la Thailandia (+36%), il Giappone (+24%), e tutti i Paesi dell’Unione Europea (+20%) – nel prossimo paragrafo affronteremo questo tema e ci renderemo conto di come sia fuorviante questa classificazione.
  • Stangata sulle auto: confermato un dazio speciale del 25% su tutte le automobili straniere e relativi componenti, un colpo diretto alle case automobilistiche estere.

Trump non ha risparmiato nessuno: dall’Europa alla Cina, dal Giappone al Brasile, tutti “pagheranno dazio”. Persino microstati e territori sperduti compaiono nella lista: dalle isole Svalbard nel Circolo Artico alle remote isole Heard e McDonald (disabitate e popolate solo da pinguini).

“Ci hanno derubato per più di 50 anni, ma non succederà più”, ha tuonato Trump, sostenendo che posti di lavoro e fabbriche torneranno a ruggire negli USA grazie a questi dazi​. Ha persino invitato le imprese estere: “Se volete dazi zero, venite a produrre in America”​. Insomma, America First versione 2.0: questa volta puntando il dito contro praticamente chiunque viva oltre i confini, anche i pinguini.

Come sono stati calcolati i dazi? La confusione tra dazi e IVA

Come avrai notato dalle citazioni, la narrazione di Donald Trump si è sempre basata sulla supposta reciprocità dei dazi. L’ex presidente ha definito i suoi dazi “tariffe reciproche”, sostenendo che gli USA non faranno altro che pareggiare ciò che gli altri Paesi già impongono sui prodotti americani. Detta così, suona quasi ragionevole – peccato che il metodo di calcolo adottato dalla Casa Bianca sia assurdo.

In pratica, Washington ha conteggiato qualsiasi balzello esistente all’estero pur di giustificare dazi elevati, confondendo allegramente l’IVA con i dazi. Per quanto riguarda l’Europa, Donald Trump ha affermato: “L’UE ci fa pagare il 39%!”. Ma questo numero salta fuori dalla somma dei dazi effettivi che l’Europa applica su alcuni prodotti americani (meno del 3%) con l’IVA europea, che però è una tassa sui consumi che varia a seconda del Paese, e persino eventuali tasse ambientali o tecniche di regolamentazione.

In termini ancora più semplici, l’amministrazione USA ha preso ogni tassa esistente su un prodotto in Europa e l’ha interpretata come se fosse una tariffa punitiva contro gli Stati Uniti. Poi, attraverso l’utilizzo creativo di semplici operazioni matematiche, ha calcolato i dazi per come li conosciamo. 

Nessun economista serio metterebbe sullo stesso piano l’IVA (che pagano tutti i consumatori, anche quelli europei) con un dazio mirato alle sole merci straniere – ma evidentemente, nella “realtà alternativa” della guerra commerciale trumpiana, funziona così.

Reverse engineering sul deficit commerciale

La seconda parte del creativo procedimento tramite il quale l’amministrazione Trump ha calcolato i dazi da imporre agli altri Paesi del mondo è ancora più curiosa. Il punto centrale in questo caso è il deficit commerciale. Trump ha sempre visto questo disavanzo come una sorta di score di partita: se gli Stati Uniti importano più di quanto esportano da un Paese, per lui significa che “stiamo perdendo” e che l’altro ci sta imbrogliando.

È noto, ad esempio, che gli USA hanno un deficit di circa 2,5 miliardi di dollari con la Russia (importano da Mosca più di quanto esportino), un dato che in passato Trump sottolineava spesso per giustificare misure punitive.

Tuttavia, durante la sua narrazione, il presidente ha fatalmente confuso questo deficit commerciale con i sussidi, integrandolo nella formula di cui abbiamo parlato sopra. Il risultato? Che i dazi pubblicati ieri dall’amministrazione Trump non sono altro che il risultato del deficit commerciale diviso per l’esportazione del Paese in questione verso gli States.

Ma facciamo un esempio pratico, calcolando al contrario il dazio applicato all’Indonesia. Gli americani hanno un deficit commerciale di 17 miliardi di dollari nei confronti di questo Paese, mentre le esportazioni indonesiane negli Stati Uniti ammontano a 28 miliardi di dollari.
17 / 28 = 0,64 → 64%, proprio il numero che appare sulla tabella di Donald Trump.

Questo è esattamente ciò che riassume la formula pubblicata sulla pagina “Reciprocal Tariff Calculations” del governo: si prende il deficit commerciale degli Stati Uniti in termini di beni con un determinato Paese, lo si divide per il totale delle importazioni di beni da quel Paese, e poi si divide il numero per due. Un deficit commerciale si verifica quando un Paese acquista (importa) più prodotti fisici da altri Paesi di quanti ne venda (esporti) a questi ultimi.

Il possibile impatto di queste decisioni

L’impatto dei dazi imposti da Donald Trump lo abbiamo già visto, almeno superficialmente: durante il primo giorno dalla decisione, il mercato azionario americano è crollato dell’8% circa rispetto a martedì (S&P 500), mentre il NASDAQ ha perso circa il 9% dall’inizio della settimana.

Bitcoin, invece, ha resistito un po’ di più e sta perdendo, per ora, il 7% circa, anche se è ancora in positivo rispetto alla scorsa settimana.

Dal punto di vista geopolitico, invece, la situazione appare ancora più critica. Nello specifico non si comprende il motivo che sta dietro alle decisioni prese dal presidente degli Stati Uniti. Trump sembra voler abolire la globalizzazione, cioè quel processo che ha progressivamente eliminato le barriere al libero commercio, facilitando l’integrazione economica tra Paesi. 

In questo senso possiamo citare un paradosso interessante: in realtà, vendere all’estero dove le merci valgono di più è stato, per molti Paesi, un modo per accelerare l’accumulazione di capitale e avvicinarsi economicamente alle nazioni più ricche. È così che la Cina è decollata. E anche l’Europa, in parte, ha beneficiato dello stesso meccanismo. Ma il vero vincitore della globalizzazione è stato… proprio l’America. Perché?

  • Perché ha conquistato la simpatia di mezzo mondo, sbaragliando il sistema sovietico, che non offriva né consumi né crescita.
  • Perché ha guidato il processo, abbandonando per prima i dazi e mostrando i muscoli dell’economia di mercato.

Il libero commercio ha permesso agli Stati Uniti di emergere come superpotenza culturale, tecnologica ed economica, contribuendo al tramonto dell’Unione Sovietica e della Cina maoista. Ha generato ricchezza.

E oggi? Il commercio globale non danneggia affatto gli USA, al contrario di quanto vuole far credere Trump. Gli Stati Uniti, forti del loro vantaggio tecnologico, si sono concentrati su settori ad alta produttività e valore aggiunto. Il risultato? Il Paese è più ricco, produce meno beni a basso costo (che importa), ma li compra a prezzi convenienti, mantenendo reddito pro capite molto elevato. Questo deriva principalmente dall’egemonia americana nei servizi. Basta pensare a quanti dei servizi digitali che usiamo ogni giorno – da social media a motori di ricerca, da piattaforme di streaming a software – sono progettati, gestiti e monetizzati negli Stati Uniti.

Monete rare, da 2 euro e non solo: quali sono, quanto valgono e dove venderle?

Monete rare: quali sono e dove vendere quelle da 1 e 2 euro?

Quali sono le monete rare? Valgono davvero una fortuna? Ecco quali sono e dove vendere euro, lira e monete straniere preziose

Quella delle monete rare è un’area del collezionismo molto remunerativa. Gli appassionati di numismatica sono sempre alla ricerca degli esemplari più preziosi. Ma anche per chi è fuori dal giro è interessante scoprire quali sono le monete più rare, magari un tesoro si nasconde in qualche cassetto abbandonato! Ecco quali sono le monete da 2 e 1 euro, le lire e le monete straniere più rare e dove venderle. 

Monete rare: come capire quali hanno valore

Come capire quali sono le monete rare? Nel caso degli euro, una moneta può diventare rara, e quindi da collezione, per merito di diversi fattori: 

  1. Errori di conio: il caso più noto è quello della moneta da 1 centesimo italiana del 2002 che è stata stampata con il monumento sbagliato sul retro. Invece di Castel Del Monte, questa moneta è stata coniata con la Mole Antonelliana (che invece è raffigurata sui 2 centesimi). Questo errore, scoperto troppo tardi quando ormai le monete erano già state emesse, rende la moneta rarissima. Il suo valore va dai 2.500 euro in su. 
  1. Modalità di emissione: alcune monete rare sono tali perché la modalità di distribuzione le ha rese difficilmente rintracciabili. È il caso dei 2 euro commemorativi della Finlandia (2004), queste monete non sono state aggregate insieme ma sparse nei normali “rotolini” da 2 euro, come i biglietti d’oro della Fabbrica di Cioccolato. 
  1. Lo Stato che le emette: anche il paese che distribuisce le monete può renderle rare, influendo sulla quantità e la reperibilità. Gli stati dell’Eurozona molto piccoli come Andorra, le emettono infatti in tiratura limitata. Alcune monete sono rare anche perché sono le prime emesse da un paese che sceglie di adottare la moneta unica, come nel caso della Slovenia nel 2007. 
  1. Monete commemorative: nel caso degli euro, le monete rare commemorative possono essere solo quelle da 2 euro (a specificarlo è proprio la BCE, che tra l’altro approva il volume massimo di pezzi commemorativi che ogni Stato può emettere ogni anno). Queste si trovano più facilmente in circolazione, e diventano rare solo in alcuni casi che vedremo successivamente.  

In generale per capire quali sono le monete rare, vale il criterio della rarità ovvero meno esemplari ci sono, più hanno valore. Questo principio si applica soprattutto alle monete rare antiche che non vengono più prodotte. Bisogna anche specificare che le monete diventano più preziose se il loro stato di conservazione si avvicina a quello originario (“fior di conio”). 

La rarità è una caratteristica chiave anche delle criptovalute, le monete digitali basate su blockchain. Ad esempio Bitcoin può essere emessa per un massimo di 21 milioni di unità. A deciderlo è il suo algoritmo, che la rende preziosa e anti inflazionistica tanto che spesso viene paragonata all’oro. Vuoi sapere perché le criptovalute sono le uniche monete veramente rare?

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Monete da 2 euro rare

Vediamo quali sono le monete da 2 euro più rare in circolazione. In questa categoria rientrano principalmente quelle commemorative, ecco le più preziose: 

  • San Marino 2005
    Commemora l’anno internazionale della fisica, proclamato nel 2005 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Questa moneta da 2 euro raffigura Galileo Galilei col suo telescopio ed il suo valore si aggira intorno ai 110 euro.
  • San Marino 2004
    Sempre dalla Repubblica del Titano, questa moneta rara da 2 euro conta 110.000 unità e può valere fino a 200 euro. Raffigura Bartolomeo Borghesi, storico italiano.
  • Città del Vaticano 2005
    Fra le monete da 2 euro rare anche quella emessa nel 2005 per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Conta 100.000 esemplari, il suo valore è di circa 300 euro.
  • Cipro 2024
    Una delle monete da 2 euro rare più recenti è quella emessa nel 2024 dal conio di Cipro in occasione del ventesimo anniversario dell’adesione all’Unione Europea. Può costare oltre i 1000 euro e il suo valore è dovuto alla tiratura limitata, che si attesta sui 7000 esemplari.
  • Principato di Monaco 2015
    Coniata in occasione del restauro del Palais Princier, la residenza ufficiale della famiglia reale del Principato, questa moneta da 2 euro può arrivare a costare dai 1500 ai 2500 euro, con circa 10.000 esemplari in circolazione.
  • Principato di Monaco 2007
    Sono i 2 euro rari di Grace Kelly, emessi nel 25° anniversario della sua morte. Questa moneta è preziosa perché ne sono stati coniati solo 2.000 esemplari. Ha un valore di circa 2.000 euro

Tra le monete da 2 euro rare non commemorative, quindi quelle emesse ordinariamente dalle Banche Centrali, troviamo quelle della Grecia del 2011 (15.000 esemplari), Grecia del 2007 (20.000), Grecia del 2004 (30.000), Cipro del 2013 (90.000), Cipro del 2015 (100.000).

Monete da 1 euro rare

Se sei alla ricerca di monete da 1 euro rare devi considerare che non esistono esemplari celebrativi come nel caso dei 2 euro. La rarità consiste nella tiratura limitata e l’anno di emissione, oltre che nella presenza di errori di conio.  Sono interessanti, ad esempio, le monete del 1999, ovvero le monete da 1 euro coniate nel 1999, con tre anni di anticipo rispetto al 2002, primo anno ufficiale dell’Euro. Ma vediamo anche altri esempi: 

  • Andorra 2018: tiratura 20.000 
  • Austria 2012: tiratura 60.000 
  • Belgio 2013: tiratura 25.500
  • Cipro 2013: tiratura 100.000
  • Estonia 2016: tiratura 20.000
  • Finlandia 2018: tiratura 50.000
  • Francia 2015: tiratura 35.500
  • Germania 2018: tiratura 42.625
  • Grecia 2017: tiratura 16.200
  • Irlanda 2016: tiratura 89.000
  • Lettonia 2018: tiratura 7.000
  • Lituania 2018: tiratura 5.000
  • Lussemburgo 2018: tiratura 63.000
  • Malta 2014: tiratura 25.000
  • Principato di Monaco 2011: tiratura 7.000
  • Olanda 2017: tiratura 47.017
  • Portogallo 2012: tiratura 44.000
  • Repubblica di San Marino 2016: tiratura 30.400
  • Slovacchia 2018: tiratura 17.300
  • Slovenia 2018: tiratura 8.750
  • Città del Vaticano 2005: tiratura 60.000

Monete rare: lire

Tra le monete rare ci sono anche quelle ormai fuori uso, come le nostre vecchie lire. Prima di andare a frugare nei cassetti di nonna, ecco la lista di quelle che valgono una fortuna! 

  • 1 lira del 1947: questa moneta rara raffigura un ramo di arancio e una donna con una corona di spighe, è uno dei pezzi più rari con un valore di oltre 1.500 euro
  • 2 lire del 1947: questa moneta è stata coniata in occasione della firma del trattato di pace con gli Stati vincitori della Seconda Guerra Mondiale del 10 febbraio 1947. Raffigura una spiga di grano e un contadino, ha un valore di circa 1.800 euro.
  • 50 lire del 1958: rappresenta il dio Vulcano che lavora il metallo e la scritta “Repvbblica italiana”, è stata coniata in 800 mila esemplari. Arriva fino al valore di 2.000 euro
  • 10 lire del 1946: raffigurano un rametto di olivo e un cavallo alato, se in buone condizioni possono valere fino a 4.000 euro.

In generale le lire più preziose sono quelle coniate tra gli anni ‘40 e ‘50, per essere sicuri del loro valore è necessario affidarsi alla consulenza di esperti. 

Le monete più rare al mondo 

Anche tra le straniere ci sono monete rare e che valgono cifre da capogiro: 

  • Dollaro Queller’s: un dollaro in argento del 1835 della collezione Queller’s, venduto nel 2008 per 3,7 milioni di dollari
  • Regina Elisabetta II: una sterlina in oro venduta all’asta per 4 milioni di dollari, raffigura la Regina Elisabetta II regina dal 1953 al 2022. 
  • Liberty Head Nickel: moneta da 5 centesimi statunitensi del 1913 coniata in maniera “clandestina”. Nel mondo ce ne sono solo cinque esemplari, di cui tre sono di proprietà privata. Nel 2018 una è stata venduta per 4,5 milioni di dollari
  • Gold Dinar: una moneta antica in oro emessa da un califfo arabo della dinastia Omayyade intorno al 700. Il Gold Dinar è fatto di 4,75 grammi d’oro ed è stato venduto nel 2011 per 6 milioni di dollari
  • Edoardo III: di questa moneta antica si stima che siano presenti solo tre copie al mondo, una è stata venduta per 6,8 milioni di dollari. Era una moneta in oro usata tra il 1343 e il 1344. 
  • Brasher Doubloon: è una moneta coniata in modo privato nel 1787 dall’orafo Ephraim Brasher. È stata acquistata nel 2011 per 7,4 milioni di dollari.
  • Double Eagle: un altro dollaro con una storia incredibile. Nel 1933 il presidente Roosevelt ordinò di distruggere la serie in oro di quell’anno, si trattava di 445.000 esemplari. Dieci unità però non furono eliminate, i servizi segreti negli anni riuscirono a rintracciarle tutte. L’ultima era di proprietà del Re Farouk d’Egitto e venne messa all’asta per 7,6 milioni di dollari
  • Flowing Hair Silver Dollar: si tratta di un dollaro del 1794 che ha raggiunto la valutazione di 10 milioni di dollari. È così preziosa perché è stata la prima moneta emessa dal governo federale degli Stati Uniti nella primissima zecca a Philadelphia. 

Monete rare: dove vendere?

Dopo questa carrellata la domanda sorge spontanea: dove comprare o vendere monete rare? Se si è esperti e si conoscono bene quelle che si hanno tra le mani, arrangiarsi potrebbe essere la soluzione migliore, per questo è utile frequentare mercatini dell’usato o marketplace online specializzati. Si trovano copie anche su eBay, dove però bisogna essere attenti a eventuali truffe. 

Se invece ti stai chiedendo dove vendere monete rare da principiante, la scelta migliore è quella di affidarsi a professionisti come negozi di numismatica o case d’aste anche online (come Catawiki). 

Le monete rare (da 2 euro e non solo) hanno da sempre affascinato esperti e semplici curiosi e, con tutta probabilità, continueranno a farlo grazie alla loro caratteristica principale: l’eccezionalità.

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Sono in arrivo i Bit Bond, obbligazioni governative americane con sottostante Bitcoin?

Bond su Bitcoin: arrivano i “Bit Bond”?

Il Bitcoin Policy Institute ha proposto i bond su Bitcoin, un innovativo strumento finanziario teoricamente in grado di garantire buoni rendimenti e rischio nullo. Scopri di cosa si tratta

I bond su Bitcoin potrebbero arrivare davvero. L’approccio favorevole dell’amministrazione Trump nei confronti delle crypto non è in discussione, ed è già emerso in più frangenti – soprattutto al momento dell’approvazione della riserva governativa in Bitcoin.

Tuttavia, nelle ultime settimane si discute a riguardo di un passo avanti ulteriore, che ha il sapore di un’innovazione finanziaria decisiva. È in arrivo un nuovo modo per integrare Bitcoin all’interno del sistema finanziario globale. BTC diventerà uno dei pilastri che sostiene il debito americano attraverso i Bit Bonds? Come funzionano queste obbligazioni con una marcia in più?

Il debito americano lievita e preoccupa

La proposta di introdurre dei bond su Bitcoin è nata in relazione a ciò che sta accadendo al debito pubblico statunitense, in costante crescita (in relazione al PIL) dalla pandemia. Ovviamente, quando un problema si acutizza, parte la corsa alla ricerca di una soluzione, che in questo caso potrebbe coincidere con il lancio di obbligazioni backed by BTC.

Non si tratta di bond interamente collateralizzati da BTC, ma di strumenti finanziari che contemplano un’allocazione strategica nella crypto. Se ci pensate, l’idea di fondo è piuttosto ambiziosa (e anche per questo ci piace) – “potenziare” strumenti finanziari praticamente privi di rischio con una commodity digitale per produrre un beneficio netto sia per i governi che per gli investitori.

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Come funzionano i Bit Bonds

I Bit Bonds funzionano, a prima vista, in modo simile ai classici titoli di Stato americani: sono, di fatto, Treasury – titoli di debito emessi dagli Stati per raccogliere denaro con un tasso di interesse (coupon rate) più basso rispetto alla media di mercato. Il rendimento di questi strumenti finanziari è più basso non perché siano inefficienti, ma per la necessità di creare un segmento in cui Bitcoin può inserirsi.

Detto in parole semplici: l’interesse – o il rendimento – è più basso perché parte del denaro raccolto attraverso i bond viene investita in Bitcoin, il cui aumento di valore potrebbe riflettersi positivamente sugli interessi dei bond.

Come avrete compreso, il funzionamento dei Bit Bonds – almeno a livello teorico – è molto semplice, oltre ad essere vantaggioso per le parti in gioco: lo Stato e gli investitori. Nello specifico, il primo risparmia miliardi di dollari di interessi sul debito, poiché il tasso associato ai bond è più basso, e gli investitori si espongono indirettamente a BTC, un asset che fino ad oggi si è sempre apprezzato nel lungo termine.

Perché non sono strumenti finanziari rischiosi?

La cosa più interessante dei bond su Bitcoin è che non sono affatto rischiosi. O meglio, hanno lo stesso identico grado di rischio delle obbligazioni governative. Ti chiederai come è possibile: il prezzo di Bitcoin non cresce sempre e quindi deve per forza esserci un rischio associato.

Falso! Ogni volta che viene emesso un nuovo Bit Bond, una piccola parte del capitale raccolto viene usata per comprare Bitcoin, che viene poi bloccato in una pool separata. Alla scadenza del bond, ti viene restituito tutto il capitale iniziale (principal), come accade quando acquisti una normale obbligazione. In più, se il prezzo di BTC è aumentato, ricevi anche un pagamento extra proporzionale all’aumento

Ciò significa che il tuo investimento viene spacchettato in due: una quota fissa (tipica dei titoli di Stato) e una quota variabile che segue l’andamento del prezzo di Bitcoin. Esistono già strumenti simili come come i TIPS (inflation-linked bonds) o le obbligazioni legate all’oro. 

Tuttavia, i Bit Bonds incorporano una volatilità maggiore ma anche un rendimento atteso ben superiore come evidenziato dai dati storici. Il motivo? Il prezzo di Bitcoin ha sempre, ogni ciclo di mercato, registrato movimenti rialzisti impetuosi, mentre le oscillazioni a cui è soggetto l’oro o l’inflazione sono molto più contenute.

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Questo rende i Bit Bonds più appetibili per lo Stato, che può permettersi di offrire tassi di interesse più bassi, e per l’investitore, che può potenzialmente ottenere un ritorno simile a quello garantito in media dal mercato azionario (circa il 10%) e un grado di rischio minimo.

Quanto potrebbero risparmiare gli Stati Uniti grazie ai ‘Bit Bond’?

Secondo alcune stime, rifinanziare 2 trilioni di dollari di debito con Bit Bonds al 2% invece che al 5% permetterebbe al governo USA di risparmiare circa 700 miliardi di dollari in 10 anni. Ma c’è di più, questi risparmi potrebbero essere impiegati per abbattere parte del debito stesso, finanziare programmi pubblici o investimenti infrastrutturali, senza aumentare le tasse.

Il concetto chiave dietro i Bit Bonds è noto a tutti quelli che si interessano al mondo degli investimenti: l’asimmetria tra rischio e rendimento:

  • Nella peggiore delle ipotesi, Bitcoin non sale ma il governo ha comunque pagato meno interessi.
  • Nella migliore, Bitcoin sale e lo Stato incassa guadagni extra con cui può ripagare il debito.

Questa struttura non è molto diversa da tanti prodotti strutturati già usati nella finanza tradizionale, in cui un asset a basso rischio viene combinato con uno più volatile per creare un profilo con un bilanciamento tra rischio e rendimento più favorevole.

Inoltre, chi emette fondi pensione, le assicurazioni e i fondi sovrani sono spesso restii a investire direttamente in crypto. Ma se le agenzie di rating dovessero classificare i Bit Bonds come “quasi risk-free” (perché il capitale è garantito dallo Stato), questi strumenti potrebbero entrare nei portafogli istituzionali.

Insomma, per l’investitore retail, i Bit Bonds potrebbero essere la porta d’ingresso perfetta nel mondo crypto. Senza la necessità di effettuare il setup di wallet o le magagne connesse alla custodia. Solo un titolo di Stato, ma con una marcia in più.

In un’epoca di deficit da trilioni di dollari e totale assenza di disciplina fiscale, i Bit Bonds offrono una soluzione innovativa: sfruttare la crescita di Bitcoin per alleviare il peso degli interessi e abbattere (almeno in parte) il debito pubblico.